24 Agosto 2009
“L’era glaciale 3 – L’alba dei dinosauri”, stessi temi (che non è male rispolverare) per rocamboleschi effetti speciali
E’ un inno all’amicizia, una festa tra amici che ancora una volta, nonostante il passare del tempo, o forse è meglio dire delle ere, danno prova di quanto fondamentale sia questo grande valore, in ogni fase della propria vita. E’ il terzo capitolo dell’Era Glaciale che questa volta dovrà affrontare i redivivi dinosauri: L’era Glaciale 3 – L’alba dei dinosauri.
Le principali forze creative della Blue Sky Studios, Carlos Saldanha e Michael Thrumier, hanno condensato in questo ritorno, gli stessi elementi dei primi due film, impreziositi di nuovi personaggi, nuovi effetti di animazione e lo spettacolare 3-D. Nel branco, ormai allargato, Manny ed Ellie (i due mammut) sono in attesa del loro primo figlio, Diego, la tigre è in piena crisi di coscienza e virilità e si chiede se non si stia “rammollendo” troppo a forza di andare in giro con i suoi amici; Poi c’è Sid il bradipo, che desideroso di una famiglia tutta sua, si mette nei guai quando trova delle uova di cucciolo di dinosauro e, ostinato come sempre, decide di non abbandonarle, anche nel momento in cui la mamma torna a riscattare la propria prole.
Insomma a mettere nei guai l’originale branco, sarà proprio Sid, che si imbatte involontariamente in un mondo sotterraneo abitato da dinosauri e da altri strani esseri. Naturalmente tutto il gruppo non potrà astenersi dal correre in soccorso dell’amico pasticcione. Per attraversare questo nuovo mondo viene loro in soccorso un nuovo geniale personaggio di nome Buck, un avventuroso furetto, l'unico mammifero in un mondo di lucertole, decisamente un po’ folle. Naturalmente in tutto questo non poteva mancare uno dei personaggi più amati in assoluto, la mascotte Scrat, che sempre all’inseguimento della sua ghianda, incontrerà finalmente la sua Scrattina, che gli farà perdere la testa. La sfida, secondo gli ideatori della pellicola era quella di vedere fin dove era possibile spingere i personaggi: gli eroi ormai pienamente consapevoli del loro habitat glaciale vengono catapultati in un universo con cui non hanno alcuna familiarità. I disegni abbandonano quei colori freddi, tipici del ghiaccio e della neve, per acquistare nuove tonalità, molto più calde e pluricromatiche.
E’ vero, non c’è coerenza storica nel susseguirsi dei tre film, ma qui non è questo l’obiettivo. L’effetto è strepitoso, il 3D impreziosisce il tutto di dettagli curatissimi, che fanno sentire lo spettatore al centro dell’avventura, circondato dai personaggi che ne sono protagonisti. L’ironia è tagliente, le battute divertenti e lo spirito goliardico è quello di sempre, solo impreziosito dalla cura dei dettagli, dagli effetti speciali e dal fascino del 3D. Grande rilevanza, oltre l’amicizia, la riveste anche il tema della famiglia. I nostri simpatici eroi sono cresciuti e ovviamente le esigenze cambiano, ma con una famiglia allargata come questa non ci si può non divertire. Si è vero, i temi sono sempre gli stessi, non ci sono novità da questo punto di vista, e tutto questo potrebbe sembrare noioso; ma siamo proprio sicuri che ogni tanto non sia utile riflettere sul valore e l’importanza di amicizia e famiglia? Siamo sicuri che in una società dove cinismo e arrivismo la fanno da padroni, non sia bene rischiare di sembrare ridondanti e forse un po’ banali, trattando argomenti così “rischiosi e demodè”? Al pubblico la sentenza.
Prossimo appuntamento con L’era Glaciale 4, previsto per il 2011.
L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri – (Ice Age: Dawn of the Dinosaurs)
Regia: Carlos Saldanha – Cast (voci italiane): Claudio Bisio, Leo Gullotta, Pino Insegno, Roberta Lanfranchi, Lee Ryan, Massimo Giuliani. Genere: Animazione, colore 91 minuti – Produzione: Blue Sky Studios, USA 2009 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di Uscita: 28 agosto 2009
Maria Antonietta Amenduni
8 Giugno 2009
Sacro e Profano: tutta l’ ecletticità di Madonna per il suo primo film da regista.
E’ assai facile arrivare prevenuti ad un film diretto dalla Pop star mondiale Madonna. Di lei si dice e senti di tutto, ottima manager di se stessa, da moti anni è sempre sulla cresta dell’onda e non sbaglia mai un colpo. Certo è che le sue avventure cinematografiche non sono mai ben viste, figurarsi poi se per la prima volta si sposta dietro la macchina da prese e dirige e produce un film! Il risultato però, a dispetto dei suoi detrattori non è affatto male!
A.K. (Eugene Hutz) è un cantante costretto a soddisfare le fantasie sadomaso dei suoi clienti per ottenere i soldi sufficienti ad incidere il primo disco del suo gruppo punk-gitano. Holly (Holly Weston) è una ballerina di danza classica che, per far fronte alle spese quotidiane, inizia a lavorare come lap dancer. Juliette (Vicky McClure) lavora come commessa in farmacia, è l’oggetto del desiderio segreto del suo capo e sogna di trasferirsi in Africa per aiutare i bambini malati di Aids. Uno scrittore cieco che ha rinunciato alle parole (Richard E. Grant), Un musicista e tre personaggi in cerca d’autore in una Londra multietnica e popolata da personaggi bizzarri. Sacro e profano, nelle sale da venerdì 12 giugno, segna il debutto nelle vesti di regista dell’attrice e cantante Madonna, distribuita dalla Sacher di Nanni Moretti.
Per andare in paradiso bisogna passare dall'inferno. È la morale, forse autobiografica, di questo film. Titolo originale Filth and Wisdom – Sporcizia e saggezza, è un film curioso, ironico, con spunti molto intelligenti, qualche chicca musicale e un tocco molto british. Protagonista Eugene Hutz, leader dei gipsy punk Gogol Bordello e già interprete di Ogni cosa è illuminata come guida ucraina di Elijah Wood. Una pellicola che non ha una sua concreta definizione cinematografica, ma che si avvale dell’eccentricità della stessa regista che con un mix tra commedia, musical, video-clip, danza, sperimentazione e dramma, realizza un gradevole prodotto finale partendo da quello che inizialmente doveva essere un corto. Si è vero, la regia non è il massimo, ma certo che è che la pellicola risulta piuttosto intelligente. Madonna è molto ironica su tutti e anche su se stessa: "non sei abbastanza intelligente per essere una brunetta" si sente dire una bionda che si vuole scurire i capelli, la stessa bionda che nel night club, dopo un brano della stessa madonna si ritroverà a ballare la lap dance con una canzonetta di Britney Spears.
Ho sempre ammirato l’arte di fare film e l’abilità nel raccontare una bella storia. Dopo quasi tre decenni passati davanti a una macchina da presa, ho deciso di mettere i miei soldi e me stessa dalla parte opposta>> ha dichiarato Madonna Louise Veronica Ciccone a proposito del passaggio dietro alla macchina da presa per il suo debutto come regista, nonché come sceneggiatrice insieme a Dan Cadan. È stata un’esperienza completa, che mi ha permesso di esplorare e mettere insieme tutte le cose che amo e che m’interessano, dalla letteratura alla musica alla danza. br>
Complimenti alla Signora Ciccone, che realizza un film senza pretese, ma niente affatto banale.
SACRO E PROFANO
Titolo originale: Flith & Wisdom
Regia: Madonna
Sceneggiatura: Madonna e Dan Cadan
Cast: Eugene Holtz, Holly Weston, Vicky McClure, Richard E. Grant, Inder Manocha
Fotografia: Tim Maurice Jones - Montaggio: Russel Icke - Scenografia: Gideon Ponte - Origine: GB 2007 - Durata: 80 minuti - Distribuzione: Sacher
Maria Antonietta Amenduni
8 Giugno 2009
Uomini che odiano le donne: un buon giallo, spiazzante e duro
Quarant'anni fa Harriet Vanger è scomparsa da una riunione di famiglia sull'isola abitata dal potente clan dei Vanger, che ne sono anche i proprietari. Benché il corpo della donna non sia mai stato ritrovato, lo zio è convinto che sia stata assassinata e che l'autore del delitto sia un membro della sua stessa famiglia – una famiglia disfunzionale ma i cui membri sono legati da vincoli molto stretti. Per indagare sull'accaduto, lo zio assume il giornalista economico in crisi Mikael Blomkvist e la hacker tatuata e senza scrupoli Lisbeth Salander. Dopo aver collegato la scomparsa di Harriet a una serie di grotteschi delitti avvenuti una quarantina d'anni prima, i due investigatori cominciano a dipanare una storia familiare oscura e sconvolgente. Ma i Vanger sono gelosi dei loro segreti, e Blomkvist e Salander scopriranno di cosa siano capaci per difenderli.
E’ la trama di 'Uomini che odiano le donne' un film che mette in luce come ancora oggi le donne siano costantemente vittime di soprusi e violenze da parte degli uomini ad ogni livello della società. Il film,nelle sale dal 29 maggio, diretto da Niels Arden Oplev, è tratto dalla trilogia di romanzi Millenium di Stieg Larsson, che hanno venduto oltre 8 milioni di copie in tutto il mondo. uscito in Svezia il 27 febbraio scorso, è stato già visto da 1,5 milioni di spettatori con un incasso di 25 milioni di dollari. Sfregandosi le mani, la società di produzione Yellow Bird ha quindi deciso che anche i seguenti due film La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta, inizialmente previsti per la tv, usciranno al cinema. Purtroppo, Larsson non è vissuto abbastanza per vedere il successo del suo lavoro, essendo morto all'improvviso nel 2004, poco dopo aver consegnato il manoscritto all'editore svedese.
Nelle sale cinematografiche italiane La ragazza che giocava con il fuoco, è previsto per l’autunno 2009 e il terzo, La regina dei castelli di carta, per la primavera 2010. Gli spettatori scandinavi finora hanno parlato di una fedele trasposizione dal libro al grande schermo. Il cast artistico e tecnico è fatto di nomi abbastanza sconosciuti in quest’altra parte d’Europa. La regia è del danese Niels Arden Oplev. La protagonista, Lisbeth Salander, è la svedese Noomi Rapace. Nei panni del giornalista/detective Mikael Blomkvist invece è interpretato da Michael Nyqvist, uno degli attori svedesi più amati, vincitore del Guldbagge (l’Oscar svedese) nel 2003. Il film denota comunque delle notevoli differenze rispetto al libro, ma i personaggi risultano comunque giusti, credibili ed in particolare la protagonista femminile rappresenta in modo assai incisivo e determinante tutta la durezza della donna ferita che a suo modo reagisce ai soprusi subiti, per ricostruire dentro e fuori di se un mondo che valga la pena di essere vissuto. Il prodotto complessivo è certamente una buona pellicola, capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo col fiato sospeso per tutti i 150minuti di proiezione. Le parti più belle di Uomini che odiano le donne sono sicuramente gli ampi scenari della Svezia, e le musiche, sempre giuste e funzionali.
La parte su cui più preme riflettere relativamente a questo film è racchiusa però in questa dichiarazione fatta dal regista Niels Arden Oplev in occasione della presentazione romana: "Ho deciso di portare sullo schermo il messaggio politico del best seller di Stieg Larsonn, ossia che la societa' contemporanea al potere e' patriarcale ed e' spesso violenta e crudele con le donne".
Il film, come il libro è assolutamente spietato e spiazzante, crudo e forte, affinché, al di la di ogni ragionevole dubbio, ci si trovi a riflettere una volta per tutte sulla violenza sulle donne, vista dalla parte di una donna, che a suo modo reagisce alle violenze.
La Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne descrive come inaccettabile «qualsiasi atto di violenza che per motivi di genere provochi o possa verosimilmente provocare un danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata». Mentre l’affermazione del diritto all’eguaglianza è da tempo parte integrante dei diritti umani, solo nel 1993, a Vienna, con questa carta il tema della violenza contro le donne entra nel dibattito internazionale. Sono passati 16 anni da quella chiara presa di posizione, ma la violenza nei confronti delle donne rimane tutt’ora presente nei paesi industrializzati, come in quelli in via di sviluppo, senza differenza di ceto sociale o culturale.
Nel terzo mondo la situazione è drammatica: abusi, sequestri e omicidi avvengono nella totale indifferenza delle autorità, che si dimostrano assolutamente inadempienti nell’intraprendere le azioni adeguate non solo per prevenire, ma anche per indagare e punire i responsabili delle violenze. Durante la guerra di Bosnia sono state 20.000 le donne violentate. Durante la guerra civile in Sierra Leone quasi tutte le migliaia di donne e bambine sequestrate dalle forze ribelli nel corso di quel conflitto furono stuprate e costrette a prostituirsi. Non solo: in Ruanda, teatro di una delle più drammatiche carneficine del secolo, le donne stuprate stanno morendo di AIDS. Anche nel genocidio del Darfur, migliaia di donne e bambine sono state violentate ed infettate dal virus dell’HIV. A tutto questo dobbiamo aggiungere ancora lo sfruttamento lavorativo e sessuale delle immigrate in Europa, il fenomeno della tratta a scopo di prostituzione o lavoro forzato.
In Italia, la percentuale di donne che hanno subito una violenza fisica o sessuale raggiunge il 32% e per la maggior parte l’artefice è il partner o l’ex partner. L’incidenza è maggiore per le donne separate e divorziate e nella quasi totalità dei casi le violenze non vengono denunciate. Ma non sono solo le forme fisiche della violenza a condizionare l’universo femminile: 2 milioni di donne subiscono comportamenti persecutori (stalking) e 7 milioni sono vittime di violenza psicologica.
Una violenza che si consuma laddove è più innaturale pensare si possa consumare: in famiglia, tra le quattro mura di casa, in quella casa che diventa non più il rifugio dove entrare lasciando fuori i problemi ma che diventa essa stessa problema. Esistono dei veri e propri stadi che consentono di definire la violenza di questo genere: si passa dalla fase dell'irritabilità di lui che comincia a vedere lei come la responsabile di tutti i guai per arrivare alla fase dell'attacco, in cui insulti e minacce sono l'inizio della violenza vera e propria; violenza che poi si dimentica per lasciare spazio al pentimento e alle giustificazioni con un'unico filo conduttore, la colpevolizzazione della donna. La protagonista del film Uomini che odiano le donne, decide che non deve colpevolizzarsi e dalla sua vicenda parte la ricerca della verità per le altre donne, “vittime” nella film.
Il personaggio del Film di Lisbeth Salander, interpretata da Noomi Rapace, è una donna che non risponde alla violenza con il chiudersi in se stesse e odiarsi, ma ribalta la cosa e si va a prendere la sua vendetta. Quella di Lisbeth non è certo la risposta giusta ma il film mette in evidenza come dice la protagonista che "l’importante sia reagire e trovare un modo per uscirne e sopravvivere".
Maria Antonietta Amenduni
22 Febbraio 2009
Da “Louise Michel” e “Disastro a Hollywood”, fino a : “Che – L’argentino” e “Tulpan”; tutti i film da tenere d’occhio (e non), prossimamente.
Con la bella stagione, nelle sale cinematografiche, iniziano a fare capolino i classici film di fantascienza; per gli amanti del genere, c’è da stare certi che tra “Xman- Le origini”, “Star Trek XI” ci sarà l’imbarazzo della scelta. Intanto vediamo cosa c’è nelle sale.
Per gli appassionati del grande maestro Steven Soderbergh, è in arrivo un grande, doppio capolavoro: “Che – L’argentino”, in cui il regista Soderbergh ci offre un ritratto efficace del 'Che', grazie alla duttilità interpretativa e alla prepotenza scenica di Benicio Del Toro. E’ un film biografico in uscita nelle sale dal 10 aprile, è naturalmente è la storia del mitico Comandante Ernesto "Che" Guevara, rivoluzionario sudamericano. Dall'incontro con Fidel Castro nel 1956 a Città del Messico, fino alla morte nel 1967. ma questa non è che la prima parte, perché da venerdì primo maggio approderà nelle sale italiane, la seconda parte del grandissimo affresco di Soderbergh dedicato a Che Guevara dal titolo “Che - Guerrilla”, con Demiàn Bichir, Rodrigo Santoro, Benicio Del Toro, Catalina Sandino Moreno, María D. Sosa. Dopo aver contribuito a rovesciare la dittatura di Fulgencio Batista a Cuba, Guevara si sposta verso Africa e poi Sud America per fomentare nuove rivoluzioni, prima di essere catturato fra le montagne della Bolivia.
Proposta interessante, da tenere d’occhio, è la produzione francese “Louise Michel”, una Black comedy sul nuovo proletariato francese. Un film di Benoît Delépine, Gustave de Kervern con Yolande Moreau, Bouli Lanners, Robert Dehoux, Sylvie Van Hiel, Jacqueline Knuysen; nelle sale italiane da venerdì 3 aprile. Una fabbrica nella regione francese della Picardia. Pochi mesi dopo una riduzione del personale, le operaie sono in allarme. Quel giorno, il direttore le convoca per una piccola sorpresa, un regalino con ricamato sopra il nome di ciascuna. Un dono che tranquillizza gli animi. Torna la speranza. Rientrando a casa, una decina di lavoratrici celebra l’avvenimento al caffè all’angolo. La mattina seguente, la costernazione: macchinari, uffici, tutto è stato sgombrato durante la notte. La direzione è scomparsa, con la complicità di una repentina nuova gestione. Disillusione totale. Le operaie sono radunate nello stesso caffè del giorno prima. Louise, la più scatenata, ha un'idea: assumere un sicario per uccidere il capo! Un'avventura fra l'anarchia e la comicità, che si concluderà con un piccolo colpo di scena.
Da non perdere, a partire dal 17 aprile, Una commedia brillante che diverte il grande pubblico mostrando il 'dorato' mondo di Hollywood: “Disastro a Hollywood”, Un film di Barry Levinson con un cast stellare composto da Robert De Niro, il neo premio Oscar Sean Penn, Bruce Willis, Stanley Tucci, John Turturro, Kristen Stewart. Due settimane nella vita di Ben, un produttore hollywoodiano, che, oltre a doversi confrontare con un secondo divorzio mai del tutto accettato, ha davanti a sé due progetti decisamente non semplici. Nel primo caso si tratta di un film già montato da un regista particolarmente irritabile ed attaccato al proprio lavoro. Il protagonista Sean Penn nel finale deve morire ma, prima di lui, è il suo fedele cane a fare una brutta fine in primissimo piano. Il pubblico delle prewiew non gradisce e ancor meno apprezza Lou, a capo dello studio che dovrebbe distribuire il film. Riuscirà Ben a convincere il regista a togliere la scena incriminata?
Assolutamente deludente è invece “Il caso dell’infedele Klara”, film diretto da Roberto Faenza, liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Michal Viewegh con Claudio Santamaria, Iain Glen, Laura Chiatti, Kierston Wareing e Pavlína Nemcová. Al film non basta la bravura di Santamaria per risollevare le sorti di una storia scarsa, con grosse pecche anche nel doppiaggio.
Prova non convincente per il cartoon “Mostri contro alieni” un film di Rob Letterman, Conrad Vernon; doveva essere l’ ultimatum al cinema bidimensionale con l'alieno in 3D, in realtà non propone nulla ditrascendentale.
Due piccoli gioielli da non farsi sfuggire sono: il topolino d’altri tempi protagonista di “Le avventure del topino Despereaux”, (un film di Sam Fell con . Genere Animazione. Da venerdì 24 aprile), e il poetico film che arriva dal Kazakistan dal titolo, “Tulpan” (Un film di Sergei Dvortsevoy. Genere drammatico. Da venerdì 24 aprile al cinema).
Qualche altro titolo da tenere d’occhio? “La vita segreta delle api” (Un film di Gina Prince-Bythewood con Paul Bettany, Dakota Fanning, Hilarie Burton, Queen Latifah, Jennifer Hudson. Genere Avventura. Da venerdì 17 aprile), “Questioni di cuore” (Un film di Francesca Archibugi con Kim Rossi Stuart, Paolo Villaggio, Antonio Albanese, Francesca Inaudi, Micaela Ramazzotti. Genere Drammatico. Da venerdì 17 aprile), “Il grande sogno” (Un film di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Laura Morante, Luca Argentero, Silvio Orlando. Genere Drammatico. Da venerdì 24 aprile) e “Rocknrolla” (Un film di Guy Ritchie con Gerard Butler, Jeremy Piven, Thandie Newton, Gemma Arterton, Tom Wilkinson. Genere Azione. Da venerdì 24).
Maria Antonietta Amenduni
15 Febbraio 2009
Lo strepitoso Mickey Rourke di The Wrestler
Negli anni 80 era un vero e proprio mito. Randy "The Ram" Robinson era un eroe del wrestling al massimo della carriera. Un mito rispettato da tutti con il suo stuolo di fans. L'incontro con il rivale Ayatollah, sconfitto il 6 aprile 1989, sarebbe rimasto per sempre nella storia dello spettacolare sport. Tuttavia, venti anni dopo "l'ariete" porta sul corpo i segni della lotta. Continua a combattere ma il tempo è passato e Appesantito e decaduto, lavora part time in un grande magazzino e pratica il wrestling nelle palestre dei licei, ogni fine settimana, per la gioia dei (pochi) fan che gli sono rimasti. Poi un infarto dopo un’incontro, mette The Ram di fronte al fatto che gli anni, tanti incontri e l’utilizzo di medicinali sotto banco, hanno fatto cedere la potenza dell’ariete di un tempo. Il vecchio wrestler inizia a riflettere sulla sua esistenza e trova nella spogliarellista di Marisa Tomei – una donna che per molti aspetti gli somiglia – un'affabile confidente che gli suggerisce di mettersi in contatto con la figlia.
Mickey Rourke regala un’interpretazione sublime, il tutto appoggiato dall’orchestrazione perfetta di un’ottima sceneggiatura ed una perfetta regia di Darren Aronofsky. Il personaggio di The Ram rappresenta l’essenza del fallimento senza troppo se e sbatte in faccia la realtà e mette il protagonista di fronte al fatto che primo o poi bisogna fare i conti con se stessi, con il proprio passato, con quello che è stato per poi raffrontarsi con quello che sarà, se sarà.
Niente drammi, niente inutili piagnistei, il regista percorre una strada semplice per seguire da vicino, passo dopo passo il percorso umano dell’eroe decaduto che ha ancora qualcosa da dire.
Durante la sua personale ricerca di una rinascita, The Ram affronta a testa alta la vita fuori dal ring, provando con ogni strumento a sua disposizione a diventare l'uomo che non è mai stato. La folla che lo incita è ancora il suo ricordo quotidiano, ma il tempo è irrimediabilmente passato. A dare un ulteriore tocco di classA?e a questo film è la toccante ballata di Bruce Springsteen scritta appositamente per il wrestler e per tutti i lottatori caduti.
The Wrestler
Un film di Darren Aronofsky. Con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry. Drammatico, durata 109 min. - USA 2008. - Lucky Red data uscita 06/03/2009.
Maria Antonietta Amenduni
2 Marzo 2009
Quando un cane ti cambia la vita: la divertentissima commedia “Io & Marley” con Jennifer Aniston e Owen Wilson.
Si ride, si piange ed e' meglio dei gatti". Con questa battuta, ispirata al musical 'Cats', Jennifer Aniston spiega alla stampa romana perche' si dovrebbe andare a vedere 'Io & Marley', il film di David Frankel (il regista de 'Il Diavolo veste Prada') che ha interpretato insieme a Owen Wilson (anche lui nella Capitale), tratto dall'omonimo libro di John Grogan in uscita in Italia il 3 aprile.
I neo sposini John and Jenny Grogan decidono di lasciare il freddo Michigan e di trasferirsi al Sud per cominciare la loro nuova vita a West Palm Beach, in Florida. Entrambi sno giornalisti e trovano lavoro in due quotidiani concorrenti. Comprano una casa e cominciano a muoversi tra le difficoltà di un nuovo matrimonio, di nuove carriere e la possibilità di allargare la famiglia. Jenny, ha pianificato tutta la sua vita in fasi e dopo il matrimonio e il lavoro inizia ad affacciarsi la fase “figli”! Perplesso sul fatto di essere preparato a diventare padre, John confessa le sue paure al suo amico Sebastian, che gli fornisce una soluzione perfetta: John dovrebbe regalare a Jenny un cucciolo. E così arriva Marley, in onore a Bob Marley. Ma lui non è un cane come tutti gli altri, anzi è capace di stravolgere la vita dei suoi proprietari, dettandone i ritmi e le abitudini. Nel giro di poco tempo, i Grogans si ritrovano per casa un enorme labrador pieno di energia che distrugge tutto…
La Aniston e Wilson hanno raccontato di essersi sentiti "quasi in vacanza tra cani, allegria e Miami Beach". Da segnalare, in un piccolo ruolo molto divertente, Kathleen Turner, che tenta inutilmente di educare il Labrador. Lavorare in questo film e' stata una scelta temeraria per i due attori perche' in una sola volta hanno violato la regola d'oro del cinema dettata da W.C.Fields: mai recitare con bambini o animali. Qui di bambini che ne sono 3 e di cani che hanno interpretato Marley durante i 13 anni di vita, addirittura 22. "Ho accettato di fare questo film sapendo bene che quando c'e' un animale inevitabilmente ti ruba la scena", spiega Wilson, "il problema, pero', c'e' stato quando avevamo a che fare con i bambini. Con loro tutto e' difficile: piangono quando devono stare calmi e sono paciosi quando invece e' previsto dalla sceneggiatura che piangano". Il film negli Usa ha incassato in due mesi oltre 141,5 milioni di dollari.
Io & Marley
Un film di David Frankel. Con Owen Wilson, Jennifer Aniston, Eric Dane, Kathleen Turner, Alan Arkin, Nathan Gamble, Haley Bennett, Clarke Peters, Finley Jacobsen, Lucy Merriam, Bryce Robinson, Benjamin Hyland, Sarah O'Kelly, Keith Hudson, Haley Hudson. Genere Commedia, colore 120 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione 20th Century Fox
Maria Antonietta Amenduni
2 Marzo 2009
L’inarrestabile Jacques Mesrine interpretato da Vincent Cassel nella prima parte di « Nemico pubblico numero uno »
E’ un Vincent Cassel in stato di grazia quello che interpreta Jacques Mesrine, in “Nemico pubblico n.1, L'istinto di morté” primo episodio di un film diviso in due parti che sarà nelle sale italiane il 13 marzo distribuito dalla Eagle. Reduce dalla guerra d'Algeria Jacques Mesrine, non sopporta l’idea di condurre una vita normale e ad accettare un lavoro ordinario trovatogli dal padre. Preferisce i soldi facili, il guadagno rapido e l’adrenalina del rischio estremo. Ma lui non è un delinquente qualunque, ma il Nemico pubblico N.1, ancora un vero mito nelle banlieue parigine come sottolinea lo stesso Cassel, a Roma, per presentare il film. Questa la storia vera raccontata con ritmo e adrenalina da Jean Francois Richet.
Il film e' tratto da un romanzo autobiografico (L'instinct de mort) dello stesso Mesrine. Un libro che il gangster, scrisse in carcere poco prima della sua clamorosa evasione. Ma 'Nemico pubblico N.1' è anche una sorta di collage delle sue avventure vere e presunte, perché intorno a lui si è costruita negli anni una vera e propria leggenda ("si dice abbia ucciso 42 persone, ma non c'é in realtà una solo prova di un suo solo delitto", spiega l'attore).
La “carriera di Mesrine inizia prima solo con furti d’appartamento per poi passare a delitti efferati grazie anche alla complicità con il boss locale Guido (Gerard Depardieu). Dopo questo incontro, per Mesrine ci sarà poi una moglie che gli darà una bambina e più tardi l'incontro fatale con la bella e spietata Jeanne Schneider (Cecile de France). Una vita vissuta al massimo e fuge spettacolari dal carcere, Mesrine verrà ucciso dalla polizia il 2 novembre del 1979 mentre era seduto nella sua macchina. Per molti fu una vera e propria esecuzione da parte della polizia che voleva chiudere i conti con un personaggio diventato troppo scomodo.
Chi è Jacques Mesrine? "E' un personaggio ancora molto conosciuto in Francia - ha spiegato oggi a Roma Cassel -. Era simpatico, carismatico, bugiardo, ma uccideva. Non era una sorta di Robin Hood che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Non era un eroe, era uno show-man più che un gangster". Ma Mesrine "per molti è e resta un martire, e come tale lo ricordano oggi molti teen-ager francesi, soprattutto nelle banlieue, dove è considerato appunto un'icona del contropotere. Molti giovani indossano t-shirt col suo volto e i testi rap parlano spesso di lui".
L'attore a Roma per presentare il film ci tiene poi a dire: "non abbiamo realizzato un film che glorifica Mesrine. Non si riconosce chi è buono e chi cattivo. Non è un film polemico, né un documentario storico, perché la vicenda è nota, ma va detto che la polizia uccise Mesrine senza neppure intimargli l'alt". Per interpretare il ruolo di Mesrine, Cassel ha dovuto ingrassare 20 chili, "ma è stata una fatica che non ripeterò. Adoro mangiare, ma non quando diventa un lavoro. Le riprese, poi, sono durate nove mesi, una vera e propria gestazione". Il secondo episodio del film, 'Nemico pubblico n.1, L'ora della fuga (Parte 2), ha ottenuto in Francia ben 10 candidature ai Caesar, l'equivalente francese dei nostri David di Donatello.
La pellicola è girata con assoluta maestria da Jean Francois Richet che costruisce un personaggio veramente esistito e contraddittorio senza giudicarlo ma solamente riprendendolo secondo le sue peculiarità. Il primo episodio, dalla messa in scena secca e nervosa, ha il pregio di rifarsi ai classici film d'azione degli anni '70 all'americana, con una costruzione dei personaggi credibile e una struttura narrativa avvincente. Il materiale e la minuziosità con la quale la vita del gangster è stata raccontata ha costretto i produttori a dividere la pellicola in due parti costruendo, però, due film a sé stanti e indipendenti: L’istinto di morte (in uscita il 13 marzo) e L’ora della fuga (in uscita il 17 aprile).
Nemico Pubblico N.1 - L'istinto di morte
Un film di Jean-François Richet. Con Vincent Cassel, Cécile De France, Gérard Depardieu, Roy Dupuis, Elena Anaya. Azione, durata 113 min. - Francia, Canada, Italia 2008. - Eagle Pictures data uscita 13/03/2009.
Maria Antonietta Amenduni
2 Marzo 2009
Bride Wars - La mia migliore nemica: commedia fiacca sull’amicizia in crisi
Una grande amicizia che rischia il tracollo, in una commedia simpatica ma non perfettamente riuscita. Kate Hudson e Anne Hathaway sono le simpatiche protagoniste della commedia Bride Wars – La mia miglior nemica, diretta da Gary Winick.
Emma (Anne Hathaway) e Liv (Kate Hudson) sono amiche inseparabili e si vogliono un gran bene Banale la contrapposizione di status sociale tra le due (Liv è un grintoso avvocato in carriera, Emma è la remissiva e dolce maestrina di periferia), che viene indossata dalle protagoniste unicamente per creare quelle differenze che dovrebbero segnare i pretesti per un conflitto che in realtà non trova grosse fondamenta. Entrambe, per svariati motivi, poco convincenti, sognano di sposarsi nello stesso luogo prestigioso, l’Hotel Plaza. Entrambe hanno ricevuto la proposta di matrimonio e ovviamente si rivolgono alla miglior organizzatrice di matrimoni della città per avere il meglio del meglio e ovviamente il Plaza. Le due amiche si sposeranno nello stesso mese ma in giorni differenti… o almeno così dovrebbe essere finché per un disguido la data delle nozze viene fissata per entrambe nello stesso giorno. A quel punto una delle due deve rinunciare al Plaza perché la location non ha più date disponibili fino all’anno successivo. Chi delle due cederà la data all’altra? Nessuna! Ed è per questo che scoppia la guerra. Nel cast anche Candice Bergen, Bryan Greenberg, Steve Howey, Kristen Johnston, Chris Pratt, Casey Wilson, June Diane Raphael, Jason Mulcahy.
In se la commedia pur blandamente divertente, non offre alcuno spunto particolare. Parte da uno spunto di fondo carino, che impiega però la metà del film a decollare, a delinearsi un minimo nel suo assunto fondante, ma che in realtà non raggiunge mai un vero e proprio contenuto. Si gira e rigira sempre intorno ad un qualcosa che non si concretizza mai realmente e che non permette di appassionare mai realmente alle vicende dei personaggi, per colpa anche di una sceneggiatura ridondante è piuttosto banale. Un inno all’amicizia che pur con buone potenzialità si perde strada facendo ne dipanarsi della vicenda.
Bride Wars - La mia migliore nemica
Un film di Gary Winick. Con Kate Hudson, Anne Hathaway, Kristen Johnston, Bryan Greenberg, Candice Bergen.
Commedia, durata 82 min. - USA 2009. - 20th Century Fox data uscita 20/02/2009.
Maria Antonietta Amenduni
2 Marzo 2009
“I Love shopping”, divertente commedia al limite della follia.
Altro che crisi economica! Quando una mania irrefrenabile rischia di rovinarti la vita, pare che non ci sia crisi che tenga. E’ il caso di Rebecca Bloomwood, in “I Love shopping” una giovane newyorkese drogata di shopping. amante dei divertimenti, è bravissima nel fare shopping e sogna di lavorare per il suo magazine preferito. Fino a quando, al colmo dell'ironia, riesce a strappare un lavoro come firma di una rubrica per una rivista finanziaria pubblicata dalla stessa compagnia. Ora che i sogni stanno finalmente per realizzarsi, cercherà strenuamente, e spesso in maniera molto divertente, che il suo passato non rovini il suo futuro. E si, perché Rebecca ha accumulato un debito esorbitante con l’uso incontrollato e maniacale delle sue dodici carte di credito e naturalmente non ha i soldi per coprire il debito. Il film è tratto dalla serie di libri best seller dell'autrice inglese Sophie Kinsella.
Ma quale donna non ha mai sognato di poter spendere un quantitativo in quantificabile di soldi per comprare qualsiasi cosa capiti atiro!? Dopo aver conquistato oltre 15 milioni di lettori in tutto il mondo con la fortunatissima saga letteraria, le disavventure del buffo personaggio inventato da Sophie Kinsella arrivano al cinema nell'omonimo film distribuito dalla Walt Disney. Rebecca, detta Becky, è una vera malata dello shopping, una "shopaholic"- compratrice compulsava. Il film, diretto da P.J. Hogan ("Il matrimonio del mio miglior amico") è un mix tra i primi due libri "I love shopping" e "I love shopping a New York".
La protagonista non può resistere davanti a una vetrina. Per lei non esiste risparmio o parsimonia, così tra una borsa in saldi, guanti di pelle e un abito all'ultimo grido, alla fine la sua dipendenza da shopping farà crollare il piccolo momento di gloria e la protagonista dovrà pagare un caro prezzo per non soccombere ai creditori, porre rimedio ai debiti e alle bugie raccontate alle persone che le vogliono bene e hanno cercato di salvarla dalla bancarotta. Questo "I love shopping" si prende parecchie libertà rispetto al libro, ma il risultato è comunque una bella e divertente commedia con un personaggio, che pur al limite dell’assurdo aiuta a far riflettere. Anche se un po’ troppo lungo rispetto alla funzionalità complessiva del film, il prodotto risulta essere gradevole e la protagonista Isla Fisher risulta gradevole, brillantezza e ironia.
Maria Antonietta Amenduni
15 Febbraio 2009
“Aspettando il sole”, coraggiosa opera prima corale di Agi Panini; con Claudio Santamaria, Vanessa Incontrada, Gabriel Garko, Claudia Gerini, Raul Bova, Giuseppe Cederna.
Opera prima per il regista Ago Panini, che arriva dalla pubblicità per presentare questa coraggiosa opera prima dal titolo “Aspettando il sole”. Film corale dal cast prestigioso che annovera nomi quali Claudio Santamaria, Vanessa Incontrada, Gabriel Garko, Claudia Gerini, Raul Bova, Giuseppe Cederna, Corrado Fortuna, Bebo Storti, Michele Venitucci, Rolando Ravello e molti altri.
E’ l’Italia del 1982. Tre personaggi dall’apparenza poco affidabile, raggiungono un hotel isolato in cui trovare temporaneo ristoro. E’ il Bellevue Hotel, albergo non particolarmente di lusso dove alloggiano numerosi clienti, ognuno con la propria storia, il proprio tormento, la propria solitudine e i propri segreti; tutti questi personaggi vengono accolti da un portiere di notte che è in strenua lotta con termiti e tarli. Non a caso è proprio al formicaio che rinvia la sceneggiatura di questo curioso film di Ago Panini.
Raoul Bova, quarantenne disperato e abbandonato dalla fidanzata di 20 anni più giovane, Gabriel Garko rapinatore che si confida con un televenditore, Claudio Santamaria disturbatore notturno, Claudia Gerini, la cui scappatella con un bel tenebroso (Thomas Trabacchi) si tinge di rosso; Giuseppe Cederna (premiato al Festival del cinema italiano di Annecy per la sua interpretazione), portiere di notte e cacciatore di termiti, vessato da due perditempo, Corrado Fortuna e Bebo Storti, rispettivamente romantico compagno di set e regista della pornostar Kitty Galore (Incontrada); Rolando Ravello, nei panni di uomo apparentemente tranquillo che pensa solo al suo volpino. Sono i personaggi, della commedia nera Aspettando il sole, che dopo l'anteprima all'ultimo Festival di Roma, arriva il 20 febbraio in circa 50 sale distribuito da Mikado.
"Sono da sempre appassionato di film in cui gli attori fanno cose diverse dal solito - spiega Panini - Vedere Raoul (Bova, ndr) che fa Raoul, è ovvio, tutti sanno come va a a finire. E' molto più inconsueto vederlo solo e abbandonato. la cosa più bella è stata avere questi attori disposti a mettersi in gioco, a dar vita a personaggi e non recitare loro stessi. Volevo che il film fosse come un concerto di musicisti jazz che si conoscono a memoria". Per imparare a fare la pornostar "ho studiato un mese - ha scherzato Vanessa Incontrada -. No, in realtà è stato fondamentale il periodo di prove prima delle riprese. Ho messo il mio cuore in mano ad Ago e lui l'ha messo dentro Kitty". Per Santamaria avere l'opportunità di provare (necessario anche per la brevità delle riprese, solo cinque settimane, ndr) "ci ha dato anche il lusso di cambiare il testo, di partecipare attivamente. Anch'io se facessi il regista, vorrei fare le prove. I registi che non le fanno, come Avati o Faenza, con cui ho lavorato recentemente, hanno tempi di riprese più lunghi, e possono compensare con il lavoro sul set". Gabriel Garko ringrazia Panini per avergli dato un personaggio, come aveva fatto anche Ozpetek in Le fate Ignoranti, "che mi ha dato la possibilità di cambiare rispetto a tutto ciò che avevo fatto prima". Ravello si affida all'ironia: "Io sono la spalla di un volpino, che nel film probabilmente ha guadagnato più di me. Ci siamo frequentati per tre giorni, ma aveva un fiato pestifero...". Per Panini Aspettando il sole "e un film fatto d'amore per il cinema e per gli esseri umani sbagliati. La pellicola è ambientata nel 1982 perché "é una specie di punto di non ritorno. La Tv commerciale, che avrebbe cambiato la nostra vita, stava arrivando e avevamo ancora la libertà di non essere sempre perennemente in contatto, persa con i telefonini e internet".
Non sarà un capolavoro ma è un film coraggioso e interessante, con una vicenda non lineare con un cast di attori affermati in generi diversi e con l'intenzione di proporre un modo di fare cinema originale. Un film che non ha grandi pretese se non quella di raccontare le vicende umane di personaggi tormentati in un periodo storico in cui tutto stava cambiando dal punto di vista socio politico e cultuale e in cui ancora, come dice lo stesso regista, si poteva essere “scollegati”, perché internate e i cellulari non avevano ancora preso il sopravvento. I personaggi non vogliono 'rappresentare' tipologie più o meno note del mondo che circonda quotidianamente, ma si raccontano e si sfiorano. Il finale lascia perplessi e qualche partecipazione sembra costruita sulla esigua disponibilità di tempo da dedicare al film da parte degli interpreti. Ciò nonostante questo film va apprezzato per il suo sfacciato e onorevole tentativo di sperimentare nuove vie per il nostro cinema, senza cadere nella banalità ormai consueta del film a episodi, giocando bene il meccanismo dell’ hotel come contenitore delle vite dei protagonisti. Insomma va detto che Panini è un regista che va tenuto d'occhio.
Maria Antonietta Amenduni
5 Febbraio 2009
Operazione Valchiria: un buon thriller-storico per un punto di vista sull’attentato a Hitler
Preceduto da mille polemiche arriva in Italia “Operazione Valchiria” di Bryan Singer, con con Tom Cruise nei panni del Colonnello Claus von Stauffenberg, l’ufficiale che collocò l’ordigno esplosivo che solo per un soffio non uccise Hitler. I tedeschi si sono sentiti offesi che Stauffenberg sia stato interpretato da un americano e per giunta discepolo di Scientology, setta bandita dalla Germania, e già durante le riprese del film i titoli dei giornali non davano tregua. Nonostante tutto, Cruise, il regista Singer e lo sceneggiatore Christopher McQuarrie, a Roma per presentare il film, hanno continuato a difendere il personaggio e ad avallare la teoria secondo cui invece, l’accoglienza tedesca è stata ottima.
Il colonnello interpretato da Tom Cruise è un uomo tutto d’un pezzo, coraggioso risoluto e vocato all’azione, e il film in questione doveva dimostrare ancora una volta che non tutti i tedeschi sono stati nazisti e complici. La critica più pesante mossa alla produzione americana è quella di aver trasformato la figura di Claus von Stauffenberg, in un James Bond in uniforme della Wehrmacht.
La pellicola non è un film storico, ma un thriller; se non fosse che tutti sanno(almeno si spera) come andò a finire l’attentato ad Hitler, si fa il tifo per Cruise e compagni augurandosi che invece qualcosa di diverso succeda. Ma la storia è già stata fatta e le cose andarono diversamente. Ed è proprio questo il punto: la storia che è già stata fatta e il dilemma su chi fosse realmente il colonnello Claus von Stauffenberg. Era realmente un eroe della resistenza o semplicemente un nobile privilegiato che riteneva Hitler non all’altezza di guidare la Germania?
Il colonnello Stauffenberg intepretato da Cruise è un ufficiale leale che ama il suo paese, ma che è stato costretto ad assistere con orrore all’ascesa del nazismo, all’olocausto e alla Seconda guerra mondiale. Ha continuato a servire nell’esercito, con la speranza che qualcosa cambiasse prima che l’Europa e la Germania fossero distrutte. Quando si rende conto che il tempo stringe decide che è arrivato il momento di fare qualcosa per la Germania e per l’Europa. E’ il 1943 quando Stauffenberg si unisce a un gruppo di uomini inseriti nei ranghi del potere, tra i quali il Generale Friedrich Olbricht (Bill Nighy) e Ludwig Beck (Terence Stamp), che cospirano contro il tiranno: la loro strategia prevede di usare lo stesso piano di emergenza di Hitler per consolidare il paese nell’eventualità della sua morte – l’Operazione Valchiria – per assassinare il dittatore e rovesciare il governo nazista. Ed è Stauffenberg l’uomo che deve uccidere il Führer. Sappiamo purtroppo che le cose non andarono così e che il dittatore nazista sopravvisse miracolosamente all’attentato subito nella Tana del Lupo il 20 luglio 1944, riportando solo qualche ferita. L’operazione Valchiria ebbe inizio comunque, ma la notte stessa del fallimento dell’attentato, il 20 luglio 1944, von Stauffenberg fu arrestato e fucilato assieme agli altri congiurati nel cortile del Bendlerblock.
«Lavorare in Germania è stato bellissimo, tra americani e tedeschi abbiamo fatto gioco di squadra e tiravamo fuori i libri di storia per capire bene cosa fosse accaduto. Le notizie sulla Germania ostile al film sono tutte false, anche perché la pellicola è stata finanziata dal governo tedesco - ha spiegato Cruise - a Berlino abbiamo ricevuto 10 minuti di standing ovation e al di là dei titoli polemici o scandalistici dei giornali, la gente ha compreso la nostra volontà di rendere omaggio alla Storia. A scuola ci insegnavano che tutti i tedeschi erano nazisti, ma in realtà non era così: von Stauffenberg amava la famiglia e il suo lavoro e donò la sua vita nel te??????ntativo di liberare il suo popolo. Da bambino odiavo Hitler, nei miei giochi lo uccidevo sempre e mi chiedevo come mai nessuno lo avesse fatto davvero».
Il regista Bryan Singer (I soliti sospetti, X-Men, Superman Returns), ha aggiunto che «storicamente, all'interno dell'esercito tedesco, covava un profondo odio per il Führer. Sono ebreo, conosco bene l'Olocausto, anch'io da bambino giocavo a uccidere Hitler, ma sono sempre stato attratto dall'estetica nazista. Non è vero che Stauffenberg fosse un antisemita e un aristocratico che voleva distruggere Hitler solo perché lo considerava poco nobile. Queste sono cose scritte dalla stampa. In realtà, Stauffenberg era, al contrario, un uomo dalle idee chiare e già nel '38 voleva ammazzare il Führer e lo zio lo fece spedire sul fronte africano proprio per proteggerlo dalla sua intolleranza verso il regime».
E anche lo sceneggiatore McQuarrie conferma che «se von Stauffenberg fosse stato nazista o antisemita non avrei fatto fatica a scriverlo e l'avrei reso tale senza problemi. Ho scritto "Valkirie" nel rispetto degli studi storiografici. Il nostro colonnello è stato oggetto di revisionismo storico ogni dieci anni: negli anni '50 era un eroe, mentre negli anni '70 le sue origini aristocratiche lo resero inviso soprattutto al movimento. In sessant'anni si è arrivati a quella che io definisco l'ignoranza informata: ma la storia è molto più complessa».
Insomma un bel film, un buon thriller, un punto di vista sella storia del secolo scorso.
Maria Antonietta Amenduni
5 Febbraio 2009
Amori che vanno e amori che vengono in “Ex”, la commedia corale di Fausto Brizzi.
Il lunghissimo cast vede protagonisti Claudio Bisio, Silvio Orlando, Alessandro Gassman, Gian Marco Tognazzi, Claudia Gerini, Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Carla Signoris, Flavio Insinna, Nancy Brilli, Vincenzo Salemme, Elena Sofia Ricci.
Si soffre per amore, si ride per amore, e tra l’uno e l’altro ci sono tutte le varie sfumature. Sono gli amori di EX, la commedia corale di Fausto Brizzi in uscita il 6 febbraio, distribuita da 01 in almeno 600 copie. Amori che finiscono, che nascono, che si ritrovano, che si riscoprono o che non hanno più nulla da dirsi. Tanti i registri emozionali dal comico al tragico: "Volevo prendermi un rischio – afferma il regista in conferenza stampa a Roma - far ridere e piangere allo stesso tempo, spesso con un cambio di registro velocissimo. Per farlo ho messo insieme un cast che è la nazionale della commedia".
Un cast lunghissimo che potrebbe sembrare quello di un film di Natale, ma per fortuna non lo è. Naturalmente, per convincere tutti a partecipare al film "gli ho mentito, dicendo che gli altri avevano già accettato” - dice il padrino della saga Notte prima degli esami – “L'unico che ha detto si a scatola chiusa è stato Claudio Bisio". Nel cast, con lui ci sono, fra gli altri, Silvio Orlando, Alessandro Gassman, Gian Marco Tognazzi, Claudia Gerini, Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Carla Signoris, Flavio Insinna, Nancy Brilli, Vincenzo Salemme, Elena Sofia Ricci.
"Per me Ex è come se fosse la mia opera prima - aggiunge il regista, che firma la sceneggiatura con gli amici e collaboratori di sempre Massimiliano Bruno e Marco Martani - è il primo film che scrivo sapendo che lo dirigerò io. E' il mio film più vero, e appartiene al genere che mi piace di più, la commedia romantica che fa emozionare". Assortiti e incuriosenti i caratteri: Sergio (Bisio), divorziato felice (o almeno cosi crede) da dieci anni, che dopo la scomparsa prematura dell'ex moglie (Ricci) deve prendersi cura delle figlie; Luca (Orlando), giudice, per cui la separazione dalla moglie (Signoris) diventa una guerra con tanto di suppellettili scagliati l’uno contro l’altra; Davide (Gassman), poliziotto ipergeloso che perseguita il nuovo fidanzato (De Luigi) della sua ex; Don Lorenzo (Insinna), che si ritrova a dover celebrare le nozze del sua ex grande amore, Elisa (Gerini) col nuovo fidanzato (Tognazzi); Giulia (Capotondi) e Marc (Malik Zidi), innamorati ma divisi dalla carriera che li tiene distanti, facendo proliferare la gelosia; Caterina (Brilli) e Filippo (Salemme) genitori allo sfascio, rifiutano entrambi la custodia dei figli.
"Fausto ci ha chiesto di giocare fuori ruolo, di rischiare - dice Bisio -. Io ci avevo provato in passato ma a volte non era andata bene. Stavolta invece sono molto soddisfatto". Per Silvio Orlando Ex rappresenta il ritorno alla commedia: "Stavolta il posto in squadra me lo sono dovuto sudare - spiega – non era così scontato dall’inizio che ci fossi! Elena Sofia Ricci e Nancy Brilli si augurano che Ex possa dare il via al ritorno ai film corali, "che danno agli attori la possibilità di inventare". Insinna, al suo quarto ruolo da prete e uno da frate dice che per un po' rifiuterà ruoli di religiosi: "Anche perché con questa parte (di prete innamorato, ndr) mi giocherò tutte le amicizie a Famiglia Cristiana". La Signoris, sottolinea "il piacere della leggerezza" nel lavorare con Brizzi, mentre Tognazzi è contento "di non aver avuto scene con lui - dice ironicamente indicando l'amico Alessandro Gassman".
In Ex c'é un moderato ottimismo - conclude Brizzi - che nasce sia dalla vita che dal cinema. Questo è un film sul ciclo dell'amore, che inizia con baci e promesse di un legame eterno, si perde, ma poi come una droga torna in circolo".
Si ride e ci si commuove. Una gradevole commedia intelligente in cui non ci si affida solo ai guizzi dei singoli interpreti, ma c’è una storia in cui in un modo o nell’altro ci si sente coinvolti. Magari si sbrodola un po’ troppo con qualche lieto fine, ma tutto sommato, pur senza nulla di trascendentale, si trascorrono due ore gradevoli.
Maria Antonietta Amenduni
26 Gennaio 2009
Jim Carrey è uno “Yes Man”
Due estremismi a confronto: il No e il Si. Sembra non ci debbano essere vie di mezzo nella vita del protagonista di Yes Man, eppure un compromesso lo si deve pur trovare. Jim Carrey torna al cinema con il divertente film diretto da Peyton Reed, e lo fa cercando di eguagliare se non superare, tra gli altri, successi come “Una settimana da dio”, “Se mi lasci ti cancello” o “Dick e Jane operazione furto”.
Carl Allen, impiegato e divorziato, è orgogliosamente chiuso nella sua solitudine e commiserazione. Nonostante la presenza di amici che dimostrano di volergli bene e vogliono assolutamente coinvolgerlo in uscite, per farlo quanto meno ritornare alla vita sociale, Carl continua ad ignorare gli imput che arrivano dall’esterno. Tutto ciò fa si che la parola da lui più utilizzata sia NO. La cosa si replica in maniera identica anche sul lavoro. Carl lavora in una società che concede prestiti. I clienti gli chiedono un prestito e lui lo nega, gli amici gli chiedono compagnia e lui si tira indietro, cercando di farsi bastare un dvd sul divano. Con i suoi continui no crede di potersi difendere dai brutti colpi della vita! L'incontro con un ex collega lo convince a partecipare ad un seminario di “positività”, in cui il guru di turno lo esorta a rivoluzionare la sua vita rispondendo di sì ad ogni richiesta. Improvvisamente, si ritrova ad apprendere il coreano, a prodigarsi per un barbone, a presenziare alle feste a tema del capoufficio e ad accettare il passaggio in scooter di una sconosciuta di nome Allison. Carl dice sì all'amore per costrizione, finche non si renderà conto che tra il no per partito preso e e il si obbligato, esiste la ragione, i sentimenti e il libero arbitrio.
Peyton Reed rispetto ai precedenti e meno riusciti “Abbasso l’amore” e “Ti adio, ti lascio, ti…”, in questo film riesce quasi a raggiungere la quadratura del cerchio e a dare un volto insolito alla commedia romantica, garantendo la risata e lasciando in sotto fondo la sensazione di amaro in bocca. Il film funziona ma per quello che riguarda Jim Carrey, il ruolo e forse un po’ meno brillante rispetto a personaggi come quelli di “Una settimana da dio” o “Se mi lasci ti cancello”. Un Jim Carrey più maturo ma comunque eccentrico. Stà di fatto che la sua grandezza e abilità faranno del personaggio di “Yes man” un cult del cinema. La scena di Carl/Carrey che finge di parlare al telefonino in playback, è assolutamente esilarante.
Yes Man
Un film di Peyton Reed, con Jim Carrey, Zooey Deschanel, Bradley Cooper, John Michael Higgins, Rhys Darby.
Commedia, durata 102 min. - USA 2008 - Warner Bros Italia data uscita 09/01/2009.
Maria Antonietta Amenduni
26 Gennaio 2008
Paolo Sorrentino stravince a Bari al Festival "Per il Cinema Italiano".
Premio "Anna Magnani" come migliore attrice a Donatella Finocchiaro per "Galantuomini".
Ancora una volta l’eccellente interpretazione di Donatella Finocchiaro nel ruolo della donna boss Lucia, nell’ultimo film di Edoardo Winspeare “Galantuomini”, ha ricevuto il massimo riconoscimento in un festival nazionale del cinema. Dopo appena due mesi dalla vittoria come migliore attrice al Festival Internazionale del Film di Roma, l’attrice si è portata a casa il Premio "Anna Magnani" per la migliore interpretazione femminile all’edizione zero del festival di Bari "Per il Cinema Italiano" - www.perilcinemaitaliano.it. Ma il grande vincitore della rassegna e Paolo Sorrentino che si aggiudica la maggioranza dei premi, confermando ancora una volta di essere uno tra i più bravi, se non il migliore, degli attuali registi italiani.
Sono stati più di 17mila le persone che hanno partecipato a questo importante festival cinematografico che si è tenuto a Bari dal 12 al 17 gennaio. Il multicinema Galleria ha staccato 7.316 biglietti in cinque giorni, rimandando indietro per insufficienza di posti quasi duemila persone.
Questi tutti i vincitori decretati dalle due giurie.
La giuria del pubblico ha assegnato i seguenti premi:
- Massimo Cristaldi consegna il Premio Franco Cristaldi per il miglior produttore (miglior film) a Nicola Giuliano per “Il divo” di Paolo Sorrentino
- Mario Monicelli consegna il Premio Mario Monicelli per il miglior regista a Paolo Sorrentino per “Il divo”
- Premio Tonino Guerra per il miglior soggetto a Roberto Saviano per “Gomorra” di Matteo Garrone
- Premio Gian Maria Volontè per il miglior attore a Silvio Orlando per “Il papà di Giovanna” di Pupi Avati
- Premio Anna Magnani per la migliore attrice a Donatella Finocchiaro per “Galantuomini” di Edoardo Winspeare
- Ennio Morricone consegna il Premio Ennio Morricone per il miglior compositore a Teho Teardo per “Il divo” di Paolo Sorrentino
La giuria dei critici ha attribuito i seguenti premi:
- Caterina D’Amico consegna il Premio Suso Cecchi D’Amico per la miglior sceneggiatura a Paolo Sorrentino per “Il divo”
- Blasco Giurato consegna il Premio Giuseppe Rotunno per il miglior direttore della fotografia a Luca Bigazzi per “Il divo” di Paolo Sorrentino
- Premio Dante Ferretti per la miglior scenografia a Lino Fiorito per “Il divo” di Paolo Sorrentino
- Valentina Carnelutti consegna il Premio Piero Tosi per il miglior costumista a Daniela Ciancio per “Il divo” di Paolo Sorrentino
- Roberto Perpignani consegna il Premio Roberto Perpignani per il miglior montaggio a Marco Spoletini per “Gomorra” di Matteo Garrone
- La giuria del pubblico ha attribuito i seguenti premi:
- Enrica Antonioni consegna il Premio Michelangelo Antonioni per miglior cortometraggio a Francecso Sperandeo per “Bab Al Samah – La porta del perdono”
- Corso Salani consegna il Premio Vittorio De Seta per il miglior documentario a Gianfranco Rosi per “Below sea level”
- Menzione speciale al documentario “Come un uomo sulla terra” di Andrea Segre, Riccardo Biadene, Dagmawi Yimer
- Ugo Gregoretti consegna il Premio Opera Prima Francesco Laudadio a Marco Pontecorvo per “PA-RA-DA”
Maria Antonietta Amenduni
1 Gennaio 2008
Il cosmo sul comò: il trio, meno “cattivo” del solito, alla ricerca di storie diverse da quelle proposte fino ad oggi
Sono passati quattro anni da “Tu la conosci Claudia?” (considerando Anplagghed al cinema una di parentesi, visto che si trattava della ripresa cinematografica, del loro omonimo spettacolo teatrale), Aldo, Giovanni e Giacomo sono tornati al cinema con un progetto nuovo, che segna una fase di passaggio dalla loro precedente cinematografia e dal loro modo di far ridere. Il cosmo sul comò, punta al recupero di una comicità più classica. Un film a episodi, un progetto più ambizioso, che li allontana in qualche modo dalle loro classiche gag televisive e teatrali.
L'episodio che fa da cornice al film (Maestro Tsu Nam) sembra un ricalco appena un po' modificato dello sketch teatrale sui due uomini preistorici che vanno a interrogare un dio dal nome impronunciabile (in Il cosmo sul comò, i pellegrini orientali Aldo e Giacomo chiedono l'illuminazione per la vera saggezza a un Giovanni maestro di poche parole ma molte iettature).
L'episodio di apertura è Milano Beach dove emergono immediatamente i caratteri della loro comicità televisiva: pignolo fino all'inverosimile Giovanni, pasticcione e iracondo Aldo, succube e arrendevole Giacomo, tutti e tre alle prese con un problema di «partenze intelligenti» per le vacanze che si trasformerà nella più prevedibile dei fallimenti.
L’episodio più ambiziosi e divertente del film è invece L'autobus del peccato, che sceglie l'insolita ambientazione di una parrocchia per raccontare le peripezie di un prete (Giacomo), di un sacrestano non proprio onesto (Giovanni) e di un parrocchiano (Aldo)timido e incapace di dichiararsi a una venditrice di pesciolini rossi (Isabella Ragonese), a cui però il caso fa trovare una valigetta con qualche centinaio di milioni di euro. Su questo episodio in realtà, si potrebbe costruire un film intero. Il finale infatti lascia insoddisfatti, perché seppur riuscito, l’episodio lancia troppo spunti poco risolti per la breve durata necessaria al prodotto complessivo.
Tocca poi a Falsi prigionieri, dove i personaggi sono i protagonisti di dipinti che prendono vita intrecciando relazioni tra loro. Nel complesso però l’episodio gira un po’ a vuoto, nonostante gag indovinate e battute che molto probabilmente rimarranno nel “bagaglio” storico del trio (l'«équilibre» continuamente ripetuto da Aldo per far camminare il suo quadro sul pavimento),
A concludere il film è l’episodio Temperatura basale. La storia narra dei tentativi di Giacomo e sua moglie (Sara D'Amario) per avere un figlio nonostante la «stanchezza» dei suoi spermatozoi mentre gli amici Aldo e Giovanni mettono al mondo figli in continuazione. Tutto l’episodio gioca con leggerezza su argomenti seri, costruisce la risata con le gag sui cognomi delle due ginecologhe e usa il montaggio per raccontare il tempo che passa e si concede anche qualche piccola cattiveria su figli e genitori; anche se il dubbio rimane e d è proprio questo episodio in particolare che fa pensare che Aldo, Giovanni e Giacomo, siano diventati un po’ più buoni!
Insomma, Il cosmo sul comò, un po’ carente in scrittura e regia, sembra essere un film di passaggio, per arrivare ad un modo di fare cinema, da parte del trio, diverso e più maturo. Riusciranno i nostri eroi…
Ecco come Aldo Giovanni e Giacomo hanno presentato il loro film alla stampa
Perché avete scelto questo titolo?
Giovanni: “La saggezza è spesso appostata sul comò, tutti hanno la possibilità di catturarla ma nessuno ci riesce. È un po’ il tema del film. A dire la verità avevamo delle alternative come All’ombra del ginko biloba e Storie in bilico, alla fine discutendo è venuto fuori Il cosmo sul comò, suonava bene e la produzione lo ha scelto”.
Avete optato per un film a episodi. Come mai?
Giacomo: "In particolare due titoli potevano essere sviluppati come lungometraggi, poi abbiamo deciso di unirli ad altre idee, ci piace questa modalità di racconto e pensiamo che in futuro possa essere una strada facilmente percorribile”.
Rispetto ai vostri primi lavori teatrali o televisivi state diventando forse un po’ troppo buoni?
Giovanni: “L’autobus del peccato non è poi così buonista, nella pinacoteca dei quadri falsi la follia porta con sé un po’ di cattiveria e Tsu Nam non è così buono. Diciamo che in generale nel film aleggia un’atmosfera non proprio rassicurante.
Aldo: “Non mi sembra che negli altri film fossimo così cattivi, ricordo che nel primo episodio non tratto proprio bene mia suocera”.
Come siete cambiati nel corso del tempo?
Aldo: “Prima avevamo più energia, oggi abbiamo più esperienza e cerchiamo di essere un po’ più profondi”.
Giacomo: “All’inizio capeggiava un po’ di follia, soprattutto in televisione, eravamo liberi di esprimerci come volevamo. Col passare del tempo a teatro e al cinema sono riuscito a tirar fuori un po’ di insofferenza. Prima non avrei mai mandato a quel paese la ginecologa (del quarto episodio ndr). Comunque promettiamo di essere più cattivi”.
Come è cambiata la comicità in questi anni?
Giovanni: “Non ci badiamo. Noi continuiamo a fare quello che ci diverte, un giorno quando nessuno verrà più al cinema o a teatro ci renderemo conto che la comicità è cambiata”.
Vi piacerebbe lavorare con un altro grande comico?
Giovanni: “Certo, con Verdone e Benigni ad esempio”.
Aldo: “Magari!”.
Giacomo: “Sarebbe curioso lavorare con Toni Servillo”.
Giovanni: “Se ne vedrebbero delle belle”.
Maria Antonietta Amenduni
8 Dicembre 2008
Madagascar 2: ironico, intelligente, divertente; film per bambini che strizza l’occhio agli adulti.
Ci sono proprio tutti e sono più irresistibili che mai! Ritroviamo il leone Alex, la zebra Marty, la fascinosa l'ippopotamo Gloria e la giraffa Melman alla deriva nelle remote spiagge del Madagascar, pronti ad imbarcarsi sull'aereo riparato dalla squadra di terribili pinguini per tornare a Central Park. Insomma il film ricomincia la dove tutto si era interrotto un po’ di tempo fa, ma…un atterraggio di fortuna, ben prima di arrivare nei cieli americani, catapulta i protagonisti nel bel mezzo di una pianura africana, ai piedi del Kilimangiaro. Li succede quello che non ti aspetti. Tutto appare come la realizzazione di un sogno: Alex ritrova la famiglia, Marty il branco che ha sempre desiderato, Gloria le attenzioni del prestante Moto Moto e Melman l'opportunità di mostrare un po' di eroismo. E per la serie, “Quando gli edi vogliono punirci, realizzano i nostri desideri”, gli eroi di Madagascar 2 si troveranno a fare i conti con la realtà africana ricca di avventure.
Ed anche questa voltaAlex, Marty, Gloria e Melman sono pesci fuor d'acqua, per opera dei registi Eric Darnelle Tom McGrath, cui si aggiunge in sede di scrittura Etan Cohen (Tropic Thunder), i quattro dello zoo di Manhattan si ritrovano a fare i conti, con la famiglia, il branco, le aspettative altrui, e Alex scoprirà a sue spese che non sempre basta saper ballare per “domare le folle”.
Sul binario principale si muove la stroria di Alex del padre Zuba e dell'usurpatore Makunga; vicenda che non manca di richiamare alla mente tracciati dal Re Leone. A tutto questo si aggiungono le diatribe amorose di Gloria e Melman, la vicende del branco di Marty, le avventure dei geniali pinguini terribili e dei loro nuovo soci scimmie, per non parlare poi di re Julien, uno dei personaggi più assurdi e divertenti che la Dreamworks abbia mai animato (interpretato non a caso, nella versione originale, da Sacha Baron Cohen).
Dal punto di vista emotivo il film fa sicuramente centro, ma in quanto ad ironia, sarcasmo ed intelligenza e nettamente superiore al primo; forse un po’ meno per bambini, in stile Shrek , strizza l’occhio agli adulti, e la scena delle trattative sindacali tra pinguini e scimmiette ne sono una testimonianza. Le bellissima musica black fa da filo conduttore a tutto il film, e rimane in testa anche uscendo dalla sala.
Per i due divi protagonisti (in voce) della versione originale, Chris Rock e Ben Stiller – a Roma per presentare il film - "Madagascar 2" è una "commedia fisica piena di gag", adatta a tutte le età, centrata su un gruppo di animali "irresistibilmente nevrotici", e portatrice di un messaggio antirazzista: "Fa vedere come anche il diverso da te può esserti vicino, un ippopotamo e una giraffa che si innamorano, e un leone e una zebra amici", spiegano quasi in coro. Mentre i due interpreti che li sostituiscono nella versione italiana, ovvero i comici eternamente in coppia Ale e Franz, sottolineano come "far ridere i bambini sia sempre la cosa più bella...".
Madagascar2
Un film di Eric Darnell, Tom McGrath
Titolo originale Madagascar: Escape 2 Africa.
Animazione durata 89 min. - USA 2008 - Universal Pictures
Data uscita 19/12/2008.
Maria Antonietta Amenduni
8 Dicembre 2008
Ultimatum alla terra: Keanu Reeves nei panni dell’alieno
Keanu Reeves torna sul grande schermo con il colossal di fantascienza Ultimatum alla terra. Il film, in uscita in Italia il 12 dicembre, è il remake dell'omonima pellicola del 1951 di Robert Wise, tratta dal celebre romanzo Addio al padrone. Tutto ha inizio a Washington. Un gigantesco disco volante atterra e arriva un alieno, che si presenta con il nome di Klaatu e mette in guardia gli uomini: se non smetteranno di farsi la guerra e di distruggere l'ambiente, saranno annientati e la Terra sarà invasa dagli extra-terrestri. Il misterioso Klaatu, che nel film di Wise aveva il volto di Michael Renne, è interpretato nella nuova versione da Keanu Reeves, già protagonista di Matrix, uno dei film di fantascienza più fortunati degli ultimi anni. Reeves è affiancato da Jennifer Connelly, premio Oscar per A beautiful mind. L'attrice (che compirà 38 anni proprio il 12 dicembre) interpreta Helen, una scienziata che fa di tutto per impedire la distruzione del pianeta. Scott Derrickson è all'esordio dietro la macchina da presa per una produzione ad alto budget, finora aveva diretto soltanto l'horror The exorcism of Emily Rose. Nel cast della pellicola c'é anche la veterana Kathy Bates e Jayden Smith, il figlio di Will: il bambino, che nel 2006 ha recitato proprio al fianco del padre nel film di Gabriele Muccino, The Pursuit of Happyness.
Keanu Reeves – a Roma per presentare il film – racconta che: "Il primo Ultimatum alla terra, quello del 1951, l'ho visto la prima volta da ragazzino, e poi negli anni l'ho rivisto più volte - racconta - ma la nostra versione è diversa da quella classica. Lì, infatti, il mio personaggio all'inizio sembra quasi umano, poi piano piano rivela un aspetto sinistro. Qui, invece, accade esattamente l'opposto: all'inizio è duro, poi finisce per umanizzarsi".
In giacca e cravatta, tranquillo, riflessivo, ma sempre sorridente, l'eroe guerriero e digitalizzato di Matrix, sostiene di avere qualcosa in comune con la creatura venuta sullo spazio che incarna sullo schermo: "Anche a me, nella vita, è capitato spesso di sentirmi un alieno - dice, sorridendo - ad esempio, quando da ragazzo ho cambiato liceo...". Poi invece si fa un po' più serio quando rivela che lui alla vita al di fuori del nostro pianeta ci crede, eccome: "Non penso che nell'immensità del cosmo possiamo essere gli unici esseri senzienti. Quanto agli Ufo, alcuni miei amici sostengono di aver avuto esperienze di questo genere... quindi, perché no?".
Riferimenti autobiografici a parte – continua Reeves - "Questo film dimostra che abbiamo bisogno dell'alieno, dell'Altro per capire noi stessi - dichiara l'attore - Gli esseri umani hanno bisogno di storie che gli rivelino la realtà della condizione umana". Quanto al livello di minaccia ambientale, Reeves si dice si preoccupato, ma anche ottimista: "E' vero che l'emergenza è grave, ma credo che le cose alla fine cambieranno". E chissà se, in questo senso, l'avventura di Barack Obama possa contribuire. "Se un alieno atterrasse davanti alla Casa Bianca - scherza Reeves - credo che direbbe al presidente eletto: 'Mantieni le promesse'. E, soprattutto, gli augurebbe buona fortuna". Il regista invece sottolinea con orgoglio che, col suo messaggio ecologista e antimiliarista, il film è stato concepito davvero "come l'inizio di una nuova era politica in America, piena di speranze e di cambiamenti".
Ultimatum alla terra
Di Scott Derrickson
Con Keanu Reeves, Jennifer Connelly, Kathy Bates, Jayden Smith.
Uscita nelle sale italiane: 12 Dicembre 2008
Maria Antonietta Amenduni
8 Dicembre 2008
Changeling, il nuovo film di Clint Eastwood con Con Angelina Jolie e John Malkovich.
Una storia vera che fa venire i brividi.
Un pugno allo stomaco, una storia straziante, un film che ti rimane impresso nella mente. E’ Changeling, il nuovo lavoro diretto da Clint Eastwood, con Con Angelina Jolie e John Malkovich. Tutto si svolge in una Los Angeles senza frontiere. Siamo nel marzo del 1928. In una mattinata di sabato Christine Collins, una giovane donna che lavora in un centralino, è costretta a lasciare a casa da solo il suo giudizioso figlio Walter che ha avuto da un uomo che li ha abbandonati. Christine deve andare urgentemente a lavoro e promette al bambino che sarà di ritorno alle 16. Una volta a casa, la donna fa una terribile scoperta: il bambino non c'è più e di lui si è persa ogni traccia. Finché, 5 mesi dopo, la polizia locale che non gode di buona reputazione, perché corrotta e approssimativa nei metodi, sembra aver risolto il caso. Consegna infatti a Christine un bambino che dice di esser Walter e che un po' gli assomiglia. La madre, giunta alla stazione per accogliere il suo bambino ritrovato, non riconosce il bambino, ma viene abbindolata dalla polizia con il pretesto che il tempo lo ha cambiato. Christine è però certa che non si tratti di suo figlio ed è supportata in questo anche da altre persone che lo conoscevano bene, a partire dalla maestra e dal dentista. Le autorità di polizia, sostenute da un'opinione pubblica desiderosa di rassicuranti lieto fine, insistono nella loro versione fino a decidere di internare Christine attribuendole disturbi mentali che l'avrebbero spinta a non riconoscere nel sedicente Walter il proprio figlio. Christine però non si arrende e, sostenuta dal reverendo Guistav Briegleb, continua a lottare contro l'arroganza di una polizia corrotta, perché le ricerche di Walter continuino.
La storia, sicuramente ben sceneggiata, nasconde segreti e rivelazioni sconvolgenti che Christine e tutta la comunità di Los Angeles, mai avrebbero potuto immaginare. Ma ciò che sconcerta ulteriormente di questo film è che la vicenda raccontata e tratta da una storia vera, e i fatti terribili che vengono alla luce nel film sono realmente accaduti. Una realtà che lo sceneggiatore J. Michael Straczynski ha riportato in luce grazie alla segnalazione di un amico che lo ha informato che numerose carte processuali di cause tenutesi negli anni Venti a Los Angeles stavano per andare al macero e che, tra queste, c'erano gli atti di un processo che avrebbe potuto interessargli.
Il regista di Mystic River e di Un mondo perfetto, esalta in questo film, quelle che sono le caratteristiche dell'etica eastwoodiana: l'individuo solo che combatte contro il potere corrotto, la pena di morte, l'infanzia distrutta, il sistema sanitario e i pazienti/oggetto. Il regista analizza tutti questi aspetti ed esalta una comunità in cui prevale la solidarietà della popolazione nei confronti delle vittime ingiustamente vessate. Eastwood ancora una volta non manca di ricordarci che i diritti individuali e umani non devono 'mai' venire calpestati. Lo fa, in questa occasione, riuscendo a dirigere una Angelina Jolie (più magra che mai), che finalmente, dopo i ruoli di super eroina da fumetto, ritorna ad un ruolo che le compete, in cui può dimostrare il suo talento interpretativo, riuscendo a commuovere.
Changeling
Un film di Clint Eastwood
Con Angelina Jolie, John Malkovich, Jeffrey Donovan, Colm Feore, Jason Butler Harner
Durata 140 min. - USA 2008 - Universal Pictures
data uscita 14/11/2008.
Maria Antonietta Amenduni
8 Dicembre 2008
Australia, kolossal old stile di Baz Luhrmann, con Nicole Kidman e Hugh Jackman
Una sorta di remake di Via col vento, così è visto dai più, il nuov film di Baz Luhrmann, “Australia”, con protagonista l’inedita coppia Nicole Kidman - Hugh Jackman. Il film racconta la storia di una nobildonna inglese, Nicole Kidman, che nell'Australia degli anni della Seconda Guerra Mondiale, eredita un ranch per l'allevamento del bestiame in Australia agli inizi della seconda guerra mondiale. Dopo aver combattuto con diversi proprietari rivali che vogliono impossessarsi delle sue terre, la donna decide di collaborare con un mandriano, interpretato da Hugh Jackman, per guidare la mandria attraverso il paese, per poi trovarsi ad affrontare le bombe dei giapponesi.
La tragedia della seconda guerra mondiale “osservata” dagli australiani come se guardassero un film, la tenerezza di una storia d’amore, la spietatezza del male, la paura di un’infanzia rubata, l’esotismo della cultura aborigena, il fascino della natura selvaggia. Azione, commedia e dramma; tutto questo è Australia. E’ un cinema malinconico e nostalgico bei confronti delle pellicole di un tempo, tecnicamente perfetto e comunque efficace sul piano emozionale. Baz Luhrmann, dopo Moulin Rouge, torna di nuovo con la conterranea, Nicole Kidman per un film che mette in mostra i lati oscuri ma anche le bellezze del loro Paese. Il film sarà nelle sale italiane dal 16 gennaio.
Il regista in compagnia dei due attori, ha presentato il film a Roma. La Kidman pur se di malumore, si presenta bellissima come sempre, talmente bella da lasciare tutti a bocca aperta. Capelli leggermente raccolti con tanto di boccoli, abito nero e tacchi alti. Visibilmente stanca e laconica, ma sempre sorridente. La Kidman glissa su molte domande, ad altre rifiuta di rispondere. Si accende solo quando ammette che il kolossal - ambientato nel suo Paese in cui è nata e in cui risiede, agli albori della Seconda guerra mondiale - le assomiglia, così come la terra in cui è stato girato: "La mia Australia è davvero così - dichiara - romantica e selvaggia. Come noi australiani, con la nostra profonda capacità di amare e di credere". O quando, a margine dell'incontro, parla della sua recente maternità: "Restare incinta a 41 anni, mentre giravo questo film, ti suscita più voglia di vivere. Voglia di riuscire a vedere i figli dei tuoi figli".
Per fortuna che a parlare ci sono Baz Luhrmann e Hugh Jackman. "Questo film - spiega Luhrmann - mi ricorda quando da bambino, nel piccolo villaggio in cui abitavo, mio padre per un periodo gestì un cinema: trasmetteva sempre Via col vento o Lawrence d'Arabia... opere complete, che contengono la commedia, l'amore, l'azione, l'avventura. Tutto in una sola pellicola: una sorta di grande banchetto cinematografico, adatto dai bambini agli anziani. Oggi invece si fanno o commedie o thriller o drammi, per poterli vendere a uno specifico target. E così, dopo aver lavorato al progetto di un film su Alessandro Magno che poi è andato in fumo, ho deciso di tornare alle mie radici".
E il risultato è, appunto, Australia. Film (nelle nostre sale dal 16 gennaio) che, per chi lo ha interpretato, ha rappresentato anche - come spiega la Kidman - "una lezione di storia, però molto divertente". "Ad esempio - prosegue l'attrice - ho toccato con mano la tragedia della generazione rubata (i bimbi aborigeni strappati alle famiglie e costretti a cambiare identità, ndr); e ho scoperto l'impatto che la guerra ebbe sul mio Paese". E Hugh Jackman concorda con lei: "Alcune tragedie come quella dei bambini le avevo studiate all'università, ma è una cosa è saperle intellettualmente, una cosa è farsi toccare dal cuore". Tutti e tre ammettono che realizzare un film del genere, con set piazzati in luoghi sperduti e abbandonati, non è stato affatto facile: "Abbiamo girato in posti lontani, remoti, distanti - conclude Jackman, che presto rivedremo nei panni di Wolverine - era come stare sulla Luna, o su Marte...".
Australia
Un film di Baz Luhrmann
Con Nicole Kidman, Hugh Jackman, David Wenham, Bryan Brown, Bruce Spence.
Drammatico - USA, Australia 2008- 20th Century Fox
data uscita 16/01/2009.
Maria Antonietta Amenduni
25 Ottobre 2008
Viggo Mortensen: il vice sceriffo dai due cavalli.
Presentato oggi il film Appaloosa, con bel western con Viggo Mortensen, diretto e coninterpretato da un altro attore di grande spessore, Ed Harris.
Polemiche per il film “Un gioco da ragazze”, vittima della censura. Rai Cinema “festeggia” così la sua prima censura.
Uno dei pochi divi attesissimi alla terza edizione della festival del cinema capitolino: Viggo Mortensen. L’attore è sbarcato oggi a Roma come protagonista di un bella pellicola western, Appaloosa, diretta e co-interpretata da un altro attore di grande spessore, Ed Harris, e applauditissima alla proiezione stampa. Un western classico e originale allo stesso tempo, tra sparatorie e ironia, dialoghi asciutti e immensi paesaggi affascinanti, esaltazione dell'amicizia virile - tra i due interpreti principali - e rappresentazione di una figura femminile insolita. Una vedova un po' insicura un po', incapace di non avere un compagno, interpretata da una bravissima Renée Zellweger.
Il Festival ha così riservato una calorosa accoglienza a Harrise Mortensen. Per quest’ultimo, poi, è solo l'inizio: sempre qui al Festival, lo vedremo come protagonista di un altro film (Good di Vicente Amorim, domani), e al centro di un faccia a faccia col pubblico (lunedì). Ma oggi l'attenzione è tutta per il suo ruolo in Appaloosa: "Avevo già lavorato con Ed - racconta - in History of violence (regia di David Cronenberg, ndr). E quando mi ha proposto quest'altro progetto, mi sono subito entusiasmato. Il film è ambientato nel 1882, nella parte finale dell'epopea western: e io adoro le storie che parlano del tramonto di un'epoca, dei momenti stAorici in cui le regole cambiano. Il mio personaggio, sullo schermo, cerca di affrontare questo mutamento. Tutto cambia: è questo il senso della pellicola".
La storia, tratta da un romanzo di Robert Parker, è ambientata nel Nuovo Messico, in una cittadina chiamata Appaloosa, dove spadroneggiano il criminale Bragg (un sempre affascinante Jeremy Irons) e i suoi seguaci. Virgil Cole (Ed Harris) e il suo socio da dieci anni Everett (Viggo Mortensen), nel ruolo di sceriffo e vicesceriffo (sempre accompagnato da due cavalli!), sono chiamati a mettere ordine nella città. I due, ovviamente, ingaggiano una lotta senza quartiere con Bragg. In cui a un certo punto si inserisce una vedova civettuola (Renée Zellweger), di cui Virgil si innamora. Lei tenta di sedurre anche Everett…
Una pellicola caratterizzata da uno humour davvero intelligente, sottile, che emerge in molti dialoghi. "E' la vita in realtà a essere divertente – afferma Mortensen - La vita ti fa sempre ridere: e il film riflette queste condizione". Più concreta la risposta del regista e co-interprete Harris: "La sceneggiatura è tratta dall'omonimo romanzo di Robert Parker, l'85 per cento dei dialoghi sono presi da lì. Compresa la sua ironia molto asciutta. Poi ci sono stati, naturalmente, i contributi di Viggo e di Jeremy Irons. In generale, devo dire che uno dei miei attori preferiti è sempre stato Paul Newman, proprio per il senso dell'umorismo che da lui trapelava sempre".
Altro elemento interessante della pellicola è la figura femminile indefinibile, fragile e insieme molto disinibita, sicuramente lontana dai tipici ruoli western, interpretata benissimo da Renée Zellweger "Un personaggio molto interessante - conferma Harris - una donna rimasta sola in mezzo al nulla: non una calcolatrice né una vedova nera, solo una che cerca di cavarsela". Ma questa, sostiene il regista, è una delle poche variazioni sul tema western: "Per il resto - spiega - volevo rendere omaggio al genere classico, senza volerlo per forza modernizzaAre. Anche lo stile che ho usato per le riprese è semplice: mi sono concentrato sui paesaggi, e sui personaggi. Certo, io adoro questo tipo di pellicole: tra le mie preferite, C'era una volta il West", il capolavoro di Sergio Leone.
E il contesto western fa nascere, inevitabilmente, l'eterna domanda: "Nel nostro mondo, c'è ancora bisogno di eroi?". "Certo che c'è bisogno di eroi – afferma Harris - per questo ora abbiamo Sarah Palin, come si potrebbe essere più eroici di lei?".
Il film che scatena invece le polemiche è “Un gioco da ragazze” di Matteo Rovere. La pellicola è stata vietata ai minori di 18 anni. Il regista ha affermato: «Più della finzione fa paura la realtà». Diciassettenni annoiate, tristi, cattive, vuote. Un film sugli adolescenti e per gli adolescenti che a sorpresa, però, è stato vietato dalla censura ai minori di 18 anni e ha acceso subito il dibattito. Ragazze bellissime dell’alta borghesia, fissate con lo shopping, l'aspetto, la dieta, tra episodi di bullismo, droga, sesso e la totale assenza di sentimenti. È quello che basta, forse, per far scattare il divieto che hanno lasciato stupiti il produttore del film Maurizio Totti e i distributori Rai Cinema e 01 che hanno già presentato ricorso sperando di poter salvare la pellicola prima dell’uscita prevista per il 7 novembre. «Ci sembrava un film di denuncia e ci aspettavamo al massimo un divieto per i minori di 14 anni - ha detto Totti - secondo me quello che può aver irritato la commissione è la totale assenza degli adulti. Cioé gli adulti ci sono, ma non fanno la loro parte». In Un gioco da ragazze Elena (Chiara Chiti), Michela (Desirée Noferini) e Alice (Nadir Caselli) sono tre diciassettenni di una ricca provincia italiana che spendono le loro giornate tra vestiti di lusso e feste in locali esclusivi. Tutto per loro è superficiale, vivono le cose senza pensare alle possibili conseguenze e non danno importanza ai valori, alla famiglia e ancor meno alle istituzioni come la scuola. Elena in particolare è la leader del gAruppo che ama esercitare un forte controllo sulle altre e anche quando il nuovo professore (interpretato da Filippo Nigro) cercherà di cambiare qualcosa della loro triste realtà, inconsapevolmente diventerà anche lui un’altra vittima dei loro giochi. Matteo Rovere ha detto che il suo intento non era «dare uno spaccato totalizzante, ma raccontare una realtà che in parte esiste». «Conosco la generazione di oggi e penso che i 14-15enni siano in grado di giudicare, non vanno sottovalutati» ha aggiunto Rovere. Più di «Un gioco di ragazze», il film, vietato ai minori di 18 anni, su tre ragazze dedite a ogni tipo di eccesso, dal bullismo alla droga, secondo il regista della pellicola, Matteo Rovere «fa paura la realtà. Meredith Kercher viene uccisa tutti i giorni per fare audience» e «manca l'educazione ai sentimenti - spiega -. Io sono molto deluso dalla società in cui viviamo, perché è incapace di produrre stimoli che diano ai ragazzi la voglia di vivere».
Maria Antonietta Amenduni
17 Novembre 2008
Per la prima volta a Roma il Terranova Festival
Sesta edizione del Festival Internazionale franco-italiano di performance poetiche e musicali
Dal 26 al 28 novembre 2008, arriva per la prima volta a Roma, il festival nato in Francia nel 2003, il Teranova Festival. L’arte come esigenza profonda e incontenibile di lasciare affiorare e dare visibilità a pensieri ed emozioni. L’arte come massima forma di libertà, e in questo clima di libera scelta è la cultura dell’attraversamento, quella che ignora ogni steccato del passato, quella che non conosce tempi e luoghi, Il Terranova Festival è un momento di incontro e confronto tra mondi e poetiche iscritte in un cerchio, proprio come in un cerchio è iscritta la terra nel suo inarrestabile movimento. Una ininterrotta proposizione di infinite facce, emanazioni di un’unica consistenza.
Una rassegna multiculturale fondata da Mario Salis che unisce sotto lo stesso tetto musica, pittura, fotografia, cinema e poesia. Moderna forma di “arte totale” storicamente legata alla Francia, arriva ora per la prima volta a Roma sotto la direzione artistica di Raffaella Bonfiglioli. Tre giorni consecutivi in cui il dialogo tra diverse discipline diventa prova tangibile dell’unicità dell’arte. E tre saranno le location prestigiose di Roma in cui queste diverse forme d’espressione si uniranno in un unico palcoscenico: l’Ambasciata di Francia, il Centro Culturel Saint Louis de France e Villa Medici. Se nelle passate edizioni il Festival ha dato ospitalità a nomi prestigiosi provenienti da ogni angolo del Globo come Michel Houellebecq, Lawrence Ferlinghetti, Fernando Arrabal, Edoardo Sanguineti, il Teranova Festival 2008 punta ancora più in alto, assegnando un premio alla carriera per ogni singola categoria.
Ospiti di prestigio nella sezione cinema saranno il poetico regista francese Patrice Leconte, (L'uomo del treno, Il mio migliore amico, Il marito della parrucchiera, La ragazza sul pinte, Riducile, ecc.), Pupi Avati, (La casa dalle finestre che ridono, Regalo di Natale, Il cuore altrove, La cena per farli conoscere ecc.). Per la sezione documentari sarà premiato il regista italiano Folco Quilici, celebre per i suoi film sul mondo marino.
Sarà premiata per la categoria “Canzone d’autore” l’istrionica artista italiana Momo. La provocatoria cantautrice lanciata da Piero Chiambretti nel Dopofestival di Sanremo 2007, porterà sul palco la sua arte fatta di note e di teatralità. Ospiti musicali saranno musicale della serate saranno Mario Salis, cantautore poeta romano, Enrico Nascimbeni, cantautore veronese, Mauro Di Domenico, chitarrista e compositore, Eros Kristyani, pianista amante delle mescolanze sonore. 2etti al Kg, ossia Giuseppe Vota e Daniela Maurizi.
Per quanto riguarda inve la sezione letteratura, ospite sarà Lorenzo Beccati, storico autore televisivo - per inciso il braccio destro di Antonio Ricci. Aspetto meno noto dell’autore genovese Beccati, è infatti la sua grande dote di romanziere; i suoi libri Il mistero degli incurabili, Il guaritore di maiali, sono thriller senza tempo scritti con la maestria del grande autore.
Non mancheranno le tematiche sociali: il regista Enzo La Gatta presenterà il suo collage di immagini di repertorio dal titolo “per non dimenticare le morti bianche”. Il video è accompagnato musicalmente niente meno che da Dario Fo, qui in veste di cantante. Il premio Nobel per la Letteratura canta sullo scorrere delle immagini brani estratti dal suo album Scià Scià.
CALENDARIO EVENTI
Mercoledì 26 novembre
Centre Culturel Saint Louis de France
Largo Toniolo, 20-22
(tra piazza Navona e Pantheon)
20h00 Incontro Stampa Artisti Cocktail su invito
21:00 Esposizione fotografica di Germano Serafini nella hall del Teatro
Conduce: Savino Zaba, presentatore radiofonico dello storico programma di Radio 2 Ottovolante.
Premio Teranova a MOMO
Presentazione dell’artista che ha realizzato il Premio: Claude Genzling
Esibizioni di:Andrea Rivera, Mauro Di Domenico, Sumana Shina, Enzo la Gatta, Mr Sacha , Monsieur Ti,
Enrico Nascimbeni, Matteo Gabbianelli (FPML), Angelo Elle (FPML), Overlook Hotel, Antonio Caldarella.
Anteprima : Spettacolo di musica e parole “ SENTI CHE VISTA” di Raffaella Bonfiglioli, con Eros Kristyani, Momo, Mario Salis, Giuseppe Vota, Daniela Maurizi, Germano Serafini, Sandra Negrini (voce narrante Savino Zaba)
Viaggio onirico che integra canzoni.pittura. fotografia in uno spazio creativo e poetico.
Premio « Iceberg News SUONO » Fabrizio EMIGLI
Premio « Iceberg News Immagini » a Laura Muscardin
Sarà presente Night Italia,rivista glamour/arte/satira/costume
Giovedì 27 novembre
Centre Culturel Saint Louis de France
Largo Toniolo 20-22
(tra piazza Navona e Pantheon)
16:00 Proiezione del film Il mio migliore amico di Patrice Leconte
18:00 Incontro con Patrice Leconte
Ambasciata di Francia (Palazzo Farnese)
20:00 Aperitivo poetico (Incontro Stampa–Artisti)
Esibizioni di Eros Kristyani
Proiezione del film documentario di Folco Quilici Il mito dello squalo nelle isole Bismarck della Melanesia
21:15 PREMIO TERANOVA A FOLCO QUILICI
Esibizioni di: Momo e Mario Salis
21:15 GRAND PRIX TERANOVA CINEMA a PATRICE LECONTE
21h30 Proiezione in francese del film di Patrice Leconte
Monsieur Hire (L'insolito caso di Mr. Hire )
Venerdì 28 novembre
Bar caffé ‘i libri con gusto’
Largo dei Librari
15h00 – 17h00 Happening poetico musicale con Monsieur Ti, Mr Sacha, Sumana Shina, HAYENA READING
Villa Medici
20h00 Jean – Marc AGRATI Lecture
PREMIO TERANOVA A LORENZO BECCATI
Sumana Shina Lecture
Conférenza sul ruolo della poesia nel mondo del cinema
con PATRICE LECONTE moderatore Mario Salis
PREMIO TERANOVA CINEMA ITALIANO A PUPI AVATI
musica
Eros Kristyani in “new philosophy of jazz “
Mario Salis
Enrico Nascimbeni
Momo
Giuseppe Vota e Daniela Maurizi
Mr Sacha
Razmataz ( FPML )
Premio « Iceberg News PAROLA » a Beppe Costa
Con la partecipazione straordinaria di Arnoldo Foà Lettura di « Anche ora che la luna » musiche di Paolo Travagnin
Disco d’Oro a Enrico Nascimbeni
Sito ufficiale www.teranova.fr
Maria Antonietta Amenduni
28 Ottobre 2008
"Il Sangue dei vinti": film che non appassiona ma crea polemiche ed accende gli animi.
Berlusconi, Bush e il nazismo.
Dopo "Un gioco da ragazze" e "Il passato è una terra straniera", i "casi" al Festival del Film di Roma, aumentano e, come previsto, questa volta tocca al film di Michele Soavi tratto dal discusso libro di Giampaolo Pansa, Il Sangue dei vinti (già rifiutato a Venezia). La proiezione stampa riservata ai giornalisti lo ha congedato con scarsi e timidi applausi e l’incontro alla presenza dello scrittore, di Michele Placido, protagonista del film, di un rappresentante dell’Associazione partigiani e di Gasparri si è trasformato in un dibattito. La pellicola, fedele al "Pansa pensiero", come dice lo stesso regista, racconta attraverso le vicende di una famiglia, quella dei Dogliani, lacerata al suo interno (un figlio partigiano - Alessandro Preziosi- , una figlia repubblichina -la brava rumena Alina Nedelea- e il primogenito poliziotto non schierato Placido) un’altra Italia, diversa da quella descritta dai libri di storia o dai tanti film sull'argomento. Che alza il velo sulla miriade di crimini ed efferatezze compiuti ad opera dei partigiani durante e dopo la liberazione. A dimostrazione che "morti e violenze ci furono da entrambe le parti con la differenza che se il sangue dei partigiani ha ottenuto medaglie e memoria quello dei vinti è stato cancellato e dimenticato".
Michele Placido, provocato con la domanda su che effetto gli procurasse indossare la camicia nera, ha risposto: "Mio padre adorava indossare quella camicia, io sono di una generazione diversa. Eppure da piccolo, per giocarea a pallone ro iscritto alla Giovane Italia; vivevo in un paesino della Puglia, ed era normale che fosse così.Poi da poliziotto mi sono trasferito a Roma. Non potevo fare altro, la mia famigli era numerosa, ed era l'unico modo per permettermi gli studi all'Accademia D'Arte Dammatica. Poi le persone che ho incontrato e conosciuto mi hanno aiutato ad aprire la mente, a cambiare idea e ad essere di sinistra! La mia è stat una scelta matura e riflettuta. Mio padre non lo condanno, avrà avuto le sue buone ragioni"!
Pansa, nel difendere il film dalle accuse suscitate, dice: «L’Italia non è una pese pacificato ma diviso, lo dimostra il fatto che non si arriva neppure alla memoria accettata. Ecco perché tutti i lavori intellettuali di questo tipo che cercano di aggiungere un pezzo di verità alla storia non possono che essere un fatto positivo».
Il sangue dei vinti, arriva a Roma dopo essere stato rifiutato a Venezia e non in concorso ma come "evento speciale". E Pansa commenta: «Io sono una persona ottimista per carattere. E anche se avrei preferito che questo film fosse in gara, va bene così. Anche se non capisco bene il senso della categoria "evento speciale" e non mi è piaciuta tanto questa collocazione. Ma mi adeguo, d’altronde ci sono così tante cose che non mi piacciono in Italia ma sulle quali non posso far nulla...». E aggiunge: «Vorrei dire pubblicamente al produttore del film Fracassi che è un eroe: ma chi glielo ha fatto fare di comprare i diritti del libro e affrontare un argomento così rischioso? Io avevo un mio motivo per affrontare un tema così spinoso, che fa parte del mio ciclo revisionista (al libro sono seguiti Sconosciuto 1945 nel 2005 e La grande bugia nel 2006). Ma quando ho saputo che volevano trarne un film ho davvero pensato fosse impossibile, perché lo consideravo intraducibile al cinema, essendo un lungo catalogo di date ed eventi. Per questo gli sceneggiatori hanno dovuto inventare una storia, dei personaggi . Ora però dopo averlo visto dico che è un bel film e che mi basta e avanza. Anche se so che sarà difficile far digerire un lavoro che cerca di aggiungere una pietra sulla strada della verità».
E a chi chiede allo scrittore cosa intenda dire, quando parla di un Italia non ancora pacificata, risponde: «Semplicemente perché la parte che ha vinto non ha ancora raccontato quel che è successo davvero durante e dopo la guerra civile. Il mio libro, e ora questo film, hanno rotto il muro della paura degli sconfitti a parlare (non avete idea di quante lettere mi siano arrivate dopo la pubblicazione del libro, nel 2003, per raccontarmi storie di “sangue dei vinti” ed efferatezze dei partigiani) ma non quello dell’omertà dei vincitori a raccontare la verità. Ancora oggi non si sa dove siano state seppellite 20.0000 persone trucidate dopo la liberazione. Loro non hanno avuto il diritto alla sepoltura e le loro famiglie la possibilità di ricordarli. L’intento del libro e del film è quello di dire che "tutti i morti devono essere seppelliti e ricordati" ma le critiche della sinistra e tutte queste polemiche sono solo la dimostrazione che l’Italia, lungi dall’essere un Paese pacificato, è ancora in guerra civile».
Il film, ha in realtà una doppia veste. Uscirà a febbraio-marzo 2009, nelle sale cinematografiche, mentre in autunno del prossimo anno sarà trasmesso come fiction Rai, in due puntate. Partiolarmente affollato il cast che oltre Placido, Preziosi e Nedelea, vede anche: Stefano Dionisi, Ana Caterina Moriaru, Barbara Bobulova, Valerio Binasco e Giovanna Ralli e Pilippe Leroy
Maria Antonietta Amenduni
28 Ottobre 2008
Colin Farrell: bello, dannato e disordinato.
L'attore presenta al Festival del Film di Roma, "Pride and Glory" diretto da Gavin O’Connor. La fama del suo torpiloquio lo precede e lui non delude le aspettative"
Berlusconi, Bush e il nazismo.
Torna e lo fa come suo solito, bello, unto e dannato! E' Colin Farrell, che presenta al Festival del Film di Roma, il film in concorso Pride and Glory. Anche questa volta, come da tradizione, interpreta il ruolo del bello e maledetto. Nel film, diretto da Gavin O’Connor, poliziesco che tira in ballo l’annosa questione della corruzione delle istituzioni, Colin è un agente venduto. Se poi a lui si aggiungono dei mostri sacri come Edward Norton e John Voight, si può capire come il film fosse fra i più attesi alla festa di Roma. L'attesa ha però deluso le aspettative e il film non ha goduto dell'accoglienza favorevole prevista.
Camicia nera aperta sul petto, scarponi slacciati, cappellone in testa, capello lungo e doverosamente unto, così Colin Farerell si è presentato in conferenza stampa. Farrell, che negli ultimi anni si è trovato a dover interpretare spesso poliziotti o rapppresentanti delle istituzioni, confessa in realtà di non amare per niente le armi e di faticare parecchio nel trovare giustificazioni ai suoi personaggi negativi. Necessario per riuscire a dar loro spessore interpretativo.
L'attore oggi 32enne, a dieci anni dal suo debutto cinematografico confessa di aver finalmente ritrovato, proprio durante la lavorazione di questo film, la passione e la curiosità per questo lavoro che aveva all’inizio della carriera ma che si era persa dopo la delusione seguita all’insuccesso di Alexander, film in cui aveva creduto molto.
«Noi attori facciamo questo lavoro non solo per noi stessi, ma anche per il pubblico. Alexander è stato un film doloroso, che mi ha fatto soffrire. Non è stato accolto bene né il mio lavoro, né quello di Oliver Stone. È stato visto da poche persone e alla maggior parte non è piaciuto. E io ci sono stato malissimo, sono entrato in crisi perché mi sembrava di aver tradito il pubblico e la stessa figura storica di Alexander. Ci ho messo parecchio a superare il trauma e ci riuscito davvero solo con Pride and Glory. Durante la lavorazione di questo film ho capito di aver finalmente superato il senso di sconfitta e ho finalmente ritrovato la curiosità che avevo a 16 anni, quando per la prima volta ho assistito a una lezione di recitazione».
Alla domanda in cui gli si chiede se è vera la fama di Norton, considerato dagli addetti ai lavori un vero stronzo, Farrell tentenna e al suo posto prende la parola il regista O’Connor: «in realtà Edward, che confermo essere un grande rompic......, lo fa solo perché ci tiene moltissimo al suo lavoro. Non rompe le palle per il gusto di farlo, ma perché vuole che le cose siano fatte al meglio. E lui è il primo a non tirarsi mai indietro affinchè ciò avvenga»
Aggiunge Farrell: «Io adoro lavorare con attori curiosi e appassionati. Come Edward ma anche John Voight, che fa questo lavoro da oltre 40 anni anni e possiede ancora lo stesso interesse. Lo stesso discorso vale per Al Pacino, con cui ho lavorato in The recruit (La regola del sospetto). Le due cose che reputo più importanti sono proprio la curiosità e la generosità, ovvero lo spirito collaborativo che si deve instaurare in un buon gruppo di lavoro. Mentre nella vita seguo un unico importante principio: il rispetto altrui, non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te».
L'attore notoriamente ribelle e "anticonformista", stupì i suoi fan quando decise di trasferirsi ad Hollywood, e oggi ha spiegato così la sua decisione: «In realtà andarci è stato come seguire un percorso che qualcuno aveva già prestabilito e non mi sono mai pentito di averlo fatto. Lì ho lavorato per grandi produzioni, come Alexander e Miami Vice, ma anche in film più piccoli e indipendenti, dove ho avuto maggior libertà creativa non avendo i produttori alle calcagna, col fiato sul collo a dirmi quello che avrei dovuto fare. In ogni caso non ho mai pensato di essermi venduto andando a Hollywwod. E anche se con la crescita del web e i siti di gossip online e di youtube la privacy è messa a rischio e spesso parenti, amici e amanti rischiano di trovarsi alla barlina continuo a pensare che i vantaggi superino gli svantaggi».
Qualcuno gli fa notare che viene spesso citato per la fama di "maledetto" e il suo turpiloquio (ogni sua frase è una sequela infinita di "fuck") durante le riprese di Alexander è stato l’unico a riuscire a calmare un cavallo imbizzarrito. «Vero!- replica l’attore- è bastato dirgli: "Fucking horse (caz** di cavallo, ndr), se non la smetti di trasformo in un ca** di barile di colla» . Come da copione
Maria Antonietta Amenduni
27 Ottobre 2008
Viggo Mortensen presenta 'Good', il suo secondo film da protagonista al festival del film di Roma.
L’attore senza freni, contro
Berlusconi, Bush e il nazismo.
Roma 26 Ottobre 2008 - "Il nazismo in Germania, le dittature dei generali in Brasile e Argentina, gli otto anni di Bush in America, e Berlusconi in Italia: sono tutte facce della stessa medaglia, il potere senza freni, che per sopravvivere divide et impera, sfruttando paura e paranoia del popolo". E’ un Viggo Mortensen, competente, informato e senza freni quelli che si è presentato in conferenza stampa per il secondo giorno di seguito, al Festival internazionale del film di Roma, questa volta per presentare il bel film 'Good' di Vicente Amorim, storia di una padre di famiglia nella Germania anni '30 che diventa nazista "per caso" e per “spirito di sopravvivenza”.
Nel film, basato sulla piece di CP Taylor, John Halder (Mortensen), nell'arco di 10 anni, dal 1933 al 1942, a piccoli passi, dimentica i propri principi tanto da diventare SS onorario, per i suoi meriti accademici. Nel percorso che intraprende, apparentemente inconsapevole dell'orrore che lo circonda, scrive per il regime di Hitler un saggio sull'eutanasia che viene usato per applicare l'eugenetica nazista, e non riesce a salvare il suo migliore amico, Maurice (Jason Isaacs) dal campo di concentramento. Tra le scene più forti del film, quella in cui il protagonista, costretto per la prima volta a indossare la divisa per partecipare a un raid notturno, capisce ciò che è diventato, mentre la nuova moglie ariana, gli mostra (con un atto sessuale) tutto il suo entusiasmo.
In competizione nella sezione Anteprima, Good vede Mortensen nei panni di un pacato professore di letteratura che arriverà a vestire la divisa delle SS: "Quando l'ho indossata la prima volta, era una giornata molto calda ed ero molto stanco. Ho provato una strana sensazione quando ho provato questa divisa ma pensavo fosse colpa del caldo o della stanchezza. Poi solo il giorno dopo, a seguito del mio cattivo umore, ho capito che il mio malessere era la mia reazione al significato di quell'uniforme. Comunque, ho interpretato il mio professor Halder correttamente, senza giudicarlo in modo retrospettivo: Good non è un film su Hitler, piuttosto un racconto familiare".
"Che cosa avrei fatto io al suo posto? E che faccio oggi dopo l'11 settembre? Che compromessi accetto? Questo film, soprattutto il finale, puo' piacere o meno, ma perché lo spettatore si immedesima in Halder, e poi si sente tradito quando diventa nazista...", prosegue l'attore, che sull'eutanasia - il suo personaggio scrive un romanzo che pare avallarla - dice: "E' un tema complesso, e non è facile rispondere. In linea di principio, credo che ognuno dovrebbe avere il diritto di decidere della propria vita, scrivendo il proprio testamento biologico".
Se sia Good che il suo prossimo film, The Road, tratto dal capolavoro dello scrittore Cormac McCarthy, suonano da "avvertimento dell'apocalisse, in cui la sopravvivenza diviene l'unico obiettivo", per Mortensen "devono essere i singoli cittadini a dare significato alla rappresentatività democratica, cercando ogni giorno di porre un freno alle mire dei governi, che instillano la paura del diverso per garantirsi l'esistenza. Bisogna guardarsi intorno, e non rimandare a domani la riflessione, se no uno vota sempre il meno peggio, e si ritrova Berlusconi. Come Bush, che dopo brogli e imbrogli, è stato rivotato da mezza America: a quel punto non ci si puo' lamentare...".
Maria Antonietta Amenduni
27 Ottobre 2008
Il passato è una terra straniera: tra le vie di una Bari bella e dannata si dipana il film di Daniele Vicari.
La censura vieta la pellicola ai minori di 14 anni.
Divieto ai minori di 14 anni per "Il passato è una terra straniera" di Daniele Vicari, tratto dall'omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio, presentato al Festival del Cinema di Roma. Non si conoscono ancora i motivi della decisione. Il film racconta la storia di Giorgio (Elio Germano) uno studente modello che dopo l'incontro con Francesco (Michele Riondino) inizia a frequentare ambienti loschi di Bari e a diventare un baro.
Il film è ambientato a bari Bari ai giorni nostri. Giorgio (Elio Germano), giovane magistrato, viene fermato da una ragazza con l'aria dimessa (Valentina Lodovini). "Non ti ho mai ringraziato per quella notte. Ecco, volevo farlo ora. Ma ti ricordi di me? Sono Antonia…". E il pensiero ritorna a qualche tempo prima, a quando mancava ancora un esame alla laurea e i rapporti con i genitori erano difficili, a quando – dopo aver conosciuto Francesco (Michele Riondino), abile e misterioso giocatore di carte – il suo mondo borghese e rassicurante si trasformo' in un vortice dai contorni sfocati, catturandolo su tavoli da poker in ville sontuose o bettole senza nome, per una discesa agli inferi verso angoli dell'anima fino ad allora ignotiIl film è tratto dall'omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio – premio Bancarella 2005 – raggiunge lo schermo per mano di Daniele Vicari, al suo terzo film.
Come dichiarato dallo stesso Carofiglio, anche sceneggiatore del film, si tratta di un lavoro "totalmente libero, che estremizza alcuni aspetti ai quali il libro allude solamente". Per quello che riguarda il lavoro di trasposizione, poi, Vicari spiega che "il primo referente e' stato Massimo Gaudioso, il vero sceneggiatore del film", che pur non eccellendo e risultando un po' troppo lento, non è da disdegnare totalmente. "Gianrico Carofiglio e il fratello Francesco -dice Vicari- hanno dato un contributo generale, aderendo con intelligenza al progetto ed e' stato un lavoro proficuo, soprattutto perche' – a differenza del romanzo, ambientato nell'89 – abbiamo spostato tutto al presente, insistendo molto su alcuni aspetti che nel romanzo rimanevano solo in nuce, come ad esempio il fatto che la personalita' piu' violenta e' quella di Giorgio, non di Francesco". Anche se sembra evidente che senza Francesco non ci sarebbe stata "l'evoluzione”. Francesco e' l'elemento di fascinazione per Giorgio, che pero' non esisterebbe se dalla semplice attrazione verso l'ignoto e il torbido non mettesse in pratica quella violenza - dice ancora il regista -. Non ci sarebbe discesa agli inferi, nessun percorso alla scoperta di se' che non avrebbe senso se non vissuto direttamente sulla propria pelle. In fondo, pero', Giorgio non sa con certezza chi e', perche' fa certe cose, non comprende a fondo se stesso.
Il regista si è espresso anche relativamente alle scene di violenza sessuale presenti nel film, commentandone la meticolosità della preparazione: “Le scene di violenza in un film sono studiate come se fosse una danza, altrimenti non funzionano. Questa danza punta all'armonia della rappresentazione; o questa armonia c'è. Oppure la scena non funziona, anche quella di violenza”.
Molto critico il regista nei confronti della divieto ai minori di 14 anni: “Ritengo che questa commissione che censura i film, sia una specie di istituto del medioevo!Se ancora si sente l'esigenza di proteggere i cittadini “scemi”, allora vuol dire che abbiamo un problema di fondo. Basterebbe dire che il film non è consigliato ai minori di 14, poi “il genitore scemo”, che acconsente che il figlio veda il film, se ne assume le responsabilità”.
Maria Antonietta Amenduni
22 Ottobre 2008
Al Pacino apre il festival del cinema di Roma: "Meglio il teatro del cinema, forse perché ho cominciato lì. E' la mia famiglia”!
L'attore premiato con il Marc'Aurelio d’oro alla carriera: «Si recita soltanto nella vita. L’Italia? è la Mecca del cinema»
E per fortuna che c’è Al Pacino! È stato il divo holliwoodiano ad aprire ufficialmente il terzo Festival Internazionale del Film di Roma e a dare entusiasmo ad una manifestazione che, in seguito alle tante polemiche che nei mesi scorsi l’ hanno preceduta, sembrava partire con poco entusiasmo ricordando più una festa di provincia che un festival internazionale. Ma per le valutazioni aspettiamo l’ultimo giorno e torniamo a parlare di Al Pacino che è sbarcato nella capitale per ricevere il Marc'Aurelio d’oro alla carriera attribuito quest'anno all'Actors Studio, di cui è uno dei presidenti, e per presentare la pellicola «Chinese Coffee».
Look total bleck, compresa camici e cravatta sempre rigorosamente nere. Barba incolta, occhiali da sole in testa, gentile, simpatico, disponibile e chiacchierone come sempre. aria simpatica, barba incolta e completo scuro, l'attore è tornato in città, dove era stato poco tempo fa insieme a Robert De Niro per il film "Sfida senza regole"
Pacino loda l’Actors Studio ma anche l’Italia: «Tutti i miei film hanno avuto origine dall’Actors Studio - ha detto - è la casa della recitazione e ha un significato particolare, per tutti gli attori del mondo. La cosa che vorrei chiarire è che chiunque può presentarsi a fare un provino e se si viene accettati se ne è membri a vita. Quando ero un giovanissimo attore, negli anni '60, si tenevano almeno due sessioni di recitazione a settimana con Lee Strasberg e gli attori professionisti potevano cimentarsi, sperimentare, incontrare i registi. Erano occasioni uniche ed essere qui a parlarne in Italia in questa Mecca del Cinema è una grandissima opportunità».
Alla domanda "Qual è la cosa migliore della recitazione? Come diceva Lawrence Olivier, le bevute che ti vai a fare quando smetti di recitare...". Usa l'arma dell'ironia, Al Pacino, per sdrammatizzare il suo ruolo di leggenda del cinema contemporaneo. Anche se poi diventa serio, quando spiega: "E' nella vita che recitiamo sempre, mentre nell'arte, sullo schermo, sul palcoscenico, diciamo sempre la verità".
Un alternarsi di leggerezza e profondità, da parte del super-ospite di questa terza edizione del Festival capitolino. Al Pacino ha parlato del suo metodo di recitazione personale. «La cosa fondamentale come mi ha insegnato il maestro Strasberg è imparare le battute e fare tante prove - ha concluso -. Una volta trovata la strada, il percorso giusto, si può liberare l’incoscio e farlo emergere. Lavorare con il mio maestro ne "Il Padrino" è stato bello. Non mi giudicava, era al mio fianco come attore, collaboravamo insieme». Stessa cosa che fece Marlon Brando e che oggi fa Al Pacino con i giovani attori che recitano al suo fianco. «Gli attori di oggi sono più sicuri di sé, hanno solo all’inizio un po’ di imbarazzo ma dopo si comincia a parlare, li metto a proprio agio, si scherza e tutto passa. Allora si inizia a vedere la persona, non solo l'attore, e questo fa la differenza. Tutti pensano che gli attori sono dei bugiardi. Si dice: 'smettila di recitare'. Ma io credo che si reciti solo nella vita, mentre nell'arte si persegue solo la verità».
L’incontro con l’attore americano è uno di quei momenti indimenticabili della vita, per chi ama il cinema: un mostro sacro del cinema mondiale che parla di se stesso, del suo modo di recitare, della sua evoluzione artistica. Pacino parla della sua opera terza da regista, dopo il bellissimo "Looking for Richard" (1996) e l'inedito "Chinese Coffee" (anno 2000, proiettato questa sera). Si chiama "Salomaybe?", e Pacino, che ne mostra al pubblico alcune immagini, lo descrive così: "E' un film nato dal mio desiderio di rendere omaggio alla Salomé di Oscar Wilde. Di rivivere lo shock, l'ispirazione che ho provato quando l'ho vista a teatro per la prima volta, a Londra. Sono stato letteralmente rapito: e dire che non sapevo nemmeno che fosse stata scritta da Wilde... Così ho pensato che ne potevo ricavare un film, ho giocherellato con questa idea per qualche anno, e alla fine ho trovato la strada per realizzarlo. Con uno stile che ricorda un po' 'Looking for Richard'". Vale a dire, una sorta di dietro le quinte, di viaggio affascinante nell'opera (allora era il Riccardo III di Shakespeare). "Ci sto lavorando ormai da tre anni - prosegue l'attore, che per sé nel film ha scelto il ruolo di Erode - avrei voluto mostrarlo qui, adesso, ma non ce l'ho fatta... magari il prossimo anno".
La disponibilità di Al Pacino è tanta che si lascia andare piacevolmente a racconti personali e a ricordi cari. Ecco il racconto del suo rapporto con un altromostro sacro, Marlon Brando, sul set della saga de Il Padrino: "Io ero molto giovane, lui era gentile e carino con il sottoscritto. Rispetto a come ero io allora, i tanti attori giovani di oggi con cui ho lavorato sono più sicuri di sé. Anche se un po' intimiditi da me: sono cresciuti coi miei film... Ma poi questo residuo di soggezione sparisce, e loro cominciano a vedere la persona".
Il racconto di un altro ricordo è per il suo mentore Lee Strasberg, accanto al quale ha recitato sempre nella saga di Coppola: "Tutto quello che ho realizzato, nella mia carriera, si può dire che abbia avuto origine dall'Actor's Studio - rivela - per cui sul set di Coppola lavorare con un guru come Lee mi faceva andare i nervi a pezzi. Lui solo una volta mi diede un consiglio; io non arrivo mai in ritardo alle riprese, ma una volta mi è capitato, e quando arrivai mi disse: 'Impara le battute, devi sempre sapere le battute'. Ed è lo stesso consiglio che io rivolgerei ai giovani attori di adesso: imparate le battute, provate sempre. Perché è con le prove che si fa il percorso che libera l'inconscio e che conduce all’elaborazione del personaggio. Come accade, in pittura, nelle opere di Jackson Pollock".
Al Pacino è un fiume in piena e, per il piacere dei presenti, non smette di raccontare: "Quando ero più giovane - rivela ancora Pacino - il personaggio si impadroniva di me. E così, per liberarmene, rischiavo incidenti di percorso. Come nel caso di 'Quel pomeriggio di un giorno da cani': due mesi dopo la fine del film fui chiamato per girare alcune scene, ma io avevo lasciato andare talmente lontano il personaggio che non riuscivo più a riprenderlo. Oggi non ho più questi problemi, ho anche un'altra vita oltre quella che vivo sul palcoscenico o al cinema". E se gli si chiede quale preferisce, tra queste due forme espressive, non ha dubbi: "Meglio il teatro del cinema, forse perché ho cominciato lì. E' la mia famiglia, un po' come l'Actor's Studio. Certo amo il cinema, adoro vedere film, ma non impazzisco all'idea di farli. Si lavora 14 ore al giorno, è troppo faticoso. E poi io sono un performer, e a volte sul set mi devo trattenere nelle mie performance".
L'attore che ama particolarmente il nostro Paese, si è detto in fine, emozionato per un riconoscimento che premia tutto il suo lavoro. «E’ difficile indossare un vestito e ancora più difficile è mettersi in giacca e cravatta, ma farlo per ricevere un premio come questo è entusiasmante. È come se qualcuno stesse organizzando una festa per te e tu non ne capisci il motivo - ha scherzato - per me è una cosa ottima perché a livello artistico alimenta il mio lavoro».
Maria Antonietta Amenduni
23 Ottobre 2008
Festival del Cinema di Roma, seconda giornata. Alemanno: "Il Festival di Roma deve andare avanti".
Oggi presentato il film "L'uomo che ama"di Maria Sole Tognazzi, con Pierfrancesco Favino, Xenia Rappoport e Monica Bellucci. Interessante proposta arriva invece con la pellicola "8"; tra i registi Wim Wenders.
Seconda giornata per il Festival del cinema di Roma, tra la consegna della Lupa Capitolina ad Al Pacino, le pene d'amore di Bellucci e Favino, Wender che rimprovera i governi di non far nulla per la fame nel mondo e il Sindaco di Roma, Allemanno, che invita tutti i romani a partecipare alla festa e a farla crescere.
Procediamo con ordine. La mattinata si `aperta con la consegna della Lupa Capitolina alla carriera ad Al Pacino, che l'ex ministro dell'Agricoltura ha definito "una delle star più consolidate ed un simbolo di fratellanza tra il popolo italiano e quello americano" "Al Pacino ha apprezzato molto il nostro festival e ha detto che la manifestazione deve assolutamente andare avanti nonostante le polemiche che ci sono state. Ci ha incoraggiato inoltre a investire su questa esperienza che dai risultati dimostra che abbiamo intrapreso la strada giusta". Il primo cittadino: "Quest'anno venduti ottomila biglietti in più". Parlando di cifre il sindaco di Roma ha aggiunto: "Dal 20 ottobre abbiamo venduto ottomila biglietti in più, il 21% in più rispetto allo scorso anno e questo dimostra che il Festival sta crescendo. Invito tutti i romani a partecipare alla manifestazione e a farla crescere". Insomma pare che il Sindaco sia finalmente rinsavito dalla volonta' degli scorsi mesi, di debellare completamente il festival!
La mattinata all'Auditorium `iniziata con la proiezione del film "L'uomo che ama" di Maria Sole Tognazzi, con Pierfrancesco Favino, Xenia Rappoport e Monica Bellucci. «Sono un uomo che soffre per amore e questo al cinema si è visto raramente. Diciamo che mi metto a nudo per Maria Sole», così l'attore romano descrive il suo personaggio. «Non è certo una novità - dice ancora Favino - basta pensare a Dante, uno che non stava affatto bene. Ma nel cinema è difficile vedere questo argomento trattato compiutamente. Penso a Marlon Brando in Ultimo tango. Nel film di Maria Sole, invece, si parla in maniera impudica di un uomo che soffre». La regista, figlia d’arte, spiega che ha fatto il film, scritto insieme a Ivan Cotroneo, «per abbattere delle barriere che vogliono che sia sempre e solo la donna a soffrire per amore, che piange perchè viene tradita o lasciata dall’uomo. Invece penso che gli uomini patiscano le stesse pene, anche se mostrano minori fragilità». «Per me - afferma invece Monica Bellucci - le barriere abbattute da Maria Sole in qusto film sono due e rispondono affermativamente a due domande: può un uomo piangere per amore? Può una donna bellissima essere abbandonata da un uomo?». Il film in se non `stato comunque bel accolto dalla critica, fatta eccezione per Pierfrancesco favino, che ancora una volta ha dato prova del suo talento.
Nel pomeriggio anche David Cronenberg ha incontrato la stampa. Il regista ha presentato a Roma in prima mondiale mostra personale al Palazzo delle Esposizioni: intitolata “Chromosomes”, raccoglie una cinquantina di fotogrammi tratti dai suoi più celebri film e trasformati, dopo l'elaborazione digitale e il trasferimento sulla tela, in vere e proprie opere d'arte, del tutto autonome dal contesto in cui sono nate. “È come essere presente a uno scavo archeologico del mio passato", ecco il soddisfatto commento di Cronenberg.
Cronenberg ha parlato del suo lavoro, di come si approccia con gli attore quando dirige: "Non sono mai riuscito a catturare, a forografare un'immagine dell'invisibile, ma non me ne preoccupo piç di tanto, io penso priaritariamente al corpo umano, l'essere fisico di ciñ che siamo. Ho lavorato con moltissimi attori straordinari e ognuno ha il suo metodo. Il mio obiettivo `di fare in modo che chi lavora con me si senta legato al film. Tutti gli attori portano le loro tecniche e io non impongo il mio modo di lavorare. Sui miei set si puñ improvvisare e si deve essere sereni. Io sono stato anche attore e l'attore `un corpo e lo usa per fare il suo mestiere. Io do la possibilit´agli attori di esprimersi al meglio in libert´e armonia".
Interessantissima proposta di giornata e' "8" , film collettivo commissionato dall'Onu per promuovere gli otto obiettivi da perseguire entro il 2015 se vogliamo rendere migliore questo mondo. I presupposti non sono incoraggianti. Molti Stati, quelli ricchi, stanno indietro rispetto alle promesse. E infatti la piccola etiope del corto di Adberrahmane Sissako non ci crede che ce la faranno a sconfiggere la povertà. Ci sta poi il problema dell'educazione (il corto di Gael Garcia Bernal), l'Aids che dilania l'Africa (nelle immagini di Gaspar Noe'), le pari opportunità (Mira Nayr in trasferta Usa), la mortalità infantile (Gus van Sant con i suoi adorati skaters), lo sviluppo sostenibile nelle bellissime immagini di Jane Champion: il mondo ha sete, si sta surriscaldando, possiamo ripensare il nostro sviluppo. E non chiedere sempre sconti come è abituato a fare il premier italiano, rimandando una piaga che a lui (e ai privilegiati del pianeta) non toccherà subire. Infine la cooperazione one to one (Wim Wenders), il micro-credito inventato dal geniale Mouhammed Yunus, un bengalese che ha avviato un sistema straordinario di mini prestiti che noi occidentali possiamo garantire per persone di altri paesi. 150 euro per ristrutturare un negozio in Africa: spesso briciole per le nostre tasche ma straordinarie ad altre latitudini. E i debiti sono ripagati al 100%.
E Wender in conferenza stampa ha detto apertamente quello che pensava: "Il microcredito funziona molto bene in molti paesi; a livello privato la solidariet´sociale funziona molto bene, e' una storia sorprendente di enorme successo e per lo piu' `' una storia al femminile. Il 90% dei fondi concessi con il microcredito, viene dato alle donne perch``risaputo che sono piu' responsabili. Il problema dell'attuale crisi economica `che non saranno i ricchi a pagarne il prezzo, ma ancora una volta saranno i poveri a farne le spese. Se i governi si comportassero come le persone, non avremmo la povert´nel mondo! Noi, oltre manifestare e far sentire la nostra voce, non possiamo fare nulla per risolvere il problema; sono i governi che devono darsi da fare seriamente!"
In serata altre due proiezioni di film in concorso: Schattenwelt di C. Walther e Un Barrage contre le Pacifique di R. Panh.
Maria Antonietta Amenduni
2 Ottobre 2008
Meg Ryan, Annette Bening e Eva Mendes in 'The Women'. amicizia e tradimento per un film esclusivamente al femminile.
E' un film tutto rosa senza nessun personaggio maschile e questo aspetto già lo rende unico. Non a caso il suo titolo è “The Women”. Il cast è stellare visto che annovera attrici del calibro di Meg Ryan, Annette Bening, Eva Mendes, Debra Messing, Jada Pinkett Smith, Candice Bargen, per la regia di Diane English.
La vita perfetta di Mary Haines va in crisi quando, facendo la manicure da Saks sulla Quinta Strada, apprende dalla ciarliera estetista che suo marito, un magnate della finanza, ha una relazione appassionata con la commessa addetta alla profumeria. Come se non bastasse, la sua migliore amica Sylvia, per non perdere il posto di lavoro alla guida di una rinomata rivista, vende la privacy di Mary a una nota cronista mondana in cambio di una rubrica con la sua firma. Sconvolta, Mary comincia a preoccuparsi innanzitutto di se stessa e, così facendo, finisce per ritrovare la fiducia e l'affetto degli altri.
Il primo, del '56, intitolato «Sesso debole», diretto da David Miller, protagonista June Allyson, era molto fedele all'originale; li si palpitava per gli uomini, in quello nuovo invece si palpita per le amiche. “La commedia originale era un atto d’accusa nei confronti delle donne vuote e mondane dell’alta società, sempre pronte a pugnalarsi alla schiena per un uomo”, spiega la English. “Era maliziosa, con un ritmo incalzante e un’ironia pungente. Dovevo trovare il modo di spostare il tiro. Io volevo che il mio film fosse un tributo alle donne, ma senza rinunciare ad alcuni tratti distintivi dell’originale, primo fra tutti l’umorismo graffiante”.
Anche questo di oggi, diretto da una esordiente, Diane English, tende più o meno alla stessa fedeltà, ma reinterpretando un po' il testo teatrale di Clara Boothe Luce da cui anche Cukor aveva preso spunto. Miller, nel suo rifacimento, non aveva rivelato lo stesso mordente e anche meno lo rivela questo film di Diane English; pur ambientato ai giorni nostri, come schemi e psicologie risulta datato e poi perché ironico, irriverente e aggressivo della commedia originale (e di Cukor) ha preferito un prevedibile lieto fine che accontenta tutti. Di positivo c’è che i personaggi sono tutti ben delineati e rappresentati e il film scorre via piacevolmente.
E le due protagoniste principali commentano così questa esperienza cinematografica tutta al femminile: “Questo film parla di quello che succede quando si rompe un’amicizia fra donne”, spiega Meg Ryan. “A volte è molto peggio della rottura tra un uomo e una donna. Mi sembrava interessante l’idea di fare un film che parlasse di questo”.
E per Annette Bening che è stata scelta per il ruolo di Sylvie Fowler “la sceneggiatura di Diane molto divertente, intelligente e profonda. Era un film estremamente godibile. Sapevo che Meg Ryan sarebbe stata tra le interpreti, e mi piaceva molto il mio personaggio, Sylvie, una donna in carriera dalla lingua tagliente. Non avevo mai fatto un film così, e l’idea mi entusiasmava”.
The Women
Un film di Diane English.
Con Meg Ryan, Annette Bening, Eva Mendes, Debra Messing, Jada Pinkett Smith, Carrie Fisher, Cloris Leachman, Debi Mazar, Bette Midler, Candice Bergen.
Genere Commedia, colore 114 minuti.
Produzione USA 2008.
Distribuzione Bim
Uscita nelle sale italiane: venerdì 10 ottobre 2008
Maria Antonietta Amenduni
2 Ottobre 2008
Mamma mia…che esplosiva Maryl Streep
Un’ora e 45 minuti di allegria che rimane addosso. Mamma mia lascia il sorriso in bocca e una rilassante sensazione di beatitudine, anche a chi, come chi vi scrive, negli anni 70, era troppo piccola per conoscere gli Abba. Riprendendo l’omonimo musical scritto dalla drammaturga inglese Catherine Johnson e rappresentato con inesauribile successo in 170 città in tutto il mondo, la pellicola diretta da Phyllida Lloyd - dal 3 ottobre nei cinema italiani - si muove sui maggiori successi della band svedese, da Money, Money, Money a The Winner Takes It All a Dancing Queen.
Nella bellissima cornice dell’isola greca di Kalokairi, Sophie sta per sposarsi con il suo amato Sky, nonostante le obiezioni di sua madre Donna (Meryl Streep), che non si è mai sposata e ha dedicato la vita all’hotel che gestisce sull’isola. Sophie prima del grande giorno sogna di poter conoscere finalmente suo padre e, grazie al diario segreto di Donna, la ragazza scopre che sua madre nell’estate in cui l’ha concepita si vedeva con tre uomini diversi. Sophie decide dunque di invitare al matrimonio tutti e tre i possibili padri, ovviamente all’insaputa di Donna, per la quale sarebbe uno shock incontrare i suoi antichi amori il giorno del matrimonio di sua figlia. Lo straordinario trio di papà (Pierce Brosnan, Colin Firth e Stellan Skarsgard) arriva così sull’isola, ma Sophie ancora non sa chi dei tre è suo padre, permettendo alla trama di prendere pieghe inaspettate e divertenti minuto dopo minuto, canzone dopo canzone.
Riesce sempre stupire favorevolmente una Meryl Streep strepitosa, che in faccia ai suoi 59 anni canta e balla come una ragazzina, in tutto il suo fascino al di là di lifting non fatti e fisico da donna comune. Con lei le due scatenate Julie Walters e Christine Baranski, ovvero la spiritosa Rosie e la ricca pluridivorziata Tanya, le amiche dell’ex figlia dei fiori Donna (Streep), ex colleghe della band “Donna and The Dynamos”.
Un film che ti trascina senza soluzione di continuità. Non si può fare a meno di farsi contagiare dalla sua allegria nonostante i primi dieci minuti un po’ faticosi e scorrere. Grande forza di questo film sono senza dubbio le canzoni e la straordinaria Meryl Streep. Non c'erano assolutamente dubbi sul fatto che Mamma mia!, il musical con le canzoni degli Abba, sarebbe subito balzato in testa al box office italiano e infatti è stato così
Maryl Streep, serena, energica e incantevole come sempre, ha presentato il film a Roma, e si è detta entusiasta di averlo fatto: «sfida gioiosa. Non mi sembra vero che alla mia età, proprio in questo momento della carriera mi sia ritrovata a sgambettare e cantare e a godere della compagnia di tre splendidi uomini, Pierce Brosnan, Colin Firth, Stellan Skarsgard. Che dire? Mamma mia!». Il suo antidoto contro il tempo sta tutto in due parole: «Famiglia e lavoro. E sono grata ogni giorno di esserci ancora, di avere quattro figli e il mio cinema. Oddio, qualche dolorino lo accuso ma ho ancora tante risorse da spendere. Con il trascorrere degli anni - continua la Streep - si diventa più consapevoli, più capaci di amare e si vuole anche essere amati di più». Guai a dirle che è la prima della classe: «Non mi ci sono mai sentita» ribatte «anche perché i miei ragazzi sono prontissimi a riprendermi se racconto male una barzelletta o scelgo un abito sbagliato. Poi, quando incontro le giovani attrici così timorose, beh dimentico anche io qualche battuta e mi sento “normale”».
Mamma mia
Un film di Phyllida Lloyd.
Con Meryl Streep, Pierce Brosnan, Colin Firth, Stellan Skarsgård, Julie Walters, Dominic Cooper, Amanda Seyfried, Christine Baranski, Philip Michael Thomas, Nancy Baldwin, Heather Emmanuel, Colin Davis.
Genere Commedia, colore 108 minuti.
Produzione USA, Gran Bretagna, Germania 2008.
Distribuzione Universal Pictures - [Uscita nelle sale venerdì 3 ottobre 2008]
Maria Antonietta Amenduni
22 Settembre 2008
Sfida senza regole: De Niro e Al Pacino insieme al cinema e… nell’amicizia
Ad oltre trent'anni dalla loro prima esperienza insieme sul set de Il Padrino II di Francis Ford Coppola e a tredici da Heat di Micheal Mann nel quale, su quasi tre ore di film, hanno recitato in sole due scene, i premi Oscar Robert De Niro ed Al Pacino tornano sul grande schermo per “Sfida senza regole - Righteous Kill”, thriller psicologico ad alta tensione. "E' stato come vedere un concerto dove suonavano insieme Miles Davis e John Coltrane". Con questo paragone jazzistico il regista Jon Avnet ha definito Robert De Niro e Al Pacino, durante la conferenza stampa romana in cui Al Pacino e De Niro, si sono presentati, il primo vestito all black e il secondo sempre in nero con camicia grigia. I due si sono confrontati con grande rispetto ricordando quando tra loro, da giovani, c'era vera competizione. Ora tra i due, che nel film interpretano due poliziotti alla soglia delle pensione, quella competizione non c'è più.
Ma veniamo a "Sfida senza regole". Ambientato nel mondo degli sbirri di New York, il film ha come protagonisti due detective veterani, che da decenni lavorano insieme. Uno dei due, l'irascibile Turk (De Niro), ha una relazione con Karen (Carla Cugino), una poliziotta della Scientifica con tendenze bondage. L'altro, Rooster (Pacino), ha un carattere più solido e controllato. E proprio mentre la coppia di poliziotti lavora per incastrare uno spacciatore di droga (Curtis Jackson, meglio conosciuto come 50 Cent), uno dei due comincia a essere sospettato di una catena di omicidi. Da qui una partita mortale in cui i due, De Niro e Pacino, sembrano essere nello stesso tempo cacciatori e prede.
Sfida senza regole di Jon Avnet è prima di tutto un film sul mestiere dell'attore. Una lezione di recitazione e un approdo autoreferenziale di due carriere. Robert De Niro e Al Pacino amano il cinema gangsteristico americano, sono legati a quel mondo tragico e là sono le radici dei loro personaggi, caratterizzati dal dinamismo della scalata criminal-sociale o da un'ostinata resistenza a questa forma di Sogno americano. Un film che farà storia per ilsolo fatto di poter vedere questi due giganti del cinema, recitare uno accanto all’altro. Come ogni buon thriller, c’è sempre una costante tensione e suspance e il confronto tra i due titani è portentoso.
Durante la conferenza, fa impressione vedere insieme allo stesso tavolo due autentici mostri sacri del cinema come Robert De Niro e Al Pacino. Li osservi e vedi d’ avanti a te la storia del cinema in tutta la sua inesorabile grandezza. De Niro più laconico e riservato, Al Pacino più chiacchierone. Insieme portano in dote una quantità di capolavori, e di interpretazioni memorabili, cha fa quasi spavento: da "Taxi driver" a "Quel pomeriggio di un giorno da cani", da "Mean Streets" a "Serpico", da "Toro Scatenato" a "Profumo di donna", da "Quei bravi ragazzi" a "Scarface". Per non parlare del "Padrino" parte prima e seconda. E adesso eccoli qui, fianco a fianco, Robert De Niro e Al Pacino, il primo più schivo il secondo un po’ più “ciarliero”, che raccontano il loro film e scherzano tra loro. A guardarli, uno accanto all’altro, quasi non ci si crede. Avevano lavorato insieme solo due volte: in 'Heat, la sfida' (film del 1995 di Michael Mann, ndr) li si vedeva insieme solo in due scene, mentre ne Il Padrino – Parte seconda, insieme non lo erano mai.
Mr De Niro, Mr Pacino, benvenuti in Italia.
R.D.: “Sono sempre emozionato quando vengo in Italia, i miei antenati erano italiani; il rapporto con questo paese risale a molto tempo fa”.
A.P.: “Ho da poco imparato a mandare gli sms, ed ho appena mandato un messaggio ai miei figli, dove ho scritto di trovarmi nella patria dei nostri antenati”.
Mr Pacino, lei tornerà presto in Italia per ritirare il Marc’ Aurelio alla Carriera che le sarà conferito al Festival Internazionale del Film di Roma.
“Devo dire innanzi tutto che la possibilità di ricevere un premio qui a Roma, Il Mar’ Aurelio, è per me un grande onore. Il premio mi verrà conferito il 22 Ottobre proprio alla Festa del Cinema di Roma. E’ un onore ed un’espressione della nostra gratitudine per il sostegno che ci viene dato come Actor’s Studio. Che ci si creda o meno, io non vedo l’ora di riceverlo questo premio. Magari non ci credete ma è così. Mi hanno chiesto di portare 10 film”.
Mr De Niro, come è nato questo lavoro insieme e cosa significa per voi?
“Io e il regista avevamo in mente di fare questo film. Originariamente la sceneggiatura prevedeva questa coppia di poliziotti, uno più giovane e uno più anziano. Poi dopo una rilettura della sceneggiatura mi sono chiesto perché dovevano essere necessariamente uno più giovane e uno più anziano? Non potrebbero essere due poliziotti della stessa età? Jon (Avnet, il regista – ndr) mi ha chiesto a chi stavo pensando; io ho subito risposto che avevo in mente Al. Così mi sono messo in contatto con lui. Ne abbiamo parlato e Al si è subito detto d’accordo. E’ stato fantastico lavorare insieme”.
In questa esperienza avete imparato qualcosa l’uno dall’altro?
R.D.: “Ci troviamo bene in compagnia l’uno dell’altro. Il regista ci ha aiutato in questo. Lui è uno di quelli che pensa che qualsiasi cosa l’attore fa, non è mai sbagliato. Penso che questa dovrebbe essere una regola di base che dovrebbe vigere sempre nei confronti degli attori, proprio per dare loro una certa sicurezza. E’ stato fantastico lavorare con Al, primo perché noi già ci conoscevamo e avevamo lavorato bene uno con l’altro,. Probabilmente a livello inconscio e subliminale, sicuramente la nostra amicizia e il nostro rapporto ha influenzato la nostra performance.”
E’ stato maggiore il piacere dell’incontro o la paura del confronto?
A.P.: “Per me in assoluto, ha prevalso il piacere di lavorare con Bob, anche perché io Bob lo conosco da metà della sua vita, che è anche la mia. Lui è una persona estremamente generosa e la sua comprensione delle cose del cinema, dei ruoli, è una cosa che abbiamo in comune. Non è una cosa che dico solo io, ma qualsiasi attore che ha lavorato con Bob può affermare la stessa cosa. E’ una persona generosa e sensibile con gli attori, per cui la condizione di piacere di lavorare con lui viene da sé. Non mi viene in mente nulla che sia stato sgradevole nel lavorare con lui. Quando eravamo più giovani, io e Bob eravamo molto più competitivi. Una cosa questa che aveva creato una certa distanza tra noi, che per fortuna con il passare degli anni si è colmata e poi ci siamo avvicinato molto di più. Quando ci si afferma da giovani si perde un pò il contatto con la realtà e per me aver avuto qualcuno come Bob con cui potermi confrontare, che aveva fatto un percorso simile, è stato importante. C’è una grande fratellanza tra di noi e questo mi ha aiutato ad affrontare meglio la vita, la carriera e i miei problemi ".
(Ad ascoltare queste parole De Niro annuisce, fa capire che è d'accordo. ndr)
R.D.: “È vero. ho tanto rispetto nei confronti di Al. C'è stato un periodo in cui ci incontravamo e ci scambiavamo le nostre impressioni, le cose più interessanti che ci colpivano. Io magari conservavo il mio punto di vista e Al conservava il suo, ma parlarci e confrontarci era importante. Poi per un certo periodo siamo stati attratti da cose diverse ma poi ci siamo ritrovati. Vedendo quella che è stata la reazione a questo film, rimpiango il fatto che alla fine abbiamo lavorato così poco insieme. Avrei dovuto essere più proattivo e darmi da fare per lavorare insieme e spero che ci sia presto un nuovo progetto".
Quanto è difficile, anche per due divi come voi trovare delle buone sceneggiature?
A.P.: “Gli attori sanno di essere “divi” quando recitano. In realtà è vero, è sempre difficile trovare una sceneggiatura buona valida che ti spinga a volerla interpretare. Io e bob sono una quindicina d’anni che non lavoriamo insieme e ci siamo sempre detti che avremmo tanto voluto farlo, vero Bob? Oddio, dalla tua faccia non mi sembri molto convinto!!!” (Pacino e De Niro si lascino andare ad una fragorosa risata! Ndr.) “Ok, ok, se non altro io volevo lavorare con Bob” (ridono ancora ndr.). “Ci siamo andati vicini in un paio di occasioni, c’eravamo quasi poi però i rispettivi impegni non ci hanno consentito di lavorare insieme. Abbiamo mancato queste occasioni, così quando Bob mi ha offeto questa possibilità di interpretatre un ruolo tipico newyorchese, ho pensato che valesse realmente la pena di accettarlo, proprio perché trovare delle buone sceneggiature è difficile e lo è sempre stato. Non so per qiale raggione, ma ci sono dei momenti in cui c’è come un’ondata di buone sceneggiature, arrivano tutte insieme e bisogna procedere con oculatezza per poterle cogliere…mio Dio ma quanto parlo!!! Proverò a tenerle più corte le risposte!”
R.D.: “In realtà prima di realezzire Heat, avevamo già provato più e più volte a fare qualcosa insieme e non ci siamo mai riusciti. Poi finalmente è arrivato il film Heat e subito dopo volevamo nuovamente fare qualcosa insieme e non ci siamo riusciti; abbiamo dovuto aspettare fino ad oggi. Speriamo di poter fare presto un nuovo film insieme, prima che passino altri tredici anni.”
Mr Pacino, dal Padrino ad oggi, la sua carriera è stata costellata di personaggi ricchi di sfumature in chiaroscuro, buoni e cattivi allo stesso tempo. Quanto i suoi personaggi hanno influenzato lei e quanto il suo carattere ha influenzato i personaggi?
“Penso che i miei personaggi mi abbiano influenzato più di quanto mi piacerebbe sapere (ride, ndr). Mi piace questa definizione di chiaroscuro, perché fondamentalmente questa è la caratteristica che io ho sempre rilevato nella stragrande maggioranza delle persone con cui entro in contatto e dei personaggi che interpreto e che conosco tramite la letteratura. E’ vero che ci sono stati nella mia carriera dei ruoli che erano un po’ unidirezionali, ma questa duplicità molto interessante. Oltretutto i film mi permettono di andare ad esplorare la parte buia dell’essere umano, più di quanto si possa fare nella vita, perché nel quotidiano viene fuori principalmente il lato luminoso, la parte leggera dell’essere umano”.
Che rapporto avete con il cinema?
A.P.: "Noi attori siamo come i personaggi in cerca d'autore di Pirandello. Io ho ancora fame di ruoli. Non vorrei paragonarmi a un grande come Orson Welles, ma mi sento come diceva lui: un attore di teatro innamorato del cinema. La magia, il mistero di un film ancora mi affascinano, mi riempiono".
R.D.: "A volte capitano ruoli fantastici, ma non sempre è così. Quello che davvero ancora mi interessa è sviluppare delle idee, dei progetti, magari per anni, fino a vederli realizzati. Come accadeva con Scorsese. Diciamo che mi piacerebbe aver fatto più cose di questo tipo, nella mia carriera: ponderate, elaborate nel tempo".
Mr De Niro, quest’estate circolava la notizia che lei avesse chiesto di essere iscritto nelle liste elettorali del comune italiano di cui è originaria la sua famigli. E’ vero?
“Noo! (Ride ndr). Non è vera la notizia. Ho sentito la notizia ma non è vero che ho fatto questa richiesta. Inoltre non mi intendo assolutamente di politica locale ne tanto meno voglio esserne coinvolto”.
Allora vediamo se anche questa è una bufala…qualche giorno fa, un’agenzia stampa inglese, ha detto che avete già un progetto insieme; pare che farete un film in cui interpretate due sorelle!?
(Al Pacino e Robert De Niro, ridono. ndr)
R.D. “No, anche questa è una bufala, ma la colpa è mia. Ero a Londra, ho fatto una battuta scherzosa, ma evidentemente gli inglesi non hanno colto il mio umorismo newyorckese!”
Mr De Niro, fra poco incontrerete il Sindaco in Campidoglio. Sa che il Sindaco che sta andando a incontrare non è più il suo amico Veltroni?
R.D.: “Sì che lo so. Veltroni è un grande... è stato fantastico. Grande Valter!”.
A.P. “So che Bob ha la cittadinanza romana; nonostante io mi senta già italiano, oggi voglio approfittarne per chiedere al sindaco di darla anche a me! (ride nrd) E visto quanto chiacchiero, magari poi mi candido anche come sindaco! (ride ancora, ndr)”.
Sfida senza regole
(Righteous Kill)
Un film di Jon Avnet. Con Al Pacino, Robert De Niro, 50 Cent, Carla Gugino, John Leguizamo, Donnie Wahlberg, Brian Dennehy, Dan Futterman, Trilby Glover, Rob Dyrdek. Genere Azione, colore 100 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione 01 Distribution
uscita nelle sale: venerdì 26 settembre 2008
Maria Antonietta Amenduni
22 Settembre 2008
Burn After Reading - A prova di spia: il nuovo film dei fratelli Coen con un caste stellare.
Osborne Cox (John Malkovich) è un analista della CIA che viene da un giorno all'altro allontanato dal suo incarico. Per ripicca decide così di licenziarsi piuttosto che subire l’umiliazione di essere degradato. Motivo ufficiale: ha dei problemi con l'alcol. Comincerà ad averli rimanendo a casa disoccupato e con una moglie (Tilda Swinton) che lo tradisce con Harry Pfaffer (George Clooney), uno sceriffo federale affetto da numerose intolleranze alimentari. Alla periferia di Washington, in una palestra, Linda Litzke (Frances McDormand) (una donna di mezza età che sogna interventi di chirurgia estetica che non può pagarsi) viene coinvolta da Chas (Brad Pitt), un collega svaporato, in un gioco pericoloso. Un inserviente ha trovato in uno spogliatoio un dischetto con informazioni riservate della CIA. I due risalgono al proprietario, che è Osborne, e decidono di tentare di ricattarlo per denaro.
Come lo hanno definito gli stessi Coen, questo film è una favola politica, in cui i due fratelli registi giocano abilmente e ironicamente con la Cia e con le manie/frenesie del nostro tempo. I due registi questa volta si divertono davvero con attori amici come Clooney e McDormand (che è qualcosa di più di un'amica avendo sposato uno dei due fratelli) e con new entry come Tilda Swinton. Ma il loro mondo di losers anche un po' ipodotati sul piano intellettuale è comunque ricco di un retrogusto amaro. Burn After Reading - A prova di spia spazia tra generi diversi, dalla satira sociale e di costume alla parodia: i loro personaggi incarnano una cretineria diffusa e reale, che sembra innocua ma è invece fastidiosa e arrogante, conduce alla distruzione e al delirio, resta latente accumulando piccole idiozie quotidiane fino ad esplodere tutta in una volta in modo dirompente e irrefrenabile. Queste sciocche persone non meritano dunque compassione o perdono, che in effetti essi nemmeno richiedono. Piuttosto gli autori scelgono di far ridere di loro e dei loro guai fino alle lacrime, convincendo così il pubblico di essere decisamente più intelligente di questi ricattatori improvvisati e delle "vere spie" al lavoro, che sanno tutto quello che succede ma non riescono a capirci un accidente (non è che in verità si ride dei propri difetti, come sempre accade?)!
Il microcosmo che vanno a raccontarci prendendo le mosse da una visione satellitare del nostro pianeta e andando a stringere su Washington è fatto di gente che agisce senza pensare mai alle conseguenze. Il film è poi una parodia dei classici film di spionaggio, dove i colpi di scena si susseguono e i personaggi scoprono progressivamente di essere legati gli uni agli altri in un vortice di eventi dal quale lo spettatore si salva solo grazie alla risoluzione finale, che i Coen si guardano bene (per fortuna!) dall'offrire ai loro spettatori. I due registi inseriscono un doppio salto mortale. Non cercano infatti di farti dimenticare chi sono gli attori o le attrici che stanno interpretando i ruoli principali cercando di farti appassionare ai loro personaggi. Lavorano invece sulla loro presenza caricando le caratterizzazioni (impagabile quella di Brad Pitt) in modo che lo spettatore abbia sempre l'attenzione divisa in due. Da un lato osservi ciò che fa Harry ma, al contempo, sei quasi costretto a dirti "Guarda come se la cava bene Clooney nel tornare a fare l'idiota per i due fratelli". Strepitoso è John Malkovich. Il succo della faccenda è tutto qui: gli autori hanno raccontato una storia strampalata, scaturita dal caso e che si sviluppa costantemente sulla base della casualità, dato che i personaggi sono troppo stupidi per guidare gli eventi.
Burn After Reading - A prova di spia
(Burn After Reading)
Un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Brad Pitt, George Clooney, Frances McDormand, John Malkovich, Tilda Swinton, Richard Jenkins, J. K. Simmons, David Rasche, Olek Krupa. Genere Commedia, colore 96 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione Medusa - [Uscita nelle sale venerdì 19 settembre 2008]
Maria Antonietta Amenduni
7 Settembre 2008
Il pranzo di ferragosto: un film di una leggerezza intelligente che solo le buone opere a basso costo, riescono ad avere.
Primo riconoscimento ufficiale al film di Gianni Di Gregorio, dopo il successo di pubblico e critica. ''Pranzo di ferragosto'' ha ricevuto alla 65° Mostra del Cinema di Venezia, il premio ISVEMA attribuitogli dalla giuria del sindacato nazionale critici cinematografici italiani, ''per la sensibilita', la misura, la garbata ironia con cui viene trattato un tema difficile per le sue implicazioni esistenziali e sociali qual e' quello della vecchiaia''. Il film e' uscito nelle sale italiane il 3 settembre e ha subito avuto un ottimo successo di pubblico, piazzandosi molto positivamente al box office.
Gianni, un uomo di mezz’età, figlio unico di madre vedova, vive con sua madre in una vecchia casa nel centro di Roma. Tiranneggiato da lei, nobildonna decaduta, trascina le sue giornate fra le faccende domestiche e l’osteria. Il giorno prima di Ferragosto l’amministratore del condominio gli propone di tenere in casa la propria mamma per i due giorni di vacanza. In cambio gli scalerà i debiti accumulati in anni sulle spese condominiali. Gianni è costretto ad accettare. A tradimento, l’amministratore si presenta con due signore, perché porta anche la zia che non sa dove collocare.Gianni, travolto e annichilito dallo scontro fra i tre potenti caratteri, si adopera eroicamente per farle contente. Accusa un malore e chiama un amico medico che lo tranquillizza ma, implacabile, gli lascia la sua vecchia madre perché è di turno in ospedale. Gianni passa ventiquattr’ore d’inferno. Quando arriva il sospirato momento del congedo però le signore cambiano le carte in tavola…
Da segnalare che Di Gregorio ricopre anche (e bene) il ruolo del protagonista, mentre le quattro anziane signore che lo circondano nel film sono tutte alla prima esperienza di recitazione . Il successo di Di Gregorio sembra confermare come in questa 65° edizione della Mostra il cinema italiano abbia mostrato il suo lato piu' interessante e innovativo. In questo film, sorprendente e amabile, protagoniste sono quattro moschettiere tra gli 85 e i 93 anni (Valeria, Marina, Grazia e Maria), che pur non conoscendosi, per una serie di vicissitudini, trascorrono insieme il ferragosto, mostrando in modo, ironico, sarcastico e al tempo stesso tenero, tutte le fragilità delle loro solitudini. Settantacinque minuti godibilissimi per un film di una leggerezza intelligente che solo le buone opere a basso costo, ormai, riescono ad avere.
Pranzo di ferragosto
Un film di Gianni Di Gregorio.
Con Gianni Di Gregorio, Valeria de Franciscis, Alfonso Santagata, Marina Cicciotti, Maria Cali, Grazia Cesarini, Sforza Luigi Marchetti, Marcello Ottolenghi, Petre Rosu.
Genere Drammatico, colore 75 minuti.
Produzione Italia 2008
Distribuzione Fandango
Maria Antonietta Amenduni
1 Settembre 2008
“La terra degli uomini rossi – Birdwatchers”: film bello che inneggia al rispetto tra le culture nel mondo
È al lido con un film impegnato di Bechis ambientato nel Mato Grosso: «Un'esperienza sconvolgente ed entusiasmante, ma ora vorrei una commedia che faccia ridere e che sappia raccontare un mondo».
Ed intanto che Bechis aspetta l’ispirazione per la commedia, questo suo “La terra degli uomini rossi – Birdwatchers”, si gode gli applausi di critica e pubblico a Venezia e a modo suo cerca di scuotere le coscienze. A sette anni da Hijos - Figli, Marco Bechis torna dietro la macchina da presa per raccontare la drammatica realtà degli indigeni brasiliani, i Guarani-Kaiowá.
Mato Grosso do Sul (Brasile). 2008. I fazendeiro conducono la loro esistenza ricca e annoiata. Possiedono campi di coltivazioni transgeniche che si perdono a vista d'occhio e trascorrono le serate in compagnia dei turisti venuti a guardare gli uccelli. Ai limiti delle loro proprietà, c’è un mondo, un altro mondo, completamente diverso, fatto di uomini e donne che si vedono espropriati della loro terra, che nel contempo per loro non è semplice mezzo di lucro, ma è tutta la loro vita. Questi uomini e donne sono gli Indio, tra cui cresce il disagio per la perdita di quelle terre di cui erano i legittimi abitanti. Costretti in riserve, senza altra prospettiva se non quella di andare a lavorare in condizioni di semi schiavitù nelle piantagioni di canna da zucchero, moltissimi giovani si suicidano. A scatenare la ribellione è proprio un suicidio. Guidati da un leader, Nadio, e da uno sciamano, un gruppo di Guarani-Kaiowà si accampa ai confini di una proprietà per reclamare la restituzione delle terre. Due mondi contrapposti si fronteggiano. Si fanno una guerra prima metaforica e poi reale. Ma non cessano mai di studiarsi. A provare la "curiosità dell'altro" sono soprattutto i giovani. Una curiosità che avvicinerà il giovane apprendista sciamano Osvaldo alla figlia di un fazendeiro…
Bello. Una parola semplice per definire questo lavoro di Bechis. Bello il film, bella la regia, belli gli effetti sonori, bello il progetto, ottimo il cast. Una storia di resistenza e soprusi in cui la lotta per il potere vince su quella per la libertà e la giustizia. Una storia che fa centro e colpisce direttamente il bersaglio: l’anima dello spettatore. Una vicenda coinvolgente perché vera e contemporanea, arricchita nella sua autenticità dal fatto che i personaggi del film sono i protagonisti reali degli eventi narrati. Gli sguardi e gli occhi di questi Indios che nel giro di pochi mesi si sono improvvisati attori, trasmettono tutta la verità e la forza di un dolore causato dai soprusi di un sistema sbagliato e collaborazionista, che li abbandona in povertà ai margini delle città. Ma nonostante tutto e tutti a queste persone resta una cosa che nessuno gli può togliere: la dignità. Una condizione così opprimente da portare i giovani al suicidio, completamente incapaci di integrarsi in un mondo in cui le proprie radici si trasformano in catene.
Tra documentario e cinema il regista racconta la vicenda dei protagonisti, contornandoli di attori di calibro che pur di raccontare una vicenda importante come questa, interpretano ruoli secondari come gli italiani Claudio Santamaria e Chiara Caselli. Un film da non perdere; durante la conferenza stampa di presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, una delle indio protagoniste, Eliane Juca Da Silva, è scoppiata in lacrime spiegando che il film ha rappresentato una grande opportunità per la sua gente e che c'è bisogno di maggior rispetto tra le diverse culture del mondo.
La terra degli uomini rossi - Birdwatchers
Un film di Marco Bechis.
Con Abrisio da Silva Pedro, Alicelia Batista Cabreira, Claudio Santamaria, Matheus Nachtergaele, Ademilson Concianza Verga, Ambrosio Vilhava, Chiara Caselli, Fabiane Pereira da Silva.
Genere Drammatico, colore 108 minuti.
Produzione Italia, Brasile 2008
Distribuzione 01 Distri?????bution
uscita nelle sale italiane: martedì 2 settembre 2008
Maria Antonietta Amenduni
1 Settembre 2008
Metamorfosi: Festival di confine fra teatro e circo
La Settima edizione a Roma, Auditorium Parco della Musica, da giovedì 4 a sabato 6 settembre 2008
Metamorfosi - Festival di confine fra teatro e circo, una manifestazione realizzata da Fattore K. in coproduzione con la Fondazione Musica per Roma, sostenuta dall’ Assessorato alle Politiche Culturali del Comune Roma, scandisce ormai da cinque anni la riapertura dell’Auditorium Parco della Musica dopo la chiusura estiva.
Forma di spettacolo affascinante e relativamente poco conosciuta nel nostro paese, il circo contemporaneo è un’arte di frontiera, che reinterpreta l’immaginario tradizionale del circo attraverso la ricerca intorno alle tecniche circensi e la contaminazione con altri linguaggi artistici. Capace di emozionare e sorprendere, il nuovo circo in Italia è riuscito a conquistare, oltre a quello abituale del teatro e della danza, anche un pubblico eterogeneo.
Dal 2002, anno della prima edizione, Metamorfosi propone ogni anno, sotto la direzione artistica di Giorgio Barberio Corsetti, una panoramica sul ricco universo del nouveau cirque, ospitando grandi compagnie internazionali e artisti più giovani, spesso alla loro prima creazione.
Restando fedele alla formula che l’ha contraddistinto fino ad ora, anche quest’anno il festival Metamorfosi prosegue la sua esplorazione dell’universo del circo contemporaneo ospitando tre diverse compagnie di circo che si esibiranno dal 4 al 6 settembre nella Sala Petrassi e nel Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica.
Ad aprire, giovedì 4 settembre alle ore 21 in Sala Petrassi, il ritorno di due raffinati artisti dal talento straordinario, fondatori della compagnia franco-canadese Un Loup pour l’homme, Alexandre Fray e Frédéric Arsenault, con lo spettacolo « Appris par Corps », duo intenso e poetico di danza acrobatica. Due uomini si fronteggiano fisicamente, in un corpo a corpo che oscilla tra dolcezza e violenza, tra la volontà di fondersi nell’altro e la tentazione di sfuggire a un legame inscindibile, quasi gemellare. Il virtuosismo acrobatico dei due artisti raggiunge livelli tecnici eccellenti e genera immagini e combinazioni inattese e del tutto nuove.
Contemporaneamente giovedì 4 (ore 21) e, in replica, venerdì 5 settembre (ore 21) al Teatro Studio, l’esilarante clown nato dal genio di Bonaventure Gacon, con il suo monologo clownesco « Par le Boudu ». Come tutti i clown, è maldestro, gaffeur irresistibile, ma soprattutto è cattivo! Poiché questo Boudu, goffo e grossolano, che inciampa incessantemente su tutto ciò che si muove, è un poeta della miseria, un Augusteo stanco che conduce il pubblico sul filo del rasoio, con l’eleganza dei disperati. Di colpo, la grande esplosione di riso si unisce ad una emozione diversa. C’è della grande arte, condotta da un artista-acrobata esperto, dotato di una rara sensibilità. Con il suo senso del dire e del gesto, l’arte del clown si rifà ad una sacra giovinezza.
Infine, la giornata di chiusura di domenica 6 settembre ospiterà in Sala Petrassi (ore 21) gli straordinari clown-acrobati-giocolieri francesi Jean-Paul Lefeuvre e Didier André, tra i pionieri del nouveau cirque europeo, che saranno per la prima volta in Italia con uno spettacolo emozionante e pieno di ironia: « Le Jardin ». Un’ora e un quarto senza parole per meditare sulla condizione umana. Settantacinque minuti di poesia burlesca che ricorda il cinema di Buster Keaton e il teatro di Samuel Beckett. Di rado si è visto un tale controllo di un ritmo così delicato e pericoloso, insieme a una tale velocità di esecuzione di giocoleria e acrobazia.
Didier André e Jean-Paul Lefeuvre sanno, dunque, conservare il ritmo al ralenti, come un vulcano in veglia, che sputa i suoi fuochi d’artificio di tanto in tanto, a sorpresa. Il quadro è semplice: una grande serra in mezzo alla scena e due personaggi di stili opposti. Due giardinieri-clown che faranno fiorire sul palcoscenico le inezie dell’esistenza e le grandi questioni delle relazioni umane.
info 06 80241281 - www.auditorium.com
Maria Antonietta Amenduni
25 Agosto 2008
…Sulla proposta del Ministro Bondi
Qui di seguito, riporto testualmente un documento pervenutomi dal comitato I Centoautori, a cui va tutto il mio sostegno.
“Pensavamo fosse un incidente di percorso. Speravamo che si trattasse di un abbaglio estivo. Invece il ministro Bondi sembra realmente intenzionato a istituire una commissione ministeriale che valuti i progetti di film da un punto di vista specificamente etico o politico. Ci sembra un precedente grave, che rischia di diventare uno strumento per impedire il racconto di momenti sensibili, scomodi o dolorosi della storia del nostro paese. Noi crediamo che il cinema viva della libertà e della possibilità di esplorare le zone d’ombra della nostra storia, senza che nessuno venga preventivamente a decretare l’inaccessibilità di fatti e episodi che la riguardano. C’è poi una questione di principio. La libertà di espressione non è limitata alla stampa. Se davvero si vuole istituire questa commissione, allora chiediamo al ministro Bondi di avere il coraggio di proporne l’istituzione anche in ogni redazione dei quotidiani e dei settimanali, nei TG… In fondo, se il criterio è quello che dietro molti film c’è un finanziamento statale, l’editoria riceve centinaia di milioni l’anno di sostegno da parte dello Stato. Visto che in questi stessi giorni, il governo annuncia fortissimi tagli ai finanziamenti per la cultura e per il cinema, ci chiediamo se queste polemiche non siano solo strumentali. Per questo chiediamo un incontro quanto prima con il ministro Bondi per avere garanzie sul fatto che le commissioni possano scegliere i progetti cinematografici in maniera indipendente, autonoma e imparziale rispetto alle parti in gioco nel dibattito delle idee. In tutta Europa i governi, anche quelli di destra, riconoscono al cinema il suo valore di traino per l’immagine e l’economia, oltre che come insostituibile risorsa culturale del paese. Francia e Germania mettono a disposizione del cinema risorse dieci volte superiori a quelle italiane. Un paese è rappresentato da ciò che la propria cultura produce in modo libero e consapevole: in un momento finalmente molto favorevole per il nostro cinema, piuttosto che scegliere la strada della polemica, vorremmo che il ministro dei Beni e delle Attività Culturali cominciasse a lavorare concretamente per questo settore strategico, elaborando un progetto per il suo futuro che ci consenta di lavorare alla pari con i nostri colleghi europei”.
I CENTOAUTORI
Per maggiori informazioni e chiarimenti:
Valerio Jalongo: 393 6431667
Maria Antonietta Amenduni
11 Agosto 2008
X-Files: Voglio crederci
Ma che fine hanno fatto gli ingredienti che hanno fatto della serie un cult?
Ma che fine ha fatto X-Files? Molto probabilmente sarà questa la domanda che tutti i fans della serie, si faranno, uscendo dalla sala dopo aver visto il nuovo film “X-Files Voglio crederci”. Diretto da Chris Carter e con i due storici protagonisti David Duchovny, Gillian Anderson, che hanno contribuito a fare della serie un vero e proprio cult, il film non ha assolutamente nulla degli ingredienti che ne hanno fatto il successo.
Tutto ha inizio in seguito alla scomparsa di un'agente federale. Un sensitivo si presenta all'FBI con delle strane visioni che si collegano alla scomparsa e, in apparenza, proprio grazie a queste visioni, si riescono a trovare dei macabri indizi che potrebbero aiutare a risolvere il caso. Ma quanto c’è da fidarsi delle visioni paranormali di un ex-prete scomunicato per pedofilia? L'FBI decide di chiedere aiuto a Fox Mulder, l'unico in grado di verificare l'autenticità della testimonianza dell'uomo. Dana Scully viene incaricata di stanare l'ex compagno - che vive isolato in una casa in mezzo al nulla - e convincerlo a unirsi alle ricerche. Se Mulder dovesse decidere di contribuire con le sue intuizioni, tutte le accuse nei suoi confronti verrebbero fatte cadere. Tuttavia, nei sei anni che sono passati dall’ultimo episodio, Scully, dedicandosi a tempo pieno alla professione di medico, ha preso le distanze da Mulder, perché stanca di inseguire le tenebre. Naturalmente Mulder e Scully, ognuno a modo suo, accettano la nuova sfida e i macabri ritrovamenti di resti di corpi umani, faranno emergere una verità inquietante sepolta sotto la neve del West Virginia.
Ragione, fede, sentimento e scienza si scontreranno ancora una volta anche i questo film, ma uscendo dalla sala ci richiede: cosa centra questo film con X-Files? Che senso ha tutto questo con quella che ci si aspettava fosse la chiusura del cerchio? Che fine hanno fatto il paranormale, gli UFO, gli alieni, le teorie del complotto, le mutazioni genetiche, la tensione e l’ansia mista ad horror? Si, insomma, questo secondo capitolo cinematografico più che la quadratura dei conti è una storia a parte che con i casi inspiegabili non ha assolutamente nulla a che fare. Qui le deviazioni della scienza si intrecciano con il paranormale e coinvolgono la fede, ma non è questo il vero spirito di X-Files. E’ come se regista e sceneggiatori si siano concentrati solo sull’animo dei protagonisti, in un qual modo provati e maturati in seguito alle esperienze del passato, scordando la spettacolarità che ne ha fatto il cult.
Il creatore e regista televisivo di X-Files Chris Carter sfrutta il paesaggio innevato del Canada - dove sono state girate le prime cinque stagioni del telefilm - per ambientare l'ultima puntata del serial e chiudere definitivamente il cerchio. La psicologia dei protagonisti è rimasta intatta e la sintonia tra David Duchovny e Gillian Anderson è tangibile e assolutamente non scontata considerato il tempo che è passato, eppure i conti
non tornano e il film potrebbe deludere gli appassionati che tanto lo hanno atteso, perché del mistero che aveva contrassegnato la serie proprio non c’è traccia. Ma sarà realmente questo l’addio a agli agenti Mulder e Scully? Staremo a vedere.
X-Files: Voglio crederci
Un film di Chris Carter.
Con David Duchovny, Gillian Anderson, Billy Connolly, Amanda Peet.
Genere Fantascienza, colore.
Produzione USA, Canada 2008.
Distribuzione 20th Century Fox
Uscita nelle sale Italiane: venerdì 5 settembre 2008
Maria Antonietta Amenduni
2 Agosto 2008
“Kung fu Panda”: un “pandemonio” di simpatia che farà impazzire grandi ma soprattutto bambini
Le sue probabilità di far impazzire grandi e soprattutto bambini, sono pressoché elevate, se poi si aggiunge che la simpatia del protagonista è travolgente, e bene, il gioco è fatto. Si chiama “Kung Fu Panda” di John Stevenson e Mark Osborne, è il nuovo cartone animato della DreamWorks Animation che dopo il primo Shrek non ha più sfornato veri e propri capolavori (compreso Madagascar, anche se i pinguini erano geniali!).
Siamo in Cina ed il protagonista della vicende è un giovane e grassoccio panda di nome Po. Il padre (un volatile) gestisce un piccolo ristorante la cui specialità sono i noodles cucinati secondo una ricetta con un ingrediente segreto. Po fa il cameriere per il ristorante del padre, ma intanto sogna di poter essere un eroe del kung fu. Il padre non incoraggia questo desiderio, ma al contrario vorrebbe che si impegnasse nell’attività di famiglia che in futuro sarà sua. Finché un giorno, in seguito ad una serie di peripezie che lo vedono precipitare dall’alto (nel vero senso della parola) nel bel mezzo di un rituale, si ritrova coinvolto in una faccenda che potrebbe realizzare il suo sogno. Una predizione infatti, lo vedrebbe come l'eletto Guerriero Dragon e viene associato alla scuola del Maestro Shifu. Ha così modo di incontrare i suoi idoli. Sono i Furious Five: Tigress, Crane, Mantis, Viper e Monkey i quali non sono particolarmente felici di averlo tra i piedi e non ripongono molta fiducia in lui, ma adorano i suoi spaghetti. Le speranze di farne un vero guerriero si affievoliscono progressivamente e il giorno in cui Tai Lung, il vendicativo e fortissimo leopardo delle nevi, si libera dalla prigionia e parte alla ricerca di Shifu e del Guerriero le cose sembrano mettersi male. I Cinque sono pronti a sacrificarsi ma Po riserverà loro delle sorprese.
Nella versione originale del film, a dar voce ai disegni sono Jack Black (Po), Dustin Hoffman (Shifu, maestro di kung fu), Angelina Jolie (la tigre), Jackie Chan (la scimmia), Lucy Liu (la vipera), Ian McShane (Tai-Lung). In italiano il personaggio di Po, è doppiato da Fabio Volo. Un cartoon che è un inno alla volontà e alla capacità di ognuno di realizzare i propri sogni, trovando la forza ed il coraggio sempre dentro di se.
Gli sceneggiatori e registi della Dreamworks, dopo lavori meno riusciti, questa volta hanno colpito nel segno. Volevano infatti realizzare un film che non facesse della facile parodia sul kung fu ma che ne rispettasse l'ormai lunga storia cinematografica e ci sono riusciti. Volevano anche colpire cuore e mente degli spettatori più giovani, ed anche in questo hanno vinto. Lo hanno fatto riducendo nettamente tutti gli ammiccamenti e citazioni di opere precedenti (vedi Shrek) che finivano con il rivolgersi solo a un pubblico adulto.
In Po si può identificare qualsiasi bambino che si senta inadeguato al sogno che nutre dentro di sé. Ma tutti coloro inadeguati o no, che coltivano un sogno, possono riconoscersi nella spensieratezza e nel coraggio di un antieroe, che fa dei suoi difetti, uno strumento di grande simpatia e, dei suoi pregi, tutta la sua forza. Il grosso e goffo Panda, costantemente desideroso di ingurgitare cibo, come potrà mai diventare un Maestro di kung fu? C’è un segreto che lo può aiutare…non deve fare altro che scoprire questo “piccolo tocco magico” che gli può cambiare la vita!
Insomma, dopo il primo Shrek, la DreamWorks è riuscita a creare un nuovo piccolo
gioiellino-animato, forse anche più bello dello stesso Shrek. Piacerà ai grandi
e sarà amatissimo dai bambini che per una volta, troveranno la morale esplicita
e totalmente positiva. In periodi di bullismo e di ragazzi abituati ad avere
tutto e subito, perché mamma e papà non sanno mai dire di no ai capricci dei
loro cocchi, un film che parli di una forza onesta e di coraggio e buona volontà
è più che mai utile. E come dice la saggia tartaruga del film: “Se il futuro
è un mistero, il presente va considerato come un dono”.
P.S. un consiglio: alla fine del film attendete che finiscano di scorrere i titoli di coda perché c’è una sorpresa…
Kung Fu Panda
Un film di Mark Osborne, John Stevenson.
Genere Animazione, colore 95 minuti
Produzione USA 2008
Distribuzione Universal Pictures
Uscita in Italia: venerdì 29 agosto
Maria Antonietta Amenduni
27 Luglio 2008
Ad Alatri, arriva a settembre la quarta edizione del Saturno International Film Festival.
Tante le novità per la kermesse cinematografica di Alatri: film e dibattiti sull’Ambiente, seminari, mostre, presentazioni di libri e incontri con attori e registi. Si terrà dal 22 al 27 settembre 2008 la quarta edizione del Saturno International Film Festival. Tante le novità per il nuovo appuntamento con la manifestazione dedicata tanto ai cinefili quanto ai professionisti e agli studiosi della settima arte. Anzitutto, le location: per l’edizione 2008 la kermesse non si svolgerà solo nei luoghi più suggestivi di Alatri, ma includerà anche alcuni eventi nella vicina Anagni.
Inoltre, il tema principale della rassegna sarà quest’anno l’Ambiente, con un particolare focus sull’acqua intesa sia come risorsa fondamentale di vita sia come fonte di ispirazione. A queste tematiche verranno dedicate una serie di proiezioni di film e documentari, presentazioni di libri, nonché un convegno che vedrà l’intervento di personaggi nazionali e internazionali della cultura, della politica e della società civile.
Due gli eventi speciali previsti quest’anno: un incontro con l’astrofisica Margherita Hack che seguirà la proiezione del documentario “Il secolo lungo” a lei dedicato, e un concerto gratuito dell’orchestra del Conservatorio di Frosinone.
Ma il Saturno International Film Festival manterrà anche quest’anno la propria vocazione iniziale, quella di essere una manifestazione dedicata allo studio e all’approfondimento del cinema storico e delle relazioni fra cinema e storia. A questo proposito sono previsti un seminario dedicato a studenti universitari, dottorandi e specialisti del settore nonché una mostra e una retrospettiva sul 1938 in Italia.
Infine, la competizione. Come nelle tre passate edizioni, anche per il 2008 è previsto il concorso tra alcune fra le pellicole non ancora uscite sugli schermi italiani con l’assegnazione di un premio al miglior film e con l’ormai tradizionale riconoscimento alla carriera, il “Saturno d’Oro”. Ricordiamo che nel 2007 il vincitore fu il film “Il Falsario – Operazione Bernhard” di Stefan Ruzowitzky che successivamente si è aggiudicato anche il premio Oscar come miglior film straniero.
Immutato anche per la quarta edizione il board di esperti che seleziona le pellicole da ammettere, dal presidente, il regista Giuliano Montaldo (al quale verrà anche dedicata la serata di apertura del festival con la proiezione del suo ultimo film, “I demoni di San Pietroburgo”) al direttore artistico, il celebre critico cinematografico Ernesto G. Laura.
“Crediamo che con la quarta edizione, il Saturno International Film Festival sia destinato ad acquisire un prestigio ancora più rilevante che in passato – ha sottolineato Mariella Li Sacchi, vicepresidente della manifestazione – e che possa, a buon diritto, collocarsi fra le più importanti kermesse cinematografiche del Paese, dando spazio sia agli studiosi, agli accademici e agli intellettuali sia svolgendo un’importante funzione di divulgazione grazie alle proiezioni gratuite offerte come sempre agli alunni delle scuole”.
I dettagli sul programma verranno pubblicati, non appena disponibili, sul sito del festival all’indirizzo www.saturnofilmfestival.com.
Maria Antonietta Amenduni
13 Luglio 2008
“Funny Games U.S.”: un film violento e spiazzante, nel suo binomio violenza spettacolo.
Non è un remake nel senso classico del termine questo “Funny Games U.S.”. Il film scritto e diretto dall’austriaco, maestro della morbosità, Michael Haneke, ma è un rifacimento pedissequo, scena per scena, battuta per battuta del suo stesso precedente film “Funny Games” del 1997. Haneke ha rigirato negli States un suo film di dieci anni fa, ad uso e consumo del pubblico americano che, all’epoca, complice anche la lingua tedesca, aveva pressoché ignorato. Un film che all’epoca si proponeva di mettere a disagio lo spettatore abituato alla violenza televisiva e hollywoodiana, e che anche oggi fa pressoché la stessa identica cosa, ma con l’obbiettivo ambizioso (e raggiunto), di farsi conoscere al grande pubblico. Allora erano Susanne Lothar, Aro Frisch, Frank Giering e Ulrich Muhe, oggi sono Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Brady Corbett, Evon Gearhart. Un film violento e spiazzante, nel suo binomio violenza spettacolo.
Ann, George senior e George junior, con cane al seguito, sono una tranquilla famiglia benestante che si reca nella propria casa sul lago in un’atmosfera apparentemente idilliaca e protetta. La cavalleria rusticana di Mascagni e Atalanta di Handel nell'autoradio. La casa al lago: con il prato ben curato, la barca a vela e i vicini gentili. Tutto sembra perfetto come sempre, finché una musica assordante irrompe sui titoli di testa e il regista usa la macchina da presa per inquadrature colgono ogni minimo dettaglio emozionale. Piani totali dall’alto si contrappongono a dettagli minimi, e la pace del lago viene improvvisamente destabilizzata dall’arrivo alla porta due ragazzi vestiti di bianco, con tanto di guanti bianchi, apparentemente gentili, già intravisti al loro arrivo nel giardino dei vicini. Tutto inizia con la scusa di chiedere delle uova in prestito e il “gioco” ha inizio. I due prendono in ostaggio la famiglia sottoponendola, senza un apparente motivo, se non per un crudele gioco, ad ogni genere di violenza fisica e psicologica. Nessuna speranza per un happy end. L’operazione, aldilà dell’aspetto commerciale, secondo quanto dichiarato dal regista Haneke, ha l’obbiettivo di raggiungere l’audience anglofona, considerata la maggiore fruitrice consapevole di violenza cinematografica.
La violenza efferata non è mai ripresa, ma è sempre fuori campo, e per questo ugualmente più angosciante di qualsiasi orrore realmente esibito. Un film sadico e sconvolgente che rapisce lo spettatore e fa riflettere sui meccanismi della violenza e sulle dinamiche mentali che questa innesca nella vittima e nel carnefice. Assai emblematica è la famigerata scena del rewind in cui il pubblico sembra trovare uno spiraglio consolatorio o quantomeno giustizialista al dramma in atto, salvo poi assistere, in maniera clamorosamente spiazzante, al riavvolgimento della pellicola, tramite telecomando, un attimo prima del turning point che avrebbe dato uno sbocco diverso alla storia. Ma questo è solo il più eclatante degli svariati ammiccamenti allo spettatore che gli aguzzini disseminano lungo il film; un modo questo per voler rendere il pubblico complice e corresponsabile di quanto avviene sullo schermo. Un gioco che si ripete, una violenza gratuita e spudorata che investe qualsivoglia campo dalla psicologia alla sociologia, ma da qualsiasi punto la si veda e pur sempre violenza. Viene da chiedersi se non sia troppo contemplarla anche così spudoratamente al cinema, come se non bastasse quella che quotidianamente ci viene dettagliata con dovizia di particolari circa i cruenti fatti di cronaca in tv.
Tornando agli aspetti tecnici del film, non c’è che dire. Regia impeccabile, così come buoni sono fotografia e montaggio. Nulla di diverso dal precedente film. Bravissimi tutti gli interpreti che non fanno rimpiangere i loro predecessori semi sconosciuti, ad eccezione dello sfortunato Ulrich Mühe. Una segnalazione particolare la merita Naomi Watts, che sempre più si sta ritagliando uno spazio di tutto rispetto nel panorama cinematografico.
Funny Games U.S.
Regia: Michael Haneke
Cast: Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Brady Corbett, Evon Gearhart
Genere: Drammatico, colore 111 minuti.
Produzione: USA 2007
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 11 luglio 2008
Maria Antonietta Amenduni
11 Luglio 2008
Joshua: film pretenzioso e inverosimile
Giornalista cinematografico prima e documentarista poi, per George Ratliff, questo è il primo vero debutto al cinema. Con “Joshua”, Ratliff, si addentra nei meandri oscuri della psicologia infantile, addentrandosi nel genere “bambino malefico”.
Il già fragile equilibrio della famiglia Cain, viene messo ulteriormente alla prova dall'arrivo della secondogenita Lily. Alla felicità dei genitori Brad e Abby, infatti, si contrappone l'inquieta solitudine di Joshua, il primogenito. Il bambino, per quanto considerato da tutti un piccolo genio, dimostra di avere disturbi comportamentali al limite del sociopatico. E’ lui il burattinaio che gestisce le sorti dei suoi genitori e della sua sorellina. Con la sua mania per gli antichi egizie e per le tecniche di imbalsamazione si addentra nei meandri di un mondo che gli risulta più familiare di quello della sua stessa famiglia. La prima vittima sarà la madre (Vera Farmiga), donna dal già fragile equilibrio che solo quando è ormai tardi comprende quel che sta accadendo. Toccherà poi al padre (Sam Rockwell) che rimasto solo ad occuparsi dei suoi figli, finirà per prendere atto della condizione del figlio e capirà che è forse troppo tardi per porne rimedio...In tutto questo ruotano le figure della nonna e dello zio…
L’unica vera colonna sonore del film, è il pianto disperato della piccola Lily. Per il resto è un film altalenante e prevedibile nella sceneggiatura. Piuttosto banale scontato, è girato quasi interamente all'interno dell'appartamento, nell' Upper East Side di New York, in cui abita la famiglia Cain. Per quanto ne vada riconosciuto lo sforzo di rendere la sceneggiatura volutamente grottesca nei dialoghi, ma piuttosto tesa nel ritmo, risulta essere un film disturbante e a tratti snervante. L’idea alla base e buona e anche la regia di genere tutto sommato non è male, se non fosse che il soggetto sembra essere sfuggito dalle mani del regista, fino a diventare poco credibile. Un film pretenzioso. Inverosimili molte situazioni sparse qua e la nel film che, messe insieme, alla lunga fanno storcere il naso. Per assurdo, guardando il film, quando si dovrebbe essere al massimo della tensione, ci si ritrova a ridere per l’assurdità di certe situazioni.
Da salvare invece l’aspetto recitativo. Bravo Sam Rockwell, spesso poco considerato nei suoi ruoli precedenti, che qui interpreta un padre con l’animo del ragazzino, ma con la voglia di ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nella New York che conta; convincente Vera Farmiga, una madre con gravi disturbi bipolari; e decisamente azzeccata la scelta del piccolo Jacob Kogan nel ruolo di Joshua, capace di trasmettere angoscia, con la sua espressione malefica, per tutta la durata della pellicola. Eppure non basta mettere il bambino giusto al posto giusto, se poi mancano le motivazioni che rendono gusta tensione al lavoro. Un film attento alla forma ma decisamente carente nel contenuto, che crolla clamorosamente nel finale.
Un film di George Ratliff
Con: Sam Rockwell, Vera Farmiga, Celia Weston, Dallas Roberts, Michael McKean, Jacob Kogan, Nancy Giles, Linda Larkin, Alex Draper.
Genere Thriller, colore 105 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione 20th Century Fox
Uscita nelle sale venerdì 11 luglio 2008
Maria Antonietta Amenduni
11 Luglio 2008
Matteo Maffucci (Zero Assoluto), presenta “L'ospite perfetto”, prima fiction seriale nata per il telefonino.
Ministorie da tre minuti e mezzo per trenta puntate daranno vita a L'ospite perfetto - Room4you per la regia di Cosimo Alemà e Daniele Persica, la prima fiction seriale nata per il telefonino e il Web presentata al RomaFictionFest. L'ospite perfetto racconta avventure e disavventure di tre amici, Alex, giovane avvocato, Giulia, sempre in attesa dell'anima gemella e l'indolente ma creativo Luca che convivono in un bellissimo loft e sono alla disperata ricerca di un quarto coinquilino, il che li porta a una serie di incontri. Il cast, oltre ai protagonisti Giulio Berruti, Giorgia Surina e Jacopo Cullin, comprende, fra gli altri, una serie di ospiti d'eccezione nel ruolo di se stessi, come Federico Moccia, Ela Weber e Cristiano Malgioglio e Matteo Maffucci, componente del due degli Zero Assoluto. Quest’ultimo, insieme a Michele Rossi, è l’autore di “L’ospite perfetto”. "E' stata un'esperienza molto divertente – afferma Matteo - di scrittura e riscrittura continua per riuscire a stare nella velocità delle puntate. Abbiamo cercato di scrivere qualcosa che permettesse di appassionarsi ai personaggi e crescere attraverso le storie".
Matteo, per te, che sei appassionato di serie televisive, questa è la realizzazione di un sogno?
“Si io da fan accanito dei serial americani mi sono ritrovato a scrivere. Con Michele Rossi ci siamo divertiti come pazzi. Ammetto che durante la presentazione, vedere la clip sul grande schermo mi ha riempito di orgoglio e mi sono imbarazzato tantissimo nel vedermi interpretare il ruolo di me stesso. Ho capito però che non posso fare l’attore da grande!”
Quanto c’è della tua lucida follia razionale in questa sitcom?
“C’è tutta la mia lucida pazzia! Mi ha sconvolto vedere interpretato il personaggio di Luca, che è quello più vicino a me”.
Qual’ è la serie che avresti voluto scrivere tu?
“Boston Legal, è una serie americana da noi poco famosa, bella e scritta molto bene”
E quella di cui avresti voluto essere il protagonista?
“Più che il protagonista, avrei voluto essere uno degli uomini incontrati dalle protagoniste di Sex and the city; essere Mister Big non mi sarebbe dispiaciuto”
La serie che invece cancelleresti dalla storia televisiva mondiale?
“Qui devo fare attenzione a non farmi dei nemici (ridendo, ndr); vediamo…per esempio Paso Adelante non mi piaciuta per niente”
Da romano e romanista, che ne pensi della campagna acquisti della tua squadra?
“Sono fiducioso. Riise mi piace molto e poi spero arrivi Klaas Jan Huntelaar, lo stò aspettando come si aspetta Babbo Natale a 12 anni”
Maria Antonietta Amenduni
1 Luglio 2008
PESARO FILM FESTIVAL A ROMA. 1-3 luglio ~ Nuovo Cinema Aquila
Nell’ambito del progetto IL CINEMA ATTRAVERSO I GRANDI FESTIVAL, l’ANEC Lazio promuove la quinta edizione del PESARO FILM FESTIVAL a ROMA, che si terrà al Nuovo Cinema Aquila dal 1 al 3 luglio.
Programma
martedì 1
ORE 17,00
A CASA DE ALICE
di Chico Teixeira
con Carla Ribas, Berta Zemel, Zécarlos Machado
Brasile 2007, 1h30’
La quarantenne Alice, manicure in un piccolo salone di bellezza, da venti anni è sposata con il tassista Lindomar da cui ha avuto i figli Lucas, Edinho e Junior, tre ragazzi egoisti e maschilisti, dai quali Alice non riceve nessuna considerazione. Con loro vive Jacira, madre di Alice, che aiuta nei lavori domestici. Quando Lindomar inizia a manifestare un particolare interesse per ragazze molto più giovani di lui, l’universo di Alice va in frantumi e a nulla serve la sua infatuazione per un altro uomo che si trasforma nell’ennesima delusione nei confronti del mondo maschile.
ORE 19,00
NO LONDON TODAY
di Delphine Deloget
Francia 2007, 1h17’
Un documentario per raccontare la storia di coloro che arrivano a Calais per poter entrare, a qualunque costo, in Inghilterra. La regista ha deciso di mostrare tutta la complessità delle relazioni che ha instaurato con questi uomini: come donna, come occidentale, come “privilegiata”, come cineasta. No London Today è un’immersione nel mondo di cinque giovani rifugiati: Chafik, Aron, Abraham, Henok e Ermias che attendono a Calais di passare illegalmente il confine.
ORE 20,30
ANNA SEVEN YEARS ON THE FRONTLINE
di Masha Novikova
Olanda 2008, 1h18’
Anna Politkovskaya è stata uccisa davanti all’appartamento doveva viveva, il sette ottobre 2006. Era la voce solitaria del dissenso in Russia, criticava l’operato di Vladimir Putin, osservava con puntualità il conflitto ceceno. Chi l’assassinò pensò così di poterla far tacere per sempre e, invece, dopo la sua tragica morte, le parole della Politkovskaya son`??`??H????¨o sopravvissute, paradossalmente con ancor più forza di
una strada vicino al confine polacco. Riacquistata la calma torna sui suoi passi ma non li trova più e, rientrata a casa, non ha il coraggio di confessare l’accaduto a Josef che, solo tardivamente, si mette alla ricerca dei figli. Intanto, dopo aver vagato nel bosco, i due ragazzini vengono raccolti da un uomo che promette di aiutarli.
ORE 20,15
e nelle regioni della parte sudest del Paese, al confine con l’Iran, in cui recentemente si combatteva ancora.
ORE 18,30
18MP (cm) di Amir Muhammad - Malesia 2006, 14’
The Last Communist è stato vietato in Malaysia: per giustificarsi, politici e funzionari governativi si riconvertono in critici cinematografici. La stampa li intervista all’uscita dalla proiezione.
APA KHABAR ORANG KAMPUNG (VILLAGE PEOPLE RADIO SHOW)
e non ha mai lasciato il campo e che ora passa il suo tempo sia dando lezioni ai visitatori che riparando valige. In mezzo a un turbinio di sentimenti contraddittori, cresce l’amore per Ania, la compassione per Krzeminski, e si definisce la consapevolezza del suo ruolo, il difficile compito di preservare la memoria di questo posto.
Il costo del biglietto d’ingresso, per la visione di uno spettacolo, è di 5 Euro; gli over 60 e i titolari della Roma Pass Card e della Bibliocard potranno usufruire del prezzo ridotto di 4 euro
Maria Antonietta Amenduni
21 Giugno 2008
Wanted – scegli il tuo destino: dai fumetti di Miller, il regista Bekmambetov trae un action movie coinvolgente che poco ha a che fare con il fumetto.
Un film tutto adrenalina, tratto dall'esplosiva mini serie a fumetti di Mark Millar. E’ “Wanted – scegli il tuo destino”, un film del regista Kazako, Timur Bekmambetov, con Angelina Jolie, James McAvoy, Morgan Freeman. il film racconta dell'incredibile trasformazione di un uomo comune in un ardito giustiziere, l'eroe con le fattezze da anti-eroe di una nuova generazione: Wesley Gibson. Film e fumetto però divergono in modo sostanziale.
Questo il fumetto: Wesley Gibson ha 24, è un ragazzo insoddisfatto perché represso dalla madre e sul lavoro, con una fidanzata che lo tradisce con il suo migliore amico. La sua vita cambia decisamente piega quando incontra "Fox" una sexy e spietata killer che lo invita ad unirsi ad un gruppo di supercriminali nel quale prenderà il posto del padre, da poco ucciso. Wesley – dopo un breve periodo di riflessione – decide di accettare la proposta e di unirsi al gruppo. Qui scoprirà che suo padre, che lo aveva abbandonato da bambino, era il più pericoloso e preciso assassino al mondo, conosciuto come "Il Killer" e che lui dovrà seguirne le orme. Inizia così un duro periodo di addestramento, durante il quale scopre che il mondo è stato conquistato nel 1986 dai supercriminali, che unitisi tutti insieme avevano sconfitto tutti i supereroi della terra e avevano rimosso il ricordo della vicenda dalla mente di tutti i terrestri. Wesley scopre anche che i supercriminali sono divisi in 5 gruppi detti "famiglie", ciascuno padrone di un continente. Proprio il capo della famiglia australiana, Mister Rictus, è il maggiore indiziato per l'uccisione del padre di Wesley. Quest'ultimo insieme al capo della Famiglia dell'Europa da tempo tenta di convincere gli altri ad uscire allo scoperto, mentre le altre 3 famiglie da sempre optano per la scelta di rimanere nell'ombra. Questa divergenza porterà ad uno scontro, del quale il giovane Wesley sarà assoluto protagonista.Due curiosità: nel fumetto il protagonista Wesley Gibson ha le fattezze del rapper Eminem, mentre la spietata Fox ha le medesime fattezze della Halle Berry di Catwoman.
Questo invece il film: Il venticinquenne Wes, conduce una vita pigra monotona e mediocre, alle prese con il suo squallido lavoro di “gestione clienti” in un affollatissimo ufficio. Il suo capo, una donna grassa che adora essere compiaciuta dai suoi dipendenti e sempre armata di spillatrice, lo rimprovera in continuazione mentre la sua ragazza lo pressa continuamente lo tradisce con il suo migliore amico e collega di lavoro. Tutti sono convinti, come lo stesso protagonista, che nulla potrà cambiare questa vita fatta di inutile routine. Wes si sente inadeguato ed è sempre pronto a scusarsi con tutti (I’m sorry è il suo motto) fino a quando non incontra la bella Fox (Angelina Jolie), che fa parte di una società segreta che intende aiutare Wes a vendicare l'omicidio di suo padre, addestrandolo e risvegliando in lui i suoi poteri dormienti. Mentre Fox gli insegna a sviluppare al massimo i riflessi e ad acquisire una fenomenale agilità, Wes scopre che la società osserva un codice antico e infrangibile, secondo il quale deve obbedire agli imprescindibili ordini dettati da un antichissimo telaio. Grazie ai suoi tutori - fra cui l'enigmatico leader della società segreta, Sloan (Morgan Freem) - Wes acquista la forza che ha sempre desiderato. Ma presto si rende conto che i membri della Confraternita non sono sempre nutriti da nobili intenzioni e si ritroverà a fare scelte difficili, comprendendo una cosa che nessuno potrà mai insegnargli: lui solo può controllare il suo destino.
Il tema della lotta tra forze del bene e del male, torna nei film di Bekmambetov (Nato in Kazakhistan nel 1961) dopo “I guardiani del giorno”. Qualcuno l'ha definito il Tarantino russo, ma lui declina il paragone dicendo che il suo nome è Timur Bekmambetov, Per questa occasione il regista è supportato da un cast tecnico americano eccezionale: come per esempio lo scenografo premio Oscar John Myhre (“Memorie di una geisha” e “Chicago”) e al direttore della fotografia Mitchell Amundsen (“Transformers” e “Transporter 2”). Questo genere di film a Holliwood lo sanno fare e anche molto bene. Tecnicamente impeccabile, un meccanismo ad orologeria che non si inceppa mai e tiene lo spettatore con il fiato sospeso per tutte le due ore di durata del film. Il film è decisamente diversa dal fumetto; è proprio un’altra cosa.
Ecco come lo ha definito il regista presentandolo a Roma: “Non credo sia appropriato chiamare quella del film "violenza", perché tutte le uccisioni vengono eseguite per uno scopo specifico. I giustizieri sono una sorta di soldati e a nessuno viene in mente di criticare i soldati quando vanno in guerra. Sicuramente Wanted non è un film per bambini, infatti in America esce con il bollino "R", ovvero vietato ai minori di 14 anni. I ragazzi più piccoli non capirebbero il messaggio che noi volevamo evidenziare, legato al trovare il senso della vita. Credo che Wanted sia molto più leggibile dalla gente della mia generazione, che in qualche modo è ancora adolescente dentro e non sa chi è veramente. E poi è dedicato a tutte quelle persone frustrate che lavorano in ufficio, giorno dopo giorno, sognando una vita diversa”.
Circa le diversità dal fumetto il regista Kazako ha aggiunto: “Quando mi è arrivata la sceneggiatura di Wanted ho pensato subito che si trattasse di materiale interessante, ma sentivo che mancava qualcosa. Così ho letto il fumetto e ho capito che strada avrei dovuto prendere come regista. A differenza del materiale originale, che è puramente provocatorio oltre a essere breve, Wanted fa un passo in avanti sviluppando l'idea di base. Inoltre, rispetto ad altri film tratti dai fumetti di supereroi, Wanted è più coraggioso e aperto di mentalità. Per questo abbiamo deciso - dietro consiglio di mia moglie - di sottrarre le maschere che i giustizieri indossano nella striscia di Millar. Ci sembrava ridicolo a quel punto, visto il tema che stavamo affrontando”.
Lo stile del regista è sempre coinvolgente e anche ironico. James McAvoy riesce a rendere bene il personaggio e smitizza l’idea del killer super eroe tutto muscoli, a voler ricordare che anche nel più innocuo e apparentemente inoffensivo vicino di casa si può nascondere un pericoloso criminale. Morgan Freeman, per il quale questo ruolo è stato sicuramente una passeggiata, con la sua recitazione costruisce un personaggio che è il perfetto burattinaio, un impeccabile tessitore che tiene le redini del film. Angelina Jolie, che si è ormai allontanata da una strada attoriale un po’ più impegnata, incarna nuovamente un ruolo da femme fatale, una killer affascinante di fronte alla quale anche il più feroce degli assassini potrebbe vacillare.
Wanted - Scegli il tuo destino
Un film di Timur Bekmambetov.
Con: James McAvoy, Morgan Freeman, Angelina Jolie, Thomas Kretschmann, Terence Stamp, Chris Pratt, Lorna Scott, Common.
Genere Azione, colore.
Produzione USA 2008.
Distribuzione Universal Pictures.
Uscita nelle sale italiane: mercoledì 2 luglio 2008
Maria Antonietta Amenduni
21 Giugno 2008
Go Go Tales, deludente film di Abel Ferrara
Il regista che aveva inventato “Il cattivo tenente” e “King of New York”, non fa centro con questo nuovo film girato interamente a Cinecittà.
Tutta la bizzarra originalità di Abel Ferrara per un film dai modestissimi risultati. E’ “Go Go Tales”, un film corale ambientato in un club di spogliarelliste, gestito dal romantico cialtrone Ray Ruby, un Willem Dafoe smagliante. Go go tales fa parlare di se grazie soprattutto alla presenza di splendide donne tutte rigorosamente svestite, da Stefania Rocca ad Asia Argento, dalla modella Bianca Balti all'ex soubrette Justine Mattera. Un concentrato del meglio e del peggio del regista Abel Ferrara, che vede anche la rapida presenza di Riccardo Scamarcio, nei panni di un improbabile medico.
Ray Ruby è il titolare del “Paradise”, un club di lap dance in downtown Manhattan. A sostenere Ray nell’organizzazione e nei conti è l'amministratore Jay mentre il fratello Johnny, famoso parrucchiere di New York, è colui che finanzia l'impresa. Il problema è dato dal fatto che il fallimento è alle porte e l'anziana proprietaria dell'immobile, in arretrato di mesi d’affitto non percepiti, vuole affittare il locale ad un centro commerciale. Tutto si svolge in una sola notte, quando Ray, tenta per l’ennesima volta la fortuna giocando tutti i suoi soldi alla lotteria. Tutto sembra precipitare, Johnny comunica a Ray che non ha più intenzione di dargli un dollaro, le ballerine, che non ricevono la paga da parecchio tempo, sono intenzionate a tenersi addosso i vestiti in una sorta di sciopero dello strip tease. Ray vince miracolosamente alla lotteria ma non trova il biglietto vincente…
Dopo il complesso e controverso Mary, Ferrara torna a circondarsi di attori amici (Dafoe, Modine, Argento), per raccontare questa volta una storia sconclusionata, una trama non trama per un film che sembra non iniziare mai e che si ripete continuamente ogni dieci minuti. Un flm che vuole essere divertissement allo stato puro, ma che non coinvolge particolarmente. Questo film come in altre occasioni, contiene solo in parte le qualità e tutta la carica energetica dei suoi lavori migliori. Durante la conferenza stampa per la presentazione romana del film, regista, protagonista maschile (Willem Dafoe) e attrici, non fanno altro che dire quanto si siano divertiti durante le riprese, esaltando il fatto che si sia lavorato senza copione e tutti hanno avuto la possibilità di inventare e creare il proprio personaggio. Vedendo il film però si fa fatica a farsi coinvolgere dal loro divertimento.
Ferrara però non si limita a parlare di solo divertimento: “Ci siamo divertiti si, ma fare un film è un lavoro, quando hai scadenze e programmi da rispettare c'è sempre da faticare. L'entusiasmo c'è, sento dentro di me una voglia ancora inarrestabile di raccontare storie, anche senza i miei compagni storici di viaggio Nicholas St. John e Zoe Lund. Zoe, sono ancora arrabbiato con lei per la sua morte… A questo film lavoro da otto anni e se ho pensato al divertimento era solo quello del pubblico. Sono però felice di averlo girato a Cinecittà, in una città magica come Roma.
Grandi assenti in conferenza stampa sono Ricardo Scamarcio (pare sia dovuto partire per non ben precisati motivi di famiglia) e Asia Argento, protagonista della tanto chiacchiera scena nella quale bacia un cane con la lingua. Di recente, l’attrice avrebbe dichiarato di pentita del film e del famoso bacio al cane, perché tutto questo le è costato parecchi ruoli. A questa affermazione, Ferrara ha commentato: “Ma quando e come l'avrebbe detto? Non mi far parlare, adoro Asia, siamo stati anche insieme per un breve periodo. Cosa dovrei dire? Anche io dovevo fare i Predatori dell'arca perduta! Scherzi a parte, nessuno l'ha obbligata, sul set c'era una libertà e un'indipendenza creativa altissima per gli attori, perché così volevo che fosse, dovevamo ricreare il caos organizzato di un night club, viverlo davvero, come un mondo parallelo. Non immaginavo neanche che lo volesse fare, peraltro il cane è morto due mesi dopo! Pensi piuttosto ai tanti ruoli che ha avuto e avrà grazie a quest'opera”. A sostenere il regista interviene anche Defoe: “Il film non consiste nel dare il bacio al cane!”; e anche Stefania Rocca aggiunge: “Con Abel si improvvisa molto, nessuno ci ha costretto a fare nulla. Quello che ha fatto Asia è venuto fuori al momento ed è rimasto; nessuno l’ha costretta. Anche io mi sono tolta il reggiseno ma non c’era Abel dietro di me che mi diceva di farlo!”
In questo film Ferrara sembra aver abbandonato la strada maestra per percorrere nuovi sentieri. Abel Ferrara, che piaccia o no, è sempre stato un regista non convenzionale e stupefacente, ma quello che viene fuori in Go Go Tales proprio non ha precedenti. Dov'è il regista de Il cattivo tenente , di The Addiction, dei Fratelli? Dove sono i suoi percorsi mentali e morali? La sua ricerca all’interno dell’oscurità dell’anima?
Ad un certo punto del film ti spetti che finalmente ci sia una svolta: , una volta alla settimana, il Paradise cambi faccia e permetta ai propri dipendenti di esibirsi nella vera passione della loro vita (chi balla sulle punte in tutù, chi fa il mago, chi declama il Giulio Cesare di Shakespeare ecc. La svolta in realtà non c’è, sembra semplicemente l’ennesima improvvisazione, senza alcuna funzionalità narrativa che allunga la storia scarna.Uscendo dalla sala viene da chiedersi: può lo stesso regista inventarsi Il cattivo tenente, King of New York, Mary e Go go tales? Sì, se è Abel Ferrara, anche se in questo caso il risultato è decisamente modesto.
Go Go Tales
Un film di Abel Ferrara.
Con Willem Dafoe, Bob Hoskins, Matthew Modine, Roy Dotrice, Burt Young, Stefania Rocca, Asia Argento, Justine Mattera, Riccardo Scamarcio.
Genere:Drammatico, colore 100 minuti.
Produzione USA, Italia 2007.
Distribuzione Mediafilm.
Uscita nelle sale italiane, venerdì 20 giugno 2008.
Maria Antonietta Amenduni
10 Giugno 2008
Da Lumet a Michalkoy: “12”, un thriller psicologico tra la storia russa degli ultimi decenni e una verità al di la di ogni ragionevole dubbio.
Il regista Francesco Munzi: “Chi vede questo film come un atto d’accusa, nei confronti dei rumeni, sbaglia”.
Un gioco psicologico subdolo che si insinua in modo sinuoso, determinato e filtrante. E’ “12” del regista russo Nikita Michalkov. Remake de La parola ai giurati - film del 1957 che segnò l'esordio alla regia di Sidney Lumet. Un testo teatrale di bellezza rara che in ben due casi ha avuto degna giustizia al cinema.
Affascinate e subdolo è il tarlo che pian piano si insinua nelle menti dei protagonisti di 12. Tutto si svolge in una palestra attrezzata per l’occasione, affinché la giuria abbia tutto ciò che necessita per una rapida decisione, per emettere quello che sembra un verdetto scontato. La palestra diventa confessionale, aula di tribunale, luogo del delitto, scenografia a tutto tondo per ripercorrere la vicenda dell’imputato, un giovane ceceno, e dei dodici giurati chiamati a sancirne la colpevolezza.
In aula tutto sembrava assolutamente chiaro e il giovane ragazzo sembrava essere a tutti gli effetti l’assassino di suo padre adottivo. Ma nel meccanismo qualcosa si inceppa, e la certezza della pena viene messa in dubbio da un giurato che, poco a poco, costringe ognuno a rivedere le proprie posizioni, rendendo la sentenza più difficile del previsto. Un thriller psicologico che rappresenta il ritorno alla regia di un maestro del cinema mondiale (Oci Ciornie, Pianola meccanica) con una sceneggiatura attualizzata ed efficacissima sulla giustizia (umana e divina) e sul libero arbitrio.
La pellicola, si serve delle ottime prove attoriali dei "giurati" - fra i quali un intrigante Mikhalkov, che oltre regista è anche attore. Accattivanti, forti, intensi e veri anche Sergei Makovetsky, e Sergei Makovetsky. Il film filtra dettagliatamente una tragedia legata indissolubilmente alla storia russa degli ultimi decenni, raccontando allo spettatore l'evolversi stesso dell'omicidio, in modo da ribaltarne gradualmente verità e convinzioni.
Un inno a guardare oltre le apparenze, ad andare al di la di un banale giudizio o pregiudizio. Un film vero e poetico, dove la verità si insinua leggera come un passero che per puro caso, o per un segno del destino, si rifugia all’interno della palestra in cui tutto si compie. Recitato magistralmente con quella profondità che solo i russi hanno. Chi si aspetta lo scontato e banale paragone con La parola ai giurati, si sbaglia di grosso, perché pur essendo un remake, è tutta un’altra cosa, e il valore di questo film va oltre il banale e scontato paragone. Viene da chiedersi perché non ha vinto la 64° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (Il film vincitore è stato “Lussuria” di Ang Lee), ma si è aggiudicato solo il Leone speciale per l’insieme dell’opera.
12
Un film di Nikita Mikhalkov.
Con: Nikita Mikhalkov, Sergei Makovetsky, Sergei Garmash, Aleksei Petrenko, Yuri Stoyanov.
Genere Drammatico, colore 159 minuti.
Produzione Russia 2007
Distribuzione 01 Distribution
Uscita nelle sale: venerdì 27 giugno 2008
Maria Antonietta Amenduni
10 Giugno 2008
Il resto della notte: un film che parla di umanità inadeguate.
Il regista Francesco Munzi: “Chi vede questo film come un atto d’accusa, nei confronti dei rumeni, sbaglia”.
E’ un film che parla di umanità, di personalità inadeguate. Non un film schierato, non un’accusa contro Rom o rumeni, non buoni contro cattivi, ma identità violate nel loro essere che cercano di sopravvivere nonostante tutto. E’ Il resto della notte di Francesco Munzi, che ricordiamo per il bel film Saimir del 2004. Il cast vede protagonisti delle varie storie, che si intrecciano fino ad incontrarsi irrimediabilmente nel finale, Sandra Ceccarelli, Aurélien Recoing, Stefano Cassetti, Laura Vasiliu, Victor Cosma, Constantin Lupescu, e con Valentina Cervi. Si ha inizialmente l’impressione che si proceda per stereotipi, ma poi scorrendo la pellicola, il film acquista consistenza e un profondo significato sociologico.
Silvana Boarin (Sandra Ceccarelli) è la moglie di Giovanni (Aurélien Recoing), un industriale di provincia, spesso assente per motivi di lavoro e per le fughe periodiche con la giovane amante (Valentina Cervi). Silvana soffre di crisi depressive, subisce un’aggressione da parte di un gruppo di bambini rom ed è convinta che la sparizione dei suoi preziosissimi orecchini di perle, siano da attribuire a Maria, la colf rumena che vive con loro. Questo sarà motivo di scontro con la giovane figlia adolescente che difende Maria e che ritiene sua madre razzista. Maria (Laura Vasiliu), licenzia per il presunto furto, cerca alloggio presso Ianut (Constantin Lupescu), suo ex fidanzato appena uscito dal carcere il quale abita in un edificio degradato insieme a Victor (Victor Cosma), il fratello più giovane. Ianut ha trovato un complice in Marco (Stefano Cassetti), un tossicodipendente a cui è stata tolta la custodia del figlio di otto anni. Victor è geloso di Maria perché ritiene che la sua presenza sia negativa per suo fratello al quale è molto legato. Dalla morte della madre infatti, Ianut è l’unico affetto rimasto. Victor, lavora, sfruttato alla giornata, per conto di un datore di lavoro italiano. Ianut e Marco, vivono di espediente compiendo furti per conto di una banda di zingari, ma i due venuti a a conoscenza da Maria, dei gioielli posseduti nella villa di Silvana e Giovanni, decidono di “mettersi in proprio”…
Apparentemente Il resto della notte descrive in modo stereotipato la borghesia arricchita e dipinge un ritratto in nero di qualsiasi tipologia di immigrato. Sin dall’inizio emerge sfacciato il tanto decantato problema sicurezza che ha affollato la campagna elettorale, ma non c’è solo questo. Tutti i personaggi vivono una inadeguatezza, un’esistenza sbagliata, con la netta sensazione di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non c’è riscatto, risalita o rinascita e l’unico piccolo probabile barlume di speranza viene fuori dal personaggio di Victor, che è l’unico che cambia nel corso del film acquisendo una consapevolezza di ciò che lo circonda. Altro accennato personaggio positivo è quello interpretato della figlia dei Boarin, che nella ribellione adolescenziale, va oltre lo stereotipo e le apparenze e come con il suo fidanzatino, figlio di operaio, considera importante il fatto che sia “buono”.
Ben recitato, senza sbavature, fatto di racconti che corrono da soli, ma sono strettamente intrecciati, Il resto della notte è un film asciutto e gli attori Sandra Ceccarelli, Aurèlien Recoing, Stefano Cassetti, Constantin Lupescu, Laura Vasiliu e Victor Cosma sono tutti convincenti. Il film era arrivato a Cannes proprio mentre in Italia il tema politico dei clandestini era sempre più caldo. Non è un film schierato, politico che accusa i clandestini anche se sicuramente piacerà molto a chi “fa di tutta l’erba un fascio. “
Il mio film non è nato politico, ma lo sta diventando. Non c'era una tesi iniziale», ha premesso Munzi nella conferenza stampa romana. Il regista ha aggiunto anche: “Non è un film da quale si deve uscire con una sola chiave, ma con tante chiavi di lettura; l’importante è che smuova qualcosa. L’immigrazione è una risorsa immensa per il nostro paese, una risorsa che purtroppo ha anche delle zone d’ombra. Chi vede questo film come un atto d’accusa, nei confronti dei rumeni, sbaglia. Se ci sono delle piaghe nell’immigrazione, è anche colpa degli italiani.” Un film che va oltre la dicotomia bene male, dove paura e umanità la fanno da padroni.
Il resto della notte
Un film di Francesco Munzi.
Con: Sandra Ceccarelli, Aurélien Recoing, Stefano Cassetti, Laura Vasiliu, Victor Cosma, Constantin Lupescu, Susy Laude, Teresa Acerbis, e con Valentina Cervi.
Genere Drammatico, colore 100 minuti.
Produzione Italia 2008.
Distribuzione 01 Distribution
Uscita nelle sale: mercoledì 11 giugno 2008
Maria Antonietta Amenduni
8 Giugno 2008
Il mondo del cinema piange Dino Risi. Se n’è andato il maestro della commedia all'italiana
E’ stato uno dei grandi maestri della commedia all’italiana insieme a Mario Monicelli, Ettore Scola, Luigi Comencini, Nanni Loy. Oggi il mondo del cinema piange Dino Risi, che si è spento questa mattina nel residence Aldovrandi di Roma, in cui risiedeva da molti anni. Aveva 91 anni. Uno dei più grandi maestri della settima arte se ne va così colui che era stato capace di creare formula capace di piacere sia ai critici che al pubblico, con la sua capacità di coniugare divertimento e affresco sociale.
Tanti i suoi capolavori, dal Sorpasso ai Mostri. Risi, nato a Milano il 23 dicembre 1916, prima si laurea in medicina, e solo dopo arriverà al cinema. Nel 1948, il suo debutto dietro la macchina da presa, col cortometraggio I Barboni, ambientato tra i poveri della sua città d'origine. Il suo primo lungometraggio arriva solo nel 1952, ed è Vacanze col gangster. Ma il vero successo arriva un po' più tardi, con la commedia di costume Il segno di Venere e soprattutto con l'exploit al botteghino di Pane amore e..., con Sophia Loren protagonista. Pellicola che bissa i successi di Pane amore e fantasia e Pane amore e gelosia. Un anno dopo, 1956, nuovo boom: questa volta tocca a Poveri ma belli, che diventa un campione d'incassi.
Il segreto del cinema di Dino risi sta in quella straordinaria capacità di saper parlare a tutti con linguaggio ed immagine sempre appropriata, popolare ma mai eccessivamente sentimentale, attento al costume ma senza rivendicazioni ideologiche. Si pensi al drammatico Una vita difficile, con Alberto Sordi, o al capolavoro dei capolavori Il sorpasso, per molti una delle vette assolute della commedia all'italiana, col suo attore preferito Vittorio Gassman; Arriverà poi nel 1963 quello che è e resta un altro dei suoi titoli più celebri, I Mostri.
Un'attività intensa, quella di Risi, che dura anche per tutti gli anni Settanta. Decennio in cui realizza, tra gli altri, In nome del popolo italiano (1971), I nuovi Mostri (1977), Caro papà (1979). E anche Profumo di donna, ancora con Gassman, che ottiene due nomination all'Oscar. Negli anni ottanta e novanta la produzione diminuisce e di quantità e di consistenza, vedi film quali Fantasma d'amore (1981) e Sesso e volentieri (1982), Giovani e belli (1996).
Ma la grande stagione della commedia all'italiana è ormai agli sgoccioli, tante cose sono cambiate dal punto di vista sociale, politico ed economico, l’Italia è diversa da quella del Sorpasso, ed anche il cinema purtroppo non è più lo stesso anche per la scomparsa dei suoi volti più celebri: Gassman, Manfredi, Tognazzi, Sordi. Nel 2000 Risi si rivolge alla tv e realizza la fiction Bellissime, ispirata a Miss Italia, e girata a Salsomaggiore. Nel 2002, la Mostra di Venezia gli assegna il Leone d’oro alla carriera. L'ultima onorificenza di prestigio, arriva nel giugno 2004: l'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, lo insignisce del titolo di Cavaliere di Gran Croce.
Probabilmente avrebbe voluto scrivere lui i vari articoli che la stampa gli sta dedicando, perché solo lui avrebbe trovato i toni giusti per commentare la sua stessa morte, magari in modo arguto e autoironico. Ora da la su, probabilmente starà scherzando insieme a Gassman, Tognazzi, Manfredi e Sordi. Morte e vecchiaia erano per lui argomenti su cui scherzare ed una volta ha detto: "Penso - ha detto una volta - che bisognerebbe andarsene tutti a ottant'anni. Per legge".
Grazie grande maestro!
Maria Antonietta Amenduni
8 Giugno 2008
Nastri d’argento 2008: Paolo Virzì è il regista del miglior film con 'Tutta la vita davanti'
E’ Paolo Virzì con 'Tutta la vita davanti', il regista del miglior film 2008. Con quattro premi è però'Caos Calmo' di Antonello Grimaldi il film più votato dai giornalisti cinematografici ai Nastri d'Argento 2008 che saranno consegnati sabato 14 giugno al Teatro Antico di Taormina. Migliori attori protagonisti sono Toni Servillo e Margherita Buy. Il premio per i non protagonisti va invece a Sabrina Ferilli e Alessandro Gassman. Questo è il verdetto finale dei giornalisti cinematografici.
Nella rosa dei Nastri, annunciato dal Sngci (Sindacato nazionale Giornalisti e Critici cinematograficiiItaliani) tre premi a 'La ragazza del lago' di Andrea Molaioli, confermato miglior regista esordiente dell'anno, dopo il successo ai David di Donatello. Due ciascuno, infine, a 'Mio fratello è figlio unico' di Daniele Luchetti, 'I Vicerè' di Roberto Faenza e 'I demoni di San Pietroburgo' di Giuliano Montaldo. Produttore dell'anno è Domenico Procacci, miglior soggetto a 'La giusta distanza' di Carlo Mazzacurati, firmato dal regista con Doriana Leondeff. Infine i film internazionali 2008: 'Irina Palm' di Sam Garbaski e 'Onora il padre e la madre' di Sidney Lumet. 'Biùtiful cauntri', documentario sui rifiuti di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio e Peppe Ruggiero è invece il miglior documentario 2008.
Tra i tecnici, premi per la fotografia ad Arnaldo Catinari (I demoni di San Pietroburgo e Parlami d'amore) per il montaggio a Mirco Garrone, per i costumi a Milena Canonero. I Nastri europei 2008 vanno invece a Antonia Liskova (Riparo) e Kasia Smutniak (Nelle tue mani) e i premi speciali alla carriera per Carlo Lizzani, Vittorio Storaro, Giuliano Gemma e Piero De Bernardi.
Nastri D’Argento: l’elenco completo dei vincitori del 2008
REGISTA DEL MIGLIOR FILM ITALIANO
- Paolo VIRZÌ -Tutta la vita davanti
MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE
- Andrea MOLAIOLI: La ragazza del lago
MIGLIOR PRODUTTORE
- Domenico PROCACCI (Fandango)
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
- Toni SERVILLO: La ragazza del lago
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
- Margherita BUY: Giorni e nuvole
MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
- Alessandro GASSMAN: Caos calmo
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
- Sabrina FERILLI: Tutta la vita davanti
MIGLIOR SOGGETTO
- Doriana LEONDEFF e Carlo MAZZACURATI: La giusta distanza
SCENEGGIATURA
- Sandro PETRAGLIA: La ragazza del lago
- Sandro PETRAGLIA, Daniele LUCHETTI e Stefano RULLI: Mio fratello è figlio unico
FOTOGRAFIA
- Arnaldo CATINARI: I demoni di San Pietroburgo - Parlami d’amore
MONTAGGIO
- Mirco GARRONE: Mio fratello è figlio unico
SCENOGRAFIA
- Francesco FRIGERI: I Viceré – I demoni di San Pietroburgo
COSTUMI
- Milena CANONERO: I Viceré
MIGLIOR SONORO IN PRESA DIRETTA
- Gaetano CARITO: Caos calmo
MIGLIORE COLONNA SONORA
- Paolo BUONVINO: Caos calmo
MIGLIORE CANZONE ORIGINALE
- Ivano FOSSATI: L’amore trasparente (Caos calmo)
MIGLIOR FILM EUROPEO
- Irina Palm - Sam Garbarski (Teodora Film)
MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO
- Onora il padre e la madre - Sidney Lumet (Medusa)
MIGLIOR DOCUMENTARIO (uscito in sala)
- Biùtiful càuntri di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio, Peppe Ruggiero
NASTRI D’ARGENTO SPECIALI 2008
- Carlo LIZZANI alla carriera
L’omaggio a un grande maestro del cinema italiano nell’anno di Hotel Meina
- Vittorio STORARO alla carriera
Il 'Caravaggio' della fotografia internazionale
- Giuliano GEMMA alla carriera
Per cinquant’anni di stile e di successo autenticamente popolare
- Per Piero DE BERNARDI Nastro alla carriera già deliberato nel 2007
NASTRO D’ARGENTO DELL’ANNO 2008
GRANDE, GROSSO E… VERDONE
Carlo VERDONE, Claudia GERINI, Aurelio e Luigi DE LAURENTIIS
NASTRI D’ARGENTO EUROPEI 2008
- Antonia LISKOVA: Riparo
- Kasia SMUTNIAK: Nelle tue mani
Maria Antonietta Amenduni
31 Maggio 2008
Quando tutto cambia: Helen Hunt per la prima volta dietro la macchina da presa.
Per la serie le disgrazie non vengono mai da sole, solo quando alcuni eventi ti sconvolgono drasticamente la vita allora ti rendi conto di tutto quello che può e non può succedere, “Quando tutto cambia”. E’ questo il filo conduttore che accompagna il primo film da regista di Helen Hunt, che la vede anche interprete insieme a Colin Firth, Bette Midler, Matthew Broderick, Ben Shenkman. Un percorso lungo, difficile, doloroso, è quello che si vive nel film della Hunt, interessante dal punto di vista psicologico e delle dinamiche famigliari.
April Epner è un’insegnante di 39 anni che desidera a tutti i costi un figlio. Non ha mai conosciuto i suoi veri genitori, è stata adottata ed cresciuto comunque con una famiglia che le ha dato molto affetto. E’ molto legata a suo fratello. All’inizio la troviamo nella scena del suo matrimonio celebrato con rito ebraico. Lo sposo è un amico d’infanzia, Ben, un bambinone mai cresciuto, profondamente immaturo ed attaccato alla gonna di mamma. April è innamorata di Ben, ma su tutto prevale il suo desiderio di maternità; sa di non avere più molte possibilità e il suo orologio biologico non le da tregua, condizionando la sua vita e le sue giornate, finché dopo un anno di matrimonio, Ben entra in crisi. Le dice di considerarla solo un’amica, dice di essersi sbagliato, non regge alla pressione di lei dettata dal desiderio di maternità e la lascia, non senza aver fatto l’amore con lei per l’ultima volta. Come se non bastasse, quando pensi di aver toccato il fondo, la madre adottiva muore ed è allora che si fa viva colei che sostiene di essere la sua madre naturale. Lei è Bernice, conduttrice televisiva di un talk show. In questo marasma di emozioni Epner sembra trovare conforto in Frank, divorziato di recente e con due figli uno dei quali è un suo alunno. E se pensate che tutto ciò basti a complicare la vita di April, non è così perché un’ulteriore novità arriverà a rendere completo il caos psicologico della protagonista che spesso per aiutarsi a pensare si batte un dito sulla fronte…
Il titolo originale della pellicola è “Then She Found Me” (Poi lei mi trovò). Il titolo con cui la pellicola esce in Italia, “Quando tutto Cambia”, richiama alla mente un suo precedente successo, che ha contribuito a farla meglio conoscere da noi: “Qualcosa è cambiato” dove la protagonista affrontava e si innamorava dell’eclettico personaggio interpretato da Jack Nicholson. Era il 1997 quando usciva quel film; sono passati 11 anni e anche qui, come allora, Helen Hunt è alle prese con un personaggio che avverte il peso del tempo che passa ed è afflitta da un certo senso di disagio.
Questo primo lavoro da regista dell’attrice californiana, non è un certamente un capolavoro e pur presentandosi come molto ironico, in realtà di ironico ha solo una piccolissima parte e rischia molto spesso di sembrare soap opera. Ciò nonostante, è tecnicamente molto buono e pulito anche dal punto di vista della sceneggiatura. La Hunt dimostra di saperci fare con la macchina da presa, e chi sa che non ci sia da aspettarsi qualche prova futura sicuramente migliore di questa. Il film in questo caso è tratto dal romanzo “Then She Found Me” di Elinor Lipman, è la regista è riuscita a controllare la sceneggiatura così come gli attori, persino l’esplosiva Bette Midler, che regala qui un personaggio dotato di calore e umanità. Comunque pur se con qualche fatica, Helen Hunt riesce a trovare i toni giusti per raccontare quell’estremo bisogno di maternità. Giusta e accurata è l’interpretazione di Colin Firth. L’attore riesce a rendere in modo simpaticissimo anche con le sue piccole nevrosi, le paure di un padre lasciato solo a cresce i suoi figli, che ha ancora un disperato bisogno di amare ed essere amato.
Quando tutto cambia
(Then She Found Me)
Un film di Helen Hunt.
Con Helen Hunt, Colin Firth, Bette Midler, Matthew Broderick, Ben Shenkman, Lynn Cohen, John Benjamin Hickey, Salman Rushdie.
Genere Commedia, colore 100 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione Medusa
Uscita nelle sale italiane: venerdì 6 giugno 2008
Maria Antonietta Amenduni
29 Maggio 2008
Sex and the City: meno sesso e più sentimenti, sono la nuova filosofia del sex nella city.
La serie televisiva più amata dalle donne diventa un lungometraggio che racconta la vita newyorkese delle quattro amiche in carriera a Manhattan. Così dopo una lunga attesa, arriva al cinema “Sex end the city”. Troppe erano le questioni in sospeso dopo la fine della serie tv e il film si ripromette di chiudere il cerchio: Carrie e Big convoleranno a nozze? Miranda e Steve potranno vivere felicemente insieme per l'eternità? Samantha può veramente essere soddisfatta con un solo uomo? Charlotte riuscirà a rimanere incinta? Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker), l'autrice di successo e l'icona della moda della porta accanto che tutti amano, è tornata con la sua ironia, più tagliente che mai, mentre continua a raccontare storie sul sesso, l’amore e le donne single di New York ossessionate dalla moda. Sex and the City ritrova Carrie, Samantha (Kim Cattrall), Charlotte (Kristin Davis) e Miranda (Cynthia Nixon) quattro anni dopo la conclusione della fortunata serie della HBO, mentre le amiche continuano a barcamenarsi nel lavoro e nelle relazioni affrontando la maternità, il matrimonio e il mercato immobiliare di Manhattan e naturalmente la moda! Oltre le quattro amiche, Chris Roth riprende il ruolo del sempre sfuggevole Mr. Big, ossia John James Preston. David Eigenberg torna a essere il marito di Miranda, Evan Handler è quello di Charlotte, mentre Jason Lewis è il compagno di Samantha. Ci sarà anche Candite Bergen nella parte del direttore di "Vogue", Jennifer Hudson in quella di un'assistente di Carrie esperta nel noleggio di borse firmate. A dirigere è Michael Patrick King, storico regista, produttore esecutivo e sceneggiatore dello show.
Una New York bella e libera, dove le quattro ragazze, “fashioniste” più che mai, fanno i conti con gli anni che sono passati. Il sesso è cambiato e anche la city! E se impazzite per le quattro protagoniste o anche solo per gli abiti di Gucci, le borse di Louis Vuitton e le scarpe di Manolo Blahnik, il film è per voi, perché amore, amicizia e sesso, qui sono griffatissimi! Ma il vero punto di forza di tutto il film è, al contrario di tutte le apparenze, l’amicizia! La prima puntata della serie uscì nel 1998. New York è cambiata rispetto a dieci anni fa. In una New York così diversa, potevano le ragazze, oggi per altro quarantenni, continuare ad essere quelle di prima, tutto shopping-uomini-sesso? No, perché ora sono entrate «nel regno delle responsabilità. Responsabili, a modo loro: con tacco 12, look da gara e battute formidabili, come quella che, a bordo piscina, Samantha fa a Miranda guardandole il «cespuglio» che spunta dal bikini. Samantha: «Non hai tempo per farti una ceretta?». «Ho un bambino e un marito, le priorità cambiano». Samantha: «Anche Charlotte, ma non ha la foresta amazzonica tra le gambe! Io non mi ridurrei così nemmeno nel braccio della morte”! Dunque, nel film si affronta anche la maturità dei quarant'anni o quella di Samantha che nel film ne compie 50, dimostrando a tutto e a tutti che la bellezza non si ferma a trent'anni.Il film, rispetto alla serie, sorprende, perché parla della crescita, del diventare grandi, e di quanto l'amicizia sia fondamentale nella nuova fase della vita delle protagoniste. Una commedia che affronta anche momenti di grande tristezza, persino di cupa disperazione. E la disperazione che si prova a vent'anni è diversa da quella che si prova a quaranta. Comunque una cosa è certa: nel film il sex è stato superato dalla sensibility. Lo spirito e le emozioni restano gli stessi, ma c’è meno sesso e più sentimenti, questa è la nuova filosofia del sex nella city. Insomma per uno dei pochi show che aveva avuto il coraggio di essere sovversivo nel linguaggio, nei contenuti e nell’estetica, un happy ending sin troppo felice.
Sex and the City
Un film di Michael Patrick King.
Con Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Kristin Davis, Cynthia Nixon, Chris Noth, Jennifer Hudson, David Eigenberg, Evan Handler, Jason Lewis, Candite Bergen.
Genere Commediac, colore 135 minuti.
Produzione USA 2008
Distribuzione 01 Distribution
Uscita nelle sale: venerdì 30 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
22 Maggio 2008
“Sanguepazzo”: la Ferida e Valenti secondo Giordana
Sono due divi di oggi ad interpretare quelli che furono i divi di allora. Luca Zingaretti e Monica Bellocci, diretti da Marco Tullio Giordana, sono i protagonisti di “Sanguepazzo” ed interpretano la vicenda artistica e umana di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, due celebri attori del cinema fascista che aderirono alla Repubblica di Salò. I due, accusati di collaborazionismo e tortura, finirono fucilati dai partigiani dopo la Liberazione il 30 aprile del 1945, dopo un processo sommario. Nel cast, con un ruolo rilevante, anche Alessio Boni. E subito fa parlare di se, il bacio saffico della Bellucci.
All’alba del 30 aprile 1945, cinque giorni dopo la fine della guerra, vennero trovati alla periferia di Milano i cadaveri di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, giustiziati poche ore prima dai partigiani. Coppia celebre nella vita oltre che sullo schermo, Osvaldo e Luisa erano stati tra i protagonisti di quel cinema dei “telefoni bianchi”, proprio quel cinema che il fascismo aveva incoraggiato. I loro ruoli erano quasi sempre stati quelli degli “antagonisti”, incarnandosi di preferenza in personaggi negativi. Anche la loro vita privata non era affatto semplice, costellata di problemi, dominata dal disordine della cocaina, il tutto complicato da una irrefrenabile promiscuità sessuale. Eccessivi, smodati, anarcoidi, promiscui e torbidi. Quando il paese si spaccò in due dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Valenti e Ferida andarono a Nord e aderirono alla Repubblica di Salò. Si stabilirono prima a Venezia, dove girarono fortunosamente qualche film, poi a Milano dove - arruolati in una banda di torturatori - si dettero alla borsa nera. Perlomeno queste erano le voci. Consegnatisi ai partigiani pochi giorni prima della Liberazione, i due negarono ogni addebito. Valenti giustificò i suoi traffici col bisogno continuo di stupefacenti, smitizzò le presunte malefatte attribuendole alla diffamazione e all’invidia. Il Comitato di Liberazione pretese invece una punizione esemplare. Ferida e Valenti avevano prestato il loro fascino al regime, collaborato coi tedeschi, seviziato patrioti, questo era quello che si diceva di loro! Si erano sempre vantati della loro vita scandalosa, mostrati orgogliosi della loro dubbia fama. Che lo avessero fatto per narcisismo, per leggerezza, per alimentare il mito degli artisti maledetti, poco importava. Dovevano pagare, dare il buon esempio a tutti. Con la loro esecuzione, calava il sipario su questi due personaggi. Chissà che alle dicerie che li rovinarono non abbiano contribuito proprio i film che negli anni d’oro ne avevano costruito la leggenda, proprio quei personaggi riprovevoli tante volte incarnati sullo schermo.
I due protagonisti vanno incontro al loro destino come se non ci fosse altra alternativa, come se fosse il copione già scritto di uno dei loro film, che va seguito alla perfezione, senza alcuna possibilità di cambiarlo. Valenti era siciliano, la Ferida emiliana. Ad unirli irrimediabilmente, pare essere stato un fatale incontro su un set, nel 1939. Sarà quello l’inizio di un sodalizio artistico e umano, che li porterà a condividere gli eventi epocali per due caratteri simili fino alla patologia. Giustiziati prima di tutto per le loro nefandezze. E perché accusati di far parte della banda di Pietro Koch, una sorta di polizia parallela, responsabile di atrocità estreme, composta da degenerati. Zingaretti ha perso cinque chili per immedesimarsi nell'uomo del tempo, la Bellucci ne ha presi tre per il motivo opposto. Lui recita spesso a torso nudo e la fisicità è importante, da quando imita iI Duce a quando la possiede, palesando nel sesso l’allusione al dominio. Entrambi sono credibili. L’alter-ego di Zingaretti è Golfiero-Alessio Boni, un regista di grande talento che lancia la Ferida e poi diviene partigiano. Omosessuale, anche lui a suo modo ama Luisa, e per lei è disposto a rischiare e rimettere la vita. Lei in un certo senso incarna l’Italia divisa tra i due contendenti. Ma è proprio a Taylor che la Ferida concede l'unico bacio appassionato per eludere un controllo di documenti da parte dei fascisti. In "Sanguepazzo" ci sono tre cammei a titolo di "amichevole partecipazione" di Sonia Bergamasco, una torturata, Luigi Lo Cascio, partigiano che fa parte del plotone d'esecuzione, e Marco Paolini, nel ruolo del commissario politico.
Si tocca la Resistenza, argomento sensibile, con l'accusa di revisionismo che sempre incombe. Giordana non se ne cura. Giordana, va precisato, racconta liberamente una storia solo ispirata alla vicenda reale dei due personaggi Valenti e Ferida, portando molti elementi di fantasia e concedendosi tante licenze poetiche perché molte cose non andarono realmente come succede nel film. Racconta una storia ispirata a fatti reali e lo fa come sempre a modo suo, in modo affascinante e concreto, per quello che, più che un film per il cinema ricorda molto un (ottimo) film per la tv e non si fa fatica a pensare che tra pochi mesi, sarà trasmesso in televisione. Zingaretti e superbo nel ruolo; la Bellucci, sarà per la mano del regista, risulta giusta nel ruolo e sufficientemente convincente. Alessio Boni non ha bisogno di commenti, come sempre ha la perfetta padronanza del personaggio e regala una nuova intensa interpretazione.
Sanguepazzo
Un film di Marco Tullio Giordana.
Con Luca Zingaretti, Monica Bellocci, Alessio Boni, Maurizio Donadoni, Giovanni Visentin, Luigi Diberti, Paolo Bonanni, Mattia Sbragia, Alessandro Di Natale, Tresy Taddei.
Genere Drammatico, colore 150 minuti.
Produzione Italia 2008.
Distribuzione 01 Distribution
Uscita nelle sale: venerdì 23 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
14 Maggio 2008
Gomorra: nel film di Matteo Garrone, un viaggio all’inferno
Gomorra (in ebraico Amora), è stata una delle mitiche"cinque città della pianura" (la più nota delle quali è Sodoma), distrutte da Dio, secondo la narrazione della Bibbia, per la "corruzione" dei loro abitanti. Secondo il testo biblico era situata nei pressi del Mar Morto. La sua distruzione è narrata in Genesi 19. Tradizionalmente la distruzione di Gomorra è stata attribuita allo stesso peccato che aveva causato la distruzione di Sodomia. Spesso Gomorra viene usato come sinonimo di corruzione e decadimento morale e umano. E’ proprio a questo sinonimo che fa riferimento l’ormai famoso caso letterario, Gomorra di Roberto Saviano. Da quelle stesse pagine è stato tratto l’omonimo film di Matteo Garrone, in concorso a Cannes in questi giorni. Adattando il romanzo omonimo di Roberto Saviano insieme a cinque sceneggiatori (lo stesso autore, più Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Gianni Di Gregorio e Massimo Gaudioso), Garrone ha estratto cinque storie per un film che è un pugno allo stomaco, e che per due ore e un quarto porta lo spettatore in quella che sembra una realtà parallela e che è invece così terribilmente reale.
Non c’è una storia sola, una trama unica, ma cinque storie che si intrecciano tra di loro. Totò (Salvatore Abruzzese) ha tredici anni, aiuta la madre, titolare di un piccolo negozio di quartiere, a portare la spesa a domicilio nelle case dei vicini. Ma Totò guarda i grandi, i loro cattivi esempi e sogna di entrare a far parte di una di quelle bande “che conta”. I suoi miti sono coloro che girano in macchina invece che in motorino, che indossano i giubbotti antiproiettile, che contano i soldi e i loro morti, che spacciano droga e ne detengono il controllo. Così un giorno Totò riesce a conquistare la fiducia di quei grandi e scambia la sua adolescenza e dignità con una pistola e tutto quello che ne consegue, perché queste sono le regole di Scampia. E poi ci sono Marco (Marco Macor) e Ciro (Ciro Petrone), i due cani sciolti, quelli che vogliono fare da se e non si vogliono affiliare alle bande che comandano, perché loro, con un’arma in mano si sentono onnipotenti. Ormai è guerra aperta, gli equilibri si sono rotti, il clan si è spezzato in due e ora ci solo loro, “gli scissionisti”; non ci sono vie di mezzo, c’è chi sta da una parte e chi sta dall’altra, dove si combatte padri contro figli e Maria (Maria Nazionale) ci rimette la vita. Anche Don Ciro (Gianfelice Imparato), dopo una vita da tranquillo porta-soldi, rischia la vita. Il destino non sarà più generoso neanche con Pasquale (Salvatore Cantalupo) che passa dalla confezione di abiti d'alta moda in una fabbrica in nero a guidare i camion della camorra in giro per l'Italia, e un giorno scopre in tv addosso a Scarlett Johansson, al festival di Venezia, l’abito confezionato con le sue stesse mani: la bellezza della Johansson contrapposta al suo destino. Si può stare da una parte o dall’altra, ma non si può uscire dal Sistema che tutto sa e tutto controlla. E’ una roulette russa dove le probabilità di vivere o morire sono le stesse. In fine, ma non ultimo c’è Franco (Toni Servillo), che riempie le cave di rifiuti tossici, trasformando i terreni e i suoi frutti in bombe letali che seminano tumori con la compiacenza dei rispettabili industriali del nord. Quando Roberto (Carmine Paternoster), assistente di Franco, si lamenta di questo lavoro redditizio e sicuro nel campo dello smaltimento dei rifiuti tossici, Franco lo ammonisce: “Non credere di essere migliore degli altri. Funziona così, non c’è niente da fare”.
“…Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana, più della 'ndrangheta, più della mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti fatti dall'ETA in Spagna e dall'IRA in Irlanda, più delle Brigate Rosse, dei NAR e più di tutte le stragi di Stato avvenute in Italia…". Sono alcuni dei dati che emergono dal libro inchiesta di Roberto Saviano, per non parlare poi dei dati che riguardano “la monezza” e che fanno venire la pelle d’oca.
Non c’è luce, non c’è bellezza, non c’è pace, ma solo guerra, violenza e corruzione. Nel film di Garrone c’è l’angoscia, ripresa dal vero, c’è la perdizione che ha rovinato una terra meravigliosa. Un film girato bene, montato bene, con un ottimo cast e con musiche giustissime (soprattutto all’inizio e alla fine del film), mai casuali, mai banali, ma sempre perfettamente funzionali alle scene. Garrone non fa ne prediche ne morale, misura scene ed episodi senza strafare, non vuole dimostrare nulla, ma solo mostrare le vite corrotte di questi personaggi in tutta la loro nuda e cruda verità. Un film che spiazza e fa male, che dalle pagine del libro porta sulla pellicola tutta la pesantezza della realtà, che come scrive lo stesso Saviano: “…Una pesantezza ansiosa. Come avere la verità sullo stomaco". E Gomorra, è un pugno nello stomaco, un pugno duro, che quel dolore te lo lascia dentro e non te lo puoi dimenticare. Non basta una ruspa a fare piazza pulita, perché il segno rimane sempre e comunque. Perché “Gomorra” e li, a pochi metri giù dalla statale…
Gomorra
Un film di Matteo Garrone.
Con Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra, Salvatore Abruzzese, Marco Macor, Ciro Petrone, Carmine Paternoster.
Genere Drammatico, colore 135 minuti.
Produzione Italia 2008 - Distribuzione 01 Distribution
uscita nelle sale: venerdì 16 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
9 Maggio 2008
“Alla scoperta di Charlie”, con Michael Douglas e Evan Rachel Wood.
Delusioni, emozioni e speranze. Il tutto è contenuto nella pellicola “Alla scoperta di Charlie”, che arriva nelle sale il 16 maggio. Primo film del regista Mike Cahill con Michael Douglas e Evan Rachel Wood.
Miranda (Evan Rachel Wood) ha solo sedici anni e nella sua vita ha già dovuto affrontare parecchie delusioni. Abbandonata dalla madre, è stata costretta a lasciare la scuola e per mantenersi lavora come impiegata da McDonald, mentre il padre Charlie (Michael Douglas) è in cura presso una ospedale psichiatrico. Quando Charlie esce dall’ospedale e torna a casa, Miranda è costretta a dire addio alla quiete della sua esistenza relativamente tranquilla. Charlie ha una nuova ossessione: da qualche tempo è convinto che il tesoro scomparso dell’esploratore spagnolo Padre Juan Florismarte Garces sia sepolto da qualche parte, nei pressi del comprensorio dove vivono, in una zona periferica della California. Armato di un metal detector e di una pila di libri, che narrano le vicende di alcuni cacciatori di tesori, Charlie si convince sempre più che l’oro sia sepolto al di sotto del negozio Costco del loro quartiere. Per questa ragione cerca di persuadere Miranda a farsi assumere lì, per poi studiare un piano ed effettuare gli scavi nell’orario di chiusura. Inizialmente, Miranda è alquanto scettica al riguardo, presto però si ritrova coinvolta nelle folli e grottesche peripezie di Charlie, spinta dal desiderio di dare al padre la speranza di realizzare per una volta nella vita i suoi sogni. Alla scoperta di Charlie è una commedia bizzarra, divertente, eccitante e sorprendentemente ottimista sulla famiglia moderna e sul sogno Americano.
Per Mike Cahill (Sceneggiatore\Regista), questo è il debutto alla regia cinematografica; prima d’ora aveva fatto parlare di se con il suo primo romanzo “A Nixon Man”, con cui è stato vincitore del Pirate's Alley Faulkner Award come miglior romanzo d’esordio. Michael Douglas come produttore e come attore-produttore ha mostrato, sempre più negli ultimi anni, una certa abilità per la scelta di progetti che riflettono il costante cambiamento delle tendenze e dell’interesse del pubblico. Nonostante tutto negli ultimi anni non aveva però regalato qualche brutta performance. Con questo ruolo invece lo si vede generosamente impegnato, in una parte per lui insolita e bisogna riconoscere che ci riesce molto bene. Evan Rachel Wood (Miranda) è un’attrice in grado di raggiungere un profondo livello di emozioni e allo stesso tempo possiede la capacità di dimostrare una compostezza che va ben oltre la sua età, anche per questo è considerata uno dei maggiori giovani talenti di Hollywood. Dopo la bella interpretazione in "Across the Universe", ritorna al suo cliché di "adolescente precoce", e la sua interpretazione risulta apprezzabile.
Nonostante tutto il film, per quanto tecnicamente buono e girato molto bene, non brilla particolarmente e dopo una prima parte piuttosto noiosa, decolla, ma solo moderatamente, solo dopo i primi 50 minuti. La trama, fin troppo bizzarra distoglie l'attenzione da quello che è il vero fulcro del film: la ri-costruzione di un rapporto lacerato tra un padre ed una figlia. Il film di Cahill, in teoria andrebbe a toccare, seppur col sorriso, tematiche non scontate e attuali, dal rapporto famigliare perso e poi ritrovato, al tema delicatissimo del disagio mentale, fino alla ricerca del “sogno americano” Insomma gli argomenti sono troppi e poco troppo approfonditi. Bella è l’alchimia tra i due protagonisti ed interessante è il personaggio di Michael Douglas, che gioca abilmente con delusioni, emozioni, speranze.
Alla scoperta di Charlie
Di Mike Cahill
Con Michael Douglas, Evan Rachel Wood, Willis Burks II, Laura Kachergus, Paul Lieber, Kathleen Wilhoite.
Genere: commedia
Durata Film 90’
Nelle sale italiane dal 16 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
9 Maggio 2008
Nastri D’Argento 2008: a Taormina se la contenderanno 'Tutta la vita davanti' e 'Caos Calmo'.
'Tutta la vita davanti' di Paolo Virzì e 'Caos Calmo' di Antonello Grimaldi con Nanni Moretti protagonista e sono i film che hanno ricevuto più candidature ai Nastri d'Argento 2008, i premi assegnati dai critici italiani. Sono ben sette le candidature per questi due film, che già alla vigilia sembravano aver monopolizzato la scena.
Ma la distanza dagli altri candidati non è poi cos’ tanta. Con sei candidature ciascuno, seguono il pluripremiato al David di Donatello 'La ragazza del lago' di Andrea Molaioli, 'Mio fratello è figlio unico' di Daniele Luchetti, 'I demoni di San Pietroburgo' di Giuliano Montaldo. Seguono a ruota le cinque nomination per 'Non pensarci' di Gianni Zanasi, 'Giorni e nuvole' di Silvio Soldini e 'Riprendimi' di Anna Negri. Outsider, con quattro candidature, 'Il vento fa il suo giro' di Giorgio Diritti. Seguono con tre ciascuno 'Bianco e nero' di Cristina Comencini, 'Parlami d'amore' di Silvio Muccino e 'I Viceré' di Roberto Faenza. Sono comunque una quarantina in tutto, i film rappresentati nel palmarès delle "cinquine", effettuate tra i film usciti dal 1° aprile 2007 al 30 aprile 2008: 100 film, tra i quali ben 37 opere prime e 3 titoli d'animazione, piu' 12 documentari. Inedite tra i 'non protagonisti' le candidature di Massimo Ghini, alla sua prima volta in un grande premio nazionale, e di Luca Lionello, in 'cinquina' con Giuseppe Battiston, Alessandro Gassman e Sergio Rubini.
Il Nastro D’Argento dell’anno 2008 è gia stato assegnato al film “Grande, Grosso e…Verdone, con Carlo Verdone, Claudia Gerini. Come già annunciato inoltre, assegnati anche i premi alla carriera a Carlo Lizzani, nell'anno di 'Hotel Meina', a Vittorio Storaro, il 'Caravaggio' della fotografia internazionale, e a Giuliano Gemma "per cinquant'anni di stile e di successo autenticamente popolare". I premi saranno consegnati sabato 14 giugno al Teatro Antico di Taormina.
Ecco l'elenco completo delle cinquine:
REGISTA DEL MIGLIOR FILM ITALIANO
Antonello GRIMALDI - Caos calmo
Daniele LUCHETTI - Mio fratello è figlio unico
Silvio SOLDINI - Giorni e nuvole
Paolo VIRZÌ - Tutta la vita davanti
Gianni ZANASI - Non pensarci
MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE
Giorgio DIRITTI - Il vento fa il suo giro
Davide MARENGO - Notturno bus
Mohsen MELLITI - Io, l'altro
Andrea MOLAIOLI - La ragazza del lago
Silvio MUCCINO - Parlami d'amore
MIGLIOR PRODUTTORE
Domenico PROCACCI (Fandango) per il complesso della produzione dell'annata
Marco CHIMENZ, Marco STABILINI, Riccardo TOZZI (Cattleya) per il complesso della produzione dell'annata
Lionello CERRI (Lumière & co) per Giorni e nuvole - Biùtiful càuntri
Elda FERRI (Jean Vigo) per I Viceré - I demoni di San Pietroburgo
Francesca CIMA e Nicola GIULIANO (Indigo Film) per La ragazza del lago
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Antonio ALBANESE - Giorni e nuvole
Elio GERMANO - Mio fratello è figlio unico – Nessuna qualità agli eroi
Valerio MASTANDREA - Non pensarci
Nanni MORETTI - Caos calmo
Toni SERVILLO - La ragazza del lago
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Margherita BUY - Giorni e nuvole
Cristiana CAPOTONDI - Come tu mi vuoi
Carolina CRESCENTINI - I demoni di San Pietroburgo - Cemento armato
Isabella RAGONESE - Tutta la vita davanti
Alba ROHRWACHER - Riprendimi
MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
Giuseppe BATTISTON - La giusta distanza – Non pensarci
Alessandro GASSMAN - Caos calmo
Massimo GHINI - Tutta la vita davanti
Luca LIONELLO - Cover boy
Sergio RUBINI - Colpo d'occhio
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Anna BONAIUTO - La ragazza del lago - Bianco e nero
Anita CAPRIOLI - Non pensarci
Marina CONFALONE, Lucia RAGNI e Piera DEGLI ESPOSTI - Tre donne morali
Sabrina FERILLI - Tutta la vita davanti
Angela FINOCCHIARO - Mio fratello è figlio unico – Amore, bugie e calcetto
MIGLIOR SOGGETTO
Fabio BONIFACCI - Lezioni di cioccolato (e con Luca LUCINI - Amore, bugie e calcetto)
Cristina COMENCINI, Giulia CALENDA e Maddalena RAVAGLI - Bianco e nero
Wilma LABATE, Francesca MARCIANO e Carla VANGELISTA – Signorina Effe
Anna NEGRI - Riprendimi
Marco PETTENELLO, Doriana LEONDEFF, Claudio PIERSANTI e Carlo MAZZACURATI - La giusta distanza
MIGLIORE SCENEGGIATURA
Francesco BRUNI e Paolo VIRZÌ - Tutta la vita davanti
Peter DEL MONTE e Michele PELLEGRINI - Nelle tue mani
Doriana LEONDEFF, Francesco PICCOLO, Federica PONTREMOLI e Silvio SOLDINI - Giorni e nuvole
Michele PELLEGRINI e Gianni ZANASI - Non pensarci
Sandro PETRAGLIA - La ragazza del lago (e con Daniele LUCHETTI e Stefano RULLI - Mio fratello è figlio unico)
MIGLIORE FOTOGRAFIA
Arnaldo CATINARI - I demoni di San Pietroburgo - Parlami d'amore
Roberto CIMATTI - Il vento fa il suo giro
Ramiro CIVITA - La ragazza del lago
Claudio COLLEPICCOLO - Mio fratello è figlio unico
Nicola PECORINI - Tutta la vita davanti - Tideland
MIGLIORE MONTAGGIO
Francesca CALVELLI - Signorina Effe
Giorgio DIRITTI e Eduardo CRESPO - Il vento fa il suo giro
Ilaria FRAIOLI - Riprendimi – Vogliamo anche le rose
Mirco GARRONE - Mio fratello è figlio unico
Angelo NICOLINI - Caos calmo
MIGLIORE SCENOGRAFIA
Davide BASSAN - Tutta la vita davanti
Dante FERRETTI e Francesca LO SCHIAVO - Sweeney Todd
Francesco FRIGERI - I Viceré – I demoni di San Pietroburgo
Luca GOBBI - Colpo d'occhio
Tonino ZERA - Hotel Meina – Parlami d'amore
MIGLIORI COSTUMI
Milena CANONERO - I Viceré
Catia DOTTORI - Hotel Meina
Nicoletta ERCOLE - 2061 - Nero bifamiliare
Elisabetta MONTALDO - I demoni di San Pietroburgo
Carlo POGGIOLI (con Kazuko Kurosawa ) - Seta
MIGLIOR SONORO IN PRESA DIRETTA
Stefano CAMPUS e Valentino GIANNI - Sonetàula
Gaetano CARITO - Caos calmo
Mauro LAZZARO - Riprendimi - Jimmy della collina
Carlo MISSIDENTI - Il vento fa il suo giro
Bruno PUPPARO - Bianco e nero – Piano, solo
MIGLIORE COLONNA SONORA
Paolo BUONVINO - Caos calmo
TIRO MANCINO - Nero bifamiliare
Lele MARCHITELLI - Piano, solo
Ennio MORRICONE - I demoni di San Pietroburgo
Nicola PIOVANI - Lezioni di felicità (Odette Toutlemonde)
MIGLIORE CANZONE ORIGINALE
Pino DANIELE - 'O munn va' (La seconda volta non si scorda mai)
Ivano FOSSATI - L'amore trasparente (Caos calmo)
Daniele SILVESTRI - Mi persi (Notturno bus) - Il mondo stretto in una stanza (Questa notte è ancora nostra)
Gianna NANNINI e PACIFICO - Pazienza (Riprendimi)
Mario VENUTI e KABALLA' - Un altro posto nel mondo (Agente matrimoniale)
Massimo ZAMBONI (per NADA) - La mia patria attuale (Il mio paese )
MIGLIOR FILM EUROPEO (10 FILM)
Across the universe - Julie Taymor (Sony)
Elizabeth: the golden age - Shekar Kapur (Universal)
Espiazione - Joe Wright (Universal)
La vie en rose - Olivier Dahan (Mikado)
Irina Palm - Sam Garbarski (Teodora Film)
Cous cous - Abdellatif Kechiche (Lucky Red)
Persepolis - Marjane Satrapi - Vincent Paronnaud (Bim)
4 settimane, 3 mesi, 2 giorni - Cristian Mungiu (Lucky Red)
Quattro minuti - Chris Kraus (Lady film)
Lo scafandro e la farfalla - Julian Schnabel (Bim)
MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO (10 FILM)
I Simpson: il film - Daniel Silverman (20th Century Fox)
Io non sono qui - Todd Haynes (Bim)
Ratatouille - Brad Bird (Disney)
Non è un paese per vecchi - Ethan & Joel Coen (Universal)
Lussuria - Ang Lee (Bim)
Onora il padre e la madre - Sidney Lumet (Medusa)
Juno - Jason Reitman (20th Century Fox)
Il petroliere - Paul Thomas Anderson (Disney)
Into the wild - Sean Penn (Bim)
Sweeney Todd - Tim Burton (Warner Bros)
DOCUMENTARI ITALIANI USCITI IN SALA
Biùtiful càuntri - Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio e Peppe Ruggiero
Civico Zero - Francesco Maselli
Le ferie di Licu - Vittorio Moroni
Il mio paese - Daniele Vicari
Vogliamo anche le rose - Alina Marazzi
NASTRI D'ARGENTO SPECIALI 2008
Carlo LIZZANI alla carriera (L'omaggio a un grande maestro del cinema italiano nell'anno di Hotel Meina)
Vittorio STORARO alla carriera (Il "Caravaggio" della fotografia internazionale)
Giuliano GEMMA alla carriera (Per cinquant'anni di stile e di successo autenticamente popolare)
Piero DE BERNARDI
NASTRO D'ARGENTO DELL'ANNO 2008
GRANDE, GROSSO E… VERDONE (Carlo VERDONE, Claudia GERINI, Aurelio e Luigi DE LAURENTIIS)
NASTRI D'ARGENTO EUROPEI 2008
Antonia LISKOVA - Riparo
Kasia SMUTNIAK - Nelle tue mani
Premio "PIETRO BIANCHI 2008"
Giuliano Montaldo
Maria Antonietta Amenduni
7 Maggio 2008
“Chi nasce tondo”, la nuova commedia con Valerio Mastandrea per la regia di Alessandro Valori
Un noto proverbio napoletano afferma che: 'e voglia 'e mettere rum, chi nasce strunz' nun po' addiventà babbà” che tradotto diviene il ben più noto, “chi nasce tondo non può morire quadrato”. Ed è proprio a questo proverbio che si ispira “Chi nasce tondo”, la nuova commedia con Valerio Mastandrea diretta da Alessandro Valori che sarà nelle sale a partire dal 9 maggio. La pellicola è il risultato del progetto di formazione con studenti romani provenienti da vari licei e sarà presentata in anteprima nella giornata inaugurale del Riff, Roma Independent Film Festival, in programma nella Capitale dal 18 al 24 aprile. Occasione in cui il regista riceverà il Premio Nuove Visioni, assegnato ogni anno a un giovane cineasta per l'impegno creativo.
Mario e Righetto, due cugini trentenni, sono alla disperata ricerca della nonna ultraottantenne fuggita dalla casa di cura Villa Quiete dopo averne svaligiato la cassa. La ricerca è sostenuta da motivazioni differenti: Mario ha la necessità di tenere nascosta l’esistenza della nonna ladra alla futura moglie, Flaminia, e alla famiglia di lei. Il suocero, infatti, è il titolare di una ditta di antifurti e porte blindate, dove Mario lavora come Responsabile dell’ufficio vendite…Righetto, invece, è un cialtrone che occupa e gestisce vecchi edifici abbandonati per riaffittarli a peso d’oro a disgraziati senzatetto provenienti da ogni parte del mondo e dell’Italia. Dopo cinque anni di assoluto silenzio un bel giorno Mario piomba nel palazzo occupato dal cugino, per coinvolgerlo nella ricerca della nonna. Righetto si lascia convincere con la speranza che il bottino rubato a Villa Quiete finirà nelle sue tasche. Durante questa ricerca in una Roma moderna dal sapore antico, i due incontreranno una serie di personaggi inaspettati che appartengono al burrascoso passato di nonna Italia: dall’anziana entreneuse Anna la tre Culi, all’energico Padre Ignazio, fino a Gigino, il buffo factotum di Righetto, passando per la sora Ines e il simpatico nonnetto che frequenta la casa di Anna.
Questa girandola di avvenimenti rinsalderà il legame tra i due cugini anche e soprattutto in conseguenza di una sconvolgente scoperta che li riguarderà personalmente…
Morale della favola al massimo chi nasce tondo può imparare a fingere di essere quadro, ma rimane comunque un tondo Se il tondo viene inscritto dentro un quadrato allora sì!!
La scelta, alquanto scomoda, di proiettare il film nell’aula di una scuola, non è sicuramente stata un’idea felice, vista la scomodità che la cosa comporta; ma l’aspetto più curioso è stato il fatto che i due attori protagonisti Valerio Mastandrea (anche sceneggiatore) e Raffaele Vannoli hanno disertato la prima stampa di quello che è risultato essere, nel complesso, un film piuttosto mediocre. Si è vero si ride parecchio, ma il risultato complessivo non soddisfa del tutto. L’idea è buona ma sviluppata in modo un po’ frettoloso e con qualche scena non proprio funzionale al film. L'attrice Sandra Milo, presente alla conferenza, era piuttosto risentita nei confronti di Mastandrea e Vannoli per aver disertato la conferenza stampa: ''Le scelte, e i film, si difendono'', li rimprovera la Milo, che pero' ce l'ha soprattutto con le istituzioni: ''Chi fa cinema e' trattato come l'ultimo gradino della scala sociale''.
Ma l’attrice ne ha una per tutti: ''Meno soldi per le ronde e piu' fondi per la cultura, bisogna urlarlo''. Toni pacati ma decisi, quelli di Sandra Milo, quando ha saputo che il film (distribuito il prossimo 16 maggio dal Luce) uscira' soltanto a Roma e provincia, per di piu' in un numero ancora imprecisato di copie. Colpa del digitale, che limita i costi (un budget di appena 250mila) ma poi si scontra con l'inadeguatezza tecnica delle sale cinematografiche.
Chi nasce tondo
Un film di Alessandro Valori
Con Valerio Mastandrea, Raffaele Vannoli, Sandra Milo, Glauco Onorato, Tiberio Murgia, Anna Longhi, Regina Orioli, Corrado Fortuna.
Genere Commedia, colore 90 minuti.
Produzione Italia 2008
Distribuzione Istituto Luce
uscita nelle sale: venerdì 9 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
5 Maggio 2008
'Notte brava a Las Vegas'. Film leggero per una serata spensierata
Bella, bionda, affascinante e specializzata nei film leggeri e divertenti che possano distogliere la gente dai problemi della vita quotidiana. E’ Cameron Diaz, che dopo il lutto in famiglia e all’uscita del suo nuovo film “Notte brava a Las Vegas”, annuncia che si prenderà un anno sabbatico. Intanto il film, diretto da Tom Vaugham, con Cameron Diaz, Ashton Kutcher, Treat Williams, Queen Latifah, sarà nelle sale italiane dal 9 maggio.
Ogni notte brava che si rispetti lascia sempre ricordi indelebili e conseguenze imprevedibili. E’ quello che scoprono Jack (Ashton Kuthcher) e Joy (Cameron Diaz), due newyorkesi in vacanza nella capitale del gioco. Due giovani estranei, dopo una notte di eccessi, passata a divertirsi, tra scommesse, bevute e balli, scoprono di essersi sposati senza in realtà volerlo veramente. Fatto questo che ormai va di moda soprattutto tra le star di Hollywood. Ma “quello che succede a Las Vegas resta a Las Vegas” e quindi, anche un matrimonio sbrigativo potrebbe essere risolto con un frettoloso divorzio. Se non fosse che, a complicare le cose, ci si mette una slot machine che imprevedibilmente regala a Jack un assegno di 3 milioni di dollari, grazie a Joy che gli aveva prestato la moneta vincente. Tornati a New York, i due just married si presentano in un’aula di tribunale per ottenere il divorzio e la ripartizione della vincita, cui nessuno di loro vuole rinunciare. Per annullare il matrimonio però ci vorrà un pò di tempo. Infatti un giudice implacabile congelerà la somma di denaro e li condannerà a “sei mesi di duro matrimonio” in cui saranno costretti a dividere il tetto, il dentifricio e le sedute settimanali con una psicologa. Dovranno insomma superare le resistenze personali e la reciproca avversione e fare quanto è umanamente possibile per far funzionare la coppia. Una delle sfide più difficili del nostro tempo.
Ci si mette un attimo a capire che i riferimenti a fatti di cronaca delle star americane, rendono il film più che reale, basti un esempio per tutti, Britney Spears. I matrimoni frettolosi ad alto tasso alcolico a Las Vegas sono piuttosto frequenti, così come sono altrettanto frequenti i divorzi rapidi post sbronza. Tutto questo, unito ad una regia dinamica e alla freschezza dei protagonisti fa di questa pellicola, un perfetto entertainment. Un film leggero, senza grandi pretese, anche piuttosto prevedibile e romantico al punto giusto, perfetto per una seratina spensierata e poco impegnativa. Sia Cameron Diaz che Ashton Kutcher risultano credibili. Assortito e pittoresco e il quadro dei personaggi, tra amici e parenti che li circondano.
In proposito, Cameron Diaz, partecipando alla presentazione del film a Los Angeles, ha dichiarato: “Sono proprio contenta di portare sullo schermo un film come questo, perché so quanto sia importante ridere e distrarsi in certi periodi della vita”. Pur se è ancora evidente il dolore per la recente perdita del padre, il fatto di interpretare film leggeri e divertenti che possano distogliere la gente dai problemi della vita quotidiana, è per la bella attrice quattro volte nominata al Golden Globe, motivo di grande soddisfazione. L’attrice ha annunciato di volersi prendere un anno di pausa, ma prima terminerà le riprese del film di Nick Cassavetes “My Sister’s Keeper” a cui stava lavorando prima della malattia del padre. Emilio Diaz, padre di Cameron, pur non facendo l’attore aveva partecipato con un piccolo ruolo (un detenuto) ad uno dei maggiori successi di sua figlia: “Tutti Pazzi per Mary”.
Ad Ashton Kutcher, va riconosciuto il netto miglioramento dimostrato nel tempo. Il giovane attore ex modello, noto anche per il matrimonio con Demi Moore, l’attrice di 16 anni più grande sposata nel 2005, è riuscito a ritagliarsi una sua carriera cinematografica e sta dimostrando un certo talento anche nel settore della produzione cinematografica e televisiva.
Notte brava a Las Vegas
(What Happens in Vegas…)
Un film di Tom Vaughan.
Con: Cameron Diaz, Ashton Kutcher, Treat Williams, Queen Latifah
Treat Williams, Queen Latifah
Genere Commedia, colore - Produzione USA 2008 - Distribuzione 20th Century Fox
uscita nelle sale italiane: venerdì 9 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
22 Aprile 2008
I demoni di San Pietroburgo: il ritorno alla regia di Giuliano Montaldo.
Un ritorno di lusso, è quello di Giuliano Montaldo dietro la macchina da presa. Guardando la sua filmografia, gli ultimi due lavori sono “Le stagioni dell’aquila”, documentario del 1997 e il film “Tempo di uccidere” del 1989. Oggi Montaldo torna nelle sale cinematografiche con “I demoni di San Pietroburgo”, un film italiano storico che vira al thriller, con Miki Manojlovic, Carolina Crescentini, Roberto Herlitzka, Anita Caprioli, Filippo Timi.
Il nuovo film racconta cinque giorni nella vita di Dostojevskij, alle prese con un romanzo da finire e (soprattutto) un attentato da sventare. San Pietroburgo, 1860. Un attentato provoca la morte di un membro della famiglia imperiale. Pochi giorni dopo lo scrittore Fjodor Mikhajlovic Dostojevskij (Miki Manojlovic) incontra Gusiev (Filippo Timi), un giovane che è ricoverato in un ospedale psichiatrico. Gusiev confessa di aver fatto parte del gruppo terroristico e rivela che i suoi compagni, stanno preparando un piano per eliminare un altro parente dello Zar. Il giovane gli rivela anche l’indirizzo di Aleksandra (Anita Caprioli), il loro capo. Dostojevskij deve trovarla e convincerla a fermare questo nuovo atto terroristico. Lo scrittore è sconvolto. Uno scrittore reduce dai lavori forzati in Siberia, luogo dal quale è tornato fisicamente ma non mentalmente. Sta vivendo giorni terribili, pressato dai creditori, dall’imminente scadenza del termine di consegna di un nuovo libro, dai frequenti attacchi di epilessia. Di giorno, con l’aiuto di una giovane stenografa, Anna Grigorjevna (Carolina Crescentini), detta “Il giocatore”. Di notte continua l’affannosa ricerca del gruppo terroristico. “I vostri romanzi - gli dirà l’ispettore Pavlovic (Roberto Herlitzka) - sembrano scritti contro i rivoluzionari, ma in realtà sono più incendiari dei proclami terroristici”.
Allegro come sempre Montaldo racconta gli imprevisti climatici che hanno caratterizzato il film: “Girarlo, in otto settimane, sarebbe stato impossibile senza i molti amici che hanno creduto nel progetto". Difficoltà soprattutto climatiche, con una Russia insolitamente assolata che mal si prestava alle atmosfere volute dal regista: "Dovevamo alzarci all'una di notte per esser pronti a girare alle quattro di mattina. Ma si sa, l'unico vero co-produttore che non si può avere dalla propria parte è il buon Dio: ha altro a cui pensare". Un augurio importante è quello che Montaldo fa al suo film: ' Spero che I demoni di San Pietroburgo, invoglierà i giovani, uscendo dal cinema, a leggere Dostojevskij. "Mi emoziona il suo percorso umano: dalla gioventù, dal plotone di esecuzione, fino alla maturità, quando viene perseguitato dai fantasmi dei suoi scritti. In questo senso, il suo più bel romanzo è la sua vita".
Il regista, alla scelta di argomenti poco commerciali, è avvezzo: "Avevo tentato di fare questo film nei primi anni Ottanta, ma le autorità sovietiche a cui mi ero rivolto non erano interessate. Qualche anno fa, ho riproposto la cosa ad alcuni produttori italiani: un paio di loro, quando gli ho presentato questo progetto, sono fuggiti dalla finestra...". Un film che parla di cattivi maestri, di pace e libertà. “Questo è il film – afferma Montaldo - in cui esprimo la mia intolleranza per la violenza, e per coloro che pensano si possa cambiare il corso della storia con le bombe. Io sono contro il crimine, soprattutto quando si nasconde dietro falsi ideali, non come quelli del '45, quando si sognava un mondo pieno di speranze e d'ottimismo. Oggi quell'ottimismo me l' hanno rubato, e sono i ladri più pericolosi". Ma è anche un film sulla sofferenza dell'intellettuale, problema che il regista conosce molto bene e personalmente: “Non è mai stato facile produrre i miei film, quando ho proposto 'Sacco e Vanzetti' ai produttori credevano si trattasse di un film sull'import-export. Però mi consola che oggi passino soltanto a tarda notte: li vede solo il mio garagista, ma almeno non vengono interrotti dalla pubblicità dei dieci rotoli di morbidezza".
Un film, poetico, intenso, vero con due straordinari interpreti quali Miki Manojlovic e Roberto Herlitzka. Le scene in cui si affrontano sono vere e proprie lezioni di recitazione cinematografica. Con due attori così la partitura non può che riscuotere i suoi effetti positivi; Come afferma lo stesso Montaldo: “Il cinema è come la lirica: se funziona lo spartito, se attori e musicisti sono bravi, allora il regista è come il direttore d'orchestra che alza la bacchetta e tutto funziona". Un cast ben curato e assortito vede anche le belle interpretazioni di Carolina Crescentini, Anita Caprioli, Filippo Timi. Un film che è impegno civile, riflessione sul terrorismo e poesia, delicatamente fusi e perfettamente incorniciati dalle splendide musiche di Ennio Morricone, dalla fotografia diretta da Arnaldo Catinari e dai bei costumi di Elisabetta Montaldo.
In conferenza stampa, a chi fa notare che nel film ci sono tre bravissimi interpreti della così detta “nuova generazione” di attori italiani, in cui la bellezza pare giocare un ruolo fondamentale, risponde per tutti una determinata Carolina Crescentini: "Io non vengo dall'universo della visibilità, da chi vuole apparire e basta: io ho studiato al Centro sperimentale, mi sono fatta un m.... così". Quanto alla bellezza, sottolinea che: "non è una colpa. Sul set può diventare un'arma a doppio taglio e bisogna essere pronte ad azzerarla".
I demoni di San Pietroburgo
Un film di Giuliano Montaldo.
Con Miki Manojlovic, Carolina Crescentini, Roberto Herlitzka, Anita Caprioli, Filippo Timi, Patrizia Sacchi, Sandra Ceccarelli, Giovanni Martorana.
Genere Drammatico, colore 118 minuti.
Produzione Italia 2007
Distribuzione 01 Distribution
Data uscita: 24 Aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
19 Aprile 2008
David di Donatello 2008, “La ragazza del lago”, fa incetta di premi e sbaraglia sul super favorito “Caos Calmo”. A Toni Servillo e Margherita Buy, rispettivamente miglio attore e attrice protagonista.
E stato un vero e proprio monopolio…ma un monopolio giustissimo!!! E' 'La ragazza del lago' il grande vincitore dei David di Donatello 2008. Con ben 10 statuette, tra cui Miglior film, Miglior regia, Miglior regista esordiente, Miglior attore protagonista (un straordinario Toni Servillo), Miglior produttore (Nicola Giuliano e Francesca Cima per Indigo Film), Miglior sceneggiatura (Sandro Petraglia) e Miglior fotografia (Ramiro Civita).
Il film di Andrea Molaioli lascia al palo il grande favorito della vigilia, 'Caos calmo' (forte di 18 candidature), alla fine premiato solamente con tre David, Alessandro Gassman come Miglior attore non protagonista (che dedica il premio a suo padre Vittorio Gassman), Paolo Buonvino come Miglior musicista e per la canzone L'amore trasparente di Ivano Fossati, e l'altro grande pretendente, 'Giorni e nuvole' di Silvio Soldini (15 candidature come per 'La ragazza del lago'), vincitore di 2 David per la Miglior attrice protagonista (Margherita Buy) e la miglior attrice non protagonista (una commossa ma straordinaria conferma del cinema italiano, Alba Rohrwacher).
Quattro premi tecnici assegnati invece per 'I vicere'' di Roberto Faenza: scenografie, costumi, trucco e acconciatura), nulla di fatto invece per 'Il vento fa il suo giro' di Giorgio Diritti, candidato a cinque statuette, che torna a casa invece a mani vuote. Miglior film straniero e' 'Non e' un paese per vecchi' dei fratelli Coen, che con il loro messaggio video, per salutare i presenti alla serata, riescono ancora una volta a stupire; chi si aspettava i templi e rituali ringraziamenti, è stato spiazzato dall’annuncio che ci sarà un seguito di “Un paese per vecchi”, e che sarà girato in Italia, precisamente a Roma, con protagonista Barden.
Mentre il Premio David Giovani va a 'Parlami d'amore' di Silvio Muccino. Con l’assegnazione del David di Donatello come Miglior Film dell’Unione Europea, “Irina Palm” di Sam Garbarski, interpretato da una magnifica Marianne Faithfull, corona la sua carriera di successi. Dopo essere stato tra i film accolti con maggior favore dal pubblico della Berlinale, dopo aver ottenuto un esito di grande soddisfazione al TorinoFilmFest e aver poi riscosso un successo superiore ad ogni aspettativa nelle sale italiane – dove è stato per oltre tre mesi – Irina Palm si vede assegnare dalla giuria del David l’ambito riconoscimento.
I Premi David Speciali sono stati assegnati ai registi Luigi Magni per la carriera, a Carlo Verdone - che ha ricevuto la statuetta dalle mani di sua figlia Giulia - per i suoi primi trent’anni di attore e regista e a Gabriele Muccino, per i sui successi negli Usa. Un nuovo David Speciale al cinema italiano, che celebra la rinascita dell’industria cinematografica e che sarà conservato al Centro Sperimentale di Cinematografia, è stato ritirato dal presidente Francesco Alberoni e dall’attore Giancarlo Giannini, membro del c.d.a. del Centro Sperimentale.
Maria Antonietta Amenduni
18 Aprile 2008
Il matrimonio è un affare di famiglia: commedia dolceamara, che inneggia alla famiglia.
Jean Dwight , (Brenda Blethyn), è una cabarettista irriverente e un po’ osée, emigrata in Australia per amore del marito ex cantante di successo (Frankie J. Golden), la cui carriera da cabarettista è in lento, ma inarrestabile declino. Maniaca del controllo sui propri figli, Tim (l’emergente australiano Khan Chittenden) e Mark (il bravissimo Richard Wilson), mentalmente disabile ma con uno spiccato senso dell’umorismo, vivono in un quartiere residenziale di Sydney, in una casa nella quale regna il caos. Il padre (Frank Holden), che 25 anni prima ha avuto un unico sorprendente successo, ora lavora come agente di sicurezza e spera in una nuova grande occasione. I problemi iniziano quando, Tim incontra la bellissima Jill (Emma Booth bella e giovane ex modella di successo, ora attrice talentuosa) e se ne innamoro follemente. Sua madre, vede in Jill una minaccia e teme che questa intrusa possa “dividere” la famiglia. Quello che già non era un tranquillo ambiente familiare, diventa un campo di battaglia nel quale le due donne si battono per il suo affetto. Dopo “L’erba di Grace”, Brenda Blethyn è la protagonista di una delle commedie più divertente dell’anno.
Il titolo italiano, non fedele all’originale (Clubland), può tirare in inganno e creare aspettative sbagliate nello spettatore. Ci si aspetta un comunissimo film fatto di macchiette e luoghi comuni sulla insopportabilità delle suocere, ma è al contrario, un buon film che parla con tono ironico, divertente, ma anche un po’ amaro, di una confusione esistenziale, quella di Jean, che non è più al centro dell’attenzione del suo pubblico, in un mondo dello spettacolo che quando non sei più alla ribalta ti dimentica in fretta, e cosa ancor peggiore, Jean scopre di non essere nemmeno più al centro dell’attenzione nel suo privato. Tim iI suo “bambino” è cresciuto, ha trovato l’amore di Jill e con lei desidera costruire una famiglia. Jean sembra essersi fermata a qualche anno prima, a quando era ancora una diva e fatica a staccare il cordone ombelicale dai propri figli; l’aspetto è reso efficacemente da un certo affascinante look anni sessanta, grazie anche alla piacevole colonna sonora di sempreverdi comprendente Janis Joplin (“Piece of my heart”, “Move over”), Bo Diddley (“I’m a man”) e Little Richard (“Jenny Jenny”).
A rendere efficacemente il ritmo del film troviamo un buon lavoro di montaggio veloce, e una buona regia di Cherie Nowlan, il quale, nonostante il curriculum prevalentemente televisivo, mostra apprezzabili qualità registiche; lo dimostrano proprio i curiosi ed interessanti personaggi che risultano costruiti a dovere. Buona parte del merito va riconosciuta anche alla sceneggiatura di Keith Thompson (anch’ella proveniente dalla tv).
Un film molto realistico, a cui lo spettatore assiste come se fosse un vicino di casa spione, o uno dei vari curiosi personaggi eclettici che popolano la vita di questa famiglia. Un inno alla famiglia che viene affrontato con grande delicatezza e misuratezza. Come prevedibile però il finale è una improbabile e redenzione di Jean, con conseguente riconciliazione con il figlio Tim, con la futura nuora Jill e con l’ ex marito John. Divertente comunque l’ esibizione canora di Jean e John al matrimonio dei ragazzi: il pezzo Nutbush City Limits, registrato in studio con l’apporto del bassista dei Jamiroquai.
Il matrimonio è un affare di famiglia
(Clubland)
Regia: Cherie Nowlan.
Cast: Brenda Blethyn, Khan Chittenden, Emma Booth, Richard Wilson, Frankie J. Golden, Rebecca Gibney, Philip Quast, Russel Dykstra, Katie Wall.
Genere: Commedia, colore 120 minuti.
Produzione: Australia 2008.
Distribuzione Lucky Red.
Data di uscita: venerdì 18 aprile.
Maria Antonietta Amenduni
11 Aprile 2008
In amore niente regole: la sofisticata commedia sentimentale di Gorge Clooney.
L’attore americano, in Italia con Renée Zellweger
per presentare il film, parla anche di ambiente e politica. Afferma di appoggiare
Barack Obama e nel nostro paese sostiene Veltroni.
E’ quello che si può definire un mattatore. Entra lui in sala e non c’è più spazio per nessuno. E’ Gorge Clooney, che è riuscito anche a mettere un po’ in ombra Renée Zellweger, durante la conferenza stampa di presentazione del film “In amore niente regole”. Terza fatica da regista per George Clooney. Dopo la televisione trash di "Confessioni di una mente pericolosa" e quella impegnata di "Good Night and Good Luck", Clooney cambia argomento. E se i primi due film sono diventati di culto in Europa, per il terzo, “In amore niente regole”, sceglie un tema sicuro per conquistare il pubblico degli Usa anche se molto meno amato fuori dai confini: il football americano.
In molti avevano malignato sullo slittamento dell'uscita del film al dopo Oscar come segno di una pellicola sulla quale si puntava poco. Anche la storia travagliata della produzione faceva temere il peggio. "Leatherheads" , titolo originale del film, ha origine nel lontano 1991, anno in cui un giovane sceneggiatore di belle speranze ed ex reporter di "Sports Illustrated", Duncan Brantley, cede il copione alla Universal. La storia attrae subito l'attenzione di un allora giovanissimo Steven Soderbergh. Inizialmente il protagonista sarebbe dovuto essere Mel Gibson, che in seguito si tirò indietro. Tra un tira e molla e l’altro alla fine il progetto finisce nelle mani di Soderbergh e Clooney, fino al risultato finale che vede quest’ultimo regista ed interprete. Nonostante il lungo travaglio e le dicerie, In amore niente regole”, promette molto bene.
La storia si svolge nel South Carolina, nel 1925. Dodge Connolly (George Clooney) è un esuberante giocatore di football americano e un'adorabile canaglia. Irriverente delle regole e sfrontato con l'avversario, Dodge, irriverente nei confronti delle regole, e sfrontato nei confronti dell’avversario, è il capitano dei Duluth Bulldogs. La squadra non è proprio di quelle di successo. Composta da giocatori attaccabrighe, molto più dediti all’alcol che al gioco, riescono nella grandiosa impresa di perdere sponsor e ingaggio in una sola partita. Dopo aver sciolto a malincuore il proprio team, il capitano Connolly, riesce a rimettere insieme la squadra e recluta il giovane e bello Carter Rutherford (John Krasinski). Eroe di guerra per caso e fuoriclasse del football per inclinazione, il ragazzo aiuta Doodge ad educare la squadra e a riempire gli stadi. Il pubblico accorre a celebrare il giocatore combattente, ma è a questo punto che entra in scena lei, una giornalista del Chicago Tribune (Renée Zellweger). La bionda fatale, non sembra credere all'avventura eroica di Carter nelle trincee delle Argonne. Indagando finirà per innamorare l'esordiente e il veterano. Soltanto uno conquisterà il territorio, avanzando sulle linee delle yards e nel cuore della bionda Lexie Littleton.
E’ ormai un modello autoriale quello di Clooney, che si pone nuovamente il problema della verità. In Good Night, end Good Luck (in bianco e nero, ambientato negli anni ‘50), c'era la vicenda di un pilota della Marina, che avviava una lotta ideologica e dialettica tra un giornalista della Cbs e il senatore repubblicano Joseph McCarthy. In questo nuovo lavoro (commedia sofisticata a colori ambientata nel 1925), è ancora un soldato a muovere le indagini di una cronista sportiva contro la limitazione della libertà di espressione. Il regista e attore (indipendente), riesce ancora una volta, in modo diverso a raccontare una storia importante che esalta i valori della democrazia americana, senza ignorare il pericolo di una sua involuzione e di un suo ripiegamento, il tutto esplicando una riconoscibilità dentro un sistema complesso come quello hollywoodiano.
In conferenza stampa gli si fa notare che nel film sono evidenti i richiami alla grande commedia americana del passato, quella di Howard Hawk soprattutto, e lui Clooney e la Zellweger si divertono a gigioneggiare e bisticciare come facevano Cary Grant e Katharine Hepburn. "Mi hanno paragonato a Clark Gable e a Cary Grant - scherza Clooney - mi lusinga, ma forse loro avrebbero qualcosa da obiettare, e sento di dovermi scusare con le loro famiglie per questo paragone".
A chi gli chiede se è difficile lavorare come regista e attore allo stesso tempo risponde, in maniera galante, che "la cosa più importante è lavorare con attori di talento, così non ci si deve preoccupare della loro performance e ci si può concentrare sulla propria". Clooney, afferma che nei suoi film cerca sempre di rubacchiare qualcosa dal grande cinema italiano del passato. Non vuole l'etichetta del regista impegnato, ma semplicemnete "voglio essere un regista" . La sua scelta di ambientare nel passato le sue pellicole nasce dal fatto che, come lui dice "raccontare le storie datate è più semplice. Gli elementi fondamentali, il buono e il cattivo, sono chiari. Oggi è tutto così confuso". Anche questa volta affronta il tema a lui caro della libertà di espressione e si scaglia contro i falsi miti americani ed il sistema dei mass media basato sulla menzogna.
E confessa che la scelta di risiedere per lungi periodi dell'anno in Italia è la cosa migliore che abbia fatto nella sua vita. Sta anche cercando di parlare la nostra lingua, prendendo tre ore di lezione a settimana, ma per ora i risultati sono scarsi: le uniche parole che ripete di tanto in tanto sono "grazie, scusi, ciao".
In questo fine settimana in Italia si vota, cosa ne pensa dato che passa molto del suo tempo nel nostro paese? "Le seguirò con grande curiosità anche perché anche nel mio paese di origine, gli Stati Uniti, siamo in periodo pre-elettorale. Io conosco bene, - penso di potermi definire amico -, Walter Veltroni e lo stimo moltissimo. Ci siamo conosciuti qui a Roma e ci unisce tantissimo anche il nostro impegno per l'Africa. Trovo Veltroni una persona di grande vivacità intellettuale. E' uno che si interessa dei giovani, dell'ambiente e che sa parlare alla gente. Tutte caratteristiche che ha anche Barack Obama che io sostengo fervidamente. Conosco Obama da tanto tempo, da prima che entrasse al Senato. Sono un suo ottimo amico ma conosco bene anche Hillary Clinton e John McCain. Ho anche lavorato con loro. Li stimo entrambi molto. Però ci sono persone, e una di questa è Obama, che hanno nel loro dna la leadership e la capacità dell'arte oratoria. Obama è uno che riesce a fare convergere tante persone in un centro comune. La scelta comunque definitiva di sostenere lui e non la Signora Clinton è una questione personale, di gusto. Obama è un grandissimo oratore, come lo era Franklin D. Roosevelt o John Fitzgerald Kennedy. E' uno che parla e convince, e mi ha profondamente convinto".
Anche Renée Zellweger che ha parlato pochissimo travolta dal mattatore Clooney, sostiene che gli Stati Uniti devono dare un profondo segnale di cambiamento, in particolare rispetto alla politica internazionale, e quindi è importante che vincano i Democratici.
Per quanto riguarda l'esperienza sul set con George, l'attrice afferma: "Posso dirvi che mi ha sbalordito la sua professionalità e il suo non risparmiarsi mai. Inoltre era impressionante quanto si divertisse a dirigere e ad interpretare il suo personaggio. E questo buon umore si è riversato a cascata su tutti. E' stata un'esperienza molto piacevole. George è un regista, un uomo, gentile e che sa quello che fa".
In amore niente regole
(Leatherheads)
Un film di George Clooney
Con George Clooney, Renée Zellweger, Ezra Buzzington, John Krasinski, Stephen Root, Wayne Duvall, Keith Loneker, Malcolm Goodwin, Matt Bushell, Tim Griffin, Robert Baker.
Genere Commedia, colore - Produzione USA 2008
Distribuzione Universal Pictures
uscita nelle sale italiane: venerdì 11 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
11 Aprile 2008
Delizioso e poetico: “Il treno per il Darjeeling”
Un film che, come ormai raramente succede, contiene poesia. Un viaggio tragicomico. Siamo in India. Un uomo dall’aspetto malinconico, di mezza età, scende frettolosamente da un taxi e insegue un treno in partenza. Durante la corsa si accosta a lui un individuo, più giovane, che gli lancia un'occhiata fugace e lo supera riuscendo a salire al volo sul treno. E’ proprio con questa corsa che inizia il viaggio del "Darjeeling Limited", un treno alquanto sgangherato, sul quale viaggiano i fratelli Whitman. Peter (Adrien Brody), riesce così a salire sul treno, e raggiunge i due fratelli, ma non prima di aver lanciato uno sguardo di rammarico verso l'uomo rimasto a terra. Peter, fuggito di casa un mese prima della nascita di suo figlio, prende posto nel colorato scompartimento, insieme ai due fratelli: Francis (Owen Wilson), il maggiore, è la mente che ha ideato il viaggio dopo un brutto ma illuminante incidente stradale di cui porta ancora i segni sul corpo (in particolare sul viso, perennemente avvolto da bende), mentre Jack (Jason Schwartzman), il minore, è un buffo aspirante scrittore col cuore a pezzi, di ritorno da un prolungato, ozioso soggiorno parigino in un hotel di lusso.
Wes Anderson, torna così alla regia con Il treno per il Darjeeling. I tre fratelli protagonisti del film, ricordano molto i tre capricciosi fratelli Tenenbaum. Wes Anderson, fa di questo film l’ennesimo confronto familiare, e per farlo usa un viaggio in un'India colorata, autentica, drammatica e pittoresca, utilizzando una storia deliziosa. In quasto viaggio i tre immaturi fratelli, si ritrovano a distanza di tempo a confrontarsi tra di loro e con se stessi, oltre che a fare i conti con la figura del padre morto da un anno. E se alla prorompente figura paterna, Wes Anderson ci aveva gia abituati, in questa occasione acquista un notevole valore anche la figura materna, (la sempre raffinata Anjelica Huston, "mater familias" andersoniana fin dai tempi de I Tenenbaum). Ma se in passato Anderson ci aveva dato figure di donne forti, guide di uomini immaturi, in questo caso la mamma in questione è immatura e codarda.
E’ sicuramente meno comico, ma decisamente più maturo questo nuovo lavoro di Wes Anderson. Film ancora una volta eccentrico e con una forte personalità, anche grazie al fatto che questa volta il regista, nella sceneggiatura ha coinvolto Jason Schwartzman e il cugino Roman Coppola. Per la prima volta anche la sessualità si fa spazio in nel ritratto dei personaggi. Il lavoro è completato dall'eccentricità dei personaggi ai colori accesi delle scenografie, fino alla colonna sonora anni '70 (i Rolling Stones, i Kinks). Il giovane regista texano d'adozione newyorkese, parte sempre da storie cupe, “pericolose” e riesce come sempre a rasserenarle, con un suo personalissimo stile che stà facendo di lui un vero e proprio marchio di fabbrica. La proiezione è preceduta dal corto Hotel Chevalier, dove uno dei fratelli (Schwartzman) incontra la moglie dalla quale è fuggito (Natalie Portman) in un albergo di Parigi. È un prologo, o meglio la «parte 1 » del film, anch'esso delizioso, come tutto il film.
Il treno per il Darjeeling
(The Darjeeling Limited)
Un film di Wes Anderson.
Con Owen Wilson, Adrien Brody, Jason Schwartzman, Anjelica Huston, Amara Karan, Camilla Rutherford, Irrfan Khan.
Genere Commedia drammatica, colore 91 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione 20th Century Fox
uscita nelle sale: venerdì 2 maggio 2008
Maria Antonietta Amenduni
11 Aprile 2008
Alla ricerca dell'isola di Nim. Jodie Foster, a Roma, per presentare il film
«Dopo aver letto la sceneggiatura, sono andata personalmente a bussare a molte porte ma nessuno mi vedeva credibile in un ruolo di commedia». E quanto affermato da Jodie Foster, a Roma, per la presentazione del suo nuovo film, “Alla ricerca dell’Isola di Nim” diretto dai coniugi Jennifer Flackett e Mark Levin e tratto dal romanzo di Wendy Orr.
Jodie Foster è Alexandra, una scrittrice di romanzi di avventura, adorata da milioni di bambini nel mondo per il coraggio dei personaggi che ha creato e per le pericolose avventure che racconta nelle pagine dei sui libri. In realtà Alexandra è una donna molto insicura che non esce mai di casa e che ha paura del mondo esterno con il quale è collegata solo attraverso il suo fidato computer. Un giorno una sua piccola fan (l’adorabile Abigail Breslin di Little Miss Sunshine) le scrive una e-mail per chiedere il suo aiuto in qualità di “esperta delle avventure pericolose” per ritrovare il suo papà (il Gerard Butler di “300”) scomparso in circostanze misteriose su un’isola sperduta. Alexandra benché terrorizzata non può non rispondere a questo appello accorato e trova dentro di sé il coraggio di uscire di casa scoprendo così che là fuori c’è un mondo meraviglioso addirittura più bello di quello fantasioso dei suoi libri. E mentre Alexandra riesce, seppur timidamente, ad avventurarsi nel mondo esterno, Nim vivrà la più grande avventura della sua giovane vita. Per riuscire a conquistare l’Isola di Nim, entrambe troveranno il coraggio necessario ispirandosi al loro amato eroe, il prode personaggio letterario Alex Rover. Protagonista del film è l’undicenne nominata agli Academy Award Abigail Breslin (Little Miss Sunshine). Jodie Foster, che per la prima volta interpreta un fantasy, vincitrice dell’Academy Award, interpreta un ruolo insolitamente comico per lei, quello di Alexandra Rover. Mentre l’affascinante Gerard Butler (300, P.S. I Love You) recita nel doppio ruolo del padre di Nim e in quello del valoroso eroe letterario Alex Rover.
«Per la prima volta posso far vedere un film ai miei figli e ho potuto portarli anche sul set»: Jodie Foster, a Roma per presentare Alla ricerca dell'isola di Nim, il suo ultimo lavoro, un fantasy per ragazzi, spiega che, dopo aver interpretato molte parti drammatiche, desiderava cimentarsi in un ruolo diverso.
La pellicola è prodotta con il sostegno del WWF. «Questo film - dice la Foster - spiega in modo elegante cosa fare per salvare il pianeta. Alla ricerca dell'isola di Nim - prosegue - dà un messaggio fantastico ai ragazzi, perché li fa paladini di questo pianeta e allo stesso tempo fornisce un'immagine diversa delle donne che si mostrano capaci di fare molte cose senza il solito aiuto maschile».
L'attrice, premio Oscar nel 1991, non si esprime sul suo voto alle prossime elezioni presidenziali, « non è il mio stile parlare di queste cose», taglia corto sul documentario Jodie Foster, un'icona gay che sarà presentato al Festival gay di Torino e precisa: «Non so nulla in merito». Sul problema dell'inquinamento ambientale spiega la Foster:"ormai tutti quelli che conosco hanno modificato il loro stile di vita. Anche i piccoli passi contano molto. Questo film poi - aggiunge - spiega in modo elegante cosa fare per salvare il pianeta". Nel futuro dell'attrice che ha comunque deciso di risparmiare le sue forze per dedicare più tempo alla famiglia un progetto più volte annunciato:"sto lavorando in qualità di regista e sceneggiatrice a un progetto". E a chi gli chiede se é un film su Leni Riefenstahl (regista tedesca preferita di Hitler) che dovrebbe anche interpretare, la Foster non smentisce e aggiunge solo:"auguriamo che decolli". Per l'attrice, nel pomeriggio un incontro con gli studenti dell'Auditorium per la sezione Alice nella città della Festa del cinema di Roma.
Alla ricerca dell'isola di Nim
(Nim's Island)
Un film di Jennifer Flackett, Mark Levin.
Con Abigail Breslin, Jodie Foster, Gerard Butler.
Genere Avventura, colore 95 minuti.
Produzione USA 2008
Distribuzione Moviemax
uscita nelle sale: venerdì 11 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
7 Aprile 2008
“Riprendimi”: la regista Anna Negri, torna al cinema dopo quasi 10 anni.
La precarietà del lavoro che devasta la vita e i sentimenti. E’
“Riprendimi”, il nuovo film di Anna Negri, unico rappresentare l’Italia
all’ edizione 2008 del “Sundance Film Festival”. E’ L'opera seconda di Anna
Negri, a basso costo, con Alba Rohrwacher, Marco Foschi, Valentina Lodovini,
Stefano Fresi, Alessandro Averone, Marina Rocco Cristina Odasso, Francesca
Cutolo. Tra gli argomenti trattati c’è n’è uno di quelli che ormai vanno
tristemente di moda: il precariato. Era il 1999 quando Anna Negri, propose
l’interessante “In principio erano le mutande” e, passando per un po’ di
televisione, non si può dire che non si sia presa il tempo necessario per
il secondo lavoro cinematografico.
“Riprendimi” racconta le tragicomiche vicende di una separazione. Una piccola
troupe, composta da un cameraman e un fonico, sta girando un documentario
su una giovane coppia, Giovanni e Lucia, lui attore, lei montatrice. L’intento
è quello di mostrare l’aspetto meno conosciuto della vita dei lavoratori
dello spettacolo, quello dell’insicurezza economica e del precariato. La
precarietà però non è solo economica, ma anche affettiva, tant’è che Giovanni,
in un momento di crisi dal sapore adolescenziale, lascia la moglie e il
figlio piccolo e se ne va di casa, alcuni giorni dopo l’inizio delle riprese.
I due documentaristi sono presi alla sprovvista: da veri registi indipendenti,
per poter fare questo documentario hanno subaffittato casa e dormono in
auto, ma ora che la coppia su cui era basata la loro storia non esiste più
non sanno bene cosa fare. Decidono di andare lo stesso avanti con il film
e di usare la separazione, per raccontare quanto l’instabilità lavorativa
influenzi anche la sfera affettiva della vita. Per continuare il loro lavoro,
il cameraman, Eros, e il fonico, Giorgio, sono costretti a dividersi, proprio
come Giovanni e Lucia: il primo seguirà e filmerà la vita di lei e l’altro
quella di lui. Man mano che la storia procede, Eros e Giorgio devono, però,
rinunciare alle pretese “sociologiche” del loro racconto, perché sempre
più coinvolti nelle vicende sentimentali della giovane coppia. C’è una divertente
tensione tra il loro intento documentaristico, un pò asettico, e la loro
crescente partecipazione alle appassionate vicende di Giovanni e Lucia.
La narrazione, modulata da interviste dove i personaggi risponderanno in
maniera a volte pertinente all’inchiesta e a volte meno, rivela che non
solo i personaggi principali, ma anche quelli che li circondano sono precari
e sembrano essere attraversati da una sorta di comune irrequietezza sentimentale,
che li fa muovere freneticamente nel tentativo di combattere l’ansia del
tempo che passa.
E’ chiaro che il lavoro è una delle tante attività dell’individuo, ma è
naturalmente lo strumento per garantire l’autonomia
economica, per progettare la propria vita a livello
individuale e famigliare, e per esplicare la propria creatività. E’ proprio
per questo che quando il lavoro viene a mancare o è incerto, “precario”,
sottopagato, o peggio ancora non pagato perché camuffato dalla truffa legalizzata
dello stage, o ancora quando è umiliante, degradante rispetto alla preparazione,
competenza e professionalità dell’individuo, la vita e la dignità ne risultano
gravemente compromesse. Ci si sente sempre più sconfortati, ed incapaci
di reagire e farsi largo in un sistema sociale (ridicolo!), che tende sempre
più a truffare i giovani e non solo. E da qui è facile cadere nella precarietà
dei sentimenti e dei rapporti. E’ facile sentirsi destabilizzati e perdere
il controllo anche e soprattutto della propria vita affettiva. Come dice
Eros (Alessandro Averone): “Quando uno è precario nel lavoro è precario
nell’anima; il matrimonio è una cosa da posto fisso”; il fatto è che a volte
serve coraggio! Tutto questo viene fuori in questo film “Riprendimi”, che
è una sorta di grande fratello. Firma Anna Negri, all'opera seconda, dopo
troppo tempo e un po' di tv. Francesca Neri e Claudio Amendola (Bess Movie)
producono questo secondo film dal design e dal sound dell'oltre spazio dopo
Melissa P. di Luca Guadagnino, aiutandoli a debordare, rumorosamente, dagli
standard medi, alti e bassi della tragicommedia all'italiana. Non c’è che
dire però sui protagonisti, uno più bravo dell’altro. Tutti capacissimi
di sostenere lunghi piani sequenza, bravissimi nei dialoghi, intensi e veri.
Una menzione speciale va ad Alessandro Averone, inteso e bravo, attore che
gli amanti del teatro sicuramente conoscono, ma al quale auguriamo che anche
il cinema porti fortuna, perché lo merita.
Riprendimi
Un film di Anna Negri.
Con Alba Rohrwacher, Marco Foschi, Valentina Lodovini, Stefano Fresi, Alessandro
Averone, Marina Rocco Cristina Odasso, Francesca Cutolo.
Genere Drammatico, colore 96 minuti.
Produzione Italia 2008
Distribuzione Medusa
Nelle sale da venerdì 11 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
7 Aprile 2008
Shoot' em up: poco adrenalinico, ma molto divertente.
Poco adrenalinico, ma molto divertente. Potrebbe sembrare contraddittorio, ma è proprio questo quello che succede in Shoot' em up…e non un fatto sempre positivo! Uscirà venerdì 11 aprile, in 200 copie distribuite dalla Eagle, il film d'azione 'Shoot'Em Up - Spara o muori. Con la coppia Clive Owen e Monica Bellucci, la pellicola è scritta e diretta da Michael Davis. Un action-movie-fumetto pieno di ritmo e musica in cui l'attrice italiana interpreta una prostituta a cui viene affidato da Owen, un neonato che tutti vogliono uccidere perché legato a un'affair politico-economico. Nel cast anche Paul Giamatti, nel ruolo di un cattivo psicopatico, e Greg Bryk, Stephen McHattie, Ramona Pringle e Jane McLean.
Smith (Clive Owen), all'apparenza un uomo normale con una curiosa passione per le carote, salva la vita ad un neonato durante la sanguinosa esecuzione della madre da parte di misteriosi killer: il gesto benefico avrà per lui conseguenze imprevedibili, visto che il vero bersaglio degli assassini è proprio il piccolo, al centro di un complotto internazionale, ma Smith, ha per sua fortuna, oltre l’amore per le carote, anche un talento particolare nel maneggiare le armi. Smith, uomo che apparentemente odia qualunque cosa a parte le carote, vuole mettere in salvo il bambino, e per farsi aiutare nell’impresa coinvolge una prostituta, Dq (Monica Bellucci). E’ inevitabile che tra i due sfoci la passione, che si concretizza in una delle scene di sesso, tra le più ridicole, mai viste al cinema!
E se ormai, in fatto di film d’azione, pensavamo di aver già visto di tutto e di più, con Shoot' em up, troviamo nuovi spunti, che nel bene e nel male (dipende dai gusti!), rendono il film estremamente divertente e in molte situazioni anche ridicolo. Sicuramente un modo nuovo ed in certi versi originale di presentare l’action movie, ma certi eccessi (come la scena di sesso tra Owen e Bellucci, l’abuso di carote usate come arma, il dialetto napoletano della Belluci), rovinano il risultato. Chi si aspetta il classico film d’azione, tutta adrenalina, verrà deluso. Sembra quasi un video gioco di nuova generazione, diventato film. Il ritmo dell’azione e sempre alto, mai un momento di calo, mai un cedimento. Il regista Michael Davis, piuttosto anonimo fino ad oggi, reitera la stessa sequenza troppe volte. La violenza ovviamente abbonda anche troppo, ma anche quì la sceneggiatura e la regia la rendeno talmente finta e paradossale che sarebbe assurdo che qualcuno possa prenderla seriamente.
“Lo spirito è quello del filmetto, con una violenza surreale che non fa paura». Monica Bellucci descrive così «Shoot'em up», La Bellucci, a Roma per presentare la pellicola, interpreta la prostituta Dq e visto che non è la prima volta che si cala in questo ruolo ha detto: «la prostituta si può interpretare in mille modi diversi, non ho nulla in contrario contro la prostituzione, anzi è un mondo che crea sempre curiosità”.
L’aspetto centrale del film, è il tema delle armi facili usate in America. Tra i momenti più esilaranti del film, ci sono quelli in cui la Bellucci parla in napoletano; e se questo film difficilmente farà storia, al contrario la faranno le frasi della Bellucci come “Tu si ‘na stella”: «il direttore del doppiaggio mi ha proposto di farmi parlare in dialetto napoletano nei momenti in cui mi arrabbiavo con Owen, mi è sembrata subito un'idea carina - ha ammesso la protagonista - Nel suo genere il film è fatto benissimo, nonostante sia d'azione è stata data la possibilità agli attori di creare dei veri e propri personaggi». Monica ha confessato che la scena più difficile da girare è stata quella «d'amore con Owen, visto che tra le lenzuola abbiamo dovuto far fronte ad una violenta sparatoria, quindi una scena di amore e violenza allo stesso tempo».
Nel suo fare esilarante, il film presenta un cast giusto. Clive Owen, con il suo fare cinico e imbronciato, ma incline alla battuta facile, sembra fatto a posta per il ruolo. Paul Giamatti, interpreta piacevolmente un cattivo che sembra uscito da un fumetto, e anche Monica Bellucci, è insolitamente giusta per il ruolo. Un film che è anche e soprattutto un gioco, anzi un video gioco/fumetto.
Tra pallottole e sangue, Monica Bellucci riesce a trovare al film un “senso spirituale”: «i due protagonisti sono esseri persi nella società, ma, quando nella loro vita entra a far parte il bambino, ritrovano l'amore». La Bellucci, che confessa di non avere il tempo di fare quasi nulla (non fa mai ginnastica, e' negata per la tecnologia e non va mai su internet, non guarda mai film a parte quelli della Disney di cui e' ghiotta la figlia, legge molti fumetti e adora "Diabolik"), sara' presto nei nostri cinema con altri due film italiani: "Sangue pazzo" di Marco Tullio Giordana e "L'uomo che ama" di Maria Sole Tognazzi.
Shoot'Em Up - Spara o muori!
(Shoot'Em Up)
Un film di Michael Davis.
Con Clive Owen, Paul Giamatti, Monica Bellucci, Stephen McHattie, Greg Bryk, Daniel Pilo.
Genere Azione, colore 86 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione Eagle Pictures
Uscita nelle sale italiane: venerdì 11 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
7 Aprile 2008
“Racconti da Stoccolma”, film di Anders Nilsson, con Oldoz Javidi, Lia Boysen e Bibi Andersson
Esce il 30 aprile, distribuito da Teodora Film, Racconti da Stoccolma, di Anders Nilsson con Oldoz Javidi, Lia Boysen e Bibi Andersson. Tre vicende parallele, tre storie legate da un dramma comune: in una Stoccolma tollerante solo in apparenza, la violenza si nasconde dietro il volto stesso delle persone amate. Costretti a vivere nella paura, una giornalista di successo, una adolescente immigrata di origine turca e il proprietario di un locale notturno scelgono di ribellarsi e rompere il silenzio, conquistando la speranza di un nuovo futuro. Ispirato a eventi realmente accaduti, Racconti da Stoccolma ha vinto il Premio Amnesty International al 57° Festival di Berlino.
La giovane Leyla è cresciuta con la sorella Nina in una famiglia immigrata mediorientale dal rigido codice morale e religioso: appena si scopre che Nina ha un ragazzo, i genitori e gli zii decidono che il suo destino è segnato e la punizione che le spetta non lascia vie di scampo. La sola Leyla proverà ad opporsi con tutte le sue forze al volere del clan famigliare, mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
Carina è sposata, ha due figli e una carriera da giornalista televisiva che le ha appena fatto vincere un premio prestigioso. Quello che la gente non sa è che dietro l’apparenza di una tranquilla vita famigliare si nasconde un dramma terribile: Carina viene picchiata e umiliata regolarmente dal marito, collega sul lavoro e geloso del suo successo. Quando, infine, la verità verrà a galla, Carina dovrà scontrarsi anche con l’indifferenza e l’ostilità di molte persone che la circondano.
Aram gestisce un locale notturno alla moda. Una sera, uno dei suoi addetti alla sicurezza, Peter, viene aggredito da una gang di malviventi e ricoverato in ospedale: deciso inizialmente a testimoniare l’accaduto in tribunale, Aram subisce una serie di pesanti minacce che lo convincono a desistere. Intanto, però, scopre che il reale motivo dell’aggressione lo coinvolge personalmente, perché tra lui e Peter sta nascendo un sentimento inaspettato.
Un film che gioca abilmente con le paure più grandi dell’uomo. Ecco cosa scrive a proposito il regista Anders Nilsson: «Quando io e il mio produttore e co-sceneggiatore Joakim Hansson ci siamo seduti a parlare del nostro prossimo film, abbiamo capito da subito di essere in completa sintonia. Entrambi, infatti, abbiamo ragionato sul fatto che le cose che fanno più paura non sono le guerre o le malattie, tanto meno l’avere a che fare con dei serial killer o dei mostri. Quello che più spaventa la gente è una minaccia che proviene dalla propria famiglia, dai propri genitori, dalle persone amate; da coloro, insomma, da cui ti aspetteresti al contrario un sostegno fondamentale».
Un film “terribile”, nel senso positivo del termine, per le sensazioni che suscita e per l’ansia che riesce a trasmettere allo spettatore. Inizialmente si entra quasi in punta di piedi in queste storie raccontate, per poi esserne sopraffatti e stravolti. «Io e il co-sceneggiatore – afferma Anders Nilsson - abbiamo provato una rabbia intensa pensando a questo tipo di violenza, e ci siamo sentiti in qualche modo obbligati a girare Racconti da Stoccolma. Il nostro obiettivo era capire perché ciò accade. Per questo motivo, non potevano inventare le vicende da raccontare e l’unico approccio onesto possibile è stato introdurre frammenti di realtà nel copione: le storie di sopraffazione narrate nel film sono infatti realmente accadute, compresa la terribile scena dell’autostrada. E questo tipo di eventi continua ad accadere».
E bello il modo in cui il regista affronta ed intreccia le tre storie parallele, rendendo in modo spaventoso l’ineluttabilità degli eventi. Spesso certe vicende ci sembrano lontane, sembra accadano sempre agli altri e non a noi, e ci si rende conto invece di come la violenza e la cattiveria umana siano intorno a noi, a volte anche dentro di noi. Nato a Kil, in Svezia, nel 1963, Anders Nilsson, è un talento eclettico e precoce, a soli trent’anni ha già accumulato un’enorme esperienza sul set e il suo nome risulta accreditato in decine di film alternativamente come montatore, direttore della fotografia, regista della seconda unità, sceneggiatore o tecnico del suono. Un regista da tenere d’occhio.
REGIA: Anders Nilsson
SCENEGGIATURA: Anders Nilsson, Joakim Hansson
ATTORI: Oldoz Javidi, Bahar Pars, Mina Azarian, Cesar Sarachu, Lia Boysen, Peter Engman, Simon Engman, Bibi Andersson, Reuben Sallmander, Per Graffman, Nisti Stêrk
PAESE: Svezia, Germania 2006
USCITA CINEMA: 30/04/2008
GENERE: Thriller
DURATA: 133 Min
Maria Antonietta Amenduni
7 Aprile 2008
Shine a Light: tutta la maestria di Scorsese al servizio dei Rolling Stones
Un documentario che si dipana tra le righe di un pentagramma, quel pentagramma dove sono le note famose di una band cha ha fatto, e fa ancora oggi, la storia del rock. E’ Shine a Light di Martin Scorsese che mostra al mondo i Rolling Stones come nessuno li aveva mai visti prima d’ora. Un documentario, in cui il regista ha filmato il concerto che si è tenuto al famoso Beacon Theater di New York, nell'autunno del 2006.
Scorse è tornato ancora una volta a girare un documentario-concerto dopo The Last Walz (1978) dedicato al gruppo “The Band” e No direction Home: Bob Dylan (2005). Per lui, filmare la musica, sembra essere diventato un hobby a tempo pieno, infatti, come ha annunciato a Berlino, sta lavorando a un nuovo progetto dedicato a Bob Marley, complice la famiglia dell’artista.
Il film/documentario, Shine a Light, è stato presentato alla Berlinale 2008. Si percepisce un palese affiatamento tra Scorsese e la band. E non è un caso che il regista sia presente in prima persona nel suo Shine a light. Scorsese è infatti seguito dalle videocamere da lui stesso coordinate nel difficile lavoro di progettare tecnicamente le riprese dello show della più grande live band della storia, realizzate a conti fatti da ben diciassette diverse cineprese.
Un documentario, che è un monumento d’autore che si aggiunge alla legenda vivente dei Rolling Stones. Nella serata del concerto, ospiti d’onore in platea sono Bill e Hilary Clinton, insieme a Keith Richards che lancia alla camera la folgorante battuta: "I'm bushed", che vuole dire sono stanco morto, ma il gioco di parole è più che evidente. Jagger arriva in scena con un fracchettino aperto su una camicia rossa e scatena le danze attaccando Jumping Jack Flash. Il film è un'immersione totale e incredibilmente dettagliata del concerto.
Per catturare ed immortalare l'energia della leggendaria band, Scorsese ha riunito una troupe di cineasti altrettanto leggendaria. In definitiva sui libri paga della Paramount Pictures risultano 16 macchine da presa, una ventina di operatori tra cui una lista di direttori della fotografia da paura: Robert Richardson ( The Aviator, JFK ), John Toll ( L'ultimo samurai , Braveheart ), Andrew Lesnie ( Il signore degli anelli , King Kong ), Stuart Dryburgh ( Lezioni di piano , Il velo dipinto ), Robert Elswith ( Magnolia , Il mistero di Sleepy Hollow ) e Ellen Kuras ( Summer of Sam , Se mi lasci ti cancello ). Personaggi così. La differenza la fanno e si vede, perché fare il documentario di un concerto è una cosa, fare una piccola opera d’arte come questa, è tutt’altra storia.
Il lavoro di Scorsese, analizza e snocciola passo dopo passo ogni più piccola emozione di un concerto storico. Alla maestria del Maestro, non sfugge nulla; ogni più piccolo dettaglio diventa fondamentale, dalle rughe dei componenti, alle loro dita, agli occhi, i volti sudati; E poi i loro strumenti, e le espressioni dei tanti ospiti intervenuti in quella ormai famosa serata: il bluesman Buddy Guy, Christina Aguilera e Jack White (dei “White Stripes”). E poi ci sono una serie di brani tra i meno famosi dalla band, ma dedicati ai loro veri fans. Di tanto in tanto vecchi filmati di repertorio, restituiscono gli Stones giovani, beffardi, Il montaggio, a ritmo di rock è instancabile e moltiplica l'energia sul palco, Il pubblico si percepisce poco. La camera è sul palco è presente, come se fosse il quinto elemento degli Stones e infatti a concerto finito esce in soggettiva, raccoglie flash e applausi, incontra Scorsese all'uscita e vola via in alto, a inquadrare una New York di notte con una enorme luna che piano piano diventa la linguaccia degli Stones.
Shine a Light
Un film di Martin Scorsese
Genere Documentario, colore
Produzione USA 2007
Distribuzione Bim
Uscita in Italia: venerdì 11 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
30 Marzo 2008
Amore, bugie e calcetto: anche nello spogliatoio sono le donne a decidere.
L’ora d’aria settimanale. In un certo senso è così che i sette uomini protagonisti del film “Amore bugie e calcetto”, vivono la loro ora di battaglia primordiale, la partitella settimanale a calcetto come modo per fuggire dalle pressanti mansioni quotidiane. La partita di calcetto che diventa il pretesto. Una storia curiosa che apre una finestra su un mondo che a noi donne e sempre sembrato un mistero, quello della ”partitella settimanale”. Chi sa quante volte, ci siamo chieste cosa c’è di tanto entusiasmante in questo appuntamento fisso, e soprattutto cosa si dicono tra di loro, quando sono nel branco, i “prodi” calciatori nello spogliatoio. E per la serie, “la forza delle donne sta nel far credere agli uomini che sono loro a decidere”, anche in questo film, il risultato è che, anche nello spogliatoio del calcetto, pur se non presenti, sono sempre le donne a dettare le regole!
Amore, bugie e calcetto, è il nuovo film di Luca Lucini (l’uomo perfetto, tre metri sopra il cielo), che vede protagonisti: Claudio Bisio, Filippo Nigro, Claudia Pandolfi, Andrea De Rosa, Chiara Mastalli, Max Mazzotta, Andrea Bosca, Marina Rocco, Pietro Sermonti, Giuseppe Battiston, Angela Finocchiaro. Seguendo il detto “in campo come nella vita”, il destino della squadra segue di pari passo le avventure sentimentali dei protagonisti. Tanto che il Mister, più che di schemi deve occuparsi di cuori. Tre sono le storie principali, quella di Vittorio, quella di Lele e Silvia, e quella di Piero.
La vita di Vittorio (Claudio Bisio) è un pressing asfissiante. “Ragazzo cinquantenne”, sempre diviso tra affari di cuore e lavoro, segna in campo e in camera da letto con la giovanissima amante Viola (Chiara Mastalli), aspirante attrice un tempo oggetto del desiderio di suo figlio. Sarà però l’ex-moglie Diana (Angela Finocchiaro), brillante cardiologa, a rimetterlo in sesto quando un lieve malore lo coglierà e ne svelerà i trucchi…
Lele (Filippo Nigro) è un mediano generoso, che vive correndo: in campo, sul lavoro e a casa. Il suo matrimonio con Silvia (Claudia Pandolfi) dopo 12 anni è alle corde; i figli hanno il sopravvento sulle esigenze di coppia, i problemi si moltiplicano finché Lele capisce che l’equilibrio familiare sta per saltare e tenta una strada innovativa: fare lui il casalingo. Adam (Andrea Bosca) ha 26 anni, gioca in porta e vive in difesa, combattuto tra la paura di assomigliare al padre Vittorio e la certezza di avere ereditato tutta la sua esuberanza. Piero (Andrea De Rosa) è ossessionato dagli schemi e pianifica al dettaglio la sua vita presente e futura e quella della fidanzata Martina (Marina Rocco), la migliore amica di Viola. Presto però si accorgerà che non tutti gli imprevisti possono essere dribblati, soprattutto quando è un’inaspettata paternità a scendere in campo…
Filippo (Pietro Sermonti) è un giovane rampante, cinico e senza pietà, che punta alle caviglie e poi tende la mano dicendo “scusa volevo prendere la palla”. Il Venezia (Max Mazzotta), è un operaio della ditta di Vittorio avaro di parole, ma dotato di notevole sagacia. Infine c’è il Mina (Giuseppe Battiston), giornalista divorziato ed ex giocatore tabagista. Il Mina è il panchinaro con lo slancio del vincente che entra solo a tirare le punizioni: ma sono bombe devastanti, come le sue frasi secche e definitive che ne fanno la guida spirituale del gruppo. Ciascuno di loro ha del talento e dei punti deboli e vive di improvvise illuminazioni e facili errori.
Si scontrano, si rincorrono, si divertono, si consolano e il calcetto è sempre lì. Irrinunciabile, come l’amore.
Dopo “L’uomo perfetto” e “Tre metri sopra il cielo”, film precursore di quello che verrà definito “cinema generazionale” e, ben presto, cult movie per milioni di giovani spettatori, oggi Luca Lucini torna con un film dove di generazioni a confronto ce ne sono almeno tre. Viene spontaneo, riconoscersi ed identificarsi con le varie tipologie di personaggi. Una commedia matura e spontanea; ma chi sa se il regista che insieme a Fabio Bonifacci è anche sceneggiatore, si è ispirato ad un genere particolare di commedia o addirittura a qualche autore o film del passato? Questo è ciò che dichiara Lucini: In realtà più che ad un film o ad un autore in particolare mi sono ispirato ad un modo di guardare la realtà; noi italiani abbiamo sempre avuto l'istinto per la commedia, l'innata voglia di sorridere sulle personali debolezze e sulle difficoltà, di affezionarci ai perdenti e salvarli. Il nostro cinema ne ha fatto una delle principali chiavi di spunto, e benché la realtà di oggi possa sembrare da un punto di vista narrativo meno affascinante e forse meno stimolante, rispetto a quelle del dopoguerra o del grande boom economico, tuttavia è proprio grazie a questo tipo di approccio che ho scoperto nuovi aspetti del mondo che ci circonda. Ora che il film è finito, infatti, mi rendo conto che ne emerge un’analisi davvero interessante: il problema non sembra di natura generazionale, perchè in realtà oggi sono tutti - giovani, anziani, quarantenni – in difficoltà. É come se la capacità di relazionarsi fra individui della nostra specie non fosse più in grado di adattarsi alla velocità dei cambiamenti sociali.
Il film mantiene sempre un tono realistico. La comicità o le situazioni drammatiche di alcune scene, scaturiscono sempre dalle situazioni e mai dalle solite gag forzate. Il film ha una sua originalità intrinseca. Bisio, sempre sorprendente e credibile, dimostra come sempre di avere a disposizione, sfumature e registri interpretativi di varia gamma. Filippo Nigro e Claudia Pandolfi, sono una coppia esilarante. Angela Finocchiaro è giusta nel ruolo. Giuseppe Battiston, accompagna in modo poetico, ironico, irriverente, tutto il film, con le sue “perle” di saggezza. Max Mazzotta è un continuo spunto di comicità. Simpaticissimo Andrea De Rosa, che già si era fatto apprezzare in “Notte prima degli esami 1 e 2”. Piacevoli anche Bosca, la Mastalli, la Rocco e Sermonti.
Amore, bugie e calcetto
Un film di Luca Lucini
Con: Claudio Bisio, Filippo Nigro, Claudia Pandolfi, Andrea De Rosa, Chiara Mastalli, Max Mazzotta, Andrea Bosca, Marina Rocco, Pietro Sermonti, Giuseppe Battiston, Angela Finocchiaro.
Genere Commedia colore 115 minuti
Produzione Italia 2007
Distribuzione Warner Bros Italia
In sala da venerdì 4 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
26 Marzo 2008
“Nessuna qualità agli eroi” di Paolo Franchi; film controverso ma estremamente interessante.
Se “La spettatrice” aveva favorevolmente stupito pubblico e critica, lo stesso non si può dire di “Nessuna qualità agli eroi”, anzi! Il Nuovo film di Paolo Franchi che vede protagonisti: Bruno Todeschini, Elio Germano Iréne Jacob e Maria de Medeiros, sarà nelle sale da venerdì 28 marzo, ed alla sua presentazione alla Biennale di Venezia, aveva creato molto scalpore perché deludente rispetto alle aspettative.
Il quarantenne Bruno Ledeux (Bruno Todeschini)dà di sé l’idea di un uomo non più giovane e non ancora vecchio, ma qualcosa sconvolge la sua vita: la diagnosi è chiara, non lascia alcun margine al dubbio. Bruno non potrà mai avere figli. Inchiodato ad essere solo e sempre figlio, il percorso di Bruno comincia qui, come se scendesse piano dinanzi a lui una nebbia che lo chiude in una gabbia senza uscita. Non dice niente di quella diagnosi ad Anne (Iréne Jacob), la sua amatissima moglie. Non le dice niente neppure del grosso debito che ha contratto con Giorgio Neri, un vero e proprio usuraio che si nasconde dietro il rassicurante ruolo di direttore di banca. Si direbbe proprio che Bruno non abbia nessuna qualità, nessun talento. Un uomo mediocre dall’orgoglio ferito. Anne adesso è tutta la sua vita. Una vita italiana costruita lontano dal suo passato svizzero. Un passato senza affetto e senza ricordi, di una famiglia assoggettata ad un padre, famosissimo artista. Un padre egoista e manipolatore che Bruno ha odiato. E,forse, ha cancellato. Ma tutto sembra sopito nella sua memoria adesso. Come un fiume che scorre tranquillo, ignaro di tutte le correnti sotterranee che lo agitano nel profondo. Però le correnti a volte risalgono in superficie in modo spiazzante, prepotente e determinante. Un giorno l'usuraio scompare. Tutto dovrebbe volgere per il meglio finché il figlio del suo persecutore, Luca (Elio Germano), fa in modo di incontrarlo e inizia a pedinarlo…
Paolo Franchi torna in questo film ad affrontare il tema della depressione, ma questa volta lo fa al maschile, ma commette qualche piccolo errore classico nell’opera seconda! Il soggetto è estremamente interessante, e la regia fa il possibile per rendere anima e corpo al film. Personalmente non condivido le pesanti critiche che avevano “distrutto” questo film, durante la presentazione alla Biennale. E’ vero, non è un film leggerissimo da seguire, a volto noioso, con cesure di montaggio improvvise, e con eccessi di sonorizzazione brutalmente troncati che finiscono col divenire ripetitivi e fastidiosi, ma lo spessore intrinseco del lavoro di regia, sceneggiatura ed interpretazione rende giusto onore a questo lavoro.
Un thriller/dramma psicologico, che analizza quanto dolore ci sia nell’ammettere ed affrontare il proprio malessere. I due protagonisti maschili si trovano a fare i conti con i loro difficili rapporti con i rispettivi padri. Entrambi vivono la situazione in modo diverso; Bruno fugge e si vede crollare il mondo addosso, quando scoprendo la propria sterilità, capirà che non potendo diventare padre, rimarrà per sempre “figlio”. Luca, nel percorso della sua lucida follia, pensa che uccidere il Padre, possa liberarlo dalle proprie angosce nei suoi confronti. L’incontro scontro tra questi due personaggi si rivela estremamente profondo ed interessante. Bruno Todeschini, dall’espressività intensa ma dalla recitazione monocorde, risulta giusto per il personaggio. Superlativo è Elio Germano, ormai un marchio di fabbrica, che regala anche in questo caso una bella prova d’attore, interpretando un personaggio estremamente complesso, come raramente si vede al cinema, in Italia. Molto brave anche Iréne Jacob, Maria de Medeiros e Mimosa Campironi (al suo debutto al cinema); le tre attrici. pur facendo da raccordo alla storia, mostrano comunque la profondità dei loro personaggi.
Franchi si conferma comunque un regista molto interessante; non resta che attendere l’opera numero tre.
Nessuna qualità agli eroi
Un film di Paolo Franchi
Con Bruno Todeschini, Elio Germano, Iréne Jacob, Maria DeMedeiros, Paolo Graziosi, Mimosa Campironi, Alexandra Steward, Rinaldo Rocco.
Genere Drammatico, colore 102 minuti
Produzione Italia, Svizzera 2007
Distribuzione Bim
In sala da venerdì 28 marzo 2008
Maria Antonietta Amenduni
25 Marzo 2008
“Tutta la vita davanti”: il nuovo atteso film di Virzì, ambientato in un call center
L’arte di Paolo Virzì, la sua capacità di saper trasformare un tema di attualità in una straordinaria vicenda di grande ironia ma con la duttile capacità di far insinuare quel tarlo nella mente che ti lascia riflettere su aspetti che molto spesso “sfuggono”. Una commedia grottesca, a tratti surreale, che racconta il difficile inserimento dei giovani nel mondo del lavoro: le loro ansie, le piccole aspirazioni, i problemi quotidiani, la speranza di un futuro migliore, risultato, un film assolutamente geniale! Il tutto si svolge in un call center, uno dei tanti, tantissimi che danno l’illusione che in itali il tasso di occupazione sia cresciuto, come qualcuno vuole far credere, cercando di prenderci tutti per i fondelli, quando invece così non è. La “follia” che regna in questi effimeri luoghi di lavoro e la “follia” dei personaggi che li popolano. Giovani laureati, con master dottorati e quant’altro, costretti a farsi prendere in giro ed istruiti per prendere in giro i loro interlocutori. Con la dura realtà della precarietà del lavoro giovanile, Paolo Virzì torna nelle sale con “Tutta la vita davanti”, con Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Teresa Saponangelo, Valentina Carnelutti.
La ventiquattrenne Marta (Isabella Ragonese) si è laureata brillantemente in filosofia, con tanto di lode, ma fatica a trovare lavoro. Si trova costretta ad accettare un posto come telefonista presso il call-center della Multiple, l'azienda diretta da Claudio (Massimo Ghini) che vende robottini da cucina a domicilio. Marta scopre presto che per essere buoni venditori bisogna curare il sorriso e agire d'astuzia. La responsabile delle telefoniste, Daniela (Sabrina Ferilli) si accorge subito delle potenzialità della ragazza e la incita a migliorare. Gli slogan dell'azienda (Coccolare il cliente, Coraggio e autostima, L'orgoglio di essere persone speciali, Accogliamo con un sorriso le opportunità che ci offre questa nuova fantastica giornata) sembrano dimenticare che quei posti di lavoro non offrono speranza per il futuro. Ad ogni livello, dal supercapo Claudio (Massimo Ghini), ai venditori (fra cui Elio Germano), alla telefoniste, le parole d'ordine sono: ottimismo, produttività, entusiasmo, successo. Ed è difficile per il sindacalista Valerio Mastandrea riuscire a parlare di diritti, di tutela sindacale e sfondare quel muro di finto entusiasmo dietro il quale, in realtà, si nascondono grandi tragedie individuali.
Ad interessarsi alla situazione è Giorgio (Valerio Mastandrea), un sindacalista della Nidil-Cgil che spera di ottenere qualche informazione sul modus operandi della Multiple. Scritto da Francesco Bruni e Paolo Virzì, Tutta la vita davanti è una commedia all'italiana che posa lo sguardo ora sulle vite private dei dipendenti, ora sulla precarietà occupazionale dell'Italia di oggi.
Virzì racconta così il suo film: “Ci siamo ispirati a quello che accade davvero nei call-center, dove una delle prime regole è controllare il sorriso durante la conversazione. Il sorriso è obbligatorio, ed è paradigmatico in questo genere di lavoro. Ho voluto fare una commedia all'italiana che parli dell'Italia di oggi e di quel confine tra il destino incerto di tanti ragazzi e l'energia disperata del precariato. L'idea nasce dall'osservazione di questi ragazzi, giovani laureati che si affacciano sul mondo del lavoro andando incontro a numerose difficoltà. Così è lo sguardo di questa ventiquattrenne colta, che osserva quel mondo con la curiosità di una persona intelligente, che ci introduce agli altri personaggi (tra i quali anche Elio Germano, nei panni di un venditore "esaltato" della Multiple, Ndr). Il suo non è uno sguardo di disprezzo, ma di compassione. Marta si lascia contagiare dall'allegria di questi ragazzi che sognano di essere speciali”.
La grande stagione operaia è finita - spiega il regista toscano -. Oggi l'Italia è il Paese del terziario avanzato, del lavoro flessibile, dei co.co.pro. Certo non tutte le aziende sono come la Multiplex, ma la legge 30 viene spesso abusata. Ci sono nuove forme di sfruttamento, di ingiustizia, e c'è spesso il disagio della solitudine, dell'isolamento. Io volevo fare un viaggio nell'inferno nella sotto-occupazione e raccontare lo spirito dei tempi, rileggendone però il linguaggio e l'estetica in maniera divertente, con spirito beffardo".
"Tutta la vita davanti" è infatti soprattutto una commedia, con accenti anche surreali, esilaranti, eccessivi. Una commedia corale con ottimi interpreti, la cui protagonista osserva ma non giudica. Il regista ci tiene a sottolineare che il suo film non è un manifesto pre-elettorale: "Spero che accenda la voglia di riflettere sulla nostra società, ma io non voglio fare nessun 'endorsement'. Racconto le storie di chi attraversa l'odissea del precariato o è costretto ad andare all'estero per trovare lavoro, ma lo faccio con lo spirito del commediante e credo che nel film, come in ogni storia individuale, ci sia spazio per la speranza, soprattutto se nasce dalla solidarietà tra le persone".
Sabrina Ferilli racconta il suo personaggio: Danila è a capo del gruppo di centraliniste, le incita e le incoraggia a migliorare, è l'elemento di sprono del gruppo. È la persona alla quale tutte loro fanno riferimento, alcune addirittura si vestono come lei, quasi fossero plagiate. Le ragazze - anche se diverse per estrazione - sono tutte molto unite dalla necessità vitale di mantenersi. Daniela, che è la maggiore, è molto determinata, è lucida e perfetta, all'apparenza”
Nei panni del sindacalista di turno, troviamo Valerio Mastandrea: “Il mio è un personaggio esterno all'azienda, è un sindacalista d'assalto un po' sfigato ma onesto. Non riesce mai a entrare in contatto con la realtà della Multiple finché non conosce Marta. Credo che questo sia un film necessario per due motivi: per quello che racconta e, soprattutto, perché lo racconta Paolo Virzì, unico attualmente in grado di mandare segnali forti sul mondo in cui viviamo dove la società offre lavori che blindano le emozioni”.
Travolgente e superbo Elio Germano, brava e credibile la debuttante Isabella Ragonese, Perfetta nel ruolo Sabrina Ferilli, che incarna molto bene le responsabili stile “shampista”, che è facilissimo incontrare in un call center. Perfettamente in parte anche Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti. Un film, vivo e vero, emozionante, che fa sorridere ed arrabbiare; un film come solo Paolo Virzì sa fare!
Tutta la vita davanti
Un film di Paolo Virzì. Con Con Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Elio Germano, massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Teresa Saponangelo, Valentina Carnelutti.
Genere Commedia, colore 89 minuti.
Produzione Italia 2008.
Distribuzione Medusa
In sala dal 28 marzo 2008
Maria Antonietta Amenduni
19 Marzo 2008
L’amore secondo Dan: il piacere di lasciarsi stupire dalla vita!
Una esilarante famiglia numerosa, per un inatteso intreccio amoroso
Conflitti d’amore e complicati legami familiari sono gli ingredienti di questa nuova, fresca commedia firmata da Peter Hedges (sceneggiatore di About a Boy), dal titolo L’amore secondo Dan. Il grande talento comico di Steve Carrell (Little Miss Sunshine) veste stavolta i panni di un uomo comune, la cui vita ordinata e rassicurante viene scossa dall’incontro fortuito con una donna ‘impossibile’ durante un lungo weekend in cui tutta la sua famiglia si riunisce nella casa al mare. Al fianco del fratello Mitch (la star comica Dane Cook) e di Mary (il premio Oscar Juliette Binoche), Dan Carell vivrà due giorni di tremendo disagio e confusione, ma anche di straordinarie e sorprendenti nuove emozioni.
Dan Burns (Carell) è un giornalista esperto in questioni familiari; rimasto vedovo, si è rifugiato in una rassicurante routine, in cui cerca di scansare come la peste qualsiasi novità o imprevisto, con l’arduo compito di tenere a bada tre figlie giovani e ribelli. Tutto cambia, improvvisamente, nel corso di un weekend, in cui la grande e turbolenta famiglia Burns si riunisce nella grande casa sulla spiaggia dei nonni, a Rhode Island. Lì, Dan incontra Marie (Juliette Binoche), una donna affascinante dalla quale si sente immediatamente attratto, ma che cercherà di evitare non appena si renderà conto che si tratta della nuova compagna di suo fratello Mitch, (Dane Cook) che per l’appunto ha colto l’occasione di presentarla in famiglia. Nel corso del weekend, all’interno di una casa affollata di parenti eccentrici e ficcanaso, Dan e Marie cercano di soffocare e di mascherare la reciproca attrazione, generando una serie di situazioni alquanto comiche. Eppure, per quanto cerchino disperatamente di evitarlo, Dan e Marie non possono fare a meno di innamorarsi perdutamente, e Dan si rende conto che, per quanto si possa cercare di essere saggi, nella vita reale le regole spesso vengono infrante.
Diretto da Peter Hedges, che ha anche curato la sceneggiatura in collaborazione con Pierce Gardner, L’amore secondo Dan è il secondo film di Hedges, dopo “Pieces of April”, un film nominato all’Oscar. Al fianco di Carell, Binoche e Cook, troviamo un cast di talenti che danno vita alla stravagante famiglia Burns, fra cui l’attrice due volte premio Oscar, Diane Wiest (“Hannah e le sue sorelle” e “Pallottole su Broadway” di Woody Allen); il veterano di “Frasier” e vincitore di un Tony Award John Mahoney (“House of Blue Leaves”); il vincitore di un Tony Award, Norbert Leo Butz (“Dirty Rotten Scoundrels”); la vincitrice di un Golden Globe, Emily Blunt (“The Diavolo veste Prada”); l’attrice due volte nominata al Tony Award, Amy Ryan (“Uncle Vanya”, “A Streetcar Named Desire”); la nota attrice di teatro e televisione Jessica Hecht (nota come l’amica dell’ex moglie di Ross in “Friends”); e il vincitore di un Tony Award, Frank Wood (“Side Man”). Le tre figlie di Dan, che diventano le catalizzatrici della decisione del padre di seguire il suo cuore, sono interpretate dalle giovani attrici emergenti Alison Pill (“Pieces of April”), Brittany Robertson (“Keeping Up With the Steins”) e Marlene Lawston (“Flightplan”).
Un weekend in famiglia. Pochi sono gli eventi della vita americana che scatenano una gamma di situazioni ed emozioni tanto variegata, dall’angoscia esistenziale a grandi slanci d’affetto, dalle sofferenze sentimentali a improvvisi scoppi di ilarità. Fra le divertenti manie e complicazioni dei rapporti fra nonni, genitori, figli e parenti acquisiti, è assai improbabile che un uomo vulnerabile possa innamorarsi di una donna assolutamente impossibile. Ma in realtà questo è proprio ciò che accade a Dan Burns in L’amore secondo Dan, mettendo in moto la storia comica di un uomo il cui mondo metodico e programmato sfugge improvvisamente al suo controllo, di fronte alla sua famiglia.
Quello che potrebbe apparentemente sembrare un triangolo amoroso assume invece, in maniera comica ed irriverente, la forma di una figura geometrica multi sfaccettata, dove ogni componente della numerosissima famiglia assume un ruolo ben preciso nella vicenda e ne viene fuori una perfetta pochade con amore e famiglia al centro della vicenda. È un grande gruppo, esilarante quello capeggiato da John Mahoney e Dianne Wiest, incluso le tre ragazze di Dan. Malintesi comici danno modo a sentimenti duri che producono anche i più grandi malintesi comici, di sviscerarsi e palesarsi in tutta la loro irruenza ed evidenza. I caratteri non sono tutti estremamente. Come molto spesso succede nella vita reale, loro usano l’ umorismo come un mezzo per comunicare e per creare una sorta di autodifesa che danno al film quel tocco in più di simpatica originalità.
Juliette Binoche è raggiante e bella più che mai, tanto che, “dall’alto” dei suoi 43 anni, sembra piuttosto una coetanea della più giovane Emily Blunt (Si suppone che ambo le donne siano circa la stessa età come Dan, o Mitch, o qualche cosa.) Dan, come molti dei caratteri giocati da Carell, ha la qualità curiosa di sembrare più complicato di quello che realmente è. Un film piacevole e scorrevole che si avvale di una regia fresca e che invita a ad accogliere con gioia le piacevoli sorprese della vita.
L'amore secondo Dan
(Dan in Real Life)
Un film di Peter Hedges
Con: Steve Carell, Juliette Binoche, Dane Cook, Diane Wiest, John Mahoney, Norbert Leo Butz, Emily Blunt, Amy Ryan, Jessica Hecht, Frank Wood, Alison Pill, Brittany Robertson, Marlene Lawston.
Genere Commedia, colore 98 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione Eagle Pictures
Uscita nelle sale: venerdì 28 marzo 2008
Maria Antonietta Amenduni
18 Marzo 2008
La Zona: la violenza che genera violenza nell’esordio alla regia del regista messicano Rodrigo Plà
Alejandro è un adolescente privilegiato che vive nella “Zona”, quartiere benestante nel centro di Città del Messico, protetto da guardie private e circondato da alte mura. Oltre i confini ed il filo spinato c’è la miseria più nera. Il giorno del suo compleanno, tre ragazzi delle favelas riescono a penetrare nella Zona e ad introdursi in una delle case. La rapina finisce male e un’anziana donna muore. Due dei giovani rapinatori sono uccisi mentre tentano la fuga. Il terzo, Miguel, riesce a fuggire ma non a lasciare la Zona.
I residenti si riuniscono per decidere il da farsi. La maggioranza, capeggiata dal padre di Alejandro, è profondamente sfiduciata nei confronti delle istituzioni, corrotte ed inefficienti, e decide così di lasciare fuori la polizia per farsi giustizia da sola. Non tutti gli abitanti sono d’accordo ma, in un clima di crescente violenza e paura, la caccia all’uomo ha inizio. Miguel, nel frattempo, ha trovato rifugio proprio nella cantina di Alejandro che, scoprendolo, dovrà prendere una difficile decisione...
Il film d’esordio del regista messicano Rodrigo Plà si apre con un piano sequenza aereo su un quartiere tranquillo, sereno, fatto di prati verdi e villini puliti e ben tenuti, “piccole scatole” tutte bianche e tutte uguali, al cui interno famiglie rispettabili vivono esistenze ovattate e al sicuro dal mondo esterno. Ma questa altro non è che apparenza, e dietro questa maschera ci sono telecamere e squadre di polizia privata scrutano ogni movimento insolito e sospetto. Appena al di là delle mura sulle colline circostanti si affollano discariche e favelas, fango e disperazione.
Il regista messicano, in questo interessante lavoro tratteggia una metafora della modernità e di tutti quei luoghi in cui di giorno in giorno cresce il divario fra i pochi privilegiati e le masse di diseredati che si affollano intorno alle loro abitazioni, quasi come i poveri di tempi più lontani e bui che si affollavano intorno alla presenza rassicurante delle fortezze medievali.
Di difetti nel film ce ne sono, ma solitamente con un’opera prima si vuol essere più indulgenti; I meccanismi innescati dal film e l’argomento sono senza dubbio coinvolgenti ma le pecche di regia e i personaggi di poco spessore fanno perdere consistenza al film. Ciò nonostante “La zona” risulta un prodotto interessante e per essere un esordio è comunque buono. Un thriller che studia in maniera non didascalica, ma comunque analitica e sotto molti aspetti sociologica, il lato oscuro e collettivo che può condurre onesti cittadini al male più insensato, fino al finale che lascia lo spettatore spiazzato e sconfortato nei confronti della triste realtà. Una spirale che i personaggi di "La zona" seguono senza porsi rimorsi.
La delinquenza è diretta conseguenza delle disparità economiche tra persone che vivono nello stesso luogo. Chi non possiede, è logicamente tentato a prendere da chi possiede. E il come è direttamente proporzionale al valore che si dà alla propria vita. Di certo si può morire di fame, mentre ogni tanto, rubando (e uccidendo) la si può fare franca. La paura genera paura, alzando sempre più l'intensità della violenza. L’unica speranza forse è in Alejandro e in chi decide di barattare un po’ di sicurezza per una maggiore libertà ed indipendenza da Grandi Fratelli collettivi.
La zona
Un film di Rodrigo Plà
Con Daniel Giménez Cacho, Maribel Verdú, Daniel Tovar, Carlos Bardem, Marina de Tavira, Mario Zaragoza, Andrés Montiel, Blanca Guerra
Genere Drammatico, colore 97 minuti
Produzione Spagna, Messico 2007
Distribuzione Sacher
uscita nelle sale: venerdì 4 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
18 Marzo 2008
Colpo d’occhio: il nuovo film di Sergio Rubini con Riccardo Scamarcio e Vittoria Puccini.
Lo scultore maledetto, il critico mefistofelico e la “cassandra” fatale.
E’ stato presentato alla stampa il nuovo atteso film di Sergio Rubini, “Colpo d’occhio”, che vede interprete oltre lo stesso Rubini, anche Riccardo Scamarcio e Vittoria Puccini. Passato da attore e sceneggiatore a regista, Rubini si è rivelato essere prima uno straordinario interprete, determinante e significativo in ogni pellicola alla quale ha preso parte, fino a diventare poi una vera e propria icona del cinema… e se a scoprirlo fu uno che di nome faceva Federico Fellini, non si può negare che il maestro ci avesse visto giusto con quel ragazzo pugliese! Una carriera iniziata nel 1978 all’Accademia Silvio D’amico, che lo ha visto prima impegnato nel teatro per arrivare poi al cinema, tra film di successo e non, passando anche per esperienze di cinema internazionale, oggi Sergio Rubini è un marchio di fabbrica del nostro cinema.
Bisognava aspettare Sergio Rubini per il primo vero tocco di grazia del cinema italiano per questo 2008. Un giallo dove, cosa ormai rara, la recitazione è fondamentale e le battute sono curate meticolosamente, - “senza essere buttate via”, come afferma lo stesso Rubini. Il tutto è arricchito da una raffinata teatralità che si denota immediatamente, dalla prima scena del film, in cui Rubini chiarisce immediatamente di essere lui il maestro delle danze.
Protagonista di questo suo nuovo film, è Adrian (Riccardo Scamarcio) un giovane scultore di provincia desideroso di affermare il suo talento nel mondo dell’arte. Fin dalla sua prima esposizione nella Capitale, all’interno di una collettiva di esordienti, la sua personalità balza agli occhi di Gloria (Vittoria Puccini), una giovane studiosa d’arte alla ricerca del “suo” artista. Tra i due nasce subito un’intesa e ben presto Gloria diventa per Adrian compagna, fonte ispiratrice delle sue opere nonché agente. Ma un altro critico s’innamora del lavoro di Adrian: Lulli (Sergio Rubini) – si tratta di un intellettuale di fama internazionale. L’uomo conosce molto bene Gloria, essendone stato prima il tutore e poi l’amante fino all’arrivo di Adrian. Questi trascorsi però preoccupano solo la ragazza che guarda con sospetto all’interessamento del famoso critico per il suo compagno. Adrian invece, proprio grazie all’influenza di Lulli, assapora da subito il gusto del successo e decide così di affidarsi al totale controllo del critico, dando vita a un sodalizio che porta all’inevitabile rottura con Gloria. Ma un’ombra minaccia l’ascesa del giovane: in occasione della presentazione della mostra che lo consacrerà definitivamente come artista di prim’ordine, Gloria scopre che l’opera da lui presentata nasconde un segreto…
Secondo le stesse parole del regista, "un giallo nel mondo dell'arte" che vede un critico prestigioso, una bella donna e uno scultore in cerca del successo, protagonisti involontari di un menage a trois con ricadute catastrofiche sulle loro vite. "Il mondo dell'arte è solo uno scenario - spiega il regista e attore pugliese - Mi premeva maggiormente descrivere la zona d'ombra che avvolge i tre protagonisti, tutti in qualche misura ambigui ma nessuno interamente cattivo". Rimangono le stoccate a un ambiente: "Le situazioni che descrivo sono plausibili - concede Rubini - Non conosco però così bene l'universo degli scultori e delle gallerie d'arte per poter dire quanto sia generalizzabile il mio racconto". E quello del cinema?: "Un po' di più, ma personalmente ho un buonissimo rapporto con la critica".
Il regista dunque ritaglia per se il ruolo del co-protagonista e lo fa in maniera geniale: "A chi mi sono ispirato mi chiedete? Ma a nessuno. Non mi reputo un cinéphile, vado con difficoltà al cinema e lavoro soprattutto sulla sceneggiatura". L’idea di questo film è nata anche dalla voglia del regista di voler lavorare con il suo conterraneo, Scaarcio: "Era da tempo che volevo lavorare con Riccardo. Ma non avevo mai il ruolo giusto da affidargli. Questa volta l'ho trovato: Scamarcio è la maschera stessa dell'ambiguità, del non detto, del giovane ragazzo e dell’uomo allo stesso tempo. E la Puccini? "L'avevo già diretta in 'Tutto l'amore che c'è', dove si era dovuta spogliare un po'. Qui le ho tolto proprio tutto. E' l'unica attrice italiana capace di farlo senza sembrare volgare. Ed è la sola in Italia in grado d'interpretare la giovane intellettuale e risultare credibile".
Per i due interpreti la difficoltà maggiore è stata lo stile recitativo: "Sopra le righe, enfatico, un modo di lavorare del tutto nuovo per me - confessa Scamarcio - Rubini non voleva il tipico naturalismo italiano, basato sull'improvvisazione. Voleva qualcosa di più teatrale. Ho dovuto lavorare molto sulla costruzione e, per una volta, mi sono dovuto affidare completamente al regista". Vittoria Puccini, dichiara: "Il mio personaggio è simile a quello di Cassandra. Portatrice di una verità che all'inizio solo lei intuisce, e destinata a non essere creduta mai". Ben poco spazio c’è stato per gli altri interpreti, Paola Barale, Emanuele Salce e il bravissimo Flavio Parenti.
Come nasce l’idea del film? Naturalmente è il Regista a Rispondere: “Ogni volta è una storia diversa, una partenza diversa. Ho girato più pellicole nella mia terra d’origine, attingendo alla mia biografia e miscelandola poi con gli incontri, le letture fatte altrove. In questo caso, invece, è nato tutto grazie a Scamarcio e alla simpatia che sapevo nutriva nei miei confronti. Lo spunto stesso del film è nato a casa mia, mentre aspettavo di incontrarlo. Cosa succederebbe, mi sono chiesto nell’attesa di Riccardo, se anziché imbattersi in un padre, o comunque un fratello maggiore, una guida, un riferimento, questo giovane si ritrovasse di fronte uno che finge di essere tutto questo ma che di fatto, per invidia, rivalsa -dovute alla differenza di età, per tutto ciò che l’ altro ha e che a lui manca - lo ammazzerebbe? E come andrebbe viceversa se io non sapessi, immaginassi affatto che dietro quel giovane sano, fresco si nascondesse uno che vuole solo portarmi via tutto, tutto fino agli amori più cari della mia vita? Il cinema consente di mettere in scena anche pensieri negativi - magari così uno evita di portarseli appresso nella vita…”
Rubini entra nel mondo dell’arte cercando di descrivere anima, cuore e cervello di chi per il successo è disposto a tutto, giocando perfettamente con le ambiguità dell’essere umano. Abbiamo il subdolo doppiogiochista in cerca di vendetta, l’inquietante manipolatore burattinaio Lulli, interpretato magistralmente dallo stesso Rubini, accompagnato da un bastone e da una bella fatale e misteriosa assistente interpretata da una affascinante Paola Barale.
C’è poi Adrian, lo scultore giovane e promettente, troppo coinvolto per capire dove sono i nodi che poi verranno al pettine, ben interpretato da un (finalmente!) sorprendente Riccardo Scamarcio, che grazie e Rubini, dimostra che oltre il fascino da bel tenebroso ci può essere anche altro. E poi c’è lei, Gloria, delicatamente interpretata da una brava Vittoria Puccini, bella e fatale, la musa ispiratrice, la cassandra dalla sensibilità tale da capire prima degli altri dove sta la verità.
Assolutamente belle le splendide musiche di Donaggio, a partire dal gradevole omaggio iniziale al Bolero di Ravel, e conclusa con un finale romantico, poetico, doloroso e vibrante, interpretato da “Le Vibrazioni” con il brano Insolita. Rubini da una nuova grande prova di se come attore ma anche donando una bella regia, precisa al millimetro, dove nulla è lasciato al caso e dal caldo fascino teatrale. Un bel film, un buon cast, una bella regia, belle musiche, bella la fotografia e le atmosfere ma Rubini è decisamente ed inequivocabilmente una spanna sopra tutti. Un film, che strizza l’occhio al cinema di genere degli anni 70, con moti pregi e pochi difetti, ben orchestrato, poco prevedibile.
Colpo d'occhio
Un film di Sergio Rubini
Con Riccardo Scamarcio, Srgio Rubini, Vittoria Puccini, Richard Sammel, Paola Barale, Emanuele Salce, Giancarlo Ratti, Giorgio Col angeli, Alexandra Prusa, Flavio Parenti.
Genere Giallo, colore 100 minuti.
Produzione Italia 2008
Distribuzione 01 Distribution
uscita nelle sale: giovedì 20 marzo 2008
Maria Antonietta Amenduni
13 Marzo 2008
Juno: una gravidanza insolita al di la di ogni stereotipo.
Juno, un personaggio che non si dimentica. Quella delle gravidanze non volute è argomento “trandy” a hollywood. Dopo Molto Incinta e Waitress, questa bella pellicola che si è aggiudicata la vittoria della seconda edizione della Festa del Cinema di Roma, affronta la difficile tematica con un tono assolutamente leggero.
Il film è diretto da Jason Reitman che segna il suo debutto alla regia con il film campione di incassi “Thank you for smoking”.
Un'adolescente, sicura di sé e dalla lingua affilata, riesce ad avere il controllo della situazione una volta che scopre di essere rimasta incinta di un suo coetaneo. Tutte le questioni trattate (l'amore, il matrimonio, la libertà) sono sollevate e mai giudicate. Sospesa tra le ingenuità dell'adolescenza e le responsabilità dell'essere adulti, la ragazza è interpretata da una bravissima Ellen Page, che si è guadagnata con questa superba interpretazione, la nomination all’Oscar, la cui versatilità espressiva ha qualcosa di unico. Il film, che mantiene una grande leggerezza per tutta la sua piacevole durata, evita con grande abilità le trappole del cinismo e del patetismo grazie soprattutto a dialoghi che mettono in discussione in maniera costante tutti gli stereotipi di simili situazioni di gravidanza.
Punto di forza è senza dubbio la sceneggiatura, che si caratterizza per un linguaggio molto vicino a quello che usano i ragazzi di oggi. Anche le situazioni narrate riescono ad avere una tale verosimiglianza da escludere qualsiasi traccia di finzione. Il merito di questa perfetta operazione va ad una sceneggiatrice che anche solo dal nome è tutta un programma: Diablo Cody, ex spogliarellista, titolare di un blog molto frequentato, tramite il quale è stata scoperta da uno dei produttori del film, mentre navigava su Internet.
Il film riesce ad emozionare e divertire con semplicità e leggerezza, facendoci prendere parte al suo viaggio verso la maternità. Una sceneggiatura contemporanea e al femminile; da questo punto di vista Diablo Cody ha fatto un gran bel lavoro. E oltre la bella interpretazione che Ellen Page da di Juno, a reggere il film, sono anche tutti i personaggi che gli ruotano intorno: famiglia, il ragazzo, la coppia alla quale vuole dare in affidamento il bambino: sono tutti in contatto con Juno e nessuno sembra in grado di poterla capire e aiutare davveroAssolutamente originale la rappresentazione dei non protagonisti. Alla notizia della dolce attesa, i genitori di Juno sfidano le convenzioni e gli stereotipi cinematografici assumendo un atteggiamento ironico e compito. Allo stesso modo, la coppia, a cui la teenager vorrebbe affidare il bambino, rivela di possedere molte più crepe di quelle che il loro status alto borghese implicherebbe. La pellicola trova il proprio equilibrio grazie anche a una serie di elementi di contorno. Il look di Juno, le candide musiche di sottofondo e le ambientazioni cariche di colori e di vita contribuiscono a raggiungere una buona coerenza.
Juno
Un film di Jason Reitman
Con Ellen Page, Michael Cara, Jennifer Garner, Jason Bateman, Olivia Thirlby, Allison Janney, Rainn Wilson, J.K. Simmons.
Genere Commedia, colore 92 minuti.
Produzione USA, Canada, Ungheria 2007
Distribuzione 20th Century Fox
Uscita in Italia: venerdì 4 aprile
Maria Antonietta Amenduni
10 Marzo 2008
Interview: il giornalista e l’attrice a confronto. Steve Buscami confeziona un remake che supera l’originale
“Interview”, è il primo film della trilogia dedicata ai remake dei film di Theo Van Gogh, regista brutalmente ucciso nel 2004 da un fondamentalista religioso. La trama vede protagonista un giornalista autodistruttivo, Pierre Peters (Steve Buscami, anche regista), che conosce bene la violenza e la crudeltà più disumana. Si è fatto un nome come reporter di guerra, ha viaggiato in tutto il mondo e vissuto esperienze raccapriccianti. Non sorprende quindi che, dopo alcuni screzi con il suo editore, il giornalista politico ormai fallito, si irriti quando deve “abbassarsi” a fare un’intervista alla più famosa star di soap opera, Katya (Sienna Miller). I due si incontrano ed entrano immediatamente in contrasto, provengono da mondi troppo diversi:l’impegno politico di Pierre e il mondo superficiale delle celebrità di Katya.
Il film è il remake dell’omonimo film olandese del 2003 firmato appunto da Theo Van Gogh. Il gesto del folle religioso, scaturì probabilmente in risposta al suo Submission: Part I, film prodotto dalla televisione nel quale Van Gogh indagava – accompagnato dallo script della somala Ayaan Hirsi Ali – sui maltrattamenti subiti dalle donne in seguito a una quantomai personale interpretazione del Corano. E’ così che il regista, pressoché sconosciuto in Italia, è diventato agli occhi del mondo una sorta di martire dell’arte contemporanea, con il risultato che non si è avuto modo di dare il giusto peso alla sua carriera artistica. Eppure, Submission: Part I, altro non era che un calcolato prodotto televisivo: niente per cui valga la pena gridare allo scandalo, nè in un senso nè nell’altro, ma sta di fatto che il regista aveva dimostrato di avere delle belle carte da giocare. In Interview, Van Gogh metteva in scena una diva della televisione olandese (Katja Schuurman; i più attenti potranno averla notata di sfuggita in (The Rules of Attraction di Roger Avary), e la faceva interagire, nella parte di se stessa, con un giornalista in una sapida commedia dall’impianto teatrale.
Steve buscami, uno che di film fatti con poco e di bella recitazione se ne intende, riesce con Interview a superare nel risultato finale la stessa fonte d’ispirazione. E’ vero che non vi è nulla di sconvolgente nell’operazione fatta da Buscami: in fase di sceneggiatura l’attore newyorchese (vent’anni di carriera alle spalle, durante i quali ha arricchito opere quali Mystery Train, King of New York, Crocevia della morte, Le iene, Si gira a Manhattan, Pulp Fiction, Fargo, Il grande Lebowski, Coffee and Cigarettes, Big Fish ecc), coadiuvato da David Schechter, non fa altro che affidarsi al robusto plot originale orchestrato da Theodor Holman. Di diverso troviamo innanzitutto che non siamo più di fronte a una messa in scena che tende al realismo, dato che la Miller non interpreta se stessa.
Altra differenza evidente, per quanto possa apparire arduo da credere, in Interview, versione New York, non c’è la requisitoria al vetriolo del mondo dello spettacolo e della sua vacuità, ma "solo" il viaggio di conoscenza della fragilità ineluttabile dello stare al mondo. Il tutto narrato attraverso una serie di vezzi che riportano immediatamente alla mente le abitudini della contro-industria indie statunitense: macchina digitale a mano, fotografia sgranata, interni scelti come unica (quasi) possibilità scenografica, dialoghi estremamente brillanti basati su un botta e risposta pressoché inesauribile, tanto parlato e poca azione.
Insomma, è vero non c’è nulla di stravolgente, ma Interview risulta un film naturale e fresco e piacevole. Probabilmente il merito di questo va all’interpretazione dei due attori, alla loro capacità di mettersi in scena come corpo e voce senza mai strafare e senza l’uso di meccanismi interpretativi artefatti. Certo è che uscendo dalla proiezione si ha una piacevole sensazione di appagamento, e si riconosce a Buscami il disinteresse dell’aspetto più peculiarmente metalinguistico, e valorizza in modo deciso i suoi due personaggi: ne svela senza indugi le debolezze, le bassezze morali, ma allo stesso tempo li rende splendidamente umani. In appena un’ora e venti costruisce due psicologie estremamente approfondite.
Interview
Un film di Steve Buscami
Con Steve Buscami, Sienna Miller, Michael Buscami, Tara Elders, Molly Griffith, James Villemaire, Robert Hines, Jackson Loo, Philippe Vonlanthen
Genere Deammatico, colore 81 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione Fandango
Uscita in Italia: venerdì 28 marzo
Maria Antonietta Amenduni
3 Marzo 2008
L’altra donna del re: sagra famigliare, con due affascinanti interpreti, per un film poco impegnativo.
“L’altra” in questione è Maria Bolena, una delle prime amanti di Enrico VIII, sorella meno famosa di Anna Bolena. E’ L’altra donna del re, film diretto da Justin Chadwick, con Natalie Portman, Scarlett Johansson, Eric Bana. Siamo all’epoca di Enrico VIII, che regna l'Inghilterra. Il re desidera un figlio maschio che la moglie, Caterina di Aragona, non sembra essere in grado di dargli. Sir Thomas Boleyn (Bolena per noi italiani) vede nella figlia Anna una potenziale attrattiva per il re che va colta nel momento in cui costui verrà ospitato in casa per una battuta di caccia. Le cose non vanno come l'uomo vorrebbe perchè Enrico viene attratto dall'altra figlia dei Boleyn, Mary, che farà sua amante e da cui avrà un figlio. Maria entra tra le cortigiane del re e lo affascina tanto da far decidere al re di dedicarle addirittura una nave (aspetto questo non rilevato nel film!). Maria rimane nel cuore e nel letto del sovrano sacrificando la sua giovane vita. Ma, nel frattempo, Anna (temporaneamente inviata presso la corte di Francia) ha fatto ritorno in Patria ed appare al re sotto una luce diversa. Riuscirà a farla divenire sua moglie ripudiando Caterina e imponendo lo strappo con la Chiesa Cattolica che porterà alla formazione della Chiesa Anglicana. Ma anche il matrimonio con Anna, sarà una relazione tormentata. A regnare poi non sarà il figlio avuto da Mary, l'unico erede maschio, destinato a rimanere figlio bastardo perché Enrico VIII non lo riconoscerà mai, ma le figlie femmine nate da Caterina d'Aragona e da Anna Bolena. Mary, a differenza della sorella, ambiziosa e cinica, riuscirà comunque a raggiungere una sorta di felicità che la riscatterà in qualche modo degli anni persi.
A interpretare le sorelle cortigiane troviamo due tra le più richieste giovani attrici di Hollywood: Natalie Portman, Scarlett Johansson. Ad affiancarle, Eric Bana nei panni del re Enrico VIII, sovrano occupato più nelle faccende di cuore che in quelle di stato. Allora come oggi, la società è dominata dall’interesse economico e dal potere sociale. Per conquistare una posizione di rilievo, si era disposti a tutto, un po’ come oggi si è disposti a tutto per farsi eleggere. Nel film, le due figure femminili spiccano l'una - Maria - per dolcezza e ingenuità, l'altra - Anna - per calcolo e determinazione. Alla spalle di entrambe una famiglia, quella dei Boleyn, che sfrutta e controlla i propri figli per interesse non esitando a dare la giovanissima Maria, appena sposata, in pasto al re per soddisfare i suoi appetiti. Le due donne reagiscono in maniera completamente diversa alla situazione, ugualmente determinate l'una nel difendere la propria pacifica esistenza lontano dalla corte, l'altra nel diventare regina pagando il prezzo altissimo che il trono comporta.
Il regista Justin Chadwick, è molto più avvezzo alle serie TV, piuttosto che al cinema, campo sul quale, come viene fuori dal film, ha ben poca esperienza. Eppure se gli si mettono a disposizione attori come Natalie Portman, Scarlett Johansson, Eric Bana, e a questo si aggiungono la costumista Sandy Powell (due premi oscar per Shakespeare in love e The Aviator), e la sceneggiatura tratta da un libro bellissimo e di successo (L’altra donna del re di Sandy Powell), il problema è presto risolto.
Per Scarlett Johansson un ruolo più dimesso e controllato, rispetto a quello Natalie Portman, che ha a sua disposizione, più sfaccettature del personaggio sulle quali lavorare, soprattutto grazie alla complessa evoluzione che la sua cortigiana, matura durante il dipanarsi del film. Meno evidente risulta la figura del re, interpretata da Eric Bana, che non offre il giusto carisma al personaggio. Va comunque riconosciuto che la sceneggiatura riduce il personaggio a pochissimi interventi non troppo degni di nota.
Un film che scorre e si segue piacevolmente, ripercorrendo in modo semplice, senza troppo impegno, un periodo storico importante per la storia d’Europa. Ricorda un po’ i vari “Elizabeth”, che meglio sono riusciti nell’impresa, ma il film pur non essendo nulla di strepitoso, ma neanche insufficiente, offre uno spaccato storico in versione romanzesca. Molto bello dal punto scenografico, poco consistente come risultato complessivo del prodotto. Quindi chi si aspetta un film che gli permetta di ripassare un po’ di storia, è meglio che lasci a casa ogni aspettativa, Chi invece cerca un semplice entertainment in stile dinastico/famigliare, ha scelto il film giusto. In definitiva, un film poco impegnativo per una serata spensierata.
L'altra donna del Re
(The Other Boleyn Girl)
Un film di Justin Chadwick.
Con Natalie Portman, Scarlett Johansson, Eric Bana, Kristin Scott Thomas, Jim Sturgess.
Genere Drammatico, colore
Produzione Gran Bretagna 2008
Distribuzione Universal Pictures
Uscitain Italia: giovedì 24 aprile 2008
Maria Antonietta Amenduni
26 Febbraio 2008
“Fine pena mai”: film faticoso, ma con un bravissimo Claudio Santamaria, nei panni del boss Antonio Perrone.
Fine pena:mai, ovvero vita senza speranza, senza un progetto. In altri termini, il timbro “Fine pena mai”, che viene apposto sulle cartelle biografiche dei soggetti condannati alla pena dell’ergastolo, nel film di Davide Barletti e Lorenzo Conte (Italian Sud Est e I fantasisti) con Claudio Santamaria e Valentina Cervi, dovrebbe essere sostituito dall’altro “Fine pena mai, se…”. Si, quel “se…”, che nasce a posteriori, quando ormai il danno e fatto, quando gli eventi travolgono il corso della vita a tal punto che sono loro che decidono per te e volente o nolente ti ritrovi in una situazione che non avresti mai immaginato ed allora che ti dici: “se…”, ma ormai è tardi per porre rimedio.
Liberamente tratto dal romanzo autobiografico “Vista d’interni” (Manni Editori), il film narra le vicissitudini di Antonio Perrone, condannato a 49 anni di carcere, scontati in stato di isolamento totale secondo l’articolo di legge 41 bis. Il film è il racconto di un drammatico percorso umano, ed oltre ispirarsi ai ricordi di Perrone, che da poco più di quattro mesi non è più in isolamento totale, si avvale di una poderosa documentazione fatta anche di lunghe interviste, come quella alla moglie, che dura 4 ore. Il libro/diario, di un esponente di spicco della sacra corona unita, che si è dissociato da essa, ma mai pentito, diventa così un film in cui Claudio Santamaria, da nuovamente prova della sua bravura.
All'inizio degli anni Ottanta Antonio Perrone, studente di psicologia, è il promettente primogenito di una benestante famiglia salentina. Un ragazzo come tanti, che abbandona il sogno di un viaggio in India per diventare prima un "apostolo dello sballo". Ma la sua natura è irrequieta e, come tanti ragazzi di quell’epoca, sogna un futuro migliore, libero dai vincoli sociali. È il sogno di una vita al massimo. Per andar via dal salento, faun anno di università lontano da casa, prima i soldi gli fanno schifo, ma poi si rende conto, che averne, e anche tanti, ti facilita decisamente la vita. Quando si innamora della giovane Daniela sembra sul punto di realizzare i suoi desideri. Daniela, diverrà sua moglie. Insieme sognano una vita all'insegna della conquista dei piaceri più evidenti che una società consumistica promette. Per raggiungerli si trasformano da giovani romantici in protagonisti del piccolo crimine di provincia, fatto di rapine e spaccio di droghe. La sua corsa è inarrestabile: arriva un tempo in cui, per mantenere le proprie posizioni, occorre crescere e Antonio diverrà un boss importante della mafia locale, denominata Sacra Corona Unita, la cosiddetta Quarta mafia, che tenne sotto ricatto, per un decennio, una regione fino ad allora vergine. Ultima a essere nata, tutti i suoi riti di iniziazione, la sua struttura piramidale, il suo codice d’onore nascono da una mescolanza e riedizione delle vecchie tradizioni malavitose. È una mafia violenta e irrazionale. Perrone finisce schiacciato dai suoi meccanismi e il suo percorso culmina in maniera tragica. L’epilogo della propria vita sarà una pena che sconterà senza fine. Mai. Il suo sogno si è trasformato in un incubo. Fine pena mai è la storia di un sogno che si realizza, per poi disintegrarsi insieme ai suoi protagonisti.
”Antonio e Daniela erano due giovani che avevano tutto e avrebbero potuto scegliere qualunque altro percorso, invece si sono ritrovati in un giro dove gli eventi hanno travolto le loro stesse vite e sono stati costretti a recitare delle parti che non sono più riusciti a scrollarsi di dosso. Volevamo fare un film freddo dove non ci fossero i cattivi da una parte e i buoni dall'altra. Non volevamo che si tifasse per il cattivo". Lo hanno raccontato i due registi nella conferenza stampa a Roma in occasione della presentazione di Fine pena, mai.
I due registi non avevano ovviamente potuto incontrare Perrone, fino a poco tempo fa: “Lo abbiamo incontratoselo quattro mesi fa, da che gli è stato tolto il 41 bis. E’ stato strano incontrarlo dopo che per tre anni abbiamo lavorato al personaggio. Prima avevamo avuto solo un rapporto di corrispondenza epistolare che ovviamente era censurata a seguito della legge 41bis. Non sapevamo come comportarci, come salutarlo, ed invece è stato lui a rompere il ghiaccio, abbracciandoci. Non ci ha mai chiesto che direzione prendeva il film, non avrebbe potuto intervenire e neanche noi avremmo voluto. E’ stato però impressionante vedere il suo sguardo, uno sguardo che Claudio aveva già inconsapevolmente ricreato solo leggendo il libro e guardando le foto”. Per Davide Barletti e Lorenzo Conte la cosa principale:"era comunque di lavorare e rendere nota quella zona grigia, quel tipo di mafiosità della Sacra Corona Unita che in genere è trattata solo sulla pagine giudiziarie dei giornali"
Claudio Santamaria invece non ha mai incontrato Perrone: “Non ho mai potuto incontrare lui ma ho conosciuto la moglie e i figli. E’ stato duro per me, sono stato sottoposto ad uno sguardo chirurgico da parte loro perché volevano capire se ero adatto ad interpretarlo. A Perrone però prima di iniziare a girare il film, ho scritto una lunghissima lettera, che non ho mai spedito”. Per interpretarlo alla fine, confessa l'attore, "ho preferito non farmi condizionare troppo dal libro e farlo a modo mio". Un compito ancora più difficile è quello toccato a Valentina Cervi alle prese con Daniela Perrone. "Per essere più credibile, ho ascoltato ossessivamente delle cassette con la sua voce. Anche perché sono consapevole che una voce ti può dire molte cose su una persona".
A margine della conferenza poi, Santamaria, stuzzicato dalla domanda, “Il segreto per essere un attore famoso in Italia?”, ha risposto: "devi cercare di avere subito successo e diventare famoso per poter scegliere con più cura i progetti anche perché spesso le proposte non sono di grande qualità". E se a dirlo è uno con il suo talento, l’accusa suona pesante! l'attore si lamenta del sistema cinema italiano: "Cachet bassi e poco tempo per prepararsi alla parte. A differenza degli attori americani - spiega - noi non possiamo permetterci di fermarci troppo tempo tra un film e l'altro. Non possiamo neppure fare un lavoro sui personaggi analogo a quello che fanno in America proprio perché le riprese non possono durare sei mesi-un anno come da loro”. Il concetto è dunque che solo con un minimo di potere contrattuale è possibile discutere con la produzione: “Puoi anche pretendere che l'inizio delle riprese venga spostato per consentire una migliore preparazione dei personaggi".
Di film che parlano di mafia in Italia, ne abbiamo in quantità esorbitanti, ma ai due registi va riconosciuto il merito di aver trattato una mafia come la Sacra Corona Unita, che ha sporcato la Puglia, e che non era mai stata trattata al cinema. Nel complesso il film risulta troppo lento e terribilmente faticoso da seguire, nonostante un bel cast che vede oltre una nuova bella interpretazione di uno degli attori italiani di maggior talento come Santamaria, anche una brava Valentina Cervi, e una scoperta interessante, che arriva dal teatro, come Daniele Pilli. Davide Barletti e Lorenzo Conte che arrivano dai documentari, di lavoro come registi cinematografici ne devono ancora fare tanto, ma ci sono ottime basi.
FINE PENA MAI
di Davide Barletti - Lorenzo Conte
Sceneggiatura: Massimiliano Di Mino - Pierpaolo Di Mino - Marco Saura
Fotografia: Alberto Iannuzzi
Con: Claudio Santamaria, Valentina Cervi, Danilo Nicola De Summa, Giuseppe Ciciriello, Ippolito Chiarello, Giorgio Caroccia, Daniele Pilli, Giancarlo Luce, Lea Barletti, Ugo Lops, Danilo De Summa, Fabrizio Parenti, Simone Franco, Fabrizio Pugliese.
Genere: Drammatico, Colore, 90 min.
Produzione: Italia - Francia 2007
Distribuzione Mikado
Data uscita: 29/02/2008
Maria Antonietta Amenduni
25 Febbraio 2008
Oscar, vince ''Non è un paese per vecchi'' dei fratelli Coen. Due "Statuette" all'Italia
"Non è un paese per vecchi" di Ethan e Joel Coen che ha vinto ben quattro Oscar stanotte al Kodak Theatre (film, regia, sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista a Javier Bardem). Era già stato in concorso a Cannes nel 2007 senza però vincere nulla. Allora i due registi parlarono di questa storia di frontiera, a metà tra western e thriller, come di un lavoro non politico, né nostalgico: ''Non era comunque nelle nostre intenzioni. Non è mai con questo spirito che affrontiamo le nostre storie''.
Non solo va bene all'Italia che si aggiudica due Oscar (è dal 1999 che non facevamo meglio, quando conquistammo con 'La vita è bella' tre statuette: film straniero, attore, a Roberto Benigni, e musica, a Nicola Piovani), ma in questa Ottantesima edizione degli Academy Awards, vince inaspettatamente l'Europa. Ed esattamente, oltre il nostro Paese (che si aggiudica la miglior colonna sonora originale con Dario Marianelli per 'Espiazione' e la miglior scenografia con Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo per 'Sweeney Todd'), va bene a Francia, Gran Bretagna, Spagna, Austria e Irlanda.
La Francia si porta infatti a casa, con la parigina Marion Cotillard, la statuetta per la miglior attrice protagonista per il film 'La vie en rose' di Olivier Dahan (era dal 1960, con Simone Signoret, che non otteneva questo risultato). Per la Cotillard anche il merito di essere la quinta attrice ad avere ricevuto l'Oscar avendo recitato in una lingua diversa dall'inglese (la prima volta era accaduto alla Loren per 'La Ciociara' nel 1961). E batte ancora bandiera francese 'Le Mozart des pickpockets' di Philippe Pollet-Villard che si è risultato il miglior cortometraggio.
Anche la Gran Bretagna fa bis. Ottiene il premio per il miglior attore protagonista con il londinese Daniel Day-Lewis per il film 'Il petroliere' di Paul Thomas Anderson e quello per la miglior attrice non protagonista, andato ancora a una londinese. Ovvero a Tilda Swinton, per la sua interpretazione in 'Michael Clayton'. Forse il solo vero sconfitto di questa edizione degli Oscar è proprio "Il Petroliere", che dalle otto nomination, a pari merito con il film dei Coen, porta a casa una sola statuetta.
La Spagna si porta poi a casa un Oscar non da poco. Quello del miglior attore non protagonista andato a Javier Bardem per il film dei fratelli Coen 'Questo non è un paese per vecchi'. Bardem ottiene con questa statuetta anche un primato assoluto. E' il primo attore spagnolo a ricevere un Oscar dalla creazione stessa degli Academy Awards nel 1929.
E' la prima volta che questo paese conquista un Oscar come ha fatto 'Il falsario' di Stefan Ruzowitzky che e' risultato il miglior film straniero battendo una concorrenza che vedeva in corsa paesi come Israele, Kazakistan, Polonia e Russia. All'Irlanda poi la miglior canzone originale, 'Falling Slowly', per il film 'Once' di John Carney.
Taxi to the dark side, una storia sugli abusi delle carceri americane di guerra come Guantanamo, Bagram e Abu Ghraib si è aggiudicato il titolo per il migliore documentario. Migliore pellicola straniera all'austriaco Stephan Ruzowitzky, regista del film "Il falsario". Un premio anche per la Disney: miglior film di animazione è stato giudicato "Ratatouille", storia di amicizia con un topo con il talento da cuoco; sconfitta l'iraniana Marjane Satrapi autrice del cartoon "Persepolis".
C'è stato un momento di commozione alla notte degli Oscar quando sullo schermo del Kodak Theatre di Hollywood sono apparse le immagini in commemorazione dei protagonisti della comunità cinematografica internazionale scomparsi quest'anno. Il pubblico ha applaudito in particolare al ricordo di Heath Ledger, di Michelangelo Antonioni e di Ingmar Bergman. Tra le altre personalità, sono stati ricordati il regista Delbert Mann, il produttore Jack Valenti, il direttore della fotografia Freddie Francis e le attrici Suzanne Pleshette e Deborah Kerr e gli attori francesi Jean-Claude Brialy e Jean-Piere Cassel.
Maria Antonietta Amenduni
19 Febbraio 2008
Il mattino ha l’oro in bocca, il nuovo film di Francesco Patierno, con uno bravissimo Elio Germano.
L’attore interpreta la sua versione del conduttore radiofonico Marco Baldini, alla ricerca della felicità, diviso tra la passione per la radio e il circolo vizioso del gioco d’azzardo.
Roma 20 Febbraio 2008 - Un proverbio caro agli antichi esortava a fare buon uso delle ore mattutine perché cariche di buona energia. Dopo un sonno ristoratore, infatti, si hanno le idee più chiare, l'ideale insomma per prendere le decisioni migliori. Talvolta il caso poi ci mette anche lo zampino. I sorprendenti risvolti della vita, tutto ciò che non ti aspetti, possa nascondersi dietro il successo. L’ascesa, il declino e la rinascita. E’ “Il mattino ha l’oro in bocca”, il film diretto da Francesco Patierno (Pater Familias - 2003), che vede protagonista Elio Germano, con Laura Chiatti, Martina Stella e Donato Placido, Dario Vergassola, Corrado Fortuna e con Umberto Orsini. La pellicola racconta con i toni della commedia l'altalena spesso esaltante e a volte deprimente dell'esistenza umana, dove l'euforia del rischio e dell'azzardo diventa una scommessa vorticosa con la propria vita. La rincorsa di un sogno di ricchezza che sembra alla portata di tutti, la pubblicità, le televisioni, le radio private, i vestiti, le macchine, la musica....una commedia piena di colpi di scena, che ricostruisce le vicende passate più burrascose dello speaker radiofonico, Marco Baldini. Il film è liberamente tratta dal romanzo autobiografico "Il giocatore - Ogni scommessa è debito" scritto dallo stesso Baldini, conduttore insieme a Fiorello di "Viva radio 2". La pellicola è costellata di personaggi reali, da Cecchetto a Fiorello, che da sempre fanno parte della vita di Marco Baldini.
L’Italia è quella degli anni settanta, Marco (Elio Germano) si divide tra la sua vita familiare, la fidanzata (Martina Stella) e la speranza di realizzare un sogno: “fare la radio”. Inizia così a fare il dee-jay in discoteca per poi arrivare a Radio Fantasy, diretta da Aniello Apicello, che decide di ingaggiarlo per un programma radiofonico mattutino. Grazie alla bravura del ragazzo, il programma ottiene un vero successo che non basta però a soddisfarlo. Apicello oltre avviarlo alla radio, lo inizia anche alle scommesse ippiche e al poker. In cerca di emozioni, Marco entra in una sala di scommesse. Inizia a vincere, ma seguono presto le prime delusioni.. Un bel giorno poi sembra arrivare la svolta con quella che telefonata che aspetti da un vita e che arriva quando meno te lo aspetti, tanto che pensi si tratti di uno scherzo: Cecchetto (Dario Vergassola) di passaggio per Firenze, sente Baldini a radio Fantasy e lo vuole a Radio Deejay. Dopo i primi tentennamenti il programma decolla così come la sua voglia di sfidare di nuovo la fortuna. Poi arriva il grande successo con “Viva Radio Deejay”, condotta con Rosario Fiorello. Ma il successo ancora non gli basta, la tentazione del guadagno facile è troppo forte. Sempre più succube del circolo vizioso del gioco, Marco trascorre tutto il suo tempo a scommettere. Conosce così Cristiana (Laura Chiatti), la bella cassiera della sala ippica. Sull’onda del successo, Marco dovrà vedersela con i suoi debiti di gioco. Marco Baldini ricerca la felicità diviso tra la passione per la musica e la radio e il circolo vizioso del gioco d’azzardo. In un’alternanza di toni esilaranti e drammatici, il ritratto di un ingenuo, divertente, cinico, distaccato, buono e disperato eroe di altri tempi.
Liberamente tratto dal romanzo Il Giocatore di Marco Baldini (in questo caso co-sceneggiatore ) Il Mattino ha l’oro in bocca del regista Francesco Patierno racconta un’Italia in piena ascesa economica e abbagliata dalla filosofia del successo a tutti i costi, in preda alla mania del voler diventare qualcuno. Elio Germano, sicuramente uno dei migliori attori in circolazione, dopo l’apprezzato Mio fratello è figlio unico, ritorna con un ruolo che gli permette di esprimere un personaggio ricco di sfumature a 360°, che non è un’imitazione del Baldini reale, ma come lo definisce lo stesso Germano: “E’ un personaggio costruito su un binario parallelo. Non aveva senso creare una macchietta; ho cercato di restituire l’anima del personaggio. Non è la restituzione cinematografica del Baldini che conosciamo, ma la mia ricostruzione di un uomo cinico e distaccato per certi versi, e gentile e disponibile per altri”. In conferenza stampa per la presentazione del film, il regista Francesco Patierno, definisce Baldini , un Pinocchio degli anni '80.
“La volontà – racconta il regista - è stata quella di non volare con la fantasia, ma mantenere una verosimiglianza rispetto ai fatti realmente accaduti, senza però cadere nella banale imitazione di due personaggi inimitabili: la coppia Baldini-Fiorello è stata infatti completamente "masticata e risputata fuori" secondo la mia personalissima visione dei due interpreti”. Ad interpretare in modo molto simpatico la parte di Fiorello è Corrado Fortuna. Divertentissima la scena di Rosario a letto con la febbre, in una stanza disordinatissima, nel cui letto, tra le lenzuola, c’è ciò che resta di una coscia di pollo.
A fare da contraltare al Baldini, è il personaggio interpretato da Laura Chiatti: “E'un film diretto, ma enigmatico. Credo che Francesco Patierno sia l'emblema del neorealismo moderno. Durante le riprese ci ha concesso massima libertà sia di movimento, sia di interpretazione dei nostri personaggi. E' stata un'esperienza fantastica”. Come più volte è stato evidenziato in conferenza stampa, quello che realmente contava era restituire l'anima del personaggio e per farlo i protagonisti si sono immersi nelle registrazioni reali dei vari spezzoni dei programmi radiofonici, hanno raccolto aneddoti, parlato con i personaggi reali.
Come ha detto il regista: “Il libro è stato un punto di partenza che poi ho voluto dimenticare. Ho preso Baldini con un registratore e mi sono fatto raccontare tutto quello che non c’era nel libro, così ho costruito il mio pinocchio. Così ho conosciuto meglio l’anima di quest’uomo che prima veniva picchiato da uno strozzino, e due minuti dopo era in radio a far ridere la gente.
Il tono, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, è lieve, perché il personaggio stesso di Baldini (uno che si è giocato 30 milioni puntando "un trentello", come raccontato in conferenza stampa) lo richiedeva proprio per il suo modo eccentrico di rapportarsi al gioco e a tutte le conseguenze negative che ne sono derivate.
Niente di straordinario nelle interpretazioni di Martina Stella e Laura Chiatti, che con i loro ruoli ruotano intorno alla vita del protagonista, la prima in stile grillo parlante, la seconda come la fata turchina che lo vuole riportare sulla retta via. Il mattino ha l'oro in bocca è un film che si guarda piacevolmente, scorre con leggerezza e sobrietà, e senza eccessive pretese tratta argomenti che vanno dal gioco alla famiglia, passando per l’amore e l’amicizia. Da evidenziare, la presenza di Umberto Orsini nell’ironico ruolo di un usuraio con un passato nel mondo dello spettacolo
Il mattino ha l'oro in bocca
Un film di Francesco Patierno.
Con: Elio Germano, Laura Chiatti, Martina Stella, Donato Placido, Dario Vergassola, Corrado Fortuna e con Umberto Orsini.
Genere: commedia, colore
Produzione Italia 2007
Distribuzione Medusa
Uscita: 29 Febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
14 Febbraio 2008
Il Petroliere, un capolavoro raffinato ed incisivo che farà storia.
Diretto da Paul Thomas Anderson con uno strepitoso Daniel Day Lewis, è candidato ad 8 premi Oscar.
“Una chiave per comprendere il mito degli Stati Uniti”. Così la Berliner Zeitung, definisce il Daniel Day Lewis (alla sua quarta nomination all’Oscar), per la sua interpretazione nel film Il petroliere. Già vincitore di numerosissimi premi e candidato a 8 premi Oscar è stato accolto da un’ovazione di applausi alla sua presentazione ufficiale al 58° Festival di Berlino. La stampa tedesca, nonostante già lo candida a Orso d’Oro. E se il film viene ripetutamente descritto come "picco difficilmente raggiungibile" (Frankfurter Allegemeine Zeitung) molti quotidiani si soffermano sulla strepitosa interpretazione di Daniel Day Lewis. La stampa americana ha paragonato Il petroliere ad altre possenti biografie narrate per immagini, quali “The Aviator” o addirittura “Quarto potere”.
Daniel Plainview è un cercatore d'argento del Texas che nei primi anni del '900 trova il petrolio nell'Ovest degli Stati Uniti e riesce a costruire un impero grazie al commercio dell'oro nero: Daniel è un uomo senza scrupoli, accecato dalla sete di ricchezza e dalla convinzione che il potere deve essere spietato, pronto a sacrificare qualsiasi cose e ad allontanare chiunque possa intralciare il suo lavoro. La sua ricchezza aumenta considerevolmente anche grazie allo sfruttamento della presenza dell'unico figlio, che lo aiuta a convincere i contadini a cedergli i terreni. Tutto sembra facile, ma gli eventi inaspettati della vita fanno si che il petroliere incontri sul suo percorso un giovane predicatore che prima lo aiuterà e poi, temendo un troppo veloce arrivo della modernità, manipolerà contro di lui la comunità. Le sorti personali, anche se non quelle economiche, di Plainview subiranno un duro colpo quando il figlio, diviene sordo, a causa di un incidente presso un pozzo petrolifero. L'uomo, sempre più accecato da una misantropia assoluta, lo allontanerà da sé precipitando sempre più nell'avidità del possesso.
Il Petroliere in attesa di scoprire quante statuette Oscar, delle otto alle quali è candidato, riuscirà a portare a casa, ha iniziato il suo cammino nelle sale cinematografiche di tutto il mondo con successo. Parte dell’ispirazione, per la realizzazione di questo film, il regista Paul Thomas Anderson, l’ha presa dalle prime 150 pagine del romanzo "Oil!" di Upton Sinclair il quale delineava la biografia a tinte forti del magnate Edward L. Doheny (1856-1935). Il regista, che gia in passato ci ha regalato film di rara bellezza come Magnolia (vincitore nel 2000 dell'Orso d'Oro), non smentisce la sue doti di narratore di alto livello. Se a questo si aggiunge un cast che vede primo fra tutti uno strepitoso Daniel Day Lewis, coadiuvato dal bravissimo e giovane Paul Dano (che già si era fatto notare in “Fast Food Nation” e nel brillante “Little Miss Sunshine”), il gioco è fatto. Elegante, raffinata, incisiva anche la colonna sonora che fa da ciliegina sulla torta ad un film che è un capolavoro per cinefili raffinati.
Il petroliere e' un percorso ad ostacoli tra possesso avido quanto amorale. Intensi ed incisivi sono i primi venti minuti del film, privi di parole, lasciano nello spettatore un segno profondo, che trova origine nel centro della terre, in quelle oscure profondità, quelle viscere dalle quali il profitto diventa sovrano si genera il capitalismo spietato e l'evangelismo più isterico e cinico.. Le viscere della terra sono le sole protagoniste femminili del film. Ma c’è anche un altro tipo di sfruttamento. Ce n'è anche uno pulito che non si avvale di muscoli ed ossa ma di parole: quello del giovane predicatore che riesce ad abbindolare i suoi fedeli facendo leva sulla loro ignoranza. Il nero del petrolio è un tutt’uno con il nero dell’anima. L'arricchimento improvviso e la conseguente avidità sempre crescente cambiano per sempre le cose causando l'inevitabile sgretolarsi della famiglia composta da padre e figlio. E' anche il senso del titolo originale del film, There will be blood.
Una curiosità che arriva da Berlino. Il protagonista indiscussi della presentazione de Il Petroliere è stato Daniel Day-Lewis che si è distinto per il suo look colorato e floreale e per la polemica con il Dr. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury per alcune sue dichiarazioni. Durante la lunga conferenza stampa Paul Thomas Anderson e Daniel Day-Lewis hanno duettato abilmente schivando le più scomode con ironia, soprattutto se riferite alla ormai sempre più prossima notte degli Oscar. Alla domanda sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti Day-Lewis ha risposto: “Quali elezioni? Quelle Americane? Ma io non sono americano e non posso votare”.
Il Petroliere
(There will be blood U.S.A. 2007)
di Paul Thomas Anderson
con Daniel Day-Lewis, Barry Del Sherman, Russell Harvard, Paul F. Tompkins, Kevin Breznahan, Jim Meskimen, Paul Dano, Kevin O’Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier.
Genere Drammatico, colore 158 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione Buena Vista
Uscita in Italia: venerdì 15 febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
9 Febbraio 2008
Dopo vent’anni dall’ultimo episodio, torna John Rambo.
Sylvester Stallone torna a vestire i panni del soldato, questa volta alle prese con il genocidio commesso dai birmani contro la tribù Karen …e promette: “Rambo tornerà ancora”!
Agguerrito come vent’anni or sono, solito coltello, fascia sulla fronte. E’ sempre il reduce del Viethnam John Rambo, ma “solo” un po’ invecchiato e appesantito. I fan più agguerriti lo hanno atteso per anni, e il 22 Febbraio 2008 saranno accontentati. I film di Rambo sono sempre ambientati in situazioni realistiche. C’era prima il veterano del Vietnam senza voce. Le persone scomparse in azione e i prigionieri di guerra. Le guerre infinite e i combattimenti in Afghanistan. Quello che Stallone racconta in questo film da lui scritto diretto ed interpretato, è la storia, tristemente poco conosciuta, del genocidio che è stato commesso dai birmani contro la tribù Karen fino a questo momento. È un’ambientazione decisamente realistica per il film e Stallone la utilizza in maniera molto intelligente. Il rischio che si finesse nel pietismo così come era successo per l’ultimo capitolo di Rocky era alto, ma in questa occasione l’operazione del ritorno dello storico personaggio è sicuramente meglio riuscita anche se qualcosa si poteva sicuramente evitare.
Venti anni dopo l’ultimo episodio della serie cinematografica, John Rambo (Sylvester Stallone) si è ritirato nella Tailandia settentrionale, dove lavora su un battello sul fiume Salween al confine tra la Tailandia e la Birmania, a poca distanza dal conflitto tra i birmani e i Karen, dove la guerra civile più lunga al mondo è arrivata al suo sessantesimo anno. Rambo conduce una vita solitaria nelle montagne coperte dalla giungla, pescando e catturando serpenti velenosi da vendere, e ha abbandonato da molto tempo i combattimenti, limitandosi a osservare questa regione straziata dalla guerra. Tutto cambia quando un gruppo di missionari cerca la “guida americana del fiume”. Sarah (Julie Benz) e Michael Bennett (Paul Schulze) avvicinano Rambo e gli spiegano che i militari birmani hanno riempito di mine i sentieri rendendo troppo pericoloso viaggiare via terra. Così, gli chiedono di guidarli nel fiume Salween e di lasciarli alla loro meta, in modo da poter fornire scorte di medicinali, cibo e bibbie alla popolazione perseguitata dei Karen che abitano sulle colline. Dopo aver inizialmente rifiutato di spingersi fino in Birmania, Rambo accetta di accompagnarli, lasciando Sarah, Michael e altri volontari in un luogo prestabilito. Due settimane più tardi, il pastore Arthur Marsh (Ken Howard) rivela a Rambo che i missionari non sono tornati, che sono stati fatti prigionieri in un campo militare birmano e che stava assumendo un gruppo di mercenari (Graham Mctavish, Matthew Marsden, Tim Kang, Rey Gallegos e Jake La Botz) con l’obiettivo di recuperarli e riportarli a casa. Anche se la riluttanza di Rambo per la violenza e il conflitto sono evidenti, lui sa di dover dare una mano ed accetta di portare i mercenari su per il fiume fino alla zona sconvolta dalla guerra. Quello che ne consegue è una discesa all’inferno sulla Terra.
Crudo, cruento e sanguinario; sicuramente più violento rispetto ai precedenti il nuovo episodio di Rambo, non risparmia litri di sangue, corpi straziati, donne stuprate, bambini mutilati e quanto di peggio una guerra possa offrire. L’atrocità poi della sessantenaria guerra civile in Birmania, o Myanmar, come l’ha voluta chiamare l’attuale governo dittatoriale, è sicuramente qualcosa di nemmeno lontanamente immaginabile, perché come afferma lo stesso Stallone, venuto a Roma, per presentare il suo film: “”Le guerre peggiori al modo sono quelle civili; nel mio film c’è così tanta violenza perché è mia volontà far riflettere la gente sulle cose atroci che succedono la giù”.
Il film è stato girato in Tailandia, ma era volontà dello stesso Stallone, di recarsi personalmente in Birmania, ma non gli è stato concesso: “Nessuno sa che ho contattato il consolato birmano a Washington chiedendo di poter visitare il Paese, come ha fatto Angelina Jolie in Iraq, o George Clooney in Darfur. Loro mi hanno risposto dicendomi che quello che mostro nel film sono tutte fantasie e che comunque non sono gradito nel loro Paese''. Quando di recente c’è stata la manifestazione pacifica dei Monaci Buddisti, si è detto che ne sono stati uccisi 30/40, e invece no, perché ne sono stati fatti sparire migliaia. Io voglio che la gente sappia esattamente quello che succede la giù e vi garantisco, che la violenza che vedete nel mio film, è ben poca cosa in confronto alla realtà”.
Meno di cinque mesi dopo aver concluso la produzione, mentre stavano montando John Rambo alla fine del settembre 2007, Stallone e i realizzatori, assieme al resto del mondo, hanno osservato le immagini drammatiche delle massicce proteste a favore della democrazia in Birmania/Myanmar. Condotte da migliaia di monaci buddisti con le loro tonache rosse, le manifestazioni nazionali contro la giunta sono state trasmesse al mondo dai cellulari birmani, su Internet e attraverso filmati esportati di nascosto. Si è trattata della maggiore protesta a favore della democrazia che si sia svolta in Birmania negli ultimi due decenni. Prima della brutale risposta militare, la protesta è arrivata a portare 100.000 persone nelle strade di Yangon (l’ex Rangoon). Quando i governanti militari della nazione hanno deciso di reprimere le dimostrazioni, le truppe hanno cominciato a picchiare i protestanti, a sparare con armi automatiche e lanciare gas lacrimogeni contro le folle disarmate, uccidendo civili e monaci. In breve tempo, il governo ha bloccato Internet e ha iniziato a controllare le comunicazioni telefoniche. I monasteri buddisti sono stati assaltati e i dimostranti circondati ed imprigionati. I numeri ufficiali sui morti sono difficili da conoscere, considerando il livello di segretezza e la mancanza di informazioni. A differenza delle proteste per la democrazia del 1988, questo conflitto crescente è stato portato avanti dai monaci buddisti, non dagli studenti, ed è incominciato ad agosto, quando un aumento del prezzo dei carburanti ha scatenato delle rivolte e ha cominciato ad attirare l’attenzione internazionale verso gli abusi più gravi commessi dal rigido governo militare, che conta sull’appoggio di 400.000 soldati.
I toni della conferenza stampa poi vengono un po’ stemprati anche grazie alla proverbiale simpatia di Stallone, che di fronte ad una domanda scherzosa in cui gli si chiede perché in Rambo non ha mai fatto scene di sesso risponde: Rambo non fa sesso perché in Vietnam ha avuto un incidente e gli e' saltato qualcosa... - però ha un lungo coltello!". Il film esce in Italia esattamente dopo vent’anni dal flop di "Rambo III": "Mi fischiavano dappertutto - ricorda - perché parlavo dei russi cattivi in Afghanistan. Il motivo? Semplice: due settimane prima dell'uscita del film Gorbaciov venne in America, baciò Reagan e scoppiò la 'perestroika' che decretò la morte del mio film!"
Ma è vero che l’uomo che ha interpretato il simbolo dei reduci del Viethnam sostiene Mc Cain? Stallone cerca di essere molto diplomatico: “Non si dovrebbe chiedere agli attori di politica perché non ne sanno nulla. La mia posizione non sposterà un voto. Sostengo Mc Cain perché il mio paese, ora ha bisogno di una persona matura, che sappia già come muoversi. Barack Obama e Hillary Clinton potranno essere ottimi presidenti in futuro, ma ora penso che Mc Cain sia la persona giusata”
E’ c’è anche spazio per una clamorosa gaff, colpa però dell’interprete; gli è stato chiesto come fa a mantenersi così in forma nonostante l’età, e Stallone svela: "Il mio segreto per mantenermi così sono le mie tre figlie. Devo stare continuamente appresso a loro e non mi fermo un attimo. Un consiglio a tutti gli uomini per stare bene? Semplice: correte dietro ai ragazzini...!". Poi si corregge, capendo la gaffe: "Ai figli! Ai figli! volevo dire...".
Poi si torna a parlare del film ed è inevitabile chiedergli se ci sarà un seguito e la risposta è una vera e propria promessa: “Faccio fatica ad abbandonare Rambo, mettere la parola fine mi manderebbe in depressione; è già stato difficile dire addio a Rocky. E per questo che nel finale ho deciso di tagliare la scena di mio padre ("di origine indiana, da cui deriva la tempra e la forza di John"), che guarda mentre torno a casa negli States, per lasciare un finale aperto: a successive avventure, ho ancora delle idee, delle cose da raccontare, magari in Iraq.
John Rambo
Scritto e diretto da Sylvester Stallone
Con: Sylvester Stallone, Sarah Miller, Michael Burnett, Schoolboy, Lewis, Diaz, En-Joo, Reese
Musiche: Brian Tyler
Scenografie: Franco-Giacomo Carbone
Montaggio: Sean Albertson
Direttore della fotografia: Glen MacPherson CSC, ASC
Produzione: Nu Image per Equity Pictures
Distribuito da Buena Vista International
Durata 90 minuti
Uscita italiana 22 Febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
5 Febbraio 2008
‘Parlami d’amore’: l’esordio alla regia di Silvio Muccino, con un film che affronta gli imprevisti “prepotenti” della vita.
Prima attore e sceneggiatore, poi autore di libri ora anche regista! fratello d’arte, Silvio Muccino debutta alla regia con “Parlami d’amore”, film tratto dall’omonimo libro da lui scritto con Carla Vangelista. Prodotto da Cattleya e distribuito da 01distribution, il film vede protagonisti oltre che lo stesso Mucciono, anche Carolina Crescentini, Aitana Sanchez-Gijon e Giorgio Colangeli. Ed un film che si chiama Parlami d’amore, in quale data migliore poteva uscire se non a San Valentino!?
Sasha un ragazzo di venticinque anni, è cresciuto in una comunità di recupero per tossicodipendenti, figlio di due drogati. Estraneo anche al mondo nel quale è stato condannato a formarsi, unico sano tra i malati. E lì, a Borgo Fiorito, si è affezionato a Riccardo – il capo della comunità – come a un padre putativo. E, soprattutto, ha conosciuto Benedetta, una ragazzina sua coetanea, figlia di uno dei benefattori esterni, che ogni domenica va in visita a Borgo Fiorito, portandogli una ventata di quel mondo vero che a lui sembra negato. E inevitabilmente, Sasha si è innamorato di Benedetta.
Ora, diventato adulto, è uscito per la prima volta dalla comunità e si affaccia al mondo nel riflesso di Benedetta. E Sasha – dopo aver ottenuto dal padre di Benedetta l’incarico di restaurare la grande villa di famiglia – sa di non poter amare nessun altro. Poi però un incidente d’auto, un cane ferito e Sasha incontra Nicole è una donna che ha passato la quarantina. Bella, intelligente, ironica. Ma dopo che l’uomo che amava è morto suicida, Nicole è scappata dalla Francia, ha sposato Lorenzo e ha fatto di tutto per dimenticare chi era e cosa voleva. Si è nascosta alla vita. Ha soffocato i suoi sentimenti. Ha deciso di controllare ogni attimo della sua esistenza.
Ma la vita è prepotente. Non tiene conto della volontà degli esseri umani. Sasha e Nicole sono costretti a mostrarsi l’uno all’altra. Così come sono. E mentre Nicole aiuta Sasha a conquistare Benedetta, l’insegnante e l’allievo creano una intimità di pensieri e di emozioni che non li spaventano, che avvengono naturalmente. «Vivi, Sasha, vivi» dice Nicole a Sasha. Perché Nicole sa che terribile deserto emotivo può creare il ritirarsi dalla vita. E perché attraverso Sasha, lei stessa sta ricominciando a vivere.
Benedetta non è più la ragazzina di un tempo. È una Circe. E Sasha, seguendo il suo canto, scopre la propria natura buia. Si abbandona alle tenebre. Ripercorre tutto il cammino dei suoi genitori, si scopre uguale a loro, debole come loro, affronta e vince i mostri che gli si annidano dentro, prima di scoprire la sua strada.
E Nicole, contagiata dalla vita di Sasha, non riesce più a tenere chiuse le porte al suo passato, i fantasmi la aggrediscono e deve combatterli, seppellirli, scoprendo che è giunta l’ora di guardare la vita, toccarla, lasciarsi accarezzare. Arrendersi al presente.
‘Parlami d’amore’ è la storia della nascita di Sasha e della rinascita di Nicole. È la storia di due esseri umani che si riconoscono subito ma che devono compiere tutto il tragitto che la vita ha ideato per ognuno di loro prima di accettare i propri sentimenti, prima di incontrarsi alla pari, prima di avere il coraggio di specchiarsi nell’altro. Prima di arrendersi. L’uno all’altra.
E’ l’opera prima del venticinquenne Muccino, e in quanto tale si vuol essere un po’ indulgenti, ma…sarebbe stato consigliabile che avesse evitato di fare anche la sceneggiatura (insieme a Carla Vangelista), perché si sa, quando si è anche autori del libro dal quale il film è tratto, è difficile rendersi conto della giusta “pulizia” che si deve fare. Di idee buone e spunti interessanti nel film ce ne sono, ma ci sono anche troppe lungaggini inutili. Il film non scorre perfettamente, soprattutto nella seconda metà si fa molta fatica, ma dietro questo prodotto c’è talmente tanto amore, entusiasmo e tanto tanto lavoro da parte del regista, che risulta difficile essere “cattivi” nel valutarlo.
Un emozionatissimoo Muccino, in occasione della conferenza stampa di presentazione del film, ha ammesso questa defezione in fatto di lungaggini: “C’è tanto, pure troppo in questo film, ma questo, nel bene e nel male è il rischio che si corre con un’opera prima”. Tante sono anche le citazioni cinematografiche presenti nel film: “Ci sono citazioni perché parlo d’amore a 360°, ci sono gli amori della mia vita, e ci sono tante citazioni cinematografiche, soprattutto di cinema francese, perché il cinema è uno degli amori della mia vita. E’ pieno di suggestioni fotografiche di un cinema estetizzante”.
L’attore e ora anche regista anni fa ha sdogananto con “Come te nessuno mai”, il filone del cinema per teenagers, e ora propone un film che non è solo per giovani, anzi: “Io volevo spiaziare il mio pubblico” - afferma – “E’ un film che parla d’amore e fa venir voglia di amare, ma è anche e soprattutto un film che fa venir voglia di vivere. L’amore è un pretesto per mettersi in gioco, e gli altri protagonisti del film sono il passato, le paure che danno il coraggio di ricominciare”.
Un film che parla di amori complicati, ed alla provocazione fatta a Muccino, in cui gli si chiede se per lui l’amore è sempre così difficile risponde mettendosi a nudo: “L’amore non è ami semplice, Stendhal lo ha diviso in categorie. L’amore è una animale che ti obbliga a tirar giù ogni muro, ogni protezione (il riferimento è alla canzone “Tear down these houses”di Skin, colonna sonora del film). Io mi sento nudo e senza difese, ed è questo che complica i miei rapporti e mi impedisce di vivere davvero una storia d’amore”.
Sasha, personaggio interpretato da Muccino è un personaggio estremo, con il quale però il protagonista trova dei punti in comune: “Il senso di inadeguatezza è il minimo comune multiplo tra me e il mio personaggio. Noi possiamo chiudere con il passato, ma il passato non può chiudere con noi; è questo il filo conduttore di tutto il film”.
E’ inevitabile chiedere cosa ha detto Gabriele Muccino, dopo aver visto il film del suo fratello minore: “Io ho un’ammirazione enorme per mio fratello, è l’ho volontariamente tenuto lontano dal set per questo motivo; io ci tenevo che Parlami D’amore, nel bene e nel male portasse il mio nome. Gabrielel aveva letto il libro e aveva dubbi sul fatto che si potesse sceneggiare, poi l’ha visto e ha pianto per la commozione”.
Molto brava Carolina Crescentini, che migliora sempre di più e ritaglia su di se il ruolo di una dark lady affascinante ed emozionante. Estremamente gradevole Aitana Sanchez-Gijon. Flavio Parenti è una bella scoperta che sicuramente avremo modo di rivedere al cinema. Che dire di Giorgio Colangeli, anche se fa solo un importante cameo, un attore di tanta straordinaria bravura si commenta da se, con le sue interpretazioni. Belle e incisive le musiche di Andrea Guerra. Ok, non è un capolavoro, ma c sono delle buone basi di partenza, sulle quali sicuramente Muccino avrà modo di lavorare. E come lui stesso ha detto: “Sono due anni che aspetto questo momento, voglio godermi il sogno”; noi lasciamo che se lo goda, e poi il futuro si vedrà.
Parlami d’Amore
regia di Silvio Muccino
con Silvio Muccino, Aitana Sanchez-Gijon, Carolina Crescentini, Andrea Renzi, Max Mazzotta, Flavio Parenti, e con Giorgio Colangeli; con la partecipazione speciale di Geraldine Chaplin.
Tratto dall’omonimo romanzo di Silvio Muccino e Carla Vangelista
Sceneggiatura: Silvio Muccino e Carla Vangelista
Fotografia: Arnaldo Catinari
Scenografia: Tonino Zera
Suono: Gilberto Martinelli
Montaggio: Patrizio Marone
Musiche: Andrea Guerra
Produzione Cattleya
Distribuzione 01distribution.
Durata: 1h e 49’
Uscita: 14 febbraio
Maria Antonietta Amenduni
2 Febbraio 2008
“Caos Calmo”: Nanni Moretti è il Pietro Paladini nato dalla penna di Sandro Veronesi.
Un film che va decisamente oltre le polemiche per la scena di sesso tra il protagonista e la Ferrari, e regala una nuova coppia cinematografica assolutamente geniale: Moretti/Gassman.
“Mi chiamo Pietro Paladini, ho quarantatre anni e sono vedovo”. Si presenta così il protagonista Pietro Paladini nel romanzo di Sandro Veronesi che nel 2006 ha vinto la 60ª edizione del Premio Strega. Il libro per moltissime settimane è stato primo in classifica e in Italia ha venduto oltre 200.000 copie. Oggi è diventato un film diretto da di Antonello Grimaldi. Con Nanni Moretti, Valeria Golino, Isabella Ferrari, Alessandro Gassman, Kasia Smutniak, Silvio, in concorso alla prossima Berlinale e nelle sale italiane dall'8 febbraio con 01.
E per la presentazione romana del film, si gioca in casa di Nanni Moretti: Cinema Nuovo Sacher gremito di stampa Se ne sono dette di tutti i colori negli scorsi giorni. Prima si è parlato di presunte discussioni sul set tra Moretti (protagonista e sceneggiatore del film) e il regista Antonello Grimaldi. Poi è toccato alla “scabrosa” (!?) scena di sesso tra Moretti e Isabella Ferrari finita su YouTube; A tutto questo Moretti, alla conferenza stampa di presentazione del film, ha risposto hai giornalisti: “Voi ve la cantate e ve la suonate da soli. Non ci sono state liti con Grimaldi” e circa la scena di sesso ha aggiunto – “Sono cose che succedono, nella vita e nei film; non l'ho vista su Internet, non so ancora usare il computer. Mi sembra una scena riuscita, e non ricordo nemmeno come l'abbiamo girata", aggiunge l'attore-regista.
Caos calmo è quello che Pietro Paladini ha nel cuore da quando è morta sua moglie Lara.
Un uomo in apparenza realizzato, soddisfatto, con un buon lavoro gratificante, una donna che lo ama e una figlia di dieci anni. Ma un giorno, accade l’imprevedibile, e tutto cambia. Lara, la donna che tra pochi giorni sposerà, muore improvvisamente in un giorno d’estate. Lui però non è con lei, in quel momento è in mare e sta salvando la vita a un’altra donna, una sconosciuta. Sua figlia Claudia ha dieci anni e frequenta la quinta elementare. Pietro la accompagna il primo giorno di scuola e decide improvvisamente di aspettarla lì fino alla fine delle lezioni. Anche il giorno seguente rimane lì e il giorno dopo ancora. Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, Claudia, aspetta che il dolore arrivi e per lui comincia l'epoca del risveglio, del risanamento, tanto folle nella premessa quanto produttiva nei risultati. Scoglie chimicamente l’oggi, ricava spazi, avanza sperimenta, ricerca, scava dentro di se. Osserva il mondo dal punto in cui si è inchiodato e scopre poco a poco il lato nascosto degli altri. I suoi capi, i colleghi, i parenti, tutti accorrono da lui per consolarlo: invece gli raccontano il loro dolore fino ad arrendersi davanti alla sua incomprensibile calma. Ma dopo il caos calmo per Pietro comincia il tempo del risanamento.
Il film, di cui moretti ha creato la sceneggiatura assieme a Laura Paolucci e Francesco Piccolo, è sicuramente meno intenso del libro, e regala alla storia una sorta di leggerezza funzionale, che non guasta affatto. Nanni Moretti crea un personaggio forse diverso da quello immaginato tra le righe del libro di Veronesi, forse più “morettiano” (come si è detto in conferenza), ma comunque molto gradevole e vero. Tra tutti spicca comunque la bella interpretazione di Alessandro Gassman, nel ruolo del fratello del protagonista. Brillante, divertente e misurato al punto giusto; lui è moretti risultano funzionare alla perfezione e regalano momenti di grande cinema nelle loro scene insieme, tant’è che qualcuno ha avanzato la proposta “Moretti - Gassman”, nuova coppia per il prossimo cinepanettone 2008…ve lo immaginate: “Natale al nuovo cinema Sacher”!? Insomma un film ben fatto, ben diretto (anche se in certi pochissimi punti è un po’ fiction), con un gran bel cast. Che dire poi delle bellissime musiche. Una su tutte gli strepitosi Radiohead con Pyramid Song; Rufus Wainwright con Cigarettes and Chocolate Milk; Your Ex-Lover is Dead degli Stars e l'inedito, L'amore trasparente, composta appositamente per il film da Ivano Fossati, e la voce dei titoli di testa di Giuliano Sangiorgi, cantante dei Negramaro.
E di "morettizzazione" del film parlano i giornalisti al termine della proiezione questa mattina a Roma. Il protagonista Pietro Paladini/Nanni Moretti prende a prestito ossessioni, tic e tabù del Michele Apicella di tanti film del regista romano, sin dall'ormai mitico esordio Io sono un autarchico, 32 anni fa. Alla provocazione del termine “morettiano”, L’attore risponde, dopo una breve riflessione (in suo perfetto stile): "Non so cosa sia morettiano e cosa non lo sia... ma il termine mi suona male".
Lo humour ansiogeno che ha fatto del morettismo una bandiera generazionale emerge prepotente, durante il film e anche in conferenza stampa. "Ho l'impressione di aver fatto da spalla a tutti gli altri personaggi", riflette Moretti, regalando spazio alle ottime interpretazioni di Valeria Golino, Alessandro Gassman, Isabella Ferrari, Blu Yoshimi e due attori francesi di calibro come Hippolyte Girardot e Denis Podalydès (più una magnifica apparizione-lampo di Roman Polanski). Poi, polemicamente, tira fuori dalla tasca due ritagli di giornale il primo di sole due righe e uno molto più ampio e dice:''sono due ritagli di uno dei più grandi giornali italiani. Il primo, di due righe, parla della partecipazione di 'Caos Calmo' a Berlino, mentre questo più grande della scena di sesso'' .
''Non banalizziamo tutto - dice invece la Ferrari -. E' stato molto più faticoso per me fare la scena dell'annegamento, dove ho anche rischiato di annegare realmente e nessuno se n’è accorto (ride, ndr). La scena di sesso io e Nanni l'abbiamo affrontata con spirito Zen. Quello che facevamo era andare dopo ogni scena al monitor per vedere se eravamo stati troppo volgari'' .
Antonello Grimaldi, espone così la sua posizione a riguardo: "E' una scena importante, che è stata inserita in sceneggiatura perché rappresenta il ritorno alla vita di Pietro Palladini. C'è un primo passo che è quello di ritornare alla casa al mare dove la moglie è morta e poi c'è il sesso. Ci è anche stato chiesto perché Eleonora, il personaggio di Isabella Ferrari, arriva così all'improvviso e scatta questa attrazione tra i due... E questo avviene proprio perché stiamo parlando di una scena di sesso non d'amore, anche un po' violenta. Ci tenevamo molto a sottolineare che l'amore va costruito mentre il sesso può arrivare all'improvviso. Come improvvisa è la guarigione di Pietro".
Ovviamente Moretti viene stuzzicato anche sulla caduta del governo prodi e glissa. Alla domanda se di fronte alla crisi di oggi, lui preferirebbe tornare all'impegno dei Girotondi o, al contrario, come fa il suo personaggio nel film di Grimaldi, mettersi in una panchina a elaborare il lutto, replica misurando le parole:''parlando non come cittadino, ma come sceneggiatore e regista, probabilmente mi metterei su una panchina a cercare di mettere ordine, ma non riesco, per ora, neppure a trovare la panchina su cui riordinare quello che succede oggi''.
Molto bello nel film è il confronto tra due delle donne che ruotano intorno al protagonista. Eleonora, il personaggio interpretato dalla Ferrari, e Marta (la cognata di Pietro) interpretata da Valeria Golino sono due donne che, a vedersi, sono estremamente diverse, ma in comune sono due donne sole. Così la Ferrari descrive il suo personaggio: "Eleonora è una donna sola che non ha mai conosciuto l'amore e che ha vissuto con una facilità di mezzi, economici, niente altro. Parla poco. Ho letto le poesie di Umberto Saba per avvicinarmi a lei". Valeria Golino: "Anche Marta è una donna sola. Nonostante sia piena di figli, amanti, ex-fidanzati e reagisce nel modo opposto di Eleonora, parla in continuazione. Deve vomitare il suo disagio, deve tirarlo fuori, e lo fa molto spesso con Pietro. Dice tante sciocchezze ma è anche una sorta di 'grillo parlante' perché nella sua spudoratezza dice a Pietro delle verità atroci che lui non vuole sentire. Funziona un po' come coscienza sopita del personaggio. "Tua moglie è morta e tu non soffri. Non soffri perché non l'amavi". E' una frase terribile, crudele, secca. Ma anche vera".
E cosa ne pensa Sandro Veronesi, autore del romanzo, del film? "Sono commosso, emozionato da quello che ho visto. Bisogna trovare il cinema dentro un romanzo quando lo si porta sul grande schermo. Il problema è che, molte volte, si perde il romanzo. Qui con la semplicità hanno trovato tutto quello che c'era da trovare e sono riusciti a renderlo in immagini e dialoghi. La scena, ad esempio, dei genitori che vanno a prendere i figli a scuola, occupa una riga nel romanzo... avrei anche potuto non scriverla. Mentre come è stata girata nel film, non solo è emozionante e bellissima, ma anche essenziale. Da pippa come sceneggiatore capisco che hanno fatto un gran bel lavoro e che la semplicità è l'arma risolutiva".
Caos calmo
Un film di Antonello Grimaldi.
Con Nanni Moretti, Valeria Golino, Isabella Ferrari, Alessandro Gassman, Kasia Smutniak, Silvio Orlando, Blu Yoshimi, Hippolyte Girardot, Denis Podalydes, Charles Berling, Alba Caterina Rohrwacher, Manuela Morabito, Roberto Nobile, Babek Karim e con Roman Polanski nel ruolo di “Stainer”
Genere Drammatico, colore
Produzione Italia 2007, Domenico Procacci (che ha prodotto il film con Fandango insieme a Rai Cinema)
Distribuzione 01 Distribution
Uscita: venerdì 8 febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
31 Gennaio 2008
“Non è un paese per vecchi”, il nuovo film dei fratelli Coen.
I Coen, in chiave morale, analizzano la gratuità del male e l' orrore della provincia americana, dove avidità e violenza la fanno da padrone. Eppure qualcosa non convince…
Candidato all'Oscar come miglior film, miglior regia e miglior attore non protagonista. Il film in questione è “Non è un paese per vecchi”, la regia è della premiata ditta dei fratelli Coen, e il miglior attore non protagonista è Javier Bardem in stato di grazia. E’ uno dei film più attesi dell’anno, e vede nel cast otre il primo spagnolo ad essere stata candidato all’scar come miglio attore per il film “prima che sia notte” (2000), anche altri due professionisti di calibro quali Josh Brolin, Tommy Lee Jones.
La tentazione, una brutta bestia. Ed è proprio questa bestia a creare il filo conduttore del nuovo film dei fratelli Coen («Crocevia della morte», «Fargo», «Il grande Lebowski»). Llewelyn Moss (Josh Brolin) trova, in una zona desertica, un camioncino solitario, circondato da cadaveri. Il carico è di eroina e in una valigetta ci sono ben due milioni di dollari. Che fare? Llewelyn è una persona onesta ma tutto quel denaro, li, a sua disposizione in una volta sola, è una tentazione troppo forte. Decide di cedere alla tentazione e di prendere quel denaro. Ma quello e solo l’inizio di tutto ciò che non ti aspetti mai che nella vita ti possa succedere. Prende il via una folle reazione a catena che neppure il disilluso sceriffo Bell (Tommy Lee Jones), che incarna un esistenzialista patriarcale, può riuscire ad arginare. Moss deve fuggire, in particolare, le 'attenzioni', per nulla disinteressate di un sanguinario e misterioso inseguitore psicopatico (Javier Bardem). Insomma ad un certo punto ci si trova di fronte alla perdita di ogni logica ma anche alla convinzione di vivere in un mondo dominato dalla violenza e dall’avidità, sovrane sopra ogni cosa.
E’ Ispirato al romanzo del Premio Pulitzer Cormac McCarthy, uno dei più grandi scrittori in circolazione, il nuovo film dei fratelli Coen divenuti ormai un marchio di fabbrica. Eppure i conti non tornano. Che cosa fa di Non è un paese per vecchi un grande film? La sceneggiatura, che conserva infatti fedelmente monologhi e dialoghi, punto di forza del romanziere, asciutti e pieni di tenerezza e/o disperazione. Che cosa è però che non fa tornare i conti e lascia il latente sospetto che Non è un Paese per vecchi, sia un capolavoro mancato? L'assenza di profondità. Lì dove il romanzo è un apologo sul bene e sul male, una riflessione metafisica sulla violenza, il film è un onesto thriller in cui gli ammazzamenti si susseguono. C'è un killer psicopatico, divinamente interpretato da Javier Bardem, e uno sceriffo che non se la sente più di continuare il suo mestiere, ma la follia del primo rimane appunto follia, e il farsi da parte del secondo, nient'altro che stanchezza. Al contrario, il libro “Non è un paese per vecchi” racconta molto bene perché un uomo che ha speso la sua vita dalla parte della giustizia dica a un certo punto basta.
I Coen, in chiave morale, analizzano la gratuità del male e l' orrore della provincia americana (il film è ambientato nel Texas, nel 1980) ma qui la forza dell' assunto si stempera lungo una linea narrativa che finisce nella meccanicità, tra esplosioni improvvise di violenza e compiaciute pause per ironizzare sulla stupidità umana. Ethan e Joel, non si fermano alla coreografia raffinata della violenza. Non si accontentano di ironizzare. Non gli basta mostrare quanto sono bravi a suscitare il riso dinanzi a un uomo che muore. Non è questo il loro scopo. Ciò che per loro conta è riuscire a mettere in rilievo anche solo una scintilla di umanità in un mondo che sembra governato dalla follia. Si, è vero, si vede con piacere, è geniale e conferma la grandezza dei Coen, ma a circa mezz'ora dal finale la tensione si allenta, i dettagli sfuggono o diventano farraginosi e dai due fratelli così geniali ti aspetti molto, molto, ma molto di più. L'anima di Bell, l'eroe alla fine disarmato di questa storia, non è altro che una certa idea di civiltà, fatta di tradizioni, rispetto, valori, ma nulla più. Insomma si ha la sensazione che naturalmente i fratelli Cohen hanno letto il libro e l' hanno disegnato bene dal punto di vista cinematografico, ma non lo hanno ben capito.
Non è un paese per vecchi
(No Country for Old Men)
Un film di Ethan Coen e Joel Coen.
Con Josh Brolin, Tommy Lee Jones, Woody Herrelson, Javier Bardem, Stephen Root, Kelly MacDonald, Beth Grant, James Brolin, Barry Corbin, Jason Douglas, Garret Dillahunt.
Genere Thriller, colore
Produzione USA 2007.
Distribuzione Universal Pictures
Uscita in Italia: 22 Febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
29 Gennaio 2008
“P.S. I love you”, film strappalacrime con Hilary Swank e un cast di volti noti delle serie tv del piccolo schermo, il tutto per la regia di Richard LaGravanese. Un inno alla speranza.
Richard LaGravanese, autore de La leggenda del re pescatore e de I ponti di Madison County, è uno che di emozioni e di sentimenti se ne intende; con la regia di questo suo nuovo film PS I love you, una cospicua dose di lacrime è assicurata, e mette in scena una commedia romantica e anche un po’ drammatica, che colpisce al cuore. Protagonista della pellicola è il premio Oscar Hilary Swank, circondata da uno stuolo di volti noti del piccolo schermo.
Riscoprire la propria vita dopo una tragedia che l'ha distrutta, è possibile? Holly Kennedy (Hilary Swank) è bella, intelligente e sposata con l’amore della sua vita, un appassionato, divertente e impetuoso irlandese di nome Gerry (Gerard Butler). Così, quando la vita del marito viene bruscamente interrotta da una grave malattia, anche l’esistenza di Holly diventa vuota. L’unica persona che sarebbe in grado di aiutarla non è più con lei, perché nessuno conosce Holly meglio di Gerry. Per fortuna, lui ha pianificato tutto in anticipo.
Infatti, prima di morire, Gerry ha scritto a Holly una serie di lettere che la aiuteranno non solo a superare il suo dolore, ma anche a riscoprire se stessa. Il primo messaggio arriva per il trentesimo compleanno di Holly accompagnato da una torta e, con suo grande shock, da una cassetta registrata da Gerry, che le ordina di uscire e di “festeggiare se stessa”. Nelle settimane e nei mesi seguenti, altre lettere di Gerry vengono consegnate in maniera sorprendente, ognuna delle quali la coinvolgerà in una nuova avventura, ma tutte saranno firmate allo stesso modo: P.S. I Love You.
La madre di Holly (Kathy Bates) e le sue migliori amiche Denise (Lisa Kudrow) e Sharon (Gina Gershon), iniziano a preoccuparsi che le lettere di Gerry mantengano Holly legata al passato, ma, in realtà, ognuna di esse la spinge avanti verso un nuovo futuro. Con le parole di Gerry come guida, Holly si imbarca in un toccante, eccitante e spesso esilarante viaggio di riscoperta, in questa storia sul matrimonio, l’amicizia e su come un amore così forte possa trasformare la fine rappresentata dalla morte in un nuovo inizio per la vita.
Oltre la due volte vincitrice del Premio Oscar Hilary Swank (Million Dollar Baby, Boys Don’t Cry), a Gerard Butler (300), e alla vincitrice del Premio Oscar Kathy Bates (Misery non deve morire), si cerca di conquistare il pubblico, con un cast ricolmo di volti delle serie tv di grido degli ultimi anni: Lisa Kudrow (la serie televisiva Friends), Harry Connick Jr. (Bug, il telefilm Will & Grace), Gina Gershon (la serie Ugly Betty), Jeffrey Dean Morgan (il telefilm Grey’s Anatomy).
La squadra creativa dietro le quinte vedeva impegnati il direttore della fotografia Terry Stacey (Il diario di una tata), lo scenografo Shepherd Frankel (Step Up), il montatore David Moritz (Freedom Writers), l’ideatrice dei costumi Cindy Evans (North Country – Storia di Josey) e il compositore John Powell (The Bourne ultimatum - Il ritorno dello sciacallo).
“Amo le storie che mi ricordano quello che è importante nella vita”, sostiene Hilary Swank, la protagonista di P.S. I Love You. “Penso che questa pellicola spinga a tenerci stretti i nostri cari e a non darli mai per scontati, perché non si può mai sapere cosa ci riserva il futuro. Parla anche del potere dell’amicizia e della famiglia… e forse ci invita anche a non prendere la vita troppo sul serio”, rivela l’attrice.
Lo sceneggiatore e regista Richard LaGravenese afferma: “le mie storie preferite sono un misto di dolce e amaro, perché si ride, si piange e ti emozioni. E’ proprio com’è la vita, non c’è solo una cosa o l’altra, perché la vita reale è un po’ confusa. Io voglio realizzare dei film che riflettano questa situazione”.
P.S. I Love You ha avuto inizio con il romanzo omonimo dell’autrice irlandese Cecelia Ahern, che aveva solo 21 anni quando ha scritto il suo libro sull’amore, la perdita e la speranza, poi diventato un bestseller internazionale.
Le storie d'amore al confine tra la vita e morte, sono un cult del cinema mondile, e di esempi strappalacrime ne abbiamo innumerevoli, solo per citarne qualcuno: Ghost, Always di Steven Spielberg, City of Angels. Tra le cose più dolore che possano accadere ad un essere umano, c’è sicuramente quella della perdita di un amore a seguito del fato (come la morte).
Guardando il film, viene naturale solidarizzare con la protagonista devastata dal dolore. Hilary Swank (Holly) ha vinto per due volte l’Academy Award come miglior attrice protagonista. Si è aggiudicata il suo primo Oscar per il ruolo di Brandon Teena nella pellicola drammatica del 1999 Boys Don’t Cry. Grazie allo stesso film, ha vinto anche il Golden Globe e il Critics’ Choice Award. Inoltre, la National Board of Review ha riconosciuto il lavoro della Swank con il premio alla performance di maggiore impatto dell’anno. Nel 2005, la Swank si è aggiudicata il suo secondo Academy Award grazie alla pellicola di Clint Eastwood, vincitrice dell’Oscar per il miglior film, Million Dollar Baby, al fianco di Morgan Freeman e dello stesso Eastwood. Inoltre, ha ottenuto per la seconda volta il Golden Globe.
Nonostante il bagaglio di premi incassati dall’attrice, in questo caso, pur facendo bene il suo mestiere, rimane a tratti poco convincente, forse perché forte di una sceneggiature che colpisce nel segno. Per nulla credibile è anche l’amicizia con Gina Gershon e Lisa Kudrow (entrambe ottime professioniste). Tale è però, il coinvolgimento e l’emozione che il film riesce a creare, che quasi questi aspetti passano in secondo piano.L’unico raporto credibile e quello madre figlia (Bates/Swank) Un prodotto che inneggia alla speranza, e al coraggio necessario a rialzare sempre la testa, ma ci si pensa solo dopo, perché durante tutto il film le lacrime scorrono abbondanti, e la storia riesce comunque a conquistare il pubblico.
P.S. I Love You - Non è mai troppo tardi per dirlo
(P.S. I Love You)
Un film di Richard LeGravenense
Con Hilary Swank, Gerard Butler, Kathy Bates, Lisa Kudrow, Harry Connick Jr., Gina Gershon, Jeffrey Dean Morgan, James Marsters.
Genere Commedia, colore 126 minuti.
Produzione USA 2007.
Distribuzione 01 Distribution
Uscita in Italia: venerdì 1 Febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
29 Gennaio 2008
Cloverfield: un film “rapido”, con tanti effetti speciali e troppe banalità.
Alla vigilia della sua partenza per il Giappone, Rob ha organizzato una festa di arrivederci, nel corso della quale intende rivelare ai suoi amici ciò che realmente pensa di loro, per dare voce ai suoi sentimenti più intimi e per recidere legami irrisolti. Il suo piano, però, va a monte per via di un evento totalmente imprevisto: nel corso della festa gli invitati ammutoliscono quando la televisione annuncia che è in corso un violento terremoto. Quindi tutti si precipitano sul tetto per valutare i danni del sisma. Una palla di fuoco esplode in lontananza. Salta la corrente. La confusione si trasforma in panico e gli invitati si riversano caoticamente in strada. Fra grida umane e boati disumani, Rob e i suoi amici si fanno largo in un paesaggio irriconoscibile, che è stato fagocitato da qualcosa di soprannaturale, di terrificante, di mostruoso…
Eseguito da un trio di veterani della televisione, il produttore J.J. Abrams, lo scrittore Goddard e il direttore Matt Reeves, Cloverfield timbra il cartellino a 84 minuti, un tempo di marcia che include i titoli di coda finali. Il film si muove relativamente veloce. I registi richiamano efficacemente paure contemporanee, scongiurando immagini scolpite nella moria che riportano direttamente all’undici settembre 2001. Un terremoto scuote il palazzo in cui si svolge la festa tutto sembra condurre ad altro, ed invece il motivo di tanto terrore si rivela essere una creatura, una bestia enorme, un rettile con la capacità di ridurre in briciole un grattacielo, nel giro di pochi secondi. Tutto si svolge rapidamente, in altri film ci si mete tempo prima di svelare il mostro, ma in Cloverfield, tutto e molto rapido, così come il mostro che vuole inghiottire la Grande Mela.
Si hanno pochissimi minuti iniziali per capire i caratteri dei personaggi: i protagonisti del film, se pur tutti molto belli, non si possono invece definire altrettanto bravi. Non sono volti noti del cinema, e il vantaggio sta nel fatto che assegnare le parti a facce poco famigliari, fa si che l’ordine nel quale dovranno cadere le inevitabili vittime, non è così chiassosamente ovvio come in un film con grandi nomi, dove l’imbeccata dei “caduti” è ovvia.
Una delle grandi paure su cui il regista gioca non è solo quella dell’attacco alla città, ma anche e soprattutto quella di restare soli. Il film cresce rapidamente e si aggroviglia; un po’ di eccessi e una urgenza a volte dannosa nel tenere il ritmo, fa si che la brevità del film, se bene ammirabile sotto certi versi, da la sensazione che sia più dovuta all’esaurimento delle idee. Alla fine si rimane con la sensazione che troppe siano state le banalità e banalizzazioni che portano al finale che spezza completamente la suspance.
Cloverfield
Un film di Matt Reeves.
Con Lizzy Caplan, Jessica Lucas, T.J. Miller, Michael Stahl-David, Mike Vogel, Odette Yustman.
Genere Azione, colore 85 minuti.
Produzione USA 2008.
Distribuzione Universal Pictures
Uscita in Italia: Venerdì 1 Febbraio
Maria Antonietta Amenduni
27 Gennaio 2008
“Tutta la mia vita in prigione” Un film documentario di Marc Evans. La storia di Mumia Abu Jamal, nel braccio della morte da 25 anni
Lo avevamo visto al Roma Film fest 2007 nella sezione extra, ora esce nelle sale venerdì 8 febbraio, il film documentario In Prison My Whole Life (Tutta la mia vita in prigione). In quell’occasione, alcuni lo avevano definito un documentario antiamericano, e invece è un vero tributo d'amore alla patria della democrazia. Un grido d’amore, ma soprattutto un allarme che il regista Marc Evans, gallese, già autore di Resurrection Man e Snow Cake, lancia perché si preservino i principi che hanno reso grandi gli Stati Uniti.
Il 9 dicembre 1981, mentre in Inghilterra veniva alla luce William Francorne, a Philadelphia, un uomo veniva arrestato per il presunto omicidio di un poliziotto. L'uomo era Mumia Abu Jamal. Wesley Cook, questo il vero nome di Mumia, afro-americano, nato a Filadelfia nel 1954, fu giovanissimo "ministro dell'informazione" delle Black Panther, un movimento che si batteva, anche con l'uso della violenza, per l'emancipazione della minoranza nera. Un giornalista e attivista politico di colore che ad oggi è rinchiuso nel braccio della morte nonostante le accuse contro di lui non siano mai state accertate.
Mumia, per sbarcare il lunario, fa anche i tassista. Una notte, succede qualcosa di inaspettato, quel qualcosa che gli cambierà la vita, anzi l’esistenza. E’ il 9 dicembre 1981, Mumia si trova ad assistere per caso a una discussione tra suo fratello e un poliziotto, Daniel Faulkner. In seguito a una colluttazione l'agente Faulkner muore,ucciso da uno o più colpi di pistola, Mumia viene trovato steso a terra, ferito, il fratello di Mumia tremante, in stato di shock. Il processo dura sei mesi in un clima di aspre contestazioni e si conclude con la condanna a morte di Mumia, rinviata numerose volte, ma in attesa di esecuzione.
È la voce fuori campo di Mumia Abu Jamal in persona a introdurci al documentario che, attraverso la persona di William Francorne, ne narra la vita. Partendo dal penitenziario dove Mumia è incarcerato, il giovane inglese fa un viaggio indietro nel tempo nella Philadelphia dei feroci anni '60, '70 e '80, quando la polizia bombardava con gli elicotteri i sobborghi abitati dagli esponenti del gruppo radicale Move per ripulire la città.
«Le domande attorno a cui ruota la questione sono tre – spiega Evans –: la giuria fu scelta su base razziale, fu influenzata, il giudice era razzista?». Il documentario è un appassionante reportage sul caso attraverso una doppia lente, quella di un ragazzo, William Francome, cosceneggiatore del lavoro, nato lo stesso giorno in cui fu commesso l'omicidio Faulkner, (da qui il titolo In prigione tutta la mia vita), e quello di Evans, vent'anni più vecchio.
Lungo il percorso socio-politico - che finisce per sfiorare persino le polemiche sollevate sul modus operandi del Governo a New Orleans - il regista Marc Evans, con lucidità e prove alla mano, mostra come sia stato manipolato il processo per mettere a tacere per sempre "la voce dei senza voce". Sebbene Mumia sia il protagonista (oscurato) del documentario - In Prison My Whole Life posa il suo sguardo su un paese di contraddizioni dove il sogno tanto declamato può svanire di fronte al colore della pelle e all'appartenenza politica, dove una sporca ingiustizia può cambiarti per sempre l’esistenza.
L'inchiesta di Evans rappresenta l'America nera degli emarginati ed è necessaria non solo a fare luce sul caso di Mumia Abu Jamal ma anche a ricordare tutti gli innocenti condannati ingiustamente e i caduti in terra democratica. Ravvivato da una grafica geniale quanto funzionale alla narrazione (realizzata dalla Foreign Office) e dalle canzoni di Snoop Dogg e le musiche di Davidge e Del Naja dei Massive Attack, il documentario che vede Colin Firth alla produzione e Amnesty International alla paternità (è il primo film che adotta), è un ritratto intenso e sconvolgente di un'America terra di menzogne e ipocrisia.
Mumia, la voce dei senza voce, come viene chiamato negli States, cosa pensa del film? Ecco cosa aveva detto il regista in occasione dell festa del cinema di Roma «Ci ha dato il suo appoggio, ma le norme del carcere gli impediscono di vedere il nostro lavoro. La cosa più bella sarebbe che un giorno potesse commentarlo con noi. Vorrebbe dire che la sua situazione giudiziaria sarebbe cambiata».
Tutta la mia vita in prigione (In Prison My Whole Life)
Un film di Marc Evans.
Genere Documentario, colore 94 minuti.
Produzione Gran Bretagna 2007
Distribuzione Fandango
Uscita in Italia: venerdì 8 Febbraio
Maria Antonietta Amenduni
27 Gennaio 2008
“Sweeney Todd”, il nuovo capolavoro di Tim Burton, con un folle/geniale Johnny Deep.
Ispirato a fatti realmente accaduti, macabro e sconcertante, ma con tutto il fascino dell’interpretazione di Johnny Deep, Sweeney Todd., il nuovo film-musical del genio di Tim Burton, ha già incassato due premi ai Golden Globe: Miglior film commedia o musical e Miglior attore in una commedia. Nel romanzo ha una bocca enorme, mani grandissime e, ribelle al suo stesso mestiere, una capigliatura cosi folta da renderlo più simile a un cespuglio che a una persona. Queste sono le caratteristiche del personaggio nel libro ora tradotto per la prima volta in italiano dalla Newton Compton e in uscita il 24 gennaio con il titolo di Sweeney Todd; nel film però Johnny Deep, ricorda molto di più “Edward mani di forbice”, film da lui interpretato nel 1990, insieme all’allora fidanzata Winona Ryder e sempre diretto da Tim Burton.
Deep, che con questo ruolo si è anche guadagnato la nomination all’Oscar 2008, come miglior attore, interpreta Il diabolico barbiere di Fleet Street – collegata alla figura del primo serial killer della contemporaneità. Un'immagine diversa da quella assicurata dal volto di Johnny Deep: una storia macabra, che mitiga la gesta del protagonista facendolo agire sulla scia di un movente nobile come la vendetta e non, come nel libro dedicato al barbiere-assassino, soltanto per sete di denaro.
Scritto tra il 1846 e il 1850, Sweeney Todd ha una genesi complessa come la vita del personaggio che ha ispirato il romanzo. Secondo le ultime ricerche, dietro il barbiere di Fleet Street ci sarebbe un ragazzo nato a Londra nel 1785 e rimasto orfano all'età di dodici armi. La formazione dell'assassino si compie tra la bottega di un coltellinaio, dove entra come apprendista, e il carcere di Newgate in cui, accusato di furto, Sweeney sconta la pena imparando a regolare la barba e i capelli degli altri detenuti. Tornato in libertà, Sweeney Todd è pronto a esercitare il mestiere in una bottega di Fleet Street. Stando alla tradizione, è in questi locali che si compie l'abominio. Perché Sweeney pensa di arrotondare le sue entrate derubando gli avventori grazie a una poltrona da barbiere assolutamente speciale. Un meccanismo segreto, infatti, consente all'assassino di reclinare la sedia che, girando su se stessa, precipita le sue vittime contro il pavimento dello scantinato, causando ai malcapitati la rottura dell'osso del collo. Mentre il barbiere monetizza qualunque oggetto, resta il problema di trovare il modo di sbarazzarsi dei loro corpi. Ed è qui che entra in scena la signora Lovett, titolare di un negozio di meat pie: pasticci di carne avvolti da soffice pastafrolla. Sweeney Todd, insieme alla sua complice, sarà condannato a morte nel 1802, ma l'eco delle sue imprese, mezzo secolo dopo, diventa la base su cui costruire un successo editoriale senza precedenti.
Nel film di Burton, lo scopo del sanguinario barbiere, non è pero quello economico, ma èuna vendetta nei confronti della società: smascherare le ipocrisie della società vittoriana facendosi metafora di una rivoluzione industriale che, dopo aver trasformato le persone in merce, non ha più nessun'altra alternativa se non quella di divorare se stessa. Dall'avvento della macchina a vapore in poi, in effetti, tutto può essere prodotto in serie, commercializzato e magari fatto a pezzi. Proprio come faceva Sweeney Todd, quando smembrava con il rasoio i corpi delle vittime e li dava alla signora Lovett per preparare i suoi manicaretti.
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Ispirato si ad una storia vera, ma comunque un film di fantasia…e che film! La parte musicale, è scritta invece dalla vivace penna di Stephen Sondheim. Musical e fantasia: è dura pensare a due generi più ottimistici di arte popolare, eppure, da questa commistione, nasce un piccolo gioiello di cinematografia da non perdere. Gotico e grottesco, crudele nei suoi effetti e radicale nella sua misantropia, esprimendo incredibilmente e rigorosamente una prospettiva pessimistica della natura umana. Un film, molto vicino ad un capolavoro, merito del “cattivo” genio di Burton, e del “folle” Deep.
C’è anche un po’ di Italia in questo film: le scenografie, un’opera d’arte maestosa, sono di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, che hanno ottenuto, meritatamente la nomination all’Oscar.
Sweeney Todd
Un film di Tim Burton.
Con Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Timothy Spall, Anthony Stewart Head.
Genere Musical, colore
Produzione USA 2007
Distribuzione Warner Bros
Uscita in Italia: venerdì 22 febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
21 Gennaio 2008
“La guerra di Charlie Wilson”. Il regista Mike Nichols offre un film divertente e grottesco, ma poco graffiante.
Un cast stellare composto da Tom Hanks, Philip Seymour Hoffman, Julia Roberts, racconta la storia del deputato americano che negli anni '80 ha finanziato l'invio di armi ai mujahidin.
La maggior parte dei recenti film visti sulle guerre in Afghanistan ed Iraq ci ricordano diligentemente quello che un conflitto può essere e provocare. Chiaramente tutte le guerre sono terribile, ed è fondamentale che in un film che tratta l’argomento, cio passi in modo chiaro e convincente. Prendiamo la guerra fredda, argomento trattato, da una storia vera, nel nuovo film di Mike Nichols, “La guerra di Charlie Wilson”, con un cast stellare composto da Tom Hanks, Philip Seymour Hoffman, Julia Roberts. Una lotta al crepuscolo lunga (come la definì John F. Kennedy) che ha portato il mondo all'orlo dell'annientamento e pure una persistente fonte di tensione, ansia che fece tremare centinaia di milion di persone in tutto il mondo.
La storia vera di Charlie Wilson, il deputato americano che negli anni '80 ha finanziato l'invio di armi ai mujahidin, per respingere l'invasione sovietica dell' Afghanistan. Amante di donne, alcol e cocaina, Wilson riuscì attraverso un'improbabile alleanza tra il Mossad israeliano, l'Egitto e il Pakistan a far avere alla resistenza afgana ciò di cui aveva più bisogno: armi e bazooka per abbattere gli elicotteri russi.
L’argomento di recente, va di moda nella cinematografia mondiale. Come osserva il film, quella lotta nella quale gli Stati Uniti armarono semi-segretamente combattenti di libertà antimperialista musulmani per molti degli anni ottanta, era un prequel delle agitazioni di qualche anno dopo dei terroristi islamici ed anti-occidentali in Afghanistan ed altrove.
E’ nelle sale in questi giorni anche “Leoni per agnelli”. Mentre Redford si lancia contro la politica americana in modo più didascalico ma caustico, Nichols (Closet, Wolf, A proposito di Henry, Angels in America), con il supporto alla sceneggiatura di Aaron Sorkin, punta sulla farsa e sull’ironia, sulle battute, che un americano accetterebbe solo da se stesso. In ogni caso, entrambi i film sembrano condividere un punto di vista, quello di mostrare una strategia estera americana trattata spesso un po' a caso, per motivi interni e spesso per ignoranza circa argomenti che invece sono di vitale importanza.
Geniale ed esplicativa la battuta di Tom Hanks: “Quando a dirti che hai un carattere difficile, è uno che per salire al potere a fatto impiccare il suo predecessore in un colpo di stato, allora hai toccato il fondo!” Holliwood mette dunque in luce gli aspetti più sconclusionati della politica, esibendo una sfiducia nelle istituzioni dal sapore di campagna elettorale, comunque efficace nel dissacrare quei monumenti intoccabili e ingiudicabili dell'autorità trattati spesso con estrema (in certi casi a tratti ridicola) reverenza (la CIA, il Congresso).
Il personaggio protagonista del film lo consentiva eTom hanks, seppur poco adeguato al ruolo del deputato donnaiolo ed amante della bella vita, crea un personaggio forse non vicinissimo al reale, ma efficace ed esplicativo, interpretando in modo brillante il politico/giullare, dedito alla causa Afgana. Piacevole è anche la platinatissima Julia Roberts (con i capelli tinti dello stesso colore della statuetta dell’oscar!) e dell'ottimo e sempre sorprendente Philip Seymour Hofmann, vera perla del film, nelle sale in questi giorni anche con “La famiglia Savage”.
Un film leggero e dissacratorio, simpatico, divertente ma per nulla graffiante. La regia è perfetta nelle situazioni grottesche e comiche, mentre risulta pedante e ripetitiva nelle scene politiche. Risulta forzata la volontà che lo spettatore comprenda tutto quello che viene trattato nel film e ciò può essere utile per chi magari si accinge a vedere il film senza una adeguata cognizione di causa, mentre certi altri aspetti della storia sembrano passare inosservati. Poco adeguati al tono dissacratorio del film, sono gli “sbrodolamenti” di carattere umanitario, del genere, “quando vogliamo sappiamo essere bravi e buoni”, per poi trattare sbrigativamente il punto essenziale che quegli stessi mujahidin si sono ritorti contro l'America stessa. Il film che pur tutta via risulta ben fatto, pecca però nell’essere una parodia cattiva ma non incisivamente graffiante, divertente e con ottimi tempi da commedia d’altri tempi, motivo per il quale il film merita attenzione. Altro motivo per non perdersi questo film è l’interpretazione regalata dal poliedrico e geniale Philip Seymour Hoffman.
Il film era candidato ai Golden Globe 2008 come miglior film, attore protagonista (Tom Hanks), attore non protagonista (Philip Seymour Hoffman), attrice non protagonista (Julia Roberts), e sceneggiatura (Aaron Sorkin).
La guerra di Charlie Wilson
(Charlie Wilson's War)
Un film di Mike Nichols.
Con Tom Hanks, Philip Seymour Hoffman, Julia Roberts, Shiri Appleby, Amy Adams.
Genere Drammatico, colore
Produzione USA 2007.
Distribuzione Universal Pictures
Uscita in Italia: 8 Febbraio 2008
Maria Antonietta Amenduni
20 Gennaio 2008
Nastri d’argento: il 14 giugno la consegna a Taormina
Annunciate dal Sindacato dei giornalisti cinematografici le date 2008: cinquine all’inizio di maggio, prima del Festival di Cannes. Nella selezione i film usciti entro il 30 aprile.
Consegna a Taormina sabato 14 giugno per i Nastri d’argento 2008 che dal 1946 premiano il meglio del cinema italiano ed europeo. La proclamazione dei vincitori sarà preceduta, all’inizio di maggio a Roma, dall’annuncio delle candidature per le quali saranno presi in esame tutti i film italiani usciti in sala entro il 30 aprile 2008.
Le date sono state stabilite d’intesa con la Direzione generale per il cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dopo la richiesta del Sindacato giornalisti cinematografici di fissare un calendario per i premi di Interesse Culturale Nazionale come già fatto per i maggiori festival cinematografici anche nella prospettiva di favorire l’attenzione degli spettatori sull’estate al cinema.
Con la consegna dei Nastri d’argento sul palcoscenico del Teatro Antico di Taormina è previsto un intero week-end dedicato in particolare al cinema italiano e ai risultati di un’annata che i giornalisti cinematografici intendono così siglare, festeggiando i premiati e offrendo al tempo stesso all’industria e ai suoi protagonisti l’occasione per un bilancio di fine stagione, proprio alla vigilia dell’avvio del Taormina Film Fest che si aprirà la sera di domenica 15 giugno, all’indomani della consegna dei Nastri.
Maria Antonietta Amenduni
20 Gennaio 2008
Alla 58esima Berlinale si parlerà anche italiano, con il film “Corazones de Mujer”, di K.Kosoof (Davide Sordella e Pablo Benedetti), in gara nella sezione Panorama.
Grande attesa per la 58esima Berlinale che vedrà la luce tra pochi giorni. Contrariamente a quanto si direbbe dal titolo e dal nome del regista, il film Corazones de Mujer è dei due registi e produttori italiani Davide Sordella e Pablo Benedetti: “K. Kosoof” è il loro nome d'arte collettivo e in arabo vuol dire eclisse. Questo atipico film sarà presentato nella sezione Panorama della 58esima Berlinale (7/17 febbraio). Film atipico, si diceva, che narra la storia vera di un sarto travestito di origine marocchina e di una promessa sposa araba che vive a Torino e deve recuperare la verginità perduta.
Dopo il precedente Fratelli di Sangue, presentato a Venezia nel 2006, che vantava nel cast la presenza di Fabrizio Gifuni e Barbara Bobulova, il giovane regista Davide Sordella torna al grande schermo con un lavoro realizzato a quattro mani con Pablo Benedetti.
Corazones de Mujer è un insolito road movie che nasce da un incontro tra K. Koosof (Davide Sordella e Pablo Benedetti) e un sarto travestito, sullo sfondo di un locale fumoso della Torino notturna. Il bizzarro racconto, che i due registi hanno ascoltato quella notte, non poteva rimanere segreto: con macchina da presa in spalla – un po’ come si faceva ai tempi del “neorealismo” e del “free cinema” - è iniziata la ricerca del villaggio d’origine del sarto, in un viaggio attraverso l’Italia, la Spagna e il Marocco che si è trasformato presto in un viaggio alla ricerca di se stessi, in cui ognuno, in maniera diversa, si è messo in gioco.
“Nel film” – dicono gli autori – “per permettere ai protagonisti di essere più liberi di raccontarsi, vista la tematica ed il contesto, abbiamo scelto di proteggerli con una gabbia narrativa più costruita e apparentemente di finzione. Un attore può solo sempre essere se stesso, anche quando si svela nudo, senza pelle sullo schermo, proprio perché ha la possibilità di dirsi «non sono io. Sto recitando una parte». Ed è proprio quello che succede nella “finzione” quotidiana della società che circonda i protagonisti di questa storia. ‘Corazones de Mujer’ è un film sulle maschere e le apparenze che coprono la sessualità nel mondo arabo e non solo”.
Per parlare di tematiche tanto scottanti quanto attuali come l’omosessualità, le libertà dell’individuo e di come la verginità e il matrimonio vengano vissuti nel mondo arabo, Sordella e Benedetti scommettono su attori non professionisti e costruiscono questa storia con loro, durante il viaggio, sfruttando i meccanismi di finzione della sceneggiatura che loro stessi hanno scritto.
Tocco di classe nelle musiche originali create da Enrico Sabena - e presto edite dalla Warner - tese ad approfondire le personalità dei protagonisti attraverso l’uso di una varietà di stili e di commistioni etniche, intersecando linguaggi antichi con sonorità moderne, per sottolineare l’universalità del dolore, che accomuna ogni popolo della terra.
Corazones de Mujer
Regia : A film by K. Kosoof
Cast: Aziz Ahmeri, Ghizlane Waldi, Mohammed Wajid
Produzione: 011films production
Musiche: Enrico Sabena
Maria Antonietta Amenduni
16 Gennaio 2008
Festa del Cinema di Roma: risolta la prima polemica per le date; la festa capitolina si svolgerà dal 22 al 31 Ottobre.
Mancano ancora 9 mesi alla terza edizione della Festa del Cinema di Roma, e già erano iniziate le prime polemiche. Si, perchè il periodo in cui si doveva svolgere la festa capitolina, andava ad accavallarsi con le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, uno degli appuntamenti cinematografici storici del nostro Paese.
Tuppo sembra essersi risolto con l’arrivo di questo annuncio: “L’Afic (Associazione Festival Italiani di Cinema) accoglie con soddisfazione l’annuncio dello spostamento di date di Cinema. Festa Internazionale di Roma che svolgendosi così nell’ultima settimana di ottobre 2008, dal 22 al 31, non andrà più a sovrapporsi, come precedentemente paventato, a un festival storico e importante come le Giornate del Cinema Muto di Pordenone nostro associato. E’ questo un risultato dello sforzo congiunto di tanti, dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali fino al nostro Consiglio Direttivo. L’auspicio è che questa iniziativa possa aprire un tavolo di concertazione tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Afic e gli altri principali festival per giungere a un calendario di eventi il più possibile condiviso.
Siamo sicuri che questo non saranno le sole polemiche e di qui ad allora tante se ne diranno, ma intanto, per il momento, almeno questa pare essersi risolta per il meglio. Ora non resta che incrociare le dita, e augurarsi che la prossima edizione della Festa del Cinema di Roma, sia la migliore possibile. Attendiamo…intanto l’appuntamento è per l’ultima settimana di Ottobre.
Maria Antonietta Amenduni
16 Gennaio 2008
La Signorinaeffe: amori e passioni nella Torino della “marcia dei quarantamila”
Da Venerdì 18 gennaio, nelle sale il nuovo film di Wilma Labate, con Filippo Timi, Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore, Fausto Paravidino e con Giorgio Colangeli, Fabrizio Gifuni
In origine doveva essere La Signorina Fiat. Si è preferito poi optare per un meno esplicito, ma senza dubbio più allusivo Signorina Effe. F, che sta per fortuna, quella che cercavano gli immigrati arrivando a Torino, ma anche F come fine: fine dei sogni, fine di un'epoca, quella che volgeva al termine nel 1980, anno di passaggio per l'Italia e soprattutto quella Torino, che nulla ha più a che fare con la Torino di oggi.
Esce nelle sale, venerdì 18 gennaio, “La SignorinaEffe”, un film di Wilma Labate (già regista di Domenica, La mia generazione e Ambrogio), con Filippo Timi (visto di recente in Saturno contro), Valeria Solarino (La felicità non costa niente, La febbre), Sabrina Impacciatore (N-Io e Napoleone, E se domani, Manuale d’amore, The Passion, L’ultimo bacio) Fausto Paravidino (l’enfant prodige del teatro italiano), Clara Bindi, Gaetano Bruno, Luca Cusani, Marco Fubini. Nel cast altri due bravissimi interpreti Giorgio Colangeli (L’aria salata) recente vincitore del David, e Fabrizio Gifuni (La meglio goventù). E c’è un altro fresco vincitore della statuetta nella troupe: è il direttore della fotografia Fabio Zamarion, David per “La sconosciuta”.
Il film, prodotto da Bianca Film con Rai Cinema è ambientato nella Torino dei primi anni Ottanta durante il durissimo sciopero dei trentacinque giorni nello stabilimento di Mirafiori, culminato nella marcia dei Quarantamila. Al centro della sceneggiatura scritta dalla stessa Labate con Domenico Starnone e Carla Vangelista, ci sono i Martano. Ogni famiglia ha il suo cavallo dato per vincente. I Martano, una famiglia operaia di origine meridionale trapiantata a Torino, hanno Emma (Valeria Solarino). Emma è impiegata alla Fiat in un settore nuovo, quello informatico. Ha lavorato sodo fin da piccola per cancellare la sua origine e risalire la china. Ora sta per laurearsi in matematica ed è prossima a sposare Silvio (Fabrizio Gifuni), un dirigente dell’azienda torinese, vedovo, con una figlia.
E’ il settembre 1980, la Fiat annuncia che licenzierà quattordicimila operai, licenziamento che diverrà poi cassa integrazione a zero ore per 23 mila operai. Ha inizio il lungo durissimo sciopero che durerà 35 giorni. Nel clima di scontro senza quartiere tra azienda e classe operaia, Emma è sempre più attratta da un giovane militante che lavora alle presse, Sergio (Filippo Timi). E per tutta la durata dello scontro la ragazza vive un’intensa ma breve storia d’amore che toglie senso alla sua faticosissima ascesa sociale e la spinge a rompere con la famiglia, a rompere con l’uomo che vuole sposarla.
In pochi giorni Emma consumerà drammaticamente l’esperienza più importante della sua vita, fino ad arrivare a quella che rimarrà nota come la “marcia dei quarantamila”.
Mentre un’epoca si chiude e un’altra se ne apre senza promettere, per i più, niente di buono.
Il film rievoca con la cronaca di una passione improvvisa e "improbabile" secondo la stessa regista, "ma possibile in quel periodo", i 35 giorni di sciopero degli operai della. "Il 1980 è stato una pietra miliare che ci può aiutare a comprendere anche l'oggi - spiegano la regista e il cosceneggiatore Domenico Starnone-. Ha rappresentato la fine di tante cose, ha preannunciato le tensioni e le precarietà future, e ha interrotto i 12 anni di passioni collettive e personali, che ci avevano fatto vivere in un clima sensuale. Con il finale del film, volutamente sospeso, mi chiedo proprio se quell'anno ha segnato la fine degli anni ribelli, e l'inizio di quelli grigi". Secondo Starnone, la marcia dei quarantamila, che pose di fatto fine allo sciopero, "non ci ha salvato dal terrorismo, come sostiene Cesare Romiti, non rappresento' un successo per l'Italia produttiva, ma ne sancì la ripresa dei comandi da parte della Fiat e la fine degli operai come classe".
Il filo conduttore di tutta la storia è Emma, interpretata da una bravissima (e bellissima!), Valeria Solarino: "Emma persegue il sogno di affrancarsi dalla sua classe sociale, lo sgambetto della passione non la fa tornare indietro. E' una figura femminile moderna - spiega Wilma Labate -, la sua è un'identità complessa, spezzettata, lacerata, un po' come quelle delle 25enni di oggi, che essendo costrette al precariato non hanno un solo lavoro in cui identificarsi". Valeria Solarino, che non era ancora nata all'epoca dello sciopero, dice di avere in comune con il suo personaggio "la determinazione, la ricerca del perfezionismo. Emma riesce a capire prima di tutti gli altri, che la lotta di Sergio è destinata a fallire". Timi, invece, che nell'80 di anni ne aveva sei, dice di non vedere il suo personaggio "come Socrate (così l' ha definito su Repubblica l'ex sindacalista Pierre Carniti, dopo aver visto il film, ndr). E' che non ce la fa ad esprimersi con le parole, si sente fragile, e quindi aggredisce le cose”
«Per rendere l'ambientazione di quegli anni, abbiamo utilizzato principalmente materiale video dell'epoca - spiega Wilma Labate -, perché la Torino che vogliamo raccontare è troppo diversa da quella di oggi. Negli anni Ottanta era una città operaia, adesso è una città sontuosa. Non più austera, di un grigio dignitoso, ma elegante e sfarzosa. Era la città delle masse».
Affrontare oggi, a quasi trent’anni di distanza, un argomento come questo, può far incorrere nel rischio di sfociare nell’ovvietà. I picchetti fuori alla fiat, operai contro “padroni” e sindacato, classi sociali divise, l’ombra del licenziamento che si fa prepotente, il terrore della precarietà…fatti del 1980, purtroppo ancora tristemente attuali.
Certo, questo film non diventerà una pietra miliare del cinema Italiano, ma è sicuramente un buon prodotto che merita attenzione. La forza di questo film sta sicuramente nell’ottimo cast; tra la Solarino, Impacciatore, Gifuni, Timi, Colangelo e gli altri, risulta difficile trovare un attore che spicchi più di un altro. Buoni montaggio e fotografia, meno incisive le musiche (forse anche colpa di un periodo che da quel punto di vista non offriva nulla di esorbitante?).
Sceneggiatura e regia non sono sempre convincenti; Certo da lodare l’idea, ma in alcune occasioni certe scene rimangono come sospese o incompiute. E’ il caso del finale (per nulla convincente). E’ vero che come affermato dalla stessa Labate, la sensazione di sospensione, è una scelta voluta, ma forse è un po’ abusata.
La presa di coscienza di Emma che ricomincia ad inseguire i suoi sogni di carriera e di una vita borghese: la sconfitta dell'amore, collegata a quella della classe operaia, sembrano rimanere appesa ad un filo, e l’ultimo incontro tra Emma e Sergio, non sembra avere molto senso.
Ciò nonostante per buona parte del film si mantiene un buon equilibrio tra le varie sfaccettature dei caratteri dei protagonisti e delle loro prese di posizione. Magda, la sorella di Emma, porta avanti la sua ribellione, Sergio passa dalla veemenza al disincanto, Silvio viene colto da dubbi a causa del dolore per la perdita dell’amore, il padre di Emma, un bravissimo Giorgio Colangeli, difende sempre, nonostante tutto la Fiat che gli ha permesso di crescere tre figli “anche se si faticava”.
Signorinaeffe
Un film di Wilma Labate.
Con Filippo Timi, Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore, Fausto Paravidino, Clara Bindi, Gaetano Bruno, Luca Cusani, Marco Fubini, e con Giorgio Colangeli e Fabrizio Gifuni.
Genere Drammatico, colore 95 minuti.
Produzione Italia 2007.
Distribuzione 01 Distribution
Uscita nelle sale: venerdì 18 Gennaio 2008
Maria Antonietta Amenduni
14 Gennaio 2008
La famiglia Savage. Tra comico, tragico e romantico, il rapporto tra un fratello ed una sorella alle prese con la malattia del poco amato padre.
Un film che è un gioiellino della cinematografia, da non perdere.
Nanni Moretti l’ha voluto per l’apertura dell’ultimo Festival di Torino e, dopo il grande successo al Sundance, ha commosso anche il pubblico italiano. E’ “La famiglia Savage”, un film di Tamara Jenkins (L'Altra Faccia Di Beverly Hills), con Laura Linney, Philip Seymour Hoffman, Philip Bosco, Peter Friedman, Gbenga Akinnagbe.
John (Philip Seymour Hoffman) e Wendy (Laura Linney) sono un fratello e una sorella che vivono lontani e si sentono raramente, alle prese con gli stessi problemi. John è un nevrotico professore universitario di drammaturgia che vive a Buffalo. Da tempo ha rotto con la famiglia, un padre autoritario e violento che ormai vive con una compagna anziana in una cittadina da pensionati, e una sorella – Wendy – che aspira a mettere in scena i suoi lavori e che vive a New York con lavoretti da impiegata. Entrambi insoddisfatti della propria vita sentimentale e professionale si trovano all'improvviso a doversi prendere cura dell'anziano padre, non particolarmente amato da entrambi. Li avvisano che questo padre mostra i segni del morbo di Parkinson: non li riconosce, ha disimparato a vestirsi, non riesce a immaginare dove si trovi, non ricorda quasi nulla della sua vita, grida, crede che la figlia sia una cameriera incapace, isola l'apparecchio acustico per non sentir discutere ne litigare, ha scoppi d'ira lucida molto violenti. Lo ricoverano in clinica, ma si sentono per questo "gente orribile", pieni di rimorsi e imbarazzi. Passando da una casa di cura all'altra, i due impareranno a conoscersi e a conoscere meglio il proprio padre…
Per nulla sentimentale, è un film che mescola in se comico, tragico e romantico, il tutto reso in maniera raffinata dai bei dialoghi; tutto questo, unito alla bellissima prova di tre straordinari interpreti come Laura Linney, Philip Seymour Hoffman e Philip Bosco, fa di questo film un piccolo gioiellino cinematografico da non perdere. Notevolmente belle anche le musiche.
Memorabile la prova di, Philip Seymour Hoffman. Essere un outsider è, spesso e volentieri, una veste che rimarrebbe stretta al maggior numero degli aspiranti divi che brulicano a Hollywood ma, per Philip Seymour Hoffman non è stato affatto cosi. Eternamente confinato in ruoli scomodi e marginali, questo eccellente interprete ha fatto dei suoi personaggi negativi, spesso terribilmente antipatici, un vero e proprio biglietto da visita. Sfoderando costantemente il meglio di sé, ha saputo perseverare, attendendo il momento giusto per lasciare il segno. Nel 2005 infatti, l'amico Bennett Miller lo scrittura per la parte da protagonista nella biografia rivelatoria Truman Capote: a sangue freddo, dove Hoffman conquista l'Oscar come Miglior Attore, entrando finalmente nelle grazie della Mecca del Cinema. Di lui vanno ricordati anche Scent of a Woman Profumo di donna, in cui affianca Al Pacino, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Magnolia, Ubriaco d'amore.
Straordinaria anche Laura Linney, vista in passato nel ruolo del magistrato al fianco di Richard Gere e Edward Norton nel thriller Schegge di paura diretto da Gregory Hobbit; e ancora Potere Assoluto e The Truman Show. Nel 2000 arriva finalmente la sua prima vera occasione da attrice protagonista in un film valido: l'esordiente Kenneth Lonergan le affida il ruolo di Sammy Prescott in Conta su di me. L'interpretazione della Linney è di quelle che non si dimenticano e il suo talento viene finalmente riconosciuto anche dalle giurie: vince il premio della critica e la nomination agli Oscar del 2000 come migliore attrice. Seguiranno poi The Mothman Prophecies - Voci Dall'Ombra, The life of David Gale, Mystic River, Love actually - L'amore davvero, L'esorcismo di Emily Rose.
La regista analizza in modo stremante intelligente, senza pietismo e melodramma, i problemi che una grave malattia provoca, e snocciola in profondità quel misterioso e tal volta assurdo mix di amore e rivalità, che è spesso il rapporto tra fratelli. Temi come vecchiaia, morte, famiglia, amore e rivalità, sono trattati qui in maniera stremante lucida, e ci riesce brillantemente Tamara Jenkins che, prodotta da Alexander Payne (che aveva già trattato il tema nel riuscito A proposito di Schmidt, anni fa). Simpatizzare con i protagonisti è facilissimo. Coerente e giustissimo è il finale, con l’inquadratura poetica, ma lo sguardo resta lucido, vivo e razionale, ma comunque non rassegnato.
La famiglia Savage
(The Savages)
Un film di Tamara Jenkins.
Con Laura Linney, Philip Seymour Hoffman, Philip Bosco, Peter Friedman, Gbenga Akinnagbe.
Genere Commedia, colore 113 minuti.
Produzione USA 2007.
Distribuzione 20th Century Fox
Uscita in Italia: venerdì 25 Gennaio 2008
Maria Antonietta Amenduni
14 Gennaio 2008
Golden Globe: saltata la cerimonia a causa dello sciopero degli sceneggiatori, i premi sono stati consegnati in una sobria conferenza stampa. Ora Oscar a rischio.
Premiati "Espiazione", Johnny Depp, Cate Blanchet e l'italiano Marianelli
Si è risolto tutto con una conferenza stampa! E si perché a causa dello sciopero degli sceneggiatori, è saltata la cerimonia per la consegna dei Golden Globe, cerimonia che fa da preludio agli Oscar del 24 Febbraio.
Gli attori solidarizzano con i colleghi sceneggiatori in sciopero, e così la festa dei prestigiosi premi della Hollywood Foreign Press, considerati il più attendibile indicatore degli Oscar, è stata annullata e sostituita da una conferenza stampa.
Dopo settimane di negoziati la Nbc, il network televisivo che avrebbe dovuto trasmetere il premio, ha preferito rinunciare alla serata, programmata per domenica 13 gennaio. La decisione di far saltare la festa è arrivata dopo l'annuncio che gli attori candidati ai 'globi' - una settantina, da Gorge Clooney a Angelina Jolie, da Tom Hanks a Cate Blanchett - non si sarebbero presentati a ritirarli.
A decidere per il boicottaggio, decisivo è stata il sindacato degli attori, la Screen Actors Guild (SAG), in segno di solidarietà con gli sceneggiatori che scioperano da oltre due mesi senza spiragli di soluzione della vertenza.
La conferenza stampa, andata in onda sulla Nbc, è stata preceduta ad uno special sui vincitori e seguita da un altro programma di intrattenimento sulle varie feste organizzate in loro onore a Los Angeles.
Il fiasco dei Golden Globes getta ora un'ombra sulla cerimonia più attesa di tutte, la 'notte delle stelle' degli Academy Awards, in programma il 24 febbraio, che lo sciopero degli sceneggiatori potrebbe colpire in due modi: lasciando la cerimonia senza battute (maestro delle cerimonie sarà il comico Jon Stewart) e inducendo gli attori a boicottare l'evento per solidarietà con i colleghi scrittori. Uno scenario devastante per la Academy che trae ogni anno dagli Oscar la sua ragione di vita e di incassi, ma deludente anche per i fan abituati alla tradizione annuale della pedana rossa e della consegna delle statuette. Se la cerimonia degli Oscar dovesse saltare, questo si che sarebbe un evento storico!
Intanto, nella conferenza stampa dei Golden Globe, di sorprese non ce ne sono stata.
Conferma per Atonement-Espiazione: il film che aveva conquistato ben sette nomination porta a casa la statuetta come miglior film drammatico. Miglior colonna sonora: Dario Marianelli per Atonement-Espiazione.
Ecco l'elenco degli altri premiati:
Miglior attore in un film drammatico: Daniel Day-Lewis per There Will Be Blood
Miglior attrice in un film drammatico: Julie Christie per Lontano da lei
Miglior film commedia o musical: Sweeney Todd
Miglior attore in una commedia: Johnny Depp per Sweeney Todd
Miglior attrice in una commedia: Marion Cotillard per La Vie En Rose
Miglior cartone animato: Ratatouille
Miglior film in lingua straniera: Lo scafandro e la farfalla
Miglior attore non protagonista: Javier Bardem per No Country for Old Men
Miglior attrice non protagonista: Cate Blanchett per I'm not there
Miglior regista: Julian Schnabel per Lo scafandro e la farfalla
Miglior sceneggiatura: Joel e Ethan Coen per No Country for Old Men
Miglior colonna sonora: Dario Marianelli per Atonement-Espiazione
Miglior canzone originale: Guaranteed di Eddie Vedder per Into the wild
Maria Antonietta Amenduni
8 Gennaio 2008
Oronzo Canà torna sulla panchina della Longobarda ne “L’allenatore del pallone2”.
Dopo 24 anni, Lino Banfi torna a vestire i panni di un personaggio diventato un cult. Nel film tra gli altri, Carlo Mazzone, Luca Toni, Francesco Totti, Del Piero, Graziani, Lotito e Anna Falchi.
In tempo di calcio mercato, quale film migliore di quello in cui Oronzo Canà torna ad allenare la Longobarda!? Arriva venerdì 11 gennaio nelle sale, dopo ventiquattro anni dall’uscita de “L’allenatore del pallone”, il personaggio diventato un cult non solo tra gli amanti di sport, in un nuovo ed esilarante film: “L’allenatore del pallone 2”.
Nel 1984 uscì “L’allenatore nel pallone” con la coppia d’oro Gigi e Andrea, una demenziale commedia sul calcio. Ma nel film il protagonista assoluto era un certo Oronzo Canà, che da mediocre allenatore coglie l’occasione della sua vita e va ad allenare la Longobarda, neo promossa squadra in serie A. Il film nel tempo è diventato un vero cult-movie ed Oronzo Canà un assoluto fenomeno.
Oronzo Canà, interpretato in da un travolgente Lino Banfi, fece dell’allenatore in un personaggio molto imitato e osannato. In breve scoppiò subito il caso, la pellicola diventa un vero e proprio cult, seguito da molti proseliti appassionati e riverenti.
Eppure in moltissimi casi, certi cult è consigliabile che restino tali; sarebbe stato sicuramente meglio così anche per “L’allenatore del pallone”.
Alla direzione di questa seconda puntata sul calcio all’italiana, compare nuovamente Sergio Martino. Di certo la scommessa di fare un sequel del remake è ardua, ma molti sono i fan di Banfi-Oronzo, che non aspettavano altro di vederlo tornare ad urlare, fare battute in stretto pugliese e infuocare il bordo campo con la sua simpatia travolgente, per portare al cinema l’esempio di un calcio diverso, pulito e dimenticato, che si vuole rivivere e far rivivere, secondo i più genuini sentimenti dello sport che oggi sono sempre più rari e in certi casi inesistenti.
Insieme a Banfi e a Anna Falchi, nei panni di un'aggressiva giornalista, completano il cast molti attori già presenti nel primo Allenatore nel pallone (da Andrea Roncato a Giuliana Calandra) e una foltissima pattuglia di campioni, tecnici e presidenti di squadre di serie A, di oggi e di ieri, che hanno ricevuto per la loro partecipazione un gettone di presenza devoluto in beneficenza. Fra i calciatori e gli allenatori che si vedono nel film ci sono: Totti, Del Piero, Buffon, Toni, De Rossi, Gilardino, Lotito, Ancelotti, Oddo, Spalletti, Pruzzo, Collovati, Graziani e Mazzone.
Dunque l’ideatore del 5-5-5, il vate della B zona, inventa un nuovo schema a farfalla e si trova così, fra battute tipo "ti spezzo la noce del capocollo" e "sono invecchieto, ingresseto ma anche arrapeto" e gag a ripetizione, a cercare di evitare la retrocessione, imbattendosi in una serie di disavventure che coinvolgono il genero fedifrago (Biagio Izzo), una giornalista in cerca di scoop (Anna Falchi), un giovane asso brasiliano che potrebbe essere suo figlio, le manovre poco pulite di Borlotti e socio, una tifoseria inferocita e le indagini sulla squadra della magistratura.
Questo film farà bene al calcio, in questo momento sarà come una pillola di buonumore", afferma Banfi. Tra i vari personaggi, Lino Banfi ha puntato molto su Carlo Mazzone, che ha cercato di convincere a partecipare all’avventura poiché lo considera un eclatante esempio di calcio leale e genuino.
Per ammissione dello stesso Banfi, che non prima non aveva mai creduto nel sequel, il manager calcistico Oronzo, infatti, è divenuto davvero un esempio di lealtà professionale e così la pensano tutti i giocatori e gli allenatori che sono cresciuti con questa storia.
Il film inizia in maniera un po’ faticosa e macchinosa e ci si rende subito conto di come il tempo sia passato. Dopo il trailer mostrato a Sorrento, poi bisogna riconoscere che le aspettative non erano grandiose. Sta di fatto che dopo 20 minuti le risate iniziano a farsi più convinte e frequenti, e tutto grazie a Lino Banfi, che con la sua bravura riesce a far distogliere l’attenzione da notevoli imperfezioni di carattere tecnico (non solo). Sicuramente, nonostante la sua poco lodevole consistenza, il film avrà successo.
La forza di questo lavoro stà dunque nell’ “arte” di Banfi, di giocare al punto giusto con tutto quello che è il grande carrozzone del calcio che siamo abituati a vedere ogni giorno in tv. Tra i momenti più divertenti del film, c’è sicuramente l’intervista post partita, di Ilaria D’Amico al mister Canà e al presidente della Lazio Lotito.
"Lotito e’ stato convinto dal regista – raccnta Banfi - un laziale sfegatato. Devo ammettere che eravamo preoccupati perche’ non sapevamo quale fosse il senso dell’umorismo del presidente laziale. Invece, per fortuna, ha dimostrato tutta la sua intelligenza giocando con me in citazioni latine". Nel film compare ’idealmente’ anche Luciano Moggi. "È un nostro amico e si era proposto di interpretare se stesso quando ha saputo che cercavamo un imitatore per impersonarlo nelle vesti di un capostazione. Poi, purtroppo, e’ intervenuto il suo agente, Lele Mora, che sui giornali ha dichiarato che Moggi avrebbe dovuto avere un ruolo piu’ grande, altre battute, e cose del genere. Allora – ha svelato Banfi -abbiamo rinunciato e lo stesso Luciano ha fatto un passo indietro".
Per il futuro Banfi pensa ad altri sequel: "Mi piacerebbe girare il seguito di ’Vieni avanti cretino’ o di ’Il commissario Lo Gatto’ oppure in una pellicola che nasca commedia e finisca dramma sul genere di ’Un borghese piccolo piccolo’ o ’Pane e cioccolato’".
Banfi ha ringraziato tutti i campioni del calcio che hanno lavorato al suo fianco: "Tutti avevano visto il primo film e naturalmente erano dei fan dell'allenatore. Questo film è diventato un vero cult - ha concluso Banfi - grazie alla sua ingenuità e genuinità. Spero che questo sequel lo vedano molti bambini".
L'allenatore nel pallone 2
Un film di Sergio Martino.
Con Lino Banfi, Giuliana Calandra, Biagio Izzo, Stefania Spugnini, Alessandro Bonanni, Anna Falchi, Maurizio Casagrande, Max Parodi, Andrea Baccan, Emilio De Marchi, Andrea Roncato.
Genere Commedia, colore
Produzione Italia 2007.
Distribuzione Medusa
Nelle sale da venerdì 11 gennaio 2008
Maria Antonietta Amenduni
7 Gennaio 2008
“Bianco e Nero”, la divertente commedia di Cristina Comencini su razzismo, integrazione e i suoi cliché.
Protagonisti, la coppia “in bianco” Fabio Volo/Ambra Angiolini e la coppia “in nero” Aissa Maiga/Eriq Ebouaney. Polemica la Comencini: “Gli sponsor non pagano i neri!”
Tutto nacque da un viaggio in Africa su commissione. Questa è stata la fonte di ispirazione dell’ ultimo lavoro cinematografico della regista Cristina Comencini. Girato interamente a Roma, dove le vie "bianche" infilano quelle dei quartieri neri, come il marito bianco Fabio Volo insinua il cuore della sposa nera Aissa Maiga. Da Piazza Vittorio all’Eur, fino alla stazione Termini, per passare da San Giovanni, a Villa Borghese fino a Castro Pretorio. Tra alcune delle vie più famose della capitale, si dipana il quadro di “Bianco e nero”, una commedia che sorridendo prova a riflettere su razzismo, integrazione e i suoi clichè. Dopo La bestia nel cuore e Il più bel giorno della mia vita, la Comencini “cambia strada” e si affida alla commedia e a personaggi più leggeri, interpretando gli stereotipi "bianchi e neri" attraverso una storia d'amore in bicolore. Un amore che nasce (quello tra Volo e Maïga), che stupisce e fa emozionare, ma che provoca tanta sofferenza e dolore a chi sta intorno (Angiolini e Ebouaney).
Elena (Ambra Angiolini) ha fatto dell'integrazione razziale un lavoro e una ragione di vita. La sua professione di mediatrice culturale non si esaurisce con l'orario d'ufficio ma si insinua ogni giorno dentro le mura domestiche. Ne sanno qualcosa la figlia Giovanna e il marito Carlo (Fabio Volo), tecnico informatico, costretto a presenziare a serate per beneficenza in cui si sente fuori posto.
Durante una di queste serate, Carlo incontra Nadine (Aïssa Maïga), una bellissima donna nera con cui si scopre complice fin dal primo sguardo; mentre suo marito Bertrand (Eriq Ebouaney), un raffinato intellettuale nero, relatore della conferenza, infiamma gli animi di tutti con la sua dialettica appassionata. Carlo convince la moglie, in realtà molto titubante, a invitare Nadine e i figli alla festa di compleanno di Giovanna, d'altronde – afferma – "è solo una festa per bambini, che vuoi che succeda?" Ma… una gaffe tira l'altra in un crescendo di esilaranti equivoci da cui nessuno riesce a districarsi. Nel bailamme generale Carlo e Nadine si dicono a malapena una parola, ma l'intesa è tangibile. Basterà un computer da riparare per far cadere anche le ultime barriere e scatenare in loro la passione. E negli altri, amici e parenti, lo stupore, il rifiuto e anche una curiosità morbosa: com'è l'amore fra una donna nera e un uomo bianco? Che succede alla passione d'amore quando tutto cospira per renderla impossibile?
A completare il quadro ci sono una intollerante mamma di Elena, piacevolmente interpretata da Anna Bonaiuto, e da un finto amante dell’africa quale il padre di Elena, impersonato da un bravissimo Franco Branciaroli. Più tollerante, e perfetta nel ruolo è Catia Ricciarelli (tra tutti sicuramente la migliore), nel simpaticissimo ruolo della mamma di Carlo.
Fabio Volo, sembra avere una predisposizione naturale alla commedia. Ambra Angiolini, risulta piacevole e credibile. Telegenica è fascinosa è Aïssa Maïga; convincente invece Eriq Ebouaney.
Tra gli altri nessuno spicca particolarmente. Il film è piacevole e scorrevole ma non di certo un capolavoro. Tecnicamente (regia, fotografia e montaggio e buono), anche la sceneggiatura (Comencini-Calenda-Ravagli), non è male gli spunti poetici sono interessanti e ci sono un po’ di idee originali come il rapporto delle rispettive figlie delle due coppie con le barbie buone e nere, o la scena di Volo, unico bianco all’ambasciata. Ma nel momento in cui il ritmo cresce, non c’è la giusta energia e convinzione da parte dei quattro protagonisti. Ciò non toglie che è un film da vedere e da apprezzare per l’ironia e la “scanzonata” poesia.
“Bianco e nero è una commedia contemporanea che porta un po' d'Africa a Roma” – afferma Cristina Comncini – “L'idea di questo film nasce da un altro lavoro, un documentario commissionatomi tempo fa da Walter Veltroni: Il nostro Rwuanda, presentato nel 2007 al Festival di Roma nella sezione Extra. Quando sono tornata, ho cominciato a frequentare coppie miste e mi si è spalancato un mondo. Ho capito dai loro racconti quanto sia difficile vivere in una coppia composta da un bianco e una nera o viceversa, e quanti problemi e stereotipi debbano affrontare ogni giorno. Un esempio? Quello che vuole che i neri lo facciano meglio". Di fronte a questo velato razzismo molte di queste coppie, le più intelligenti spiega la Comencini, si confrontano con ironia:"anche per questo ho preferito fare una commedia piuttosto che un film drammatico". 'Bianco e nero' confessa poi la regista non a caso "ha come protagonista un personaggio normale come Fabio Volo, perché proprio come pensava mio padre, solo attraverso un uomo normale si può raccontare qualcosa che vale per tutti. Ovvero la scelta della medietà è proprio quella della commedia".
"Questo nuovo film - racconta la regista - si basa su una domanda che Fabio Volo rivolge, sullo schermo, a sua moglie: 'Perché non abbiamo amici neri?'
Dal film della Comencini una cosa risulta chiara: “il razzismo, le diffidenze, ci sono dall'una e dall'altra parte.
E, in conferenza stampa a Roma, scoppia anche la polemica:" "Per i nostri due protagonisti di colore - rivela - non siamo riuscire a trovare sponsor: in tutti i film maggiori gli interpreti principali sono vestiti dalle case di abbigliamento, dal pedalino alla scarpa. E invece per loro nulla...tranne che per una gonna Armani di Aïssa Maïga” - dice la regista chiaramente irritata – “ Una cosa assurda che fa capire come sia ancora lontana l'immagine degli africani da noi”.
Una Comencini agguerrita dunque. E molto convinta della sua ultima fatica, che si rifà alla tradizione di una certa commedia all'italiana: argomenti seri, ma affrontati con leggerezza. In cui si sorride e a volte si ride: non tanto per questa o quella battuta, ma per il ridicolo che la mancata comunicazione tra i due mondi - quello dei bianchi e quello dei neri, appunto - suscita.
Una scelta condivisa anche dai due protagonisti di colore. E se Aissa Maiga sottolinea che la sua esperienza di vita è di completa integrazione, Ebouaney si dichiara in disaccordo con lei: "La Francia è sì il paese dei diritti dell'uomo, ma anche quello in cui nessuno condividerebbe un piatto di pasta con te. In Italia invece magari ti guardano con diffidenza, ma quel piatto di pasta lo condividono".
Sul fronte italiano del cast, Volo - fresco campione di vendita con il suo ultimo libro - dice di essersi trovato a suo agio nel ruolo di uomo "conteso da due donne bellissime: del resto io ci sono abituato". E sui progetti futuri, rivela: "Continuo a scrivere e fare radio, la tv è rimandata all'anno prossimo. Quanto al cinema, spero che mi chiamino ancora: altrimenti, visto che ormai sono ricco, me lo produrrò e girerò da solo. Tornando ai libri, continuerò a scriverne anche solo per dar fastidio a quelli di Bruno Vespa".
Ma la sfida più importante sebra essere quella della di Ambra Angiolini, ricoperta di premi dopo dopo l'exploit di Saturno contro di Ferzan Ozpetek: "Ferzan ha avuto il coraggio di farmi partire da zero - spiega lei - Cristina ancora di più, nel farmi continuare. E con un personaggio molto diverso dal precedente. Quanto al futuro nel cinema, per ora ho gli stessi impegni di Fabio Volo: nessuno...".
Bianco e nero
Un film di Cristina Comencini
Con Fabio Volo, Ambra Angiolini, Aïssa Maïga, Eriq Ebouaney, Anna Bonaiuto, Franco Branciaroli, Katia Ricciarelli, Maria Teresa Saponangelo
Genere Commedia, colore 100 minuti
Produzione Italia 2007 (prodotto da Cattleya e Raicinema)
Distribuzione 01 Distribution
Uscita 11 Gennaio 2008
Maria Antonietta Amenduni
19 Dicembre 2007
Tratto dal romanzo del Premio Nobel Gabriel Garcia Marquez, arriva sugli schermi “L’amore ai tempi del colera”, per la regia di Mike Newell.
Nei panni della protagonista Giovanna Mezzogiorno, affiancata da uno straordinario Javier Bardem, insieme al fascinoso Benjamin Bratt.
Si può attendere per cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni e notti la realizzazione di un amore? Sembrerebbe incredibile, eppure Fiorentino Ariza dovette aspettare tanto per realizzare il suo sogno d'amore con Fermina Daza, la più bella ragazza del Caribe.
E’ il film “L’amore ai tempi del colera”, tratto dal romanzo omonimo del Premio Nobel Gabriel Garcia Marquez e adattato dallo sceneggiatore Ronald Harwood (Oscar per Il Pianista). Al contrario di quanto sbandierato dalla locandina però, è giusto precisre che non è la più bella storia d’amore mai raccontata, ma una delle più belle mai scritte e mai lette!
Una vicenda epica e coinvolgente, che abbraccia settant’anni di vita nella complessa, magica e sensuale città di Cartagena, in Colombia, dove si racconta di un uomo che aspetta più di cinquant'anni per unirsi al suo unico, vero amore.
Grazie anche alla Coppa Volpi vinta a Venezia e la visibilità internazionale ottenuta per la nomination de “La bestia nel cuore” all'Oscar come miglior film straniero, Giovanna Mezzogiorno ha ottenuto il ruolo di Fermina Daza. Al suo fianco uno straordinario Javier Bardem nel ruolo di Florentino Ariza, e l’affascinate Benjamin Bratt nel ruolo di Juvenal Urbino. La regia di questa produzione americana è di Mike Newell, che nella sua filmografia annovera film quali Quattro matrimoni e un funerale (1994), Donnie Brasco (1997), Mona Lisa Smile (2003 ), Harry Potter e il calice di fuoco (2005).
“L’amore ai tempi del colera”, è una storia d'amore senza tempo e senza età, una storia d'amore sbocciata a vent'anni che potrà fiorire completamente solo dopo i settanta. Florentino Ariza (Javier Bardem), giovane telegrafista, dall'animo sensibile e incline alla poesia, scopre la passione della sua vita quando vede Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno) dalle finestre della villa del padre; un padre le cui ricchezze hanno dubbie origini. Grazie ad una serie di lettere appassionate, Florentino gradualmente conquista il cuore della giovane. Così ha inizio il loro amore, un amore fatto di dolci parole, di sguardi sfuggenti e di sonate di violino notturne; la loro corrispondenza si fa sempre più fitta, i loro sentimenti diventano vivi e profondi, e lui le chiede anche di sposarla, ma qualcosa non va secondo i loro sogni. Ma il padre di lei (John Leguizamo) s'infuria quando scopre la relazione e giura di volerli tenere separati per sempre.
Fermina è costretta a sposare un sofisticato aristocratico, il dottor Juvenal Urbino (Benjamin Bratt), che ha riportato l'ordine e il primato della medicina a Cartagena, bloccando le ondate di colera che colpivano misteriosamente la città. Juvenal la porta con sè a Parigi dove rimangono per anni. Florentino comincia a lavorare nella compagnia fluviale dello zio, facendo una rapidissima carriera e concedendosi parecchie avventure. Sembra che ormai per il loro amore non ci sia più alcun futuro, ma la vita riserva loro ancora molte sorprese. Si ritroveranno? C'è ancora qualcosa che li lega? O quei sentimenti così forti sono davvero completamente esauriti? Quando Fermina Daza e Juvenal Urbino rientrano insieme a Cartagena, lei ha praticamente dimenticato il suo primo amore. Ma Florentino non l'ha scordata. Ora lui è un facoltoso negoziante e, seppure impegnato ad amoreggiare qua e là, desidera ancora Fermina. Il suo cuore è paziente ed è disposto ad aspettare tutta la vita per avere la possibilità di tornare con lei.
Ci sono romanzi che rimangono sempre attuali, in qualunque momento siano stati scritti, e "L'amore ai tempi del colera" è uno di questi. Lo afferma anche la protagonista Giovanna Mezzogiorno, parlando della contemporaneità del suo personaggio: “Fermina è un personaggio moderno. Sceglie di fare una vita sicura scegliendo come marito Juvenal. Molte donne oggi scelgono di vivere una vita facile. Mi sorprende sempre la determinazione del mio personaggi, e la sua costanza per tutti i cinquant’anni di matrimonio. Si tratta di un atteggiamento straordinariamente moderno: come lei, in molte fuggono oggi da sentimenti più grandi di loro. Un amore così romantico e devoto va bene da giovanissimi, ma poi capisco che possa mettere paura. Un sentimento che, con la sua violenza, può portare anche sofferenza e disperazione”.
Un personaggio quello della mezzogiorno sicuramente molto difficile: “C’è sempre in un attore l’enorme paura di sbagliare. È stato faticoso una pressione enorme, sia fisica che mentale. Non stà a me giudicare, ma in questo film penso di spero di aver dato il massimo, sia per me, sia per Mike (Newell ndr), che ha creduto molto in me, facendomi fare la parte di Fermina dai 16 ai 72 anni”.
“Marquez, la prima volta che ha visto il film, lo ha accolto con uno Whow!!!” Afferma il regista Mike Newell: “Ogni cosa del suo libro che non ho potuto mettere, è una cosa di cui amaramente mi pento”; e circa la Mezzogiorno ha detto: “L’ho scelta prima di tutto per i suoi occhi. Giovanna è un cavallo da corsa. Una che fin da bambina ha vissuto e respirato cinema. Per quanto non abbia visto nulla, il fatto che abbia lavorato in teatro con Peter Brook è poi una garanzia di spessore e qualità". Forse anche da qui, il ritorno sui suoi passi e la decisione di affidarle il ruolo di Fermina in tutte e tre le fasi della sua vita.. Poi ero sicuro che saremmo andati d’accordo. Io sono un ragazzo del 60, e con le donne ho sempre dovuto trattare; Con Giovanna no! Lei è stata la prima che mi ha detto “Sono tua”, (ride!, ndr)”.
Purtroppo però il film non restituisce la giusta emozione e magia contenuta nel romanzo; pur dovendo ammettere il notevole lavoro del regista Mike Newell e dello sceneggiatore Ronald Harwood, è come se rimanesse qualcosa di non dato, qualcosa di insoddisfatto. La Mezzogiorno, non è completamente convincente nelle vesti di anziana, e rimane un po’ incerte in quelle da sedicenne; mentre convince molto nella parte centrale, dando il giusto equilibrio di fascino accattivante, sdegnosità ed elegante contegno al personaggio di Fermina Daza. E’ molto accattivante nella scena in cui prepara i vestiti prima di un servizio fotografico insieme alla cugina. Superlativo invece Javier Bardem, forse un po’ troppo prestante rispetto all’immagine che il romanzo da di Florentino Ariza, ma comunque molto, molto convincente. Fascinoso e giusto nel ruolo di Juvenal Urbino, è Benjamin Bratt. Molto bella è la fotografia di Alfonso Beato. Un po’ meno convincente invece il montaggio.
L’amore ai tempi del colera
Un film di Mike Newell.
Con: Javier Bardem, Giovanna Mezzogiorno, Benjamin Bratt, Catalina Sandino Moreno, Hector Elizondo, Liev Schreiber, Fernanda Montenegro, Laura Harring, John Leguizamo.
Genere Drammatico, 138 minuti.
Produzione USA 2007
Distribuzione 01 Distribution
Uscita in Italia: 21 Dicembre 2007
Maria Antonietta Amenduni
19 Dicembre 2007
“Lussuria - Seduzione e tradimento”: nel nuovo film di Ang Lee, la relazione impossibile tra la spia Wong Chia Chi e il signor Yee
Si fatica un po’ a rodare nella prima parte, ma poi il nuovo film di Ang Lee, “Lussuria - Seduzione e tradimento” (titolo originale Lust, Caution), conquista e appassiona lo spettatore, raccontando la storia della relazione impossibile fra Wang Jiazhi e Mr.Yee.
Il film, con protagonisti Tony Leung, Joan Chen, si era aggiudicato il Leone d’Oro alla 64ª Mostra del Cinema di Venezia, grazie al suo essere pieno di meraviglia e fascino, e alla sua capacità di esplorare il conflitto dell’animo umano e i rapporti tra i sessi. Il film inizia però in modo un po’ complesso e freddo da seguire, ma recupera abbondantemente dopo i primi 20 minuti.
Una storia torbida e sensuale. Hong Kong, anni '40. nella Shanghai segnata dall'occupazione giapponese durante il secondo conflitto mondiale, la giovane studentessa di Honk Kong, Wang Jiazhi si offre come spia per entrare nella vita del signor Yee, un collaborazionista del Giappone, e informare la Resistenza sui suoi spostamenti, per tendergli un'imboscata e ucciderlo. Con l'arte della seduzione riesce pian piano a smantellare le difese dell'uomo divenendone l'amante. La ragazza non ha previsto però che giocare con la passione può essere molto, molto pericoloso.
Il dramma sentimentale di Ang Lee, che si immerge in un mondo, quello di Hong Kong e Shangai, trait d'union fra Oriente e Occidente (che rispecchia anche la doppia anima del regista, è una profonda analisi dell'amore e dell'educazione sessuale di una donna che si trova coinvolta in un intricato groviglio di obbligo e passione. In uno scenario di collaborazionismo e di dominio giapponese, le vicende, che potrebbero essere un parallelo dell'epopea della resistenza in Europa durante il secondo conflitto mondiale (Gioco di donna, Black Book), accennano solo a una mera critica al periodo.
Sono gli sguardi e la relazione impossibile fra Wang Jiazhi e Mr.Yee a coinvolgere e dare vita al film, dopo una primissima parte fredda e a tratti complessa da seguire. Da segnalare due scene: la prima cena fra i due protagonisti che si scrutano e si provocano con scopi diversi e opposti, e la scene di sesso, plastico, in cui i corpi si fondono in quadri di carne.
Il percorso di passione di donna mostrata da Ang Lee (che ha la capacità di costruire un sentimento tanto vero quanto profondo), e interpretata magistralmente con estrema sensualità da Tony Leung e Wei Tang, si concretizza in un gioco a due, in cui preda e cacciatore, si alternano in modo repentino, per concludersi in una scelta dovuta e dolorosa: cedere alla passione dell'oppressione o credere nell'amore per la resistenza?
In occasione del Festival del cinema di Venezia, Lee aveva dichiarato che: Attraverso il cinema faccio sempre una ricerca di me stesso. Per me non esistono divisioni tra le sessualità, quello che mi interessa è l'ambiguità che si cela dietro all'animo umano. Per il ruolo di Wong Chia Chi abbiamo provinato decine di attrici, ma non appena ho visto Tang Wei ho capito che era perfetta per la parte. Aveva il classico volto delle donne cinesi di quell'epoca e il temperamento giusto per interpretare il personaggio
Il film prende spunto da un’opera letteraria di Zhang Ailing. Il regista afferma di essersi attenuto allo spirito dell’autrice: Ho cercato di sviluppare nel film quello che lei nasconde attraverso il linguaggio letterario. Il romanzo è un punto di partenza, non necessariamente d'arrivo. Così, pur mantenendo un grosso rispetto per lo scritto, ho voluto chiarire ciò che era oscuro, invece di presentare solamente ciò che era chiaro. Sono schiavo del desiderio di esprimermi “attraverso i miei film”.
Dopo aver ritratto con grande trasporto la relazione d'amore tra i due cowboy in “I segreti di Brokeback Mountain ”, Ang Lee torna a esplorare il conflitto dell'animo umano e dei rapporti tra i sessi con un film affascinate, capace di stupire nuovamente lo spettatore.
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Una film da non perdere, che si distingue per la narrazione elegante accompagnata dalla potenza dell’ immagine, e la padronanza con cui Ang Lee padroneggia il set e gli stessi attori. Per Ang lee, un nuovo lavoro che lascerà il segno.
Lussuria - Seduzione e tradimento
(Lust, Caution)
Un film di Ang Lee.
Con Tony Leung, Joan Chen, Lee-Hom Wang, Tang Wei, Wang Leehom.
Genere Drammatico,
colore 156 minuti. –
Produzione Cina, USA 2007
Distribuzione Bim
Uscita in Italia: venerdì 4 gennaio 2008
Maria Antonietta Amenduni
18 Dicembre 2007
Bee Movie:il nuovo film d’animazione della Dreamworks; un cartoon perfetto, divertente ed intelligente
Laureata e delusa, senza alcuna prospettiva professionale. Sembra un triste problema comune tra i giovani del giorno d’oggi, e invece la laureata in questione è una piccola, simpaticissima ape. E’ il Nuovo film d’animazione in arrivo dai geni della Dreamworks! Dopo Shrek 3 arriverà nelle sale L’ape Barry, con Bee Movie! La storia di una giovane ape neolaureata, scontenta del fatto di avere davanti a se un'unica opportunità di carriera: il miele.
Il film è diretto da Steve Hickner (The Prince of Egypt) e Simon J. Smith (Shrek 4-D), al debutto alla regia di un lungometraggio.
Se pensavate di conoscere il mondo delle api, questo film d'animazione vi farà ricredere. Nella versione originale, il celebre comico Jerry Seinfeld, oltre ad aver co-sceneggiato e prodotto la pellicola, presta la voce all'ape che porta il nome di Barry Benson. Quest'ultimo è un giovane neo-laureato che sogna di avventurarsi al di fuori dell'alveare per venire a contatto con il mondo degli umani. L'incontro con Vanessa, una fioraia di Manhattan, gli farà infrangere una delle regole di base del mondo in giallo e nero: parlare con gli uomini.
La magia dell'animation computerizzata permette allo spettatore di conoscere ed esplorare le vite nascoste di queste creature. Tutto quello che vediamo è in proporzione alle loro piccole dimensioni e ai loro frenetici movimenti.
Nel cast di doppiatori, oltre a Seinfeld, spicca Renee Zellweger, affiancata da Kathy Bates, Matthew Broderick, Larry King, William H. Macy, Oprah Winfrey, e Megan Mullally!
Un lavoro decisamente all’altezza delle aspettative, doo il successo di Shrek. Un stile perfetto, un cartone animato raffinato, innovativo e impeccabile. Un cartoons che ha poi un importante valore aggiunto; non mira semplicemente a divertire, Bee movie ha il grande merito di far riflettere su certe questioni ambientali che tanto vanno di moda in questo periodo, ma troppo vengono ancora sottovalutate e per le quali ancora tanto si deve fare. La curiosità sta nel fatto che tutte le persone che hanno lavorato alla produzione del film sono partite dalla viva volontà di “pensare come le api” connotando in positivo situazioni e luoghi comuni che le dipingono come fastidiose e aggressive.
Nello stesso tempo, il marchio animato del film aiuta a rendere verosimili situazioni che nella vita reale sarebbero impossibili. Il fatto che l'ape Barry parli con l'umana Vanessa sembra tutto fuorché bizzarro. Insomma, un “cartone animato reale”! Non si mette neanche in dubbio lo scambio dialogico tra un insetto e un essere umano. La storia narrata avviene in due mondi: l'alveare, una vera e propria città fatta di case, macchine e fabbriche, e New York, dove gli “assi del polline” si recano per raccogliere il nettare e impollinare i fiori. Per ricreare questi due spazi è stato chiamato lo stesso scenografo di Minority Report e La sposa cadavere che, paradossalmente, ha utilizzato strumenti derivati dal mondo del cinema di non animazione…insomma, più reale di così!
Insomma un film perfetto per tutte le età, che diverte e fa riflettere; piacevole e simpatico da vedere, stilisticamente perfetto da apprezzare. Praticamente un sogno diventato film.
Piuttosto che certe stupidaggini fritte e rifritte di certi filmetti natalizi di vario genere e provenienza, di gran lunga meglio regalarsi una bella serata che un film d’animazione, con tutte le carte perfettamente in regola per essere definito tale.
Renee Zellweger ha raccontato così la sua esperienza con Bee Movie: “E’ la mia seconda e felice esperienza come doppiatrice di un personaggio animato. Lo avevo già fatto nel 2004 con Shark Tale. Questa volta però presto la voce ad un essere umano che si relazione con un insetto. Doppiare Vanessa è stata un'esperienza diversa rispetto alla precedente, è stato interessante lavorare a stretto contatto con Jerry Seinfeld, l'ideatore della storia. Chiusi nella stanza di registrazione passavamo dal testo alla recitazione, improvvisavamo, trovavamo nuovi spunti e creavamo situazioni sempre nuove. Non mi ero mai divertita tanto. Non vedevo l'ora che iniziassero le sessioni per dire le mie battute e per fare vivere la mia idea di Vanessa, una ragazza dolce, alternativa e decisamente poco casalinga. Le riprese per un film di animazione pongono molti meno limiti, le uniche restrizioni sono nell'immaginazione dei realizzatori. Così anche il lavoro dell'attore deve fare appello alla propria fantasia e al senso dell'umorismo. La comicità può fare la differenza al momento del doppiaggio perché nell'animazione il personaggio si sviluppa nelle battute pronunciate. Ho un grande debito col mondo dell'animazione dal momento che decisi di fare l'attrice guardando i cartoni animati proiettati ai tempi dell'università proprio sotto la mia stanza”.
Bee Movie
Un film di Steve Hickner, Simon J. Smith.
Cast di doppiatori: Jerry Seinfeld, Renee Zellweger, Kathy Bates, Matthew Broderick, Larry King, William H. Macy, Oprah Winfrey, e Megan Mullally!
Genere Animazione, colore 90 minuti. –
Produzione USA 2007.
Distribuzione Universal Pictures dal 21 Dicembre in Italia
Maria Antonietta Amenduni
11 Dicembre 2007
Un dei film più attesi di Natale: La bussola d’oro diretto da Chris Weitz e interpretato da Nicole Kidman, Daniel Craig, Dakota Blue Richards, Sam Elliott, Eva Green. Tanta pubblicità, ma…
La pellicola più attesa del prossimo Natale. E’ La bussola d’oro il primo capitolo della nuova trilogia della New Line (la stessa major che ha realizzato Il signore degli anelli) tratta dall’omonimo libro di Philip Pullman (la trilogia “Queste oscure materie” è edita in Italia da Salani).
Tutta la pubblicità che ha preceduto la presentazione alla stampa e l’uscita nelle sale, devo ammettere, colpevolmente che aveva creato forse più aspettative del dovuto! Si perché quando la produzione è quella de “Il signore degli anelli”, e quando si è amata così tanto la trilogia del regista neozelandese Peter Jackson, si corre il rischio di restare un po’ delusi.
Senza dubbio “la bussola d’oro” è molto coinvolgente e affascinante, gli effetti speciali poi sono esuberanti, ma nulla ha a che fare con la trilogia che lo ha preceduto.
Stà di fatto che nel qual caso non serve un confronto, perché stiamo parlando di un film completamente diverso.
L’avventura fantasy vede protagonisti la vincitrice dell’Oscar Nicole Kidman (The Hours), l’esordiente Dakota Blue Richards, Sam Elliott (We Were Soldiers), Eva Green (Casino Royale) e Daniel Craig (Casino Royale). Diretto dal candidato agli Academy Award® Chris Weitz (About A Boy – un ragazzo), il film è costato 150 milioni di dollari, è uscito negli states il 7 dicembre, mentre in Italia arriverà il 14 dicembre.
La bussola d'oro è un'emozionante avventura, ambientata in un mondo parallelo; un mondo in cui le streghe dominano i cieli del nord e gli orsi polari sono i guerrieri più coraggiosi, mentre ogni essere umano è collegato ad uno spirito animale che è importante come il loro cuore.
Ma questo mondo è dominato dal Magisterium, che cerca di controllare tutta l’umanità e che ora deve fronteggiare una minaccia molto pericolosa: l’ultima Bussola d’Oro esistente e la ragazzina che è destinata a possederla.
Fulcro del racconto è una dodicenne, Lyra. La ragazza, interpretata da Dakota Blue Richards, conduce una vita straordinaria al rinomato Jordan College. Girando senza controllo nelle strade alla spensierata ricerca di avventure con il fedele amico Roger (Ben Walker), Lyra è sempre accompagnata dal suo daimon, Pantalaimon (che ha la voce, nella pellicola originale, di Freddie Highmore), un piccolo animale mutaforma che rappresenta una costante voce della ragione.
Ma il mondo di Lyra sta cambiando. Suo zio, Lord Asriel (Daniel Craig), si sta imbarcando in un viaggio verso il Circolo Artico per indagare su un misterioso elemento, la ‘Polvere’, ma il Magisterium è disposto a tutto, compresa la possibilità di far chiudere il Jordan College, pur di fermarlo. Allo stesso tempo, le voci di bambini che scompaiono misteriosamente e vengono portati a nord diventano purtroppo reali quando il suo miglior amico Roger risulta disperso. Lyra finisce per affrontare uno straordinario viaggio per salvare Roger, il suo mondo, ma anche il nostro e quando al college arriva Marisa Coulter (Nicole Kidman), un’affascinante scienziata ed esploratrice, lei ritiene che questa rappresenti un’ottima opportunità di partire.
Ma Lyra scopre rapidamente di essere stata attirata in una trappola per prenderle un oggetto che possiede e che il Magisterium cerca disperatamente: la Bussola d’Oro, un regalo del preside del Jordan College (Jack Shepherd). Si tratta di uno strumento mistico e potente che può indicare la verità, rivelare quello che gli altri desiderano nascondere e prevedere (o anche modificare) il futuro.
In quel momento, Lyra capisce che deve scappare dalla signora Coulter e imbarcarsi in un viaggio per salvare Roger e fermare il Magisterium. Il destino la fa imbattere in una tribù di marinai gyziani, condotti da John Faa (Jim Carter), Ma Costa (Clare Higgins) e Farder Coram (Tom Courtenay), che la pongono sotto la loro protezione.
Formando una particolare alleanza con i gyziani, la misteriosa strega Serafina Pekkala (Eva Green) e l’aviatore texano Lee Scoresby (Sam Elliott), Lyra si getta in un’avventura che la porterà ad attraversare il cielo e l’oceano, fino ad arrivare alla natura selvaggia del polo nord, dove troverà un potente alleato, l’enorme orso corazzato Iorek Byrnison (che ha la voce di Ian McKellen), che le promette di servirla nella sua missione fino a quando non avrà raggiunto il suo scopo.
Alle porte si profila una grande guerra che minaccia non solo il mondo di Lyra, ma anche tutti gli universi paralleli che si trovano oltre l’aurora boreale. Con il suo gruppo di amici ed alleati, oltre che con il potere della Bussola d’Oro, Lyra dovrà utilizzare tutte le sue doti e il suo coraggio per fermarla.
Il film si segue piacevolmente per tutti i 140 minuti, ma i momenti veramente avvincenti sono pochi. Gli effetti speciali sono però un’opera d’arte! L’esercito degli orsi polari è un vero e proprio catalizzatore per l’immaginazione.
Brava e molto espressiva è l’esordiente piccola protagonista Dakota Blue Richards. Accattivante è Nicole Kidman nei pani della cattiva persecutrice di bambini. Daniel Craig, Sam Elliott ed Eva Green invece, in questo prima parte della trilogia, si sono visti troppo poco…attendiamo il seguito.
Il rinomato cast comprende anche il candidato agli Academy Award® Tom Courtenay (Il servo di scena), Derek Jacobi (Gosford Park), Jack Shepherd (Charlotte Gray), Ben Walker (Sweeney Todd della BBC), Simon McBurney (L’ultimo re di Scozia), Jim Carter (Shakespeare in Love), Clare Higgins (Stage Beauty), Magda Szubanski (Happy Feet) e il leggendario attore Christopher Lee (la trilogia de Il Signore degli Anelli).
Per dar vita ad una produzione che sfruttasse gli ultimi progressi tecnologici del mondo del cinema, il regista Chris Weitz e i realizzatori hanno messo assieme un’ottima squadra di artisti, tecnici e artigiani che dovevano realizzare l’universo parallelo in cui si svolge La Bussola d’Oro.
Particolarmente emozionante è la colonna sonora, opera del nominato agli Academy Award® Alexandre Desplat (The Queen).
Rilevante e bello anche il lavoro dal direttore della fotografia vincitore dell’Emmy Henry Braham, BSC (Svegliati Ned, Flyboys) e dallo scenografo premiato con l’Academy Award® Dennis Gassner (Bugsy, Era mio padre).
La squadra creativa dietro le quinte è composta da altri nomi altisonanti; dai montatori Peter Honess, A.C.E. (Harry Potter e la camera dei segreti), Anne V. Coates, A.C.E. (vincitrice dell’Oscar per Lawrence d’Arabia e quattro volte candidata agli Academy Award per Becket e il suo re, The Elephant Man, Nel centro del mirino e Out of Sight) e Kevin Tent, A.C.E.; dall’ideatrice dei costumi, nominata agli Oscar, Ruth Myers (Emma, L.A. Confidential); e dal supervisore degli effetti visivi candidato agli Oscar Michael Fink (X-Men 1& 2, Constantine).
Il film vede anche la presenza dell’attrezzista Barry Gibbs (Oliver Twist, Hannibal Rising), del responsabile del trucco e delle acconciature vincitore dell’Oscar Peter King (la trilogia de Il Signore degli Anelli) e del coordinatore degli stunt Paul Jennings (Batman Begins, Mission: Impossible).
Il regista Weitz è stato impegnato per tre anni a dar vita alla sua visione della pellicola. “Ti offre tutto quello a cui è interessato un realizzatore: una storia avvincente, dei personaggi affascinanti, una notevole profondità psicologica e filosofica, un grande sensazione di meraviglia e la possibilità di realizzare un film magnifico”, spiega Weitz. “E’ una storia fantastica, che parla delle cose veramente importanti, come lo spirito umano, la lealtà e la bontà. Quando dirigi un film, devi mettere un impegno assoluto in ogni suo aspetto, e non c’era nulla di questo progetto di cui non fossi un grande appassionato”.
Imponente la produzione, con dei paesaggi impressionanti, una miriade di creature fantastiche e degli effetti visivi all’avanguardia. Ma per Weitz, l’elemento chiave nel suo adattamento rimaneva sempre la fedeltà al cuore della storia di Pullman. “La magia dell’opera risiede tanto nelle relazioni tra i personaggi quanto nelle potenzialità di spettacolo presenti”, sostiene il regista. “Sebbene sia un universo parallelo molto ben concepito, descrive accuratamente il nostro mondo e le nostre vite come bambini, genitori e individui all’interno di una società. E nonostante l’eroina sia una ragazzina, non c’è nulla di infantile o sciocco in questa storia. Doveva essere affrontata con una grande empatia umana per quanto riguarda le emozioni dei personaggi, mentre bisognava colmare l’abisso che esiste tra l’aspetto universale e quello personale, proprio come fa Pullman”.
La bussola d’oro
Diretto da Chris Weitz
Interpretato da Nicole Kidman, Daniel Craig, Dakota Blue Richards, Sam Elliott, Eva Green.
Genere: fantasy
distribuito da 01 Distribution.
Uscita in Italia: 14 dicembre 2007
Maria Antonietta Amenduni
7 Dicembre 2007
“La promessa dell’assassino”, il nuovo, “atipico” film noir di David Cronenberg, con Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Naomi Watts.
Se andando al cinema a vedere “La promessa dell’assassino”, e vi aspettate di vedere un film in perfetto stile David Cronenberg, vi sbagliate di grosso. Se avete in mente film da lui sceneggiati e diretti come: Shivers, Rabid, Fast Company, The Brood, Scanners, Videodrome, The Fly, Dead Ringers, Naked Lunch, Crash, eXistenZ, o film da lui diretti e tratti da sceneggiature altrui come The Dead Zone, M. Butterfly, Spider, e bene, scordateveli, perché questo “la promessa dell’assassino”, non sembra proprio essere un suo film.
Lungi però dall’affermare che non si tratti di un bel film, anzi! E’ un lavoro complessivamente molto ben confezionato, bella regia, belli i costumi, ottimo cast, bella la fotografia e l’atmosfera creata; ma nulla ha a che fare con il Cronenberg che conosciamo.
Eastern Promises (tiolo originale), nuovo thriller di David Cronenberg, è stato scritto da Steve Knight (sceneggiatore nominato all’Oscar per Dirty Pretty Things) e vede di nuovo protagonista l’attore Viggo Mortensen, che aveva già interpretato A History of Violence di Cronenberg.
Come nel film precedente, l’attore e il regista esplorano insieme la psicologia e le vicende di un uomo che non rivela mai la sua vera natura.
Il misterioso e carismatico russo Nikolai Luzhin (Mr. Mortensen), è l’autista di una delle famiglie esteuropee più famigerate di Londra, che fa parte della fratellanza criminale nota come “Vory V Zakone”. La famiglia è capeggiata da Semyon (Armin Mueller-Stahl, attore nominato all’Oscar), l’impeccabile proprietario dell’elegante ristorante transiberiano, la cui cortesia nasconde in realtà una natura fredda e brutale; le sue fortune sono amministrate dal figlio Kirill (Vincent Cassel), un uomo capriccioso e instabile, che è in realtà più legato a Nikolai che non a suo padre.
La vita di Nikolai, da lui condotta con estrema prudenza, viene scossa quando, il giorno di Natale, incontra per caso Anna Khitrova (Naomi Watts, nominata all’Oscar), un’ostetrica di un ospedale a nord di Londra. Anna è molto turbata dalla tragica vicenda di una adolescente morta dando alla luce il suo bambino, e intende rintracciare la famiglia d’origine della ragazza affinché si prenda cura del piccolo orfano. Il diario personale della ragazza, scritto in russo, potrebbe aiutare Anna nella sua ricerca della verità.
La madre di Anna, Helen (Sinéad Cusack) non la scoraggia, mentre l’irascibile zio russo Stepan (Jerzy Skolimowski) le raccomanda prudenza, e ha ben ragione di farlo: frugando nel passato della ragazza, Anna scatena involontariamente la furia dei Vory.
Mentre Semyon e Kirill serrano i ranghi e Anna continua con le sue indagini, Nikolai prova, per la prima volta, sentimenti contrastanti. La famiglia stringe la morsa intorno a lui: di chi può, di chi deve fidarsi? Molte sono le vite in gioco – compresa la sua – in una spirale di crescente violenza, in cui delitti efferati, inganni e vendette si consumano nei meandri del suo ambiente e della città stessa.
Le atmosfere inquietanti, cupe, ricreate in una Londra piovosa e invernale, fanno di “La promessa dell’assassino” un lavoro compatto, concreto ed efficace anche se un po’ troppo crudo in certe scene particolarmente violente. L’atmosfera cupa è resa perfetta dalla bella fotografia che vira molto sul nero.
E’ come stare per 100 minuti, in un limbo di precarietà continua in cui non si sa mai bene di chi fidarsi e di chi no.
Grande rilevanza ha l’uso del corpo e i tatuaggi che raccontano i trascorsi dei protagonisti nelle prigioni siberiane e gli incontri di lavoro si fanno nelle saune, per mostrare i disegni sulla pelle.
I tatuaggi sono legati a una vecchia casta criminale russa che presenta la struttura e la gerarchia dei Vory V Zakone, che letteralmente si traduce con ‘Ladri nella legge’. Si tratta di una fratellanza di ladri. Secondo un vecchio detto, ‘Non c’è onore fra i ladri,’ ma in realtà abbiamo scoperto che i Vory, se non l’onore, possiedono un codice molto rigido e brutale.
Il regista chiarisce che “questa realtà è abbastanza diversa da quella della Mafia. Inoltre, nel moderno mondo russo o nella diaspora di Londra, si sta tramutando in qualcosa di assai differente ed è questo ciò che volevamo esplorare in Eastern Promises”.
Al centro del lavoro di Cronenberg, così come succedeva in accadeva in A history of violence, la questione morale: il comportamento di un uomo nel momento in cui il suo mondo, quello malavitoso, si scontra con quello cosiddetto "normale", il tutto però all’interno di un noir. Niente armi da fuoco ma solo lame, poche scene violente, ma molto crude. Nonostante un Cronenberg che non ti aspetti, questo è sicuramente uno dei noir più belli degli ultimi anni.
I protagonisti, tutti alle prese con le loro scelte, risultano essere molto efficaci, da glaciale e magnetico Viggo Mortensen, “all’impunito” giullare di corte Vincent Cassel, fino alla sconvolta, essenziale e concreta Naomi Watts.
Cronenberg afferma: “Viggo ha persino imparato il russo piuttosto bene, per questo ruolo. Nel film parla inglese con l’accento russo, il ché modifica leggermente il tono della sua voce; nonostante questa trasformazione riesce a regalare a Nikolai intensità e umorismo. Si può dire che Viggo riesce sempre a trasformarsi totalmente quando interpreta un ruolo.
Per recitare al fianco di Mortensen, la produzione necessitava di un’attrice altrettanto brava e intensa, che ha trovato in Naomi Watts. Osserva Cronenberg: “Naomi è molto rispettata nel nostro ambiente; tutti la considerano una persona fantastica nonché una piacevolissima partner di lavoro.
L’attore francese Vincent Cassel è stato scritturato nella parte dell’instabile Kirill. Dice Cronenberg: “Penso a Kirill come al figlio di Saddam Hussein: troppo potere, troppa poca profondità e tante insicurezze, una miscela molto pericolosa. Al contrario di Nikolai, Kirill è passionale ed emotivo, quindi i due formano una strana coppia. Sullo schermo, Vincent riesce a trasmettere un caos interno ed esterno con tale precisione e padronanza, che è un vero piacere lavorare con lui. Sapevo che il suo aspetto così particolare e la sua forte presenza scenica avrebbero creato un bel contrasto con Viggo”.
E’ sorprendente vedere Vincent passare dal reprobo al ruolo del figlio piagnucoloso di un padre severo. E’ bravissimo nel rivelare i sentimenti più reconditi di Kirill. Ogni qualvolta suo padre compare sulla scena, Kirill si trasforma in un ragazzino intimorito, e in questo è stato senza dubbito aiutato dalla imponente presenza di Armin Mueller-Stahl che possiede una grande attitudine al comando.
Laddove il cast, l’ambientazione e il soggetto erano sicuramente atipici per un film di David Cronenberg, la troupe che ha collaborato per portare la storia sul grande schemo è composta da collaboratori creativi che da molti anni lavorano con il regista. Uno di questi artisti è la scenografa Carol Spier, e ancora la costumista Denise Cronenberg (sorella del regista), il direttore della fotografia Peter Suschitzky, il montatore Ronald Sanders, l’artista del make up premio Oscar Stephan Dupuis, e il musicista premio Oscar Howard Shore.
La promessa dell’assassino
Un film di David Cronenberg.
Con Viggo Mortensen, Naomi Watts, Vincent Cassel, Armin Mueller-Stahl, Sinéad Cusack, Jerzy Skolimowski.
Genere Thriller
Durata 100 minuti
Produzione Gran Bretagna, Canada 2007
Distribuzione Eagle Pictures
Uscita in Italia: venerdì 14 dicembre 2007
Maria Antonietta Amenduni
1 Dicembre 2007
Irina Palm: la “scandalosa” Marianne Faithfull, in stato di grazia, è la protagonista dell’ironica e commovente pellicola diretta da Sam Garbarski
Marianne Faithfull. A Berlino l’avevano definita “scandalosa”, nel suo nuovo lavoro da protagonista: Irina Palm diretta da Sam Garbarski, tedesco trapiantato in Belgio.
Nonostante il mestiere alquanto singolare, che la protagonista svolge nel film, c’è pda riconoscere, che la pellicola, di scandaloso ha ben poco, perché la maestria con la quale l’argomento viene trattato, fa si che il tutto divenga una simpatica commedia, dove si ride si, ma ci si commuove anche.
E’ doveroso comunque precisare che il contenuto di questa recensione è indicato per un pubblico adulto.
Fatta questa doverosa precisazione chi leggerà questo articolo, capirà perché Irina Palm, è comunque un film da non perdere.
La trama: Il piccolo nipote di Maggie è gravemente malato e ha bisogno di cure molto costose. I suoi genitori e la stessa Maggie non guadagnano abbastanza e non hanno aiuto dallo stato né prestiti dalle banche. Hanno già venduto la loro casa per pagare le prime cure, ma non è bastato. Il piccolo è sempre più malato e necessita di una cura che è possibile effettuare solo in australia, altrimenti la sua sorte è tristemente segnata. Maggie, signora di mezza età, ha serie difficoltà a trovare lavoro, finché non capita in un locale sexy. Ovviamente la donna è troppo attempata per esibirsi, e come si definisce lei, è una vecchia carrampana, ma ha come si dice in gergo le "mani d'oro". Così si mette in una cabina speciale in cui l'unico contatto tra "cliente" e "professionista" avviene attraverso un buco nel muro, il tutto nell'anonimato più totale. Maggie, adeguatamente istruita, provvede così alle "esigenze" di chi si trova dall'altra parte del muro, con la propria "manualità". In breve tempo le sue doti, date dalla morbidezza delle sue mani, diventano famose in tutta Londra, e il proprietario del locale, per rendere la cosa più intrigante, le darà il nome d'arte di Irina Palm.
Nonostante il tema trattao, Irina Palm, è un film spassoso e divertente, mai vogare, nemmeno per un attimo, vi sono infatti momenti di imbarazzo o scene minimamente scabrose. La bravura di Marianne Faithfull, e la bella regia di Sam Garbarski, rendono il tutto, un prodotto assolutamente piacevole, dove ai momenti divertenti si intrecciano quelli più commoventi, nonché una bella rivincita sulla mentalità ristretta di una comunità bigotta ma certamente non virtuosa. Il finale, senza sbavature, si rivela essere conciso ed essenziale, pulito e delegante, come accade ormai di rado. In questa bella pellicola, non vi è mai nulla di banale, mai una lacrima facile, mai nulla di grossolano, ma una divertente/seria storia che emoziona, trattata in maniera leggere, ironica, e con la dovuta correttezza e pulizia, quale una bella storia come questa merita.
Sarebbe un errore guardare questo film o le "attività" della protagonista con atteggiamento censorio o accusatorio, tanto più che questo mestiere viene praticato per amore del nipote.
Come viene detto nel film, dalla nuora della protagonista Maggie: “Tante volte si dice che le madri sarebbero disposte a qualunque cosa per i figli. Perché la stessa cosa non dovrebbe essere vera anche per le nonne? E c'è un limite morale a questo "qualunque cosa" di cui si parla?
Risate, applausi ed entusiasmo per una Marianne Faithfull in stato di grazia. Molto bravo anche Miki Manojlovic, nei panni del magnaccia ironico
Irina Palm
Cast: Marianne Faithfull, Miki Manojlovic, Kevin Bishop, Jenny Agutter, Flip Webster, Tim Plester, Jules Werner, Ann Queensberry
Regia: Sam Garbarski
Sceneggiatura: Philippe Blasband
Durata 01:43:00
Data di uscita Giovedì 6 Dicembre 2007
Generi Drammatico, Commedia
Distribuito da TEODORA FILM
Maria Antonietta Amenduni
27 Novembre 2007
Malinconia e sogni si fondono nel primo film da regista di Fabrizio Bentivoglio.
Presentato al Torino Film Festival, "Lascia perdere Johnny!", parte con tutte le migliori intenzioni e lascia qualcosa di incompiuto nel finale. Ma grazie alle musiche, alla fotografia e alla bravura degli interpreti, conquista il pubblico.
Conquista in un colpo solo pubblico e critica. E’ "Lascia perdere Johnny!" primo film da regista di Fabrizio Bentivoglio. Nel cast l'esordiente 17enne Antimo Merolillo nei panni del chitarrista Faustino Ciaramella alias Johnny, l'estetista Valeria Golino, il trombettista suonato Maestro Falasco Toni Servillo, l'impresario truffaldino Ernesto Mahieux, il crooner Peppe Servillo, e la madre di Faustino, Lina Sastri. Bentivoglio, uno dei piu' noti attori italiani, assurto alla ribalta nel 1986 come interprete dei film di Salvatores - Marrakech Express e Turne', ha debuttato così con il suo primo lungometraggio distribuito in Italia da Medusa. Presentato lo scorso 25 novembre al Torino Film Festival, il film sara' nelle sale il 30 Novembre.
Lascia perdere Johnny! E' la storia di Faustino, “figlio unico di madre vedova”, un ragazzo di diciotto anni, che cerca di non fare il servizio militare e che suona la chitarra nell'orchestra del maestro Domenico Falasco, trombettista e bidello. L'esperienza con la colorata "orchestra Falasco" si trasforma grazie ad un inaspettato colpo di fortuna: Faustino si ritrova a lavorare per il maestro Riverberi, musicista ed ex amante della Vanoni. Ma sara' stato davvero un colpo di fortuna?
''Una carezza, una carezza alla memoria di ciascuno''. Per Fabrizio Bentivoglio e' questo il senso del suo esordio dietro la macchina da presa. ''Il nome del mio personaggio viene da Giampiero Riverberi, arrangiatore storico di Fabrizio De Andre', e dalla fiamma di Mina Augusto Martelli, ma con il placet di Ornella Vanoni nel film viene presentato quale suo ex-amante''
Lascia perdere, Johnny! nasce dai ''racconti sgangherati fatti a tavola a partire dal 1992 da Fausto Mesolella (chitarrista degli Avion Travel, autori della colonna sonora, capeggiati da Peppe Servillo, NdR), ma - precisa Bentivoglio - non e' la biografia di nessuno, ambisce a esserlo di tutti, stimolando la memoria collettiva''.
L'approdo torinese era stato scelto fin dall'inizio, “qui volevamo venire e qui siamo venuti». Così Fabrizio Bentivoglio alla domanda se avesse voluto presentare il suo primo lungometraggio da regista, Lascia perdere, Johnny! (da venerdì nelle sale), in un altro festival diverso da quello di Torino, diretto dall'esordiente Nanni Moretti. «Perché - ha aggiunto - cercavamo un clima familiare, non ci piacciono le guide rosse e gli smoking».
L'aria familiare Bentivoglio l'aveva già cercata sul set e anche per questo, tra i tanti attori scelti, troviamo per la prima volta nello stesso film due suoi grandi amici, i fratelli Servillo, Toni e Peppe. Il primo è così contento dell'avvenimento che spera di poter finalmente tornare a lavorare con il fratello a teatro. L'altro, volto (le sue mimiche facciali sono leggendarie) e voce degli Avion Travel che proprio l'altra sera hanno suonato ai Murazzi di Torino e con cui Fabrizio Bentivoglio collabora oramai da molti anni, racconta: «Abbiamo partecipato all'idea del film dall'inizio. Quel candore un po' napoletano e un po' inglese di Fabrizio mi ha sempre incantato. E poi condivido moltissimo la ricerca di paternità, in tutti i sensi, del ragazzo protagonista del film».
Si sa che con l’opera prima si è sempre più buoni, ma il lavoro di Bentivoglio, risulta piacevole e scorrevole. L’atmosfera anni 70 ricreata nel film, con l’aiuto della bella fotografia che sembra catapultare lo spettatore di trent’anni indietro, gioca notevolmente sul filone nostalgico. Molta furbizia si denota nella giusta scelta della musica lenta, melodica, interpretata per sussurri piuttosto che urlata, che aiuta ad accattivarsi ulteriormente la simpatia del pubblico, che non può fare a meno di lasciarsi coinvolgere.
E poi ci sono i sogni e i desideri di un ragazzo del sud Italia e tutta la sua passione per la musica e la chitarra, una passione mostrata con misura e pudore, senza, eccessi estremi. Di sfondo Caserta, i concerti per le sagre di paese, per gli sperduti centri dell’entroterra partenopeo. E ancora i personaggi irripetibili nell’oggi contemporaneo ma assoluti protagonisti di quegli anni 70.
Ciò nonostante, al prima parte del film è molto più scorrevole e piacevole della seconda che risulta invece un po’ forzata e perde anche la sua magia. E’ come se qualcosa si inceppasse, colpa forse anche di un montaggio non proprio fluido. La storia smarrisce così la leggerezza dell’evocazione iniziale conminciando ad appesantirsi. È un peccato perché il film fornisce degli spunti di racconto interessanti. Nonostante questo senso di incompiuto che rimane nel finale, il film piace al pubblico.
Molto bella è la fotografia, che rende perfettamente il senso del ricordo.
Che dire poi della straordinaria bravura di Tony Servillo, che da una nuova, grande prova d’attore. Molto bella anche l’interpretazione di Fabrizio Bentivoglio, perfettamente a suo ago nel personaggio.
"Lascia perdere Johnny!"
Un film di Fabrizio Bentivoglio.
Con Antimo Merolillo, Ernesto Mahieux, Lina Sastri, Roberto De Francesco, Luigi Montini, Flavio Bonacci, Ugo Fangareggi, Daria D'Antonio, Peppe Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Toni Servillo.
Genere Commedia,
Durata 104 minuti
Produzione Italia 2007
Distribuzione Medusa
uscita nelle sale: venerdì 30 novembre 2007
Maria Antonietta Amenduni
24 Novembre 2007
Ridley Scott confeziona un gangster movie insolito e geniale: American Gangster.
Denzel Washington e Russell Crowe: interpretazioni da oscar.
Russell Crowe e Denzel Washington, due attori con tutto il loro straordinario talento, sono i protagonisti di American Gangster, il nuovo film di Ridley Scott, che sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 18 gennaio 2008.
Brian Grazer a produrre, Steven Zaillian a sceneggiare il tutto: basterebbero questi nomi, tutti premi Oscar, per capire immediatamente il peso di questa pellicola.
Harlem, 1968. Frank Lucas, gangster nero e "ricercato", ama la famiglia, prega in chiesa e fa la guardia a Bumpy Johnson, Il gangster “buono” che accoglie le suppliche di Harlem e distribuisce tacchini il Giorno del Ringraziamento. Richie Roberts, detective ebreo e incorruttibile della contea di Essex, sta divorziando dalla moglie, dà la caccia ai malavitosi, diventato celebre tra i propri colleghi per aver consegnato ai suoi superiori un milione di dollari ritrovato nel bagagliaio di un auto, si metterà sulle sue tracce, resistendo ad ogni tentazione possibile, pur di portare a compimento quel semplice obiettivo che dovrebbe essere l’unico comandamento per ogni buon poliziotto… il senso di giustizia!
Qui, quasi come fosse un passaggio di consegne, Frank intravede la propria strada, prendendo in mano le redini lasciate libere dall’ex boss, in una citta, una nazione, distrutta dalla guerra in Vietnam, dalla corruzione dilagante in tutti i propri strati sociali, dalla droga e dall’eroina, in una città che dal nulla finisce nelle mani di un nero del sud venuto dai bassifondi, diventando leggenda.
Alla morte di Johnson, Lucas, più moderno e manageriale del vecchio padrino, e dal quale ha imparato tutto, subentra nelle sue attività, elimina gli avversari fino a diventare in breve tempo un boss della droga.
Scavalca intermediari e taglia fuori le famiglie mafiose, rifornendosi di eroina direttamente nel sud-est asiatico. Crea un “marchio” di droga: la “blue star”, purissima e a costi competitivi rispetto a quella molto meno pura e più costosa che si trovava fino ad allora per le strade di Harem. Lucas accumula una fortuna e per tanto tempo riesce a restare anonimo fino a che attira l'attenzione di Richie Roberts. Le loro vite, inevitabilmente si incontreranno…il primo incontro, come in una metafora della vita, si verificherà sotto il ring del match del secolo: Alì-Frazier. Soltanto uno resterà in piedi, vincendo ai punti.
Si fronteggiano due eserciti: da una parte i gangsters e i poliziotti corrotti della Unità Speciale della Narcotici, dall'altra gli agenti di Roberts, "puri" come l'eroina spacciata da Lucas. Caos e ordine nell’eterna sfida tra bene e male.
Anche questa volta Ridley Scott sente l’esigenza di raccontare la storia di due antagonisti che, come accade spesso nel suo cinema, sono l'uno il doppio dell'altro.
Così come nel Gladiatore la disposizione degli "eserciti" prima della battaglia esprime tutta una personale concezione del mondo, anche in questo caso, Frank e Richie sono come come Commodo e Maximus. Due vite destinate ad incontrarsi e scontrarsi.
Ridley Scott prosegue così il progetto di cinema d'intrattenimento colto. American Gangster è il tentativo di mostrare il microcosmo di Frank Lucas come la metafora di un macrocosmo: la società statunitense nata dalla violenza della frontiera, dallo sterminio degli indiani e dal lavoro schiavistico. Violenza che resta una costante di questa società. Siamo negli anni '70 e la Storia irrompe nel film di Scott restituendo l'allucinazione del Vietnam, la temperatura del conflitto e gli interessi intorno al conflitto. Frank Lucas è un nero del Sud che costruisce una versione personale e anomala di una storia americana di successo, che sostituisce il "padre" al comando e che rappresenta l'ascesa di una generazione contro un'altra: vecchia-nuova America, vecchia-nuova "mafia" (Lucas acquisisce il modus operandi della struttura mafiosa, impiegando nel suo business i cinque fratelli e i tanti cugini). Significativa e la scena in cui Richie attende Frank fuori dalla chiesa, dpo la messa della domenica, ma ancor più emblematica è la scena finale; la porta del carcere che si chiude come un sipario dietro al vecchio criminale rigettato nell'arena delle nuove orde di enfants terribles.
Ridley Scott confeziona un gangster movie insolito
La storia si costruisce lentamente, dipingendo una cruenta pagina di storia americana, attraverso una meticolosissima ricostruzione storica, che finisce per coprire magistralmente un intero quinquennio.
Da scommettere che Denzel Washington, Russell Crowe si aggiudicheranno l’ennesima candidatura all’oscar della carriera. Washington per la sua superba interpretazione del gangster, “signore” dai modi gentili ed educati, elegante, che non pensa ad altro che alla famiglia, un valore sacro e inviolabile, dove madre e moglie, sono le uniche persone a poter cambiare una sua decisione, come quella di ammazzare un poliziotto, ma in realtà spietato come pochi. Ridley Scott, riesce a farcelo passare quasi come un “eroe”, un “buono” che in fin dei conti fa la cosa giusta, che tutte le domeniche accompagna la mamma in chiesa, quando in realtà contribuisce a far morire centinaia di persone, spacciando sul mercato migliaia di chili di eroina pura al 100%.
Crowe, regala una nuova grande interpretazione, nei panni del poliziotto incorruttibile che vive una vita privata catastrofica, un matrimonio distrutto, una collezione di donne che fanno a gara per entrare nel suo letto.E’ convinto di essere una persona “pulita”, quando in realtà è sporca come tutte le altre. Cattura Lukas per poi trasformarsi addirittura in suo avvocato, in un rapporto a specchio dal finale inatteso.
Scott snocciola una società americana sporca e devastata, ma molto meno sono approfonditi gli aspetti privati e psicologici dei personaggi. Valga come esempio la catastrofica vita privata del poliziotto Richie Roberts, una catastrofe solo appena accennata e trascurata nei dettagli.
Quel che passa prepotentemente è comunque una società allo sbando e serva del vile denaro, dove anche la guerra in Vietnam è solo pretesto per arricchirsi.
Geniale l’uso dei colori grigi e sfocati la fotografia. Giustissima la colonna sonora, capace di passare dall’R&b all’Hip Hop, dal Soul al Blues, permettendo di percepire che estrema naturalezza lo scorrere delle emozioni.
Come sempre, caratteristica distintiva di Ridley Scott, perfette le scene di massa, in un numero incredibile di set, scenografate magistralmente. Ed anche in questo caso si sente profumo di oscar.
Un film di Ridley Scott.
Con Denzel Washington, Russell Crowe, Chiwetel Ejiofor, Cuba Gooding Jr., Josh Brolin, Ted Levine, Armand Assante, John Ortiz, John Hawkes, Ruby Dee.
Genere Drammatico
Durata 158 minuti
Produzione USA 2007
Distribuzione Universal Pictures
Uscita in Italia: 18 gennaio 2008
Maria Antonietta Amenduni
17 Novembre 2007
“Milano Palermo – il ritorno”…era proprio necessario!?
Dopo undici anni, ritorna la squadra del Vice Questore Aggiunto Nino Di Venanzio, in un film dagli scarsi risultati.
Dopo “Palermo Milano – Sola andata”, ci hanno impiegato 11 anni per il viaggio di ritorno; ecco ora arrivare “Milano Palermo – il ritorno”, in uscita nelle sale dal 23 Novembre. Ora, quello che mi chiedo, visti i risultati, era proprio necessario questo ritorno?
Turi Arcangelo Leofonte, il ragioniere della mafia, dopo aver accettato di collaborare con la giustizia, facendo arrestare quasi tutto il clan Scalia, e aver scontato una pena di undici anni di carcere duro, si prepara ad uscire per raggiungere l'ultima destinazione, (all'estero) con una nuova identità, da uomo libero. Il vecchio Scalia è morto in carcere e suo figlio Rocco venuto a conoscenza della scarcerazione di Leofonte, organizza un piano per costringerlo a restituire il denaro di suo padre, sparso nei paradisi fiscali di mezzo mondo. Rocco Scalia appartiene alla nuova mafia, quella quotata in banca che agisce nella legalità grazie alle numerose società che gestisce come imprenditore. Della squadra che portò Leofonte a Milano per testimoniare contro la cosca degli Scalia, ritroviamo: Il Vice Questore Aggiunto Nino Di Venanzio e l'Ispettore Superiore Remo Matteotti che hanno un rapporto d’amicizia consolidato nel tempo e tornano insieme in questa scorta solo ed unicamente per la scarcerazione di Turi Arcangelo Leofonte. Ricomposta la squadra del Questore, gli agenti intraprenderanno un lungo viaggio verso sud. Sbarcati sull'isola chiuderanno i conti con Scalia e col passato.
”Milano Palermo - Il ritorno” più che un film per il cinema, sembra un non ben riuscito filmetto lobotomizzante per la tv, omologato perfettamente ai codici e ai canoni della tv. Come vedere un mix tra distretto di polizia, carabinieri e la squadra. Eppure Claudio Fragasso non è sceneggiatore per la tv, anzi, la sceneggiatura è buona, è solo che gli attori/eroi dell'antimafia, provenienti un po’ tutti da queste fiction, non si sforzano affatto di rendere il loro personaggio diverso da quello della tv.
Che fine ha fatto la scuola by Petri, Rosi e Damiani, in cui il cinema italiano era perfettamente in grado di ricostruire magistralmente la storia partendo dalla cronaca.
I personaggi in questo caso, ben poco hanno a che vedere con la realtà; sono tutte brave persone in prima linea, buoni contro i cattivi. Non fanno mai i conti con le insidie della violenza o tanto meno mai collusi con il crimine, gli agenti sono protagonisti di indagini ortodosse che rassicurano il pubblico. Le scansioni del racconto sono classiche e anche un po’ monotone: attentato, paura e smarrimento, poi rabbia, tensione e infine reciproca solidarietà, perché in fondo si tratta di un film d'azione in cerca di un forte coinvolgimento emotivo, focalizzato su personaggi naturalmente ne ambivalenti, ne tanto meno estremi.
Presentato a stampa prima e pubblico poi, come film di mafia e genere poliziesco, il film di Fragasso ri-propone il tema della crisi familiare in un'Italia gravemente ferita, dove la giustizia vive confinata nella solitudine e assediata dal tradimento. Nel viaggio da da Milano a Palermo, la squadra del Vice Questore interpretato da Bova, sostiene padre e figlia, proteggendoli dai pericoli esterni, dove fanno da sfondo i loro sentimenti e le loro tensioni. E per fortuna che c’è Giancarlo Giannini a migliorare un po’ le cose.
Il tema della mafia e della famiglia negata, già ampiamente sviscerato nella filmografia cinematografica e televisiva italiana (un esempio per tutti, La Piovra), non aggiunge niente alla comprensione del fenomeno. Cascàmi drammatici e a tratti caricaturali, musiche empatiche, attori ordinari e sfacciatamente televisivi, fanno venire il dubbio che piuttosto che essere al cinema, si è a casa a guardare una di quelle serie televisive a puntate.
Insomma questo ritorno era proprio necessario? La risposta è No!
Turi Leofonte Giancarlo Giannini
Remo Matteotti Ricky Memphis
Nino Di Venanzio Raoul Bova
Giorgio Ceccarelli Simone Corrente
Chiara Leofonte Romina Mondello
Regia: Claudio Fragasso
Sceneggiatura: Rossella Drudi
Scenografia: Paolo Innocenzi
Costumi: Stefano Giovani
Musiche: Pino Donaggio
Montaggio: Ugo De Rossi
Anno: 2007
Nazione: Italia
Distribuzione: Buena Vista
Durata: 95'
Data uscita in Italia: 23 novembre 2007
Genere: poliziesco
Maria Antonietta Amenduni
27 Ottobre 2007
Si spengono i riflettori sulla Festa Internazionale del Cinema di Roma. Trionfa "Juno".
Roma - Corre sulle note dell’Orchestra di Santa Cecilia, diretta dal Maestro Ennio Morricone, l’emozione e tutto quel che resta della seconda edizione di una amata/contestata Festa Internazionale del Cinema di Roma. Strepitoso il concerto diretto dal Maestro Morricone, degna conclusione per un evento che nonostante tutto è stato un successo.
Tante sono state le critiche nei 10 giorni di festa, ma c’è una frase detta da uno dei protagonisti dell’evento che conclude tutte; Tom Cruise alla presentazione del fil “Leoni per Agnelli”, alla domanda;: “Che ne pensa di questa giovane festa del cinema”, ha risposto: “Roma è culla di arte e cultura, non c’è da chiedersi il perché di questa festa, c’è da chiedersi invece perché non c’era prima”!
Ebbene si, per quanto criticata e contestata, per quanto qualcuno l’abbia definita una festa di paese, per quanto nei primi giorni ci siano stati un po’ di problemi organizzativi poi rientrati, se bene ci siano state alcune defezioni da parte di artisti, e poi in un paio di giornate si sono visti più politici che artisti, per quanto la cerimonia finale sia stata estremamente lunga a causa dei premi “pubblicità” degli sponsor che potevano essere snelliti…ebbene si, nonostante tutto è stato un successo.
110 mila biglietti emessi, 7010 accreditati, 102 film della selezione ufficiale di 33 nazioni diverse, 25 anteprime di mercato, 650 proiezioni complessive. Come detto dal Presidente Bettini: “Le festa è cresciuta, si è consolidata e vivrà nel tempo”.
E’ vero, molti aspetti poteva, e in futuro devono essere migliorati affinché la si possa realmente definire una festa del cinema dei cittadini, per i cittadini e non solo, magari con un coinvolgimento più ampio della città e con più sale adibite alla proiezione dei film; ma questa festa è giusto che ci sia e deve continuare ad esserci.
Ma torniamo a parlare di cinema e dei premiati. A condurre la cerimonia, dopo il concerto del Maestro Morricone, c’erano Vincenzo Mollica e Martina Colombari.
Un fragoroso applauso è andato al Maestro morricono, non solo per il concerto, ma perché alla domanda di Mollica: “Cosa pensa di questa festa del cinema”, ha risposto: “Ma fai sempre la stessa domanda!?”
Oltre il concerto comunque, il momento migliore è stato la proiezione di un video realizzato dal movimento Centoautori: una Lettera agli spettatori italiani, con la presenza di attori (il primo ad apparire nel filmato è Riccardo Scamarcio), registi, tecnici, per ristabilire da verità sui finanziamenti italiani al cinema, vere e proprie briciole rispetto a quelli dati all'industria o all'editoria. E per chiedere che la politica culturale, nel nostro Paese, non vanga fatta solo dalla tv.
Quest'anno la giuria della Festa ha dimostrato di essere realmente una giuria popolare, composta cioè da appassionati e non da addetti ai lavori. Scegliendo di premiare un film non da cinefili puri e duri, ma di quelli che davvero riconciliano col cinema: facendo commuovere, riflettere, divertire. Parliamo di Juno di Jason Reitman, trionfatore della kermesse, che oggi ha ottenuto il riconoscimento come migliore pellicola tra quelle in concorso (il Marc'Aurelio d'oro). Una scelta avvenuta a furor di popolo, in perfetta sintonia con le preferenze dei frequentatori della Festa.
La migliore interpretazione femminile, va a Jang Wenli, interprete del cinese And the spring comes, diretto da Chang Wei Gu: la storia di una cantante decisa a diventare star della lirica. Tra gli uomini, invece, prevale Rade Serbedzija, per Fugitive pieces di Jeremy Podeswa: la vita di uno scrittore canadese di origine polacca, perseguitato dal passato. Infine, il quarto e ultimo riconoscimento ufficiale, il premio speciale della giuria, che va ad Hafez dell'iraniano Abolfazl Jalili: la parabola su un ragazzo speciale, diviso tra l'amore e i dettami della fede.
Tanovic, regista e presidente di giuria, ammette che, per il massimo premio (quello al miglior film) sono stati presi in considerazione anche Reservation road dell'americano Terry George e La giusta distanza di Carlo Mazzacurati, che però resta a bocca asciutta.
E così anche quest’anno è andata…sul tanto fotografato red carpet, si spengono le luci. L’appuntamento è per il 2008. Intanto buon cinema a tutti.
Di seguito tutti i premi, ufficiali e collaterali, comprensivi di motivazioni della giuria.
I vincitori dei Premi della seconda edizione
I PREMI UFFICIALI DI ALICE NELLA CITTÀ
Premio Alice nella Città K 12 al miglior lungometraggio
CANVAS di Joseph Greco
Motivazione
Non si può vedere questo film e poi dimenticarlo. Ti colpisce al cuore, la forza e la capacità della famiglia di reagire alla malattia della madre. È incredibile come il regista abbia avuto il coraggio di raccontare questa storia, che è tratta dalla sua infanzia.
Premio Alice nella Città Young Adult al miglior lungometraggio
MEET Mr. DADDY di Kwang Su Park
Motivazione
Un ritratto commovente, mai banale, sulla capacità di amare, al di là dei legami di sangue. Un film che grazie all’interpretazione straordinaria dei suoi attori, dimostra come da un grande dolore possa nascere la speranza di una nuova vita.
Premio Paolo Ungari- Unicef sezione letteraria di Alice nella Città
RAGAZZI DI CAMORRA di Pina Varriale
Motivazione
Quella di Antonio è una storia di coraggio e di speranza. Nonostante un’infanzia rubata i ragazzi come lui possono costruirsi un futuro migliore lontano dalla camorra, grazie alla forza di volontà e al sostegno degli altri.
I PREMI UFFICIALI DI CINEMA 2007 - CONCORSO
La Giuria Popolare, composta da 50 membri, presieduta da Danis Tanovic, ha attribuito i seguenti premi ufficiali di CINEMA. Festa Internazionale di Roma:
Premio Speciale della Giuria CINEMA. Festa Internazionale di Roma – AAMS
HAFEZ di Abolfazl Jalili
Motivazione
La Giuria è orgogliosa di poter tributare questo riconoscimento a un film veramente unico nel suo genere. La Giuria ha particolarmente apprezzato la componente mitica che è il nucleo centrale dell’opera e l’uso di uno stile di narrazione innovativo. Poesia, ritmo, simboli nel film svelano la dualità dell’amore nei confronti di Dio e della comunità. Hafez ci mostra come la forza dell’uomo si opponga al fanatismo della tradizione, una vicenda che presenta un forte legame a questioni di attualità politica e religiosa.
Premio Marco Aurelio alla migliore interprete femminile di CINEMA. Festa internazionale di Roma – BNL – Gruppo BNP PARIBAS
JANG WENLI per Li Chun (And the Spring Comes) di Chang Wei Gu
Motivazione
Le sue eccezionali doti di attrice le consentono di identificarsi completamente con il personaggio. Ci presenta il personaggio di una donna che deve fare i conti con una realtà bloccata, da cui si sente soffocare, riuscendo a non esserne sopraffatta. Il personaggio di Wang Cailing esprime la sofferenza dell’artista frustrata che trova il coraggio di seguire una strada diversa. Jang Wenli costituisce il fulcro della storia e esprime grande eleganza e fascino
Premio Marco Aurelio al miglior interprete maschile di CINEMA. Festa internazionale di Roma – Regione Lazio
RADE ŠERBEDŽIJA per Fugitive Pieces di Jeremy Podeswa
Motivazione
La Giuria ha l’onore di assegnare il premio a un attore eccezionale proveniente da una regione martoriata dell’Europa. Il suo personaggio fa prova di grande umanità nei confronti di un ragazzino, nonostante questo atto lo esponga a dei rischi. Il film inizia proprio con questo atto di coraggio. Rade recita la sua parte con sensibilità e credibilità e pone il suo personaggio al centro di un film di ottima fattura.
Premio Marco Aurelio al miglior film – Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Roma
JUNO di Jason Reitman
Motivazione
Il film ha suscitato un’ondata di emozioni fra i componenti della Giuria e l’accoglienza del pubblico ha reso tale reazione ancora più tangibile. Racconta la storia di un’adolescente alle prese con una gravidanza non desiderata che affronta la situazione in un modo tutto suo. Il personaggio di Juno è egregiamente interpretato da Ellen Page che, insieme agli altri attori del cast, presenta una storia convincente con dei risvolti di humour.
PREMI OSPITATI
Premio Fastweb per la sezione Première
INTO THE WILD di Sean Penn
Motivazione
Per l’intensità straordinaria con cui sa raccontare il viaggio di un giovane estremista della vita verso territori indicibili, sino a quel punto di non ritorno dove pulsa il cuore di una natura immensa e selvaggia e una inappagabile, irriducibile ricerca di libertà e d’amore.
Menzione speciale a Giorni e Nuvole di Silvio Soldini per l’essenzialità di scrittura e l’emozionante precisione del linguaggio con cui riesce a dare rappresentazione di un paese incerto, smarrito, incapace di progettare il proprio futuro, ma – come nei volti esemplari di Margherita Buy e Antonio Albanese – pronto ad impugnare con dignità la propria debolezza.
Premio L.A.R.A. (Libera Associazione Rappresentanza di Artisti) al miglior interprete italiano
GIUSEPPE BATTISTON per La Giusta Distanza di Carlo Mazzacurati
Motivazione
Il Premio L.A.R.A. 2007 al miglior attore o attrice italiano è stato conferito dalla giuria composta dagli agenti italiani a Giuseppe Battiston, per la sensibilità, l'ironia e l'accuratezza con cui si è calato nei panni del personaggio di Amos, rappresentando, insieme ad un cast d'eccezione, con poesia e realismo la contraddittoria realtà della provincia italiana nel bellissimo film di Carlo Mazzacurati, La Giusta Distanza.
Premio CULT al miglior documentario presentato nella sezione Extra
FORBIDDEN LIES di Anna Broinowski
Motivazione
La giuria, composta da Sherin Salvetti, Vice President Factual di Fox Channels Italy, Aldo Grasso, editorialista e critico televisivo del Corriere della Sera, Erik Gandini, regista, Roberta Torre, regista, Simone Cristicchi, cantautore e lo spettatore Giacomo Cannelli, assegna il premio Cult 2007 al miglior documentario a Forbidden Lies di Anna Broinowski per l’originalità della storia e l’innovazione del linguaggio. Il film evoca in maniera inaspettata il sottile confine tra finzione e realtà, trascinando lo spettatore in un viaggio in cui la verità sembra sempre sfuggirgli di mano.
La giuria assegna inoltre una menzione speciale al film Manda Bala, realizzato dal giovane regista Jason Kohn, per la genialità del linguaggio, sperando che possa ispirare, a chiunque voglia raccontare la realtà con il cinema, il coraggio di uscire da schemi narrativi pre-costituiti.
Premio Enel Cuore al miglior documentario sociale presentato nella sezione Extra
WAR/DANCE di Sean Fine e Andrea Nix-Fine
Motivazione
Un film sulla speranza, una storia sulla bellezza e sulla vitalità della musica, che riesce a vincere la morte, la guerra, l'odio umano e la povertà. Colpisce la voglia di riscatto di quelle piccole vittime che attraverso un grande sogno possono dimostrare a tutti che potranno realizzare nella vita qualcosa di importante e sentirsi liberi, anche senza casa e famiglia e anche dopo essere stati soldati loro malgrado, a soli dieci anni.
Premio MINI al miglior progetto Europeo presentato New Cinema Network
SLAWOMIR FABICKI per il progetto Bonobo Jingo
Motivazione
Una storia bella, toccante e originale in cui grandi e piccoli possono riconoscersi, raccontata in maniera molto cinematografica.
Premio L’Oréal Paris al miglior maquillage
VALENTINA LODOVINI interprete in La Giusta Distanza di Carlo Mazzacurati
Motivazione
L’Oréal Paris ama le donne nel cinema e nella vita. Il maquillage secondo lo stile L’Oréal Paris valorizza la bellezza che c’è in ogni donna, a volte in modo naturale a volte in modo glamour, ma sempre nel rispetto dell’armonia e delle caratteristiche individuali. Per questo assegniamo oggi il Premio per il Miglior Maquillage ad una donna piena di fascino che interpreta la bellezza in modo personale nel quotidiano e sullo schermo.
Maria Antonietta Amenduni
26 Ottobre 2007
Un inno hai sogni dei ragazzi del sud, raccontati ne “L’abbuffata” di Calopresti
Roma – “I giovani oggi, quando voglio fare un film, partono all’avventura produttiva. I giovani devono sempre avere il coraggio di chiedere niente a nessuno, assumendosi anche la responsabilità dei propri sbagli”. E quanto affermato da Mimmo Colapresti, presentando il suo film “L’abbuffata”, una riflessione sul cinema italiano. Il regista presenta alla Festa (fuori concorso) "L'Abbuffata", con Abatantuono, Valeria Bruni Tedeschi e Gerard Depardieu.
La storia, un po' cervellotica, in perfetto stile Colapresti, di tre giovani calabresi decisi a tutto, pur di realizzare il loro film.
"In quella terra non c'è solo Ammazzateci tutti, ma persone con tanta voglia di fare, per questo ho deciso di raccontare i sogni dei ragazzi del sud", ha aggiunto Colapresti, ed è difficile non dargli ragione!
“Nei miei viaggi al sud italia, in questi anni ho visto cambiare tante cose, tranne la Salerno-Reggio Calabria”, ha detto il regista; ed è proprio in Calabria (la vicenda si svolge a Diamante, paese della costa tirrenica) che è ambientato il film. Un modo per ritrovare passione ed entusiasmo per un grande amore come quello per il cinema.
In questo scenario si muovono sia i tre protagonisti, ragazzi semplici decisi a realizzare il sogno di fare un film; sia alcuni personaggi più maturi e disillusi. Come Diego Abatantuono, regista snob e in crisi creativa, o Gerard Depardieu, che interpreta se stesso. E che sullo schermo fa una brutta fine, proprio mentre fa zapping tra il peggio dei programmi tv di casa nostra.
I tre giovani eroi della pellicola sono Paolo Briguglia, Lorenzo Di Ciaccia e Lele Nucera, che insieme alla bella coetanea Elena Bouryka, vogliono a tutti i costi fare un film sulla storia della nonna di uno di loro. Prima chiedono aiuto ad Abatantuono, cineasta che da anni vive nel loro paese, isolato da tutti (e che ha avuto una storia con la barista Donatella Finocchiaro); poi però decidono di andare a Roma per farsi aiutare da un amico attore (interpretato dallo stesso Calopresti). Dopo la trasferta tornano a casa apparentemente con un pugno di mosche in mano; ma tutto cambia quando Valeria Bruni Tedeschi, conosciuta a un party nella capitale, convince il suo fidanzato - ovvero il divo Gerard Depardieu - a sbarcare a Diamante, per partecipare al progetto. Ma l'abbuffata preparata in suo onore dagli abitanti del luogo avrà conseguenze imprevedibili...
"Negli ultimi anni ho incontrato tanti ragazzi che continuano a pensare al cinema come a un mondo di sogni: vedere questa forte vitalità è stata una gioia – dichiara Colapresti in conferenza stampa - Via via che li incontravo, ho capito che su questa idea di felicità attraverso il cinema potevo fare un film. Su gente che non chiede nulla alla politica, né soldi al Ministero: magari non riescono a realizzare il loro progetto, ma il fatto di averci provato, è giù tutto. Per loro, così come per me."
Al di là della rappresentazione di una gioventù un po' diversa dai cliché, il film è anche disseminato di figure più o meno autobiografiche. Come il personaggio di Abatantuono.
"I ragazzi del Sud non sono solo quelli di 'Ammazzateci tutti' - dichiara il regista - ma persone che vogliono amare, vogliono fare. Come i protagonisti del film. Sono loro la vera speranza della Calabria. Spesso i calabresi della nuova generazione vengono rappresentati solo quando sono il problema, e questo è sbagliato. Certo, a chi si batte contro la 'ndrangheta esprimo tutta la mia solidarietà: anche in questi giorni, in cui difendono un magistrato (De Magistris, ndr), si stanno facendo onore. Vorrei che l’idea del su escluso non sia più vera, vorrei che questa idea si rompesse per sempre. Io quando penso a me come uomo del sud, non lo sento un problema".
Molto critica nel film, la posizione nei confronti della televisione; posizione ribadita dallo stesso Colapresti in conferenza: “Non ho nulla contro la televisione, ma c’è il rischio di “morire” di televisione, vedi certe fiction e i reality”
Maria Antonietta Amenduni
26 Ottobre 2007
Assegnati i premi per i progetti della sezione “Alice nella città”. Tra i vincitori, il Liceo Classico Vivono di Roma.
Roma - In una Sala Sinopoli gremita dai bambini e ragazzi della scuole italiane protagoniste dei progetti realizzati da Alice nella città, la sezione della Festa del Cinema diretta da Gianluca Giannelli, sono
stati assegnati stamattina il Premio del Consiglio dei Bambini di Alice, i Premi Boing Corto Scuola K12 e Corto Scuola Young Adult, il Premio AAMS del pubblico e la menzione speciale a Costanza Quatriglio per lo spot sull’affido.
Un grande successo della seconda edizione della Festa, che ha coinvolto 13.000 tra ragazzi e insegnanti. Alla cerimonia erano presenti l’Assessore alle Politiche Educative e Scolastiche del Comune di Roma Maria Coscia e l’Assessore alla Cultura della Provincia di Roma Vincenzo Vita. Il Premio del Consiglio dei Bambini è stato assegnato a PRIDE di Sunu Gonera, film di Alice nella città Fuori Concorso, « per aver dimostrato che non esiste differenza tra bianche e neri, uomini e donne e che l’impegno e il gioco di squadra portano a superare tutti gli ostacoli nello sport come nella vita ».
Il premio è stato ritirato da Domenico Fioravanti, vincitore di 2 medaglie d’oro alle Olimpiadi di nuoto di Sidney e testimonial dei Mondiali di nuoto Roma 2009. L’assessore Maria Coscia ha consegnato il Premio Corto Scuola K12 a TU SARAI, della Scuola Elementare Montefalcone di Benevento in collaborazione con il Centro Cultura Millelire di Torino, « perchè guardare questo corto è stato come sfogliare un album che rappresenta il passato, il presente e il nostro futuro, ricordandoci che senza i nonni noi non saremo qui ».
L’assessore Vincenzo Vita ha consegnato il Premio Corto Scuola Young al film NEL NOME DI NESSUNO, del Liceo Classico Nicolò Vivona di Roma « per i temi trattati quali la politica, la solitudine e l’omosessualità che diventano spunti di riflessione per persone di qualsiasi estrazione sociale, riuscendointelligentemente ad inquadrare la cupa e falsa realtà odierna ».
Grande soddisfazione è stata espressa in proposito dal figlio di Nicolò Vivono per la bravura di questi ragazzi che tengono alto il nome di questo liceo fondato da suo padre nel 1956: “Per me e per la memoria di mio padre, una piccola, ma moralmente ed emotivamente grande, grandissima soddisfazione”!
Il premio del pubblico AAMS è andato a CANVAS di Joseph Greco, film in concorso di Alice nella città ed è stato consegnato a Simone Raineri, delegato della Festa del Cinema. Infine la regista Costanza Quatriglio ha ricevuto la Menzione Speciale per “Progetto Affido”, il corto che ha preceduto le proiezioni della sezione, interpretato da Neri Marcorè, Nicole Grimaudo e Marina Massironi. Una delegazione di Alice nella città ha ritirato il Premio.
Maria Antonietta Amenduni
25 Ottobre 2007
Fischi per “L’uomo privato”, di Emidio Greco
Roma - Accoglienza a suon di fischi. A 48 ore dalla fine della Festa Internazionale del Cinema di Roma, uno dei film peggiori in concorso è sicuramente “L’uomo privato” di Emidio Greco. Nonostante un cast fatto di nomi famosi del teatro, dal bravissimo protagonista Tommaso Ragno (l'uomo privato), Myriam Catania (Silvia), Giulio Pampiglione (ragazzo suicida), Mia Benedetta (donna bruna), Ennio Coltorti (Commissario), Vanessa Gravina (giornalista), Mariangela D’Abbraccio (Carlotta), e Catherine Spaak (ex amante), il film risulta essere assolutamente inconsistente.
Ecco come viene presentato nella cartella stampa: “Un professore universitario, quarantenne affascinante, socialmente e professionalmente affermato, è corteggiato da donne verso le quali mostra un'accorta disponibilità. Tuttavia l'uomo, acceso individualista, frappone sempre uno schermo tra sé e la realtà, e non esita a reprimere i propri sentimenti e a sacrificare quelli degli altri, fino a troncare, senza una ragione plausibile, la relazione che ha con Silvia. Ma il destino s'incarica di incrinare il sistema di regole a salvaguardia della sua vita privata: a Torino, nelle tasche di un giovane studente suicida la polizia trova solo un foglio con il numero di telefono e l'indirizzo del professore. La realtà, tenuta a distanza, si infiltra nella sua vita privata, la invade e la travolge”.
Dunque dovrebbe essere un giallo, ma al film manca proprio l’ A,B,C, del giallo! Non c’è nulla di travolgente o di sorprendente. I dialoghi risultano troppo spesso inutili, incomprensibili, come se gli attori dovessero parlare tra se, disinteressandosi del fatto che c’è un pubblico che ascolta. La recitazione è molto teatrale, il che non è necessariamente un difetto, ma spesso si trascende nel ridicolo come nel caso del monologo, (anche questo incomprensibile!), di Vanessa Gravina. Per non commentare poi la commessa interpretata da Giorgia Wurth, che regala uno dei momenti più divertenti (e non in senso buono!) del film!
Un film di tante pretese e poca sostanza e lo hanno dimostrato i fischi che si è preso al termine di ogni proiezione. I commenti in sala lo definivano: “una specie di fiction di bassa categoria”.
Per fare un esempio fra tutti all’interno del cast, non ci si spiega come un bravissimo attore quale Tommaso Ragno, abbia accettato di fare un film dalla sceneggiatura così inconsistente! ,a la stessa domanda si potrebbe fare anche agli altri attori!
Una spettatrice, uscendo ha commentato: “Ma se proprio volevo vedere un giallo, non potevo restare a casa a vedere una puntata de “la signora in giallo”!? forse era meglio”!
Maria Antonietta Amenduni
24 Ottobre 2007
Calda accoglienza per Sean Penn, tornato alla regia.
Un lungo e caloroso applauso e qualche "Bravo!" alla prima di «Into the Wild» tratto dal romanzo «Nelle terre estreme» Penn: “i giovani devono far battere il loro cuore più velocemente”
Roma - Ha convinto tutti e si è meritato l'applauso più lungo concesso finora alla Festa Internazionale del Cinema di Roma; se l'è guadagnato lui: Sean Penn. La proiezione stampa del film da lui diretto «Into the Wild», nella sezione Premiere, non è passata inosservata. Il film della durata di due ore e 30 minuti circa, vede il ritorno del regista dietro la macchina da presa dopo sei anni.
La trama è presto detta. Un ragazzo ventiduenne, Christopher McCandless, fresco di laurea, non è un ragazzo qualsiasi, o forse sì. Come quasi tutti i ragazzi ha voglia di cambiare tutto, solo che Christopher (interpretato da Emile Hirsch) alla fine lo fa davvero. E pagando di persona si mette in viaggio in fuga dalla civiltà sparendo per due anni senza neanche un soldo in tasca, arrangiandosi, facendo lavoretti umili, vivendo di cacciagione e rifiutando il benessere offerto dai genitori, e una promettente carriera professionale.
Tratto dal romanzo di Jon Krakauer «Nelle terre estreme» (pubblicato in Italia da Corbaccio) il film racconta una storia vera: ovvero quel lungo viaggio alla ricerca della felicità e della verità nell'America degli emarginati e soprattutto quei memorabili 113 giorni finali che Christopher ha vissuto nel territorio selvaggio dell'Alaska con ben poche provviste e armato solo da un fucile calibro 22 e qualche libro, non a caso firmato da scrittori come Jack London, Tolstoj e Krakauer. Costruito a capitoli come un romanzo di iniziazione (La mia nascita, Adolescenza, L'età adulta), Penn fa vedere aiutato solo da una voce fuori campo la progressiva fuga dal mondo di questo ragazzo e il suo immergersi nella natura. Christopher McCandless è convinto che la felicità non possa dipendere dai rapporti sociali, ma solo alla fine dovrà ammettere che la felicità è vera solo se condivisa!
Sean Penn arriva in conferenza stampa, in compagnia del bravissimo protagonista Emile Hirsch, con gli occhiali da sole e si scusa subito con la stampa dicendo che: “non posso togliere gli occhiali a causa di una lunga nottata romana trascorsa ad assaggiare i buonissimi vini italiani”
I confort nella società moderna - « Penso che negli Usa e in Occidente la gente sia troppo dipendente dai comfort e questo con gravi conseguenze. È necessario - ha affermato Penn in conferenza stampa - fare un cambiamento. Con questo non voglio dire ai giovani che debbano comportarsi come il protagonista del mio film, ma sicuramente che devono far battere i loro cuori più velocemente».
E’ parlando del film Sean penn ha aggiunto: “La testimonianza è stata la mia più cara amica per questo, e per tutti i film che ho fatto”.
Il lavoro di Penn affronta anche il rapporto difficile tra il protagonista e i genitori e in proposito afferma: “non credo nel pregiudizio di sangue; abbiamo la tendenza ad essere più comprensivi ed indulgenti con la famiglia, a perdonare sempre tutto. Questo non è sbagliato, ma un figlio deve anche cambiare pelle rispetto ai propri genitori e trovare la propria strada e personalità”.
Maria Antonietta Amenduni
24 Ottobre 2007
Accoglienza tiepida per il nuovo film di Dario Argento “La terza madre”
Roma - Temperatura tiepida. Cos’ è stata l’accoglienza per Dario Argento, con il suo nuovo film «La Terza Madre». Chi si aspettava un film nel vecchio stile di Dario Argento, in cui le scenografie erano quasi pi importanti dei personaggi, è infatti rimasto deluso: al termine della proiezione notturna per il pubblico della Festa di Roma, gli applausi ci sono stati anche se un pò freddini accompagnati da un paio di fischi.
La serata è stata comunque un vero evento, e i fan hanno mostrato tutto il loro affetto: per lui è stato allestito un black carpet (con il sottofondo musicale di Claudio Simonetti) dove imperversava Dario Ballantini nei panni di Valentino. Pochi vip ma tantissimi ragazzi hanno risposto all'appuntamento con il maestro del brivido e hanno accolto il regista, insieme alla figlia Asia e a tutto il cast, con applausi e entusiasmo.
“E’ un film che nasce dal mio inconscio e dal mio subconscio, non avevo pensato ne ad aspetti sociologici sulla violenza nella società attuale, o sul rapporto madre figlia…poi se è venuto fuori anche questo, va bene così ” Dario Argento si conferma vero e proprio personaggio anche con le sue singolari dichiarazioni e non si trattiene neanche parlando della situazione del cinema italiano: “La rovina del nostro cinema sono quelle patacche di fiction inguardabili. Forse il problema è che la regia non la fanno registi di cinema, perché si pensa che la televisione sia un’altra cosa! Gli americani invece, la fiction la fanno benissimo”!
Asia Argento si è soffermata sui rapporti familiari esistenti nel film: “Ho chiesto io a mio padre di prendere mia madre per il ruolo di mia madre nel film. Mi ha fatto molta tenerezza lavorare con lei e mio padre insieme, e poi nella produzione c’è anche mio zio. I mie genitori si sono lasciati quando avevo 9 anni, ora il film è finito e loro non si parlano già più, ma è stato comunque molto bello”.
Il film conferma la vena visionaria di Argento, nel solco dei suoi ultimi lavori: sangue a profusione, squartamenti, cadaveri fatti a pezzi e anche apparizioni di spiriti (evocati soffiando su un piumino per la cipria), stregoneria bianca e nera sono gli ingredienti della Terza Madre. Non è mancata la suspance, distribuita con la sapienza di sempre tanto da strappare qualche urlo di paura agli spettatori in sala.
Maria Antonietta Amenduni
24 Ottobre 2007
Presentato il documentario "Zero, inchiesta sull'11 settembre"
Presentato alla Festa del Cinema di Roma “Lions for lambs”, la nuova fatica cinematografica dell’attore e regista Robert Redford.
Roma - «Balle inventate da un generale». Così il premio Nobel per la letteratura Dario Fo, definisce la versione ufficiale sugli attentati alle Torri Gemelle? L’attore e regista convinto della sua versione dei fatti, non usa mezzi termini, e questa versione è raccontata in "Zero, inchiesta sull'11 settembre", il documentario di Claudio Fracassi e Francesco Trento, presentato alla Festa di Roma nella sezione "Extra”.
Fo, insieme a Lella Costa, Moni Ovadia e Gore Vidal, è fra i narratori del film non fiction, nato da un inchiesta di Giulietto Chiesa, che mette in dubbio con testimonianze e ricostruzioni la versione ufficiale fornita dagli Usa sui fatti dell'11 settembre. «Ho avuto la possibilità di vedere il documentario varie volte fin da quando era ancora nelle fasi iniziali - ha spiegato Fo -. Una volta completato ho riguardato il materiale anche con esperti delle materie di cui si parla, e a tutti ha fatto venire dei dubbi su ciò che sapevano». Il drammaturgo spiega che «gli autori di Zero non sono partiti da tesi precostituite ma hanno determinato la struttura del documentario sulle verità che emergevano. Quello che vi chiedono e di guardare il film con attenzione».
Secondo Fo, «per quanto riguarda l'11 settembre, certe situazioni, per come ci sono state raccontate, hanno dei punti non solo improbabili, ma grotteschi. Sembrano balle inventate da un generale, che è di solito capace di invenzioni altamente contorte, anche a causa del cappello che porta». Poi ha ricordato: «Io, fin dall'omicidio Kennedy, con le spiegazioni incredibili, veri e propri insulti all'intelligenza della gente, fornite dal governo americano su certi eventi, ci ho fatto quattro spettacoli».
Maria Antonietta Amenduni
23 Ottobre 2007
Redford: i giovani devono tornate in piazza per difendersi dalle bugie di chi governa.
Presentato alla Festa del Cinema di Roma “Lions for lambs”, la nuova fatica cinematografica dell’attore e regista Robert Redford.
"Mi auguro che la sinistra abbracci il mio film. Qualunque opera che voglia far riflettere e mettere in discussione lo status quo è progressista, dunque di sinistra. E voglio dire ai giovani che non basta aderire a campagne sociali su Internet, bisogna anche scendere in piazza per dar voce al proprio dissenso. Con questo film vorrei incoraggiare tutti a gettare uno sguardo più profondo sulla nostra realtà". Questo è quanto dichiarato solo pochissimi giorni fa da Robert Redford, combattivo, politicamente impegnato, che a 71 anni torna alla regia con il film Lions for lambs, prima produzione della nuova United Artists resuscitata da Tom Cruise, che passerà martedì alla Festa.
E' un thriller politico interpretato dallo stesso Redford accanto a Cruise e Meryl Streep. 91 minuti di film (finalmente alla Festa del Cinema di Roma, un film dalla durata “civile”!), un lavoro che mette sul tavolo numerosi temi d'attualità, puntando il dito sull'apatia dei giovani americani nei confronti della politica e della classe dirigente e sulle responsabilità dei mass media verso le bugie del potere.
Il film attacca apertamente, potere politico, media, giovani interessati solo a soldi e belle macchine, e spiattella in faccia fatti e situazioni della guerra in Afganistan….fatti che arrivano dritti alla coscienza di chi guarda il film con un po’ di criterio.
Lions for Lambs racconta la toccante storia di vari individui coinvolti, ciascuno in chiave diversa, nella guerra al terrorismo avviata dagli Stati Uniti: un senatore che cerca di rifilare la sua innovativa "strategia a 360 gradi" a una giornalista televisiva, un professore idealista che cerca di convincere uno dei suoi studenti più promettenti a cambiare il corso della sua vita, e due ragazzi, che combattono nella montagne innevate dell'Afghanistan, il cui desiderio di dare un senso alla propria vita li ha portati ad arruolarsi nell'esercito americano per unirsi alla lotta contro il terrorismo mondiale.
Un film che è un vero e proprio pugno allo stomaco, arricchito da ottima regia e fotografia. Bisogna riconoscere che Redford è un po’ “pigmalione”, è ricorda molto l’interpretazione del film “Qualcosa di personale”, ma il suo film non ha nulla da farsi ridire, a partire dalla stessa Meryl Streep, che regala una nuova ottima interpretazione come solo lei sa fare. Sfrontato e convincente quasi al punto giusto Tom Cruise. Poco incisive invece le musiche. Un film tutto da vedere e da metabolizzare; un film su cui riflettere, che solo uno del livello di Robert Redford si poteva permettere, come detto dallo stesso regista qualche giorno fa: “Se non altro vorrei incoraggiare la gente a gettare uno sguardo più profondo sulla nostra realtà. L'amministrazione Bush si distingue per il modo plateale con cui punta l'indice contro l'opposizione, accusandola di fare le cose di cui essa stessa è accusata. E' la solita storia, e io chiedo al pubblico: non vedete in tutto ciò qualcosa di familiare?”
Maria Antonietta Amenduni
20 Ottobre 2007
Tiepida accoglienza per il nuovo ed atteso lavoro di Francis Ford Coppola: Youth Without Youth (Un'altra giovinezza). Tim Roth e Alexandra Maria Lara, da Oscar.
Roma 19/10/07 - Sabato è senz'altro il giorno di Francis Ford Coppola, che torna al cinema dopo 10 anni con l'attesissimo Youth Without Youth (Un'altra giovinezza).
I cartelloni che lo pubblicizzano lo definiscono come il suo nuovo capolavoro, ma come lo stesso Coppola ha risposto alle prime obbiezioni poste dai giornalisti durante la conferenza stampa: “Nel privato del vostro cuore”, potrete decidere se il film è buono o cattivo…non bisogna essere schiavi del successo immediato!”.
La proiezione in anteprima nella sezione Premiere, ha lasciato la stampa inizialmente interdetta, e solo dopo un minuto dalla fine del film è partitoun timido e breve applauso.
E’ senza dubbio un film difficile che va metabolizzato, ma che per la sua vastità, lascia qualche punto in sospeso. La mano del maestro comunque si vede, valorizzata da un’ottimo lavoro di fotografia ad opera di Mihai Malaimare jr. Eccellenti i due protagonisti Tim Roth e Alexandra Maria Lara, che offrono una interpretazione da oscar.
Un lavoro complesso, ricco di simbolismi, tratto da un romanzo dello storico e scrittore romeno Mircea Eliade. Coppola, attraverso la storia del protagonista Dominic Matei (Tim Roth), fa suoi e rielabora, in maniera inaspettata, molti temi cari all'intellettuale nato a Bucarest nel 1907 e morto negli Usa nel 1986: dalla metempsicosi alla ricerca delle origini del linguaggio, dalla definizione di cosa sia il tempo, alle lingue e le religioni orientali. Ne esce un film criptico, Un film che forse deluderà il grande pubblico, ma che si afferma già come una delle riflessioni cinematografiche più complesse e originali su temi come il tempo, la consapevolezza interiore, la sete di conoscenza, l'amore.
La storia inizia nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale a Bucarest: Matei è un professore settantenne, che viene colpito da un fulmine e all'improvviso inizia a ringiovanire. Si accorge di avere acquistato capacità mentali straordinarie che lo aiuteranno a completare l’opera a cui ha dedicato tutta la sua vita: un libro sul linguaggio, il tempo e la coscienza. Dominic diventa una preda ambita per gli esperimenti dei nazisti e inizia una fuga che durerà trent'anni e lo porterà a cambiare identità e a fuggire tra Svizzera, in India e Malta. Una fuga che si trasforma anche in un viaggio nel tempo, un viaggio attraverso diversi stati di coscienza, e che lo spingerà a scegliere tra la conoscenza e l’amore, con la presa di coscienza che sono incompatibili fra loro.
“ Quando si fa un film inusuale, diverso da quelli fatti in precedenza - spiega il regista - ci vuole tempo perché il pubblico lo capisca ed emetta un vero e proprio giudizio. È già successo con "Apocalypse Now", che quando uscì spiazzò tutti. Molti capolavori della letteratura, della musica, dell’arte hanno avuto bisogno di tempo per essere capiti. Io non voglio dire che il mio film sia un capolavoro, ma non mi preoccupo delle reazioni immediate, spero che lo spettatore lo trovi interessante e poi decida con calma se è un buon film o no. Comunque sono assolutamente convinto che nel cinema bisogna rinnovare e rischiare».
Coppola ha scritto, prodotto e diretto il film, girandolo interamente in Romania, con maestranze e molti attori romeni: «Mi dicono che è un film a basso costo – scherza Coppola - ma visto che l’ho finanziato io vi garantisco che non è così”. In sala presenti anche i figli Sofia e Roman, la moglie Eleonor .
“Non avrei mai immaginato di diventare un regista di successo – aggiunge il regista di origine italiana - ma ho sempre pensato che volevo essere un regista autonomo. Ora posso permettermi di esserlo, e quindi produco da solo i miei film. Per esempio oggi si fanno molti remake, che secondo me sono solo una grande perdita di energia: bisogna fare nuovi film per far sì che il pubblico capisca qualcosa in più di se stesso e della vita, si ponga delle domande».
La giornata di sabato 20 ottobre all’Auditorium, non gha visto protagonista solo Coppola.
Nel pomeriggio, si sono tenute le prime del concorso CINEMA 2007: La recta provincia di Raúl Ruiz (al quale la Festa dedica un'amplissima retrospettiva), seguito da L'Amour cachè - Hidden Love di Alessandro Capone (sala Sinopoli, ore 19.00) ed in chiusura di serata Fugitive Pieces di Jeremy Podeswa (sala Sinopoli, ore 22.00).
Le anteprime della sezione ALICE NELLA CITTA' sono state proiettate da metà mattina cominciando con And When Did You Last See Your Father? di Anand Tucker (sala Sinopoli, ore 10.30) e Buda Az SharmForu Rikht - Buddah Collapsed Out of Shame di Hana Makhmalbaf (salacinema IKEA, ore 10.30); è frutto di una collaborazione con Première la proiezione pomeridiana: August Rush di Kirsten Sheridan (sala Santa Cecilia, ore 17.00), interpretato da Jonathan Rhys Meyers, Robin Williams e Freddie Highmore, il piccolo attore di Arthur e il popolo dei Minimei e Charlie e la fabbrica di cioccolato.
Ad aprire e chiudere la giornata sono state le anteprime della sezione EXTRA: Le pere di Adamo di Guido Chiesa e Dr. Plonk di Rolf De Heer; per EXTRA/Sophia Loren in programma L'Oro di Napoli di Vittorio De Sica e a seguire Peccato che sia una canaglia di Alessandro Blasetti; sono le pellicole di EXTRA/Actors Studio ad inaugurare la giornata, a cominciare da L'uomo del banco dei pegni di Sidney Lumet, per poi proseguire con Black like me di Carl Lerner.
Per la sezione NEW CINEMA NETWORK il primo film del giorno è stato Strength of Honour di Mark Mahon, seguito da Klass - The Class di Ilmar Raag, per chiudere con Avril - April In Love di Gérald Hustache-Mathieu.
La giornata è inoltre caratterizzata dalle proiezioni di EXTRA/Omaggi: quello a Riccardo Freda. A chiudere gli appuntamenti di EXTRA è l'Incontro con Joel Surnow.
Maria Antonietta Amenduni
20 Ottobre 2007
Dati Cinema 2007 nel Lazio: la provincia in irresistibile ascesa
Un successo frutto di iniziative promozionali, programmazione di qualità e fondo di garanzia, in collaborazione con Regione Lazio e Provincia di Roma.
I primi 9 mesi del 2007 confermano un aumento continuo di presenze per i Cinema di provincia del Lazio. I dati Cinetel del 2007 indicano infatti un buon aumento di pubblico delle sale di Roma, in linea con il dato italiano, ed evidenziano, invece, una eccellente performance delle strutture del resto della Regione.
Il dato dei cinema della Regione (esclusa la città di Roma ed il suo hinterland) segna infatti un eccezionale progresso del 25% nelle presenze da gennaio a settembre, arrivando quasi a 1.950.000 spettatori (aumento di 380.000 unità), con un aumento triplo rispetto al dato nazionale (+9% sul 2006).
E’ un risultato straordinario se si considera che, a parità di cinema rilevati, anche l'inizio del 2006 aveva fatto segnare 9 mesi di grande crescita, con un incremento percentuale in doppia cifra rispetto al 2005 (+12%).
Il costante aumento di afflusso nei “cinema di provincia” negli ultimi anni, contro una stagnazione del dato italiano e di Roma, si spiega anche con una serie di politiche ormai decennali portate avanti dai cinema ANEC Lazio, che hanno condotto ad una programmazione più rispondente alla domanda del pubblico, ad una sapiente e matura gestione degli esercenti e ad un rinnovato fermento culturale in tutta la regione.
Merito del risultato sembra essere la maggiore disponibilità di prodotto filmico e la capacità dei cinema di provincia di ampliare l'offerta, spaziando dai film di grande richiamo commerciale ai titoli di qualità e d'essai, con la formazione graduale di un pubblico di provincia attento ed informato.
La politica di supporto alle sale di provincia, perseguita da ANEC Lazio con la collaborazione di Regione Lazio e Provincia di Roma, ha insistito da un lato sulla formazione di nuovo pubblico, con le iniziative Cinema e Scuola e VogliadiCinema, e dall'altro versante su una maggiore disponibilità di copie dei film, con il Fondo di Garanzia per piccolo e medio esercizio.
- Cinema e Scuola consente agli studenti dei comuni sprovvisti di sale, di recarsi nei cinema limitrofi, e assistere a proiezioni di alto valore socio-culturale, alla presenza di relatori. - VogliadiCinema è il circuito di 46 sale in Regione, con un ingresso ridotto a 2,50€ nei giorni di martedì e mercoledì, i giorni in cui l’aumento di pubblico riscontrato è più netto.
- Il Fondo di Garanzia consente l'acquisto di copie dei film, prevalentemente d'essai, per garantire la loro disponibilità anche ai cinema di provincia, spesso escluse dalla distribuzione a causa della presunta bassa redditività di queste sale.
Le attività si giovano di una mirata ed efficace strategia promozionale e della collaborazione degli stessi esercenti, e sono riuscite a ridare nuovo slancio al consumo di cinema, riportando in sala una fetta di pubblico che preferiva altri canali di fruizione (dvd, pay tv, pirateria). Il risultato è un aumento del 50% di presenze negli ultimi 4 anni nei cinema delle province laziali.
19 Ottobre 2007
Ovazione per la vera regina del festival: Cate Blanchett, protagonista di Elizabeth - The Golden Age, in cui torna a indossare i panni della grande sovrana d'Inghilterra.
Il regista Kapur: "Un film contro il fondamentalismo religioso", da Filippo II fino a Bin Laden...
Alta, bella, bionda, elegante più che mai, pelle chiarissima, incedere da diva, e signora del cinema, nonché bravissima: Cate Blanchett è la prima attrice che strappa una vera e propria ovazione, alla platea di giornalisti della Festa. Così come il film in cui lei torna a indossare i panni della sovrana più celebrata della storia, “Elizabeth - The Golden age”, diretto dal regista indiano Shekhar Kapur. Il ritratto di una donna forte della quale l'attrice sottolinea la modernità. Sia perché "è una donna che deve affrontare il fatto di invecchiare"; sia perché scopre sulla propria pelle come, al contrario di quanto accade agli uomini, "il potere abbia un prezzo molto alto: vieni sezionata, giudicata. Guardate ad esempio Hillary Clinton...".
Bellissima in conferenza stampa, divina sul red carpet! Alle ore 19 del 19 ottobre, la folla è in fibrillazione, in attesa del suo arrivo. Nessuno dei vip e vippetti riesce a distrarre l’attenzione dall’attesa, solo Valter Weltroni in compagnia di Ségolène Royal, la 53enne che quest’anno era candidata alla presidenza della repubblica francese, riescono per un po’ ha distrarre l’attenzione di pubblico e stampa. Ma poi, verso le 19,20 lei arriva, con il suo incedere elegante in un bellissimo vestito nero con strascico verde, ed è nuovamente ovazione.
Insomma, una Blanchett (già premio Oscar per The Aviator di Martin Scorsese, in cui interpretava Katherine Hepburn) combattiva, femminista, decisamente capace di catturare l'attenzione di chi la ascolta.
Un film che, secondo il regista, è moderno soprattutto per il messaggio anti-guerra santa che contiene. "La pellicola non ha un'ottica antispagnola - spiega - ma contro l'idea di purezza della fede, di fondamentalismo, che era di Filippo II. Un uomo che viveva in un immenso palazzo ma chiuso in una sola stanza, quasi una caverna... e non c'è bisogno che nomini chi ricorda questa descrizione". Il riferimento, ovviamente, è a Osama Bin Laden.
La Blanchett, invece, preferisce sottolineare altri aspetti del film. Ad esempio, l'ossessione di Elizabeth di essere amata per se stessa e non per ciò che rappresenta. Un desiderio impossibile, secondo colei che l'ha interpretata. E non solo per una donna fuori dal comune come una regina: "Al di là delle persone di potere, per tutti l'amore non è qualcosa di puro, visto che chi lo prova si aspetta qualcosa in cambio. In questo senso, è un sentimento 'sporco'".
La giornata del 19 ha visto protagonista anche Sofia Loren, madrina della Festa del Cinema, che ha ricevuto il premio alla carriere.
Riassumendo: la Musa di Vittorio De Sica, la partner di Marcello Mastroianni, l'icona del cinema made in Italy di qualità - vedi Oscar per La ciociara - dichiara la sua passione per il papà di Topolino (oltre che per Chaplin, che l'ha diretta in La contessa di Hong Kong). E ammette pure di soffrire di un sentimento umano, troppo umano come l'invidia. Ma non basta: Sophia dichiara anche il suo desiderio di "doppiare un cartoon, lo farei subito"; rivela il suo grande rimpianto "per non aver mai interpretato Anna Karenina"; e parla del cinema italiano attuale senza peli sulla lingua, spiegando "che gli autori bravi ci sono, ma per fare film ci vuole mercato. Altrimenti, resta un fatto provinciale e basta". Sono questi, alcuni dei momenti salienti del lungo incontro della Loren con pubblico e cronisti della Festa del cinema, nella Sala Petrassi dell'Auditorium.
Sabato è stato senz'altro il giorno di Francis Ford Coppola, che torna al cinema dopo 10 anni con l'attesissimo Youth Without Youth (Un'altra giovinezza). La proiezione in anteprima nella sezione PREMIERE nella sala Santa Cecilia. Sfilata sul tappeto rosso, alle 19,50, il regista con i protagonisti Tim Roth e Alexandra Maria Lara, il direttore della fotografia Mihai Malaimare jr e Walter Murch, che ha montato il film.
Nel pomeriggio di sabato, ecco le prime del concorso CINEMA 2007: La recta provincia di Raúl Ruiz (al quale la Festa dedica un'amplissima retrospettiva), seguito da L'Amour cachè - Hidden Love di Alessandro Capone (sala Sinopoli, ore 19.00) ed in chiusura di serata Fugitive Pieces di Jeremy Podeswa (sala Sinopoli, ore 22.00).
La giornata di domenica vedrà invece protagonisti, tra tutti, quattro film; il primo è “Caotica Ana”, di Julio Medem con Manuel Valles, Bebe, Charlotte Rampling. Altro appuntamento con il secondo film in concorso della giornata: “Ce que mes yeux ont vu”, di Laurent de Bartillat, con Silvie Testud, James Thierre. Nella sezione Premiere, il film “Rendition” di Gavin Hood, con Reese Witherspoon, Meryl Streep, Jake Gyllenhaal. Quarto appuntamento importante della domenica con “Silk”, regia di Francois Girare, con Michael Pitt, Hervè Jancour.
Maria Antonietta Amenduni
18 Ottobre 2007
Non solo Bellucci: versi persiani in concoso alla Festa del cinema di Roma. E intanto avanza la polemica…
Ah, stenderei il mio cuore come un tappeto sotto i tuoi passi,
ma temo per i tuoi piedi le spine di cui lo trafiggi (Hafez).
E’ iniziata con l’attesa per Monica Bellucci Bionda. Ma la prima giornata della Festa del Cinema di Roma, non è stata solo dedicata al primo film in concorso, “La deuxieme souffle”, di Alain Corneau, con Daniel Aiteuil, Monica Bellucci, Michel Blanc, Jacques Dutronc, Eric Cantona, Daniel Duval.
Film lento, come lo è in genere il cinema francese; la trama risulta essere piuttosto prevedibile per tutta la prima metà del film, ma recupera in corso d’opera nella seconda metà, fornendo qualche spunto interessante.
Bello invece il secondo film in gara, “Hafez” di Abolfazl Salili, con Mehdi Moradi, Kumiko Aso.
La trama del film vede la figura di Hafez, il più grande poeta d’amore della cultura persiana, incarna lo scontro tra ortodossia religiosa, intensità mistica, libertà laica sullo sfondo dell’Iran contemporaneo. Il giovane Hafez, studioso coranico, si innamora della bellissima figlia del gran muftì. Ma per liberarsi dal vincolo dell’ortodossia dovrà superare le sette prove dello specchio e raggiungere l’amore assoluto.
Hafez nacque verso il 1324. Rimasto orfano in giovane età, la sua educazione venne affidata ad alcuni degli studiosi più importanti di Shiraz: in questo modo, oltre che ad imparare il Corano a memoria, iniziò ad interessarsi profondamente di letteratura. Buona parte della sua opera poetica, chiamata Divan-e Hafez, ha un carattere fortemente mistico che non è traducibile e che ha sempre affascinato lìanimo dei persiani; molte poesie però parlano anche di vino, usignoli e corti e molti suoi versi sono citati ancora oggi nel parlare quotidiano. Hafez morì nel 1398.
Il film rende giustizia ad un poeta, purtroppo poco noto, ma decisamente accattivante che rifiutò molti generosi inviti a recarsi presso alcune tra le più grandi corti di quel periodo a causa del suo amore per il luogo in cui era nato. Molto bella anche la fotografia e bravi gli interpreti.
La prima giornata si conclude con il primo film italiano in concorso: “La giusta distanza” di Carlo Mazzacurati con Giovanni Capovilla, Ahmed Haflene, Valentina Lodovini, Giuseppe Battiston, Fabrizio Bentivoglio.
La trama:
Un giovane meccanico tunisino, ben ambientato e stimato per il suo lavoro, vive la sua vita tranquillamente in una cittadina del nord-est. Ma un giorno qualsiasi come tanti altri, viene commesso un omicidio. Il giovane è subito sospettato e accusato dell'omicidio. Rinchiuso in carcere il ragazzo si uccide. Segue l'inchiesta un giovane cronista del Resto del Carlino, che vuole far luce sull'omicidio.
Intanto però non mancano le polemiche.
«Se l'incontro di oggi con i capigruppo al Senato e con il relatore della Finanziaria non dovesse avere esito positivo, faremo azioni di disturbo alla rassegna di Roma», dice il regista Valerio Jalongo. Parla a nome del movimento dei Centoautori che riunisce in primo luogo sceneggiatori e registi del cinema italiano, tutti (o quasi) tranne tre: Tornatore, Moretti e Benigni.
Il paradosso è che Bernardo Bertolucci (capofila del movimento) andrebbe a protestare, proprio lui che sarà omaggiato alla Festa assieme a Depardieu per il suo film Novecento.
Valerio Jalongo ha aggiunto: «Non vogliamo andare contro la Festa di Roma, ma se si limita a una passerella per Coppola o per i politici, se non c'è un interesse per la cultura, faremo sentire la nostra voce».
Daniele Luchetti: «Il nostro cinema deve riconquistare la fiducia del pubblico con un miglioramento della qualità ottenibile solo con più risorse e più soggetti che producono».
Il nodo della protesta è nelle tre norme che il ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli ha fatto mettere nella Finanziaria, norme da lui definite «una boccata d'ossigeno » in vista della nuova legge che, contrariamente a quanto si pensava, non sarà pronta prima di tre-quattro anni. Le misure spingono Rai, Mediaset e Sky a investire nel cinema italiano. «Ma a quanto ci risulta — dice Jalongo — si è formato un partito trasversale all'interno del Senato che, pressato dai tre soggetti televisivi, intende boicottare le nuove norme. Che dunque rischiano di non passare. Ci hanno informato che ci sono diversi franchi tiratori pronti. E con i numeri risicati della maggioranza al Senato...».
«Da che pulpito giunge la predica — replica Tullio Camiglieri direttore della comunicazione di Sky — visto che, nello stesso documento, gli esponenti di quel movimento pretendono di stabilire autonomamente a quanto ammonti il contributo che la pay tv dovrebbe pagare al cinema italiano e, addirittura, sotto quale forma questo investimento debba essere effettuato».
Attendiamo e come si sul dire…chi vivrà vedrà!
Maria Antonietta Amenduni
15 Ottobre 2007
Le emozioni in pellicola, tornano in scena a Roma, con la seconda Festa del cinema.
E’ iniziato il conto alla rovescia. E Roma è già in fibrillazione. Prendera' il via il 18 ottobre la seconda edizione della Festa del Cinema. Scenografia dell’evento anche quest’anno sarà L'Auditorium che vedra' cinque sezioni principali: Cinema 2007 (film in concorso e fuori concorso), Premiere, Extra, Alice nella Citta' e Il lavoro dell'Attore.
Tornano così nella capitale le grandi emozioni che si dipanano su una pellicola, per andare, nel bene o nel male, che piacciano o no, a colpire diritte il cuore del pubblico.
Spetta a un grande del cinema francese, Alain Corneau, l'apertura del concorso della Festa. La sera del 18 ottobre, sul tappeto rosso sono attesi una biondissima Monica Bellucci (la pupa del gangster), Daniel Auteuil e l'ex asso del calcio europeo Eric Cantona per fare corona al loro regista che porta in anteprima europea il suo nuovo film Le Deuxieme Souffle. Atteso come autentico kolossal del genere noir, il film e' ambientato nella Francia del 1960, tra Parigi e Marsiglia, e ripercorre passo dopo passo i colpi di scena del romanzo omonimo di José Giovanni.
Il 22 ottobre, inoltre, la Festa di Roma celebra il genio di Marco Ferreri a dieci anni dalla scomparsa. Il Ferreri Day, sara' l'occasione per riscoprire l'attualita' di un cineasta sempre in anticipo sui tempi: persino oggi, a piu' di un decennio dai suoi capolavori.
Tra i grandi momenti della Festa anche la proiezione dell'ultimo film di Robert Redford, Lions for Lambs, con un cast stellare composto dallo stesso Redford, Meryl Streep e Tom Cruise, l'anteprima mondiale di Youth Without Youth, con il quale Francis Coppola torna alla regia dopo 10 anni e la pellicola di Sean Penn, Into the Wild, con Emile Hirsch, Vince Vaughn, Kristen Stewart e William Hurt.
In questa seconda edizione, nuove sale si aggiungeranno a quelle dell'Auditorium di Renzo Piano per riuscire a raggiungere un pubblico il piu' ampio possibile e far respirare in tutta la citta' l'amore e la passione per i film e il cinema. Al parco della Musica, dunque, proiezioni nella Sala Santa Cecilia, nella Sala Sinopoli, nella Petrassi e al Teatro Studio, oltre alle sale esterne al complesso. Inoltre le proiezioni si svolgeranno al Farnese Persol, in Piazza Campo de' Fiori, al Metropolitan, in Via del Corso, alla Casa del Cinema, in Largo Mastroianni a Villa Borghese, al Planet di Guidonia e al Politeama di Frascati.
La Festa e' realizzata dalla Fondazione Cinema per Roma e promossa dalla Fondazione Musica per Roma, dal Comune di Roma, dalla Camera di Commercio di Roma, dalla Provincia di Roma, dalla Regione Lazio, con il sostegno di BNL Gruppo BNP Paribas e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali. Grazie alla Lottomatica e all'Ikea - spiegano gli organizzatori - e' stato possibile allestire la Salacinema Lotto e la Salacinema IKEA, che garantiranno quasi altri 2000 posti in piu' per gli spettatori.
Maria Antonietta Amenduni
2 Ottobre 2007
Arte, cinema e scambi cultulari, all’Auditorium: arriva CinemArt
Non la solita rassegna cinematografica, non la solita minestra riscaldata, ma una serie di proposte nuove e interessanti. Tutto questo arriva da CinemArt, rassegna organizzata da Fondazione Musica per Roma con l’Accademia tedesca Roma Villa Massimo in collaborazione con le accademie partecipanti, è la prima edizione di un progetto ideato per riunire all’Auditorium le creazioni di artisti residenti alle Accademie straniere di Roma.
L’appuntamento è per Venerdì 5 e sabato 6 ottobre 2007, AuditoriumArte, 18.00 – 22.00 – Ingresso libero.
CinemArt propone due serate di cortometraggi, documentari, film d’arte, prodotti da artisti residenti nelle Accademie straniere a Roma. Si tratta in questo caso di 6 filmaker, documentaristi e cineasti che si incontrano a Roma con le loro creazioni più recenti.
Roma è l’unica città al mondo che storicamente accoglie artisti stranieri attraverso il prestigioso Rome Prize. Questo riconoscimento è il premio più importante che viene offerto a giovani professionisti già affermati nel loro paese e spesso noti anche a un pubblico più ampio attraverso mostre internazionali di arte contemporanea come la Biennale di Venezia. A Roma esistono più di 25 accademie straniere che danno vita a una vibrante scena artistica internazionale attraverso scambi e contatti.
Le accademie che partecipano all’evento sono : Académie de France à Rome Villa Medici, Accademia di Spagna a Roma, American Academy in Rome, Istituto Svizzero di Roma, The British School at Rome. Ideazione: Anna Cestelli Guidi e Shara Wasserman; cura: Shara Wasserman, Responsabile Relazioni Artistiche, Accademia Tedesca Roma Villa Massimo.
I lavori includono film d’animazione, cortometraggi, documentari e verranno proiettati in un loop di quasi due ore (105 min.). Il programma sarà ripetuto due volte ogni sera.
Questi gli artisti che ravviveranno il primo week end di ottobre con le loro proposte:
Donatella Bernardi, Istituto Svizzero di Roma (musiche di Eneko Vadillo Perez, Accademia di Spagna a Roma)
Caveh Zahedi, American Academy in Rome
Mara Kurotschka, Accademia Tedesca Roma Casa Baldi
Aurelia Mihai, Accademia Tedesca Roma Villa Massimo
Natacha Nisic, Académie de France à Rome Villa Medici
Lindsay Seers, The British School at Rome
Maria Antonietta Amenduni
12 Settembre 2007
Felice Laudadio: il cinema italiano è vivo… viva il cinema italiano
Quella che leggerete qui di seguito è una dichiarazione del direttore della Casa del Cinema e dell'ItaliaFilmFest (ed ex direttore di Venezia) sullo stato del cinema italiano.
Parole che non hanno bisogno di commenti e spiegazioni, ma danno una chiara visione, e illustrano un quadro preciso, di quello che è il cinema del bel paese.
"Non saranno certo le pretestuose polemiche che hanno superficialmente decretato
'la morte del cinema italiano' sopravvenuta a seguito della presentazione
in concorso alla Mostra di Venezia dei tre film italiani accolti in modo contrastato
da critici e pubblico a seppellire il nostro cinema. Certo, le scelte potevano
(forse dovevano) essere diverse, visto quel che di buono, talora di molto
buono, c'era nelle sezioni collaterali, prima fra tutte quella delle Giornate
degli Autori . Ma la singolare coincidenza fra queste funeree affermazioni
e quel che di molto simile aveva sostenuto solo poche settimane fa Quentin
Tarantino, peraltro paladino del cinema italiano che fu e non è più, risulta
un po' sospetta e comunque inquietante. Tale, in ogni caso, da spingerci a
discuterne quanto prima, e anche animatamente se necessario e comunque senza
pregiudizi, come invece recentemente è avvenuto nel corso di una trasmissione
televisiva in diretta dedicata al cinema italiano." Sono queste alcune delle
considerazioni del direttore della Casa del Cinema di Roma Felice Laudadio
- già direttore della Mostra di Venezia negli anni in cui Paolo Virzì ottenne
il Premio speciale della giuria presieduta da Jane Campion (1997) e Gianni
Amelio vinse il Leone d'oro assegnatogli dalla giuria presieduta da Ettore
Scola (1998) - che sta preparando per il prossimo dicembre, dal 10 al 15,
l'evento ItaliaFilmFest interamente dedicato al cinema italiano con la presentazione
dei migliori 12-15 film prodotti negli ultimi 12 mesi e con una serie di incontri
e dibattiti fra cineasti, produttori, critici, giornalisti, pubblico e rappresentanti
delle istituzioni focalizzati proprio sullo stato di salute e su le prospettive
della nostra cinematografia. "Titoli e dati alla mano – continua Laudadio
– l'ultima stagione è proprio quella che conferma la vitalità del cinema italiano,
nonostante le gravissime difficoltà in cui esso si dibatte anche a causa della
legislazione ancora in vigore da sostituire quanto prima. Malgrado l'industria
cinematografica italiana venga sostenuta infinitamente meno rispetto a quanto
avviene in Francia, in Spagna o in Germania ad opera dei rispettivi governi,
essa è riuscita orgogliosamente a resistere. E' anche per questo che quest'anno
il sottotitolo dell'ItaliaFilmFest della Casa del Cinema sarà: Il cinema italiano
è vivo. Viva il cinema italiano , dove quel 'viva' sta per W ma anche per
l'augurio 'che viva, che possa vivere'. Mi auguro che Tarantino, ospite mancato
della Mostra, venga invitato a cura della Biennale all'evento di dicembre
alla Casa del Cinema. Magari come presidente della giuria che valuterà i migliori
film italiani dell'anno. Chissà che non cambi idea …"
Maria Antonietta Amenduni
30 Agosto 2007
Venezia: alla mostra il film dei Negramaro si fa in cinque. “Dall’altra parte della luna”, proiettato a giorni alterni
Non una ma cinque proiezioni nell’arco 9 giorni. E’ l’inedita multi-proiezione di “Dall’altra parte della luna”, il rockumentary di Dario Baldi e Davide Marengo che sarà presentato come evento speciale alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti. Il film, che racconta nascita, evoluzione e successo dei Negramaro, sarà presentato per la prima volta al pubblico al Lido, nello spazio Videowall di Piazzale Casinò, alle ore 19.30 di giovedì 30 agosto alla presenza dei registi, della band e dei produttori, Caterina Caselli e Filippo Sugar. La proiezione sarà preceduta da un’esibizione acustica dei Negramaro, attesissima dai fan. Ma non sarà che l’inizio dell’avventura alla Mostra della band salentina più amata d’Italia. Perché la proiezione di “Dall’altra parte della luna” (peraltro il primo lungometraggio italiano inedito che passerà alla 64esima Mostra del cinema) si ripeterà, nel corso della rassegna, per altre tre volte nei giorni successivi, sempre nello stesso spazio Videowall alternandosi a quella di “Empire II” di Amos Poe. Il film sarà proiettato alle 22 e 30 di sabato primo settembre, poi, alla stessa ora, lunedì 3 settembre, mercoledì 5 settembre e, infine, venerdì 7 settembre a conclusione di quella che si annuncia come una maratona nel segno dei Negramaro. I registi Baldi e Marengo hanno seguito per 7 mesi i Negramaro arrivati negli Stati Uniti, al Plant Studio di San Francisco (allo stesso microfono dove Stevie Wonder, James Brown, Gloria Gaynor e altri giganti hanno registrato prima di loro), dove è stato inciso l’ultimo cd “La finestra”. Proprio dalla città californiana inizia il racconto in cui le immagini della lavorazione del nuovo album si alternano a quelle delle esibizioni live degli stessi pezzi che crescono nota dopo nota lungo il corso del film: la preparazione dei musicisti al concerto negli attimi che immediatamente precedono l’ingresso sul palco, quando l’adrenalina ti invade e il pubblico urla; il primo incontro da adolescenti, una storia come quella di tanti altri ragazzi, il momento in cui, con molti sogni e pochi mezzi, arriva la scoperta della passione per la musica. La riscoperta dei luoghi salentini, da dove tutto è cominciato, poi ancora a San Francisco, l’aeroporto, la sorpresa di essere arrivati fin là. Nel film i sei ragazzi (Ermanno Carlà, Andrea De Rocco, Andrea Mariano, Giuliano Sangiorgi, Emanuele Spedicato, Danilo Tasco) raccontano sogni e paure, svelando anche segreti e curiosità. Da un arpeggio solitario in una lavanderia alle urla impazzite di fans in estasi per lo stessa melodia amplificata a migliaia di persone. Non un videoclip bensì un vero e proprio film che, prendendo ispirazione dai classici del genere, rappresenta il primo esempio di vero e proprio rockumentary italiano che mescola tecniche diverse, dalla telecamera digitale al materiale realizzato dai Negramaro coi loro telefonini e che segue le emozioni di una rockband nella testa e nel cuore dei singoli componenti.
Maria Antonietta Amenduni
22 Luglio 2007
Isola Mondo: Film e incontri a tema ambientale.
22 luglio – 28 agosto 2007.
Giardini di Mezzatorre, Località Calanave – Ventotene.
Cinema e ambiente sembrano armai essere diventati un connubio irrinunciabile, anche se molte spesso in questo senso, le assurdità si sprecano e c’è che approfitta di un tema serio come quello dell’ambiente per farsi un po’ di pubblicità, pur non avendo alcuno competenza in materia ambintale.
Speriamo che in questo caso l’argomento venga trattato in maniera degna senza, facili allarmismi e falsità: in occasione del decimo anniversario della nascita dell’Area Marina Protetta di Ventotene e Santo Stefano, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il sostegno del Comune di Ventotene, la Lega Navale Italiana di Ventotene e l’Associazione Culturale Ciak ’84 Arte organizzano una serie di eventi a tema ambientale, inerenti il cambiamento climatico, le sue cause e le sue conseguenze, coinvolgendo competenze ed istituzioni autorevoli. Il tutto si svolgerà dal 22 luglio – 28 agosto 2007 presso i Giardini di Mezzatorre, Località Calanave – Ventotene.
Lo studio delle misure per contrastare le trasformazioni del clima e le sue pesanti conseguenze è diventato prioritario e urgente per tutta la comunità scientifica internazionale. Gli scienziati sono infatti sostanzialmente d'accordo nel ritenere che all'origine di tali cambiamenti vi siano le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall'attività umana. Tali emissioni, e il loro costante aumento, hanno fatto salire le temperature e il fenomeno dovrebbe proseguire in modo sempre più grave nei prossimi decenni.
Fondamentale è il mantenimento dello stato di salute e di vitalità dei sistemi naturali che costituiscono la base per il benessere dei sistemi umani. Questo significa prima di tutto favorire la tutela e la corretta gestione del nostro patrimonio naturale e favorire le capacità di resistenza dei sistemi naturali.
Una strategia di lotta ai cambiamenti climatici rappresenta mondialmente una quadrupla sfida: a livello del rischio climatico stesso e della volontà politica di farvi fronte, a livello della partecipazione internazionale alla lotta contro i cambiamenti climatici, a livello dell'innovazione necessaria per cambiare i modi di produzione e di utilizzazione dell'energia e a livello dell'adattamento dei Paesi agli inevitabili effetti dei cambiamenti climatici.
Ingresso gratuito, proiezioni dalle ore 21.30. Per informazioni : Ass. Cult. Ciak ’84 Arte - Tel. 0771.85095; riserva Naturale Statale e Area Marina Protetta “Isole di Ventotene e S. Stefano”, Tel. 0771 854226 – Fax: 0771 854061, Assessorato all’Ambiente - Comune di Ventotene, Tel. 0771 85014 – Fax:0771 85265
Maria Antonietta Amenduni
2 Luglio 2007
I Fantastici 4 e Silver Surfer
Tanti effetti speciali, belle musiche e un mix di comics d'annata, sono gli ingredienti giusti che fanno il successo dei quattro supereroi.
I fan li hanno tanto attesi, e finalmente sono tornati: I Fantastici 4, ma questa volta in compagnia di Silver Surfer.
Reed (Ioan Gruffudd), Sue (Jessica Alba), Johnny (Chris Evans) e Ben (Michael Chiklis), devono fare i conti con una nuova minaccia per il pianeta: Silver Surfer (Doug Jones), un misterioso essere intergalattico che arriva sulla Terra per prepararne la distruzione. Mentre Silver Surfer gira per il piante a bordo del suo surf, i Fantastici 4 devono dipanare il mistero di questa creatura spaziale e affrontare il sorprendente ritorno del loro nemico mortale, il Dottor Destino, prima che il mondo perda tutte le speranze. Questa volta però Mr. Fantastic e La Donna Invisibile, sono alle prese con il querto tentativo del loro matrimonio, definito dalla stampa il matrimonio del secolo, matrimonio che a causa degli eventi, subirà uno slittamento.
Fantastic vision
La storia si fa forza con un mix di comics d'annata, miscelando alcune delle storie rappresentative del super gruppo e mantenendo vivo un comune filo conduttore: l'ascesa di Silver Surfer (come da titolo originale "Rise of Silver Surfer"). Il personaggio, nato nel marzo del 1966 sulla testata dei Fantastici Quattro, veniva presentato come un araldo Galactus, potentissimo divoratore dei mondi. Origine rimasta fedele anche nell'opera sesta dell'americano Tim Story che, senza la minima intenzione di cambiare rotta rispetto al passato, riconferma la linea guida adoperata nel precedente film. Tanta azione, effetti speciali e martellanti esplosioni di scena a conferma di quanto un successo di pubblico non meriti alcun cambiamento, se non nel budget stanziato per la realizzazione. Il risultato farà felici gli appassionati dell'azione fine a se stessa o, ancor più nello specifico, a tutti coloro che hanno apprezzato l'anima da 'old generation' del prequel, sempre firmato da Story.
Oltre al Serfista Argentato (modellato sulle fattezze dell'attore Doug Jones ma doppiato in originale da Laurence Fishburne), compare il Dottor Destino (Julian McMahon), purtroppo rimasto fedele alla dissacrante e fuorviante caratterizzazione del prequel, confermando una interpretazione priva di mordente che passa quasi inosservata. Buone le musiche di John Ottman (Superman Returns). Un prodotto certo non intellettuale, ma piacevole e godibile, rispettoso del genere, conditto da ottimi effetti speciali.
Alla presentazione romana del flm, Jessica Alba (La donna invisibile) e Chris Evans (la torcia umana) hanno parlato di un contratto firmato dal cast per la realizzazione di un possibile terzo capitolo della serie, qualora Silver Surfer si posizioni stabile in cima al box office. Ll'attrice che interpreta Sue Storm, e il fratello Johnny nel film, si sono dimostrati entusiasti dei risultati ottenuti da questo sequel, per via della maturazione artistica dell'intera produzione.
Maria Antonietta Amenduni
17 Giugno 2007
Tre appuntamenti al cinema: “Ti va di pagare?”, “Shan”, “L’uomo di vetro”.
Sarà nelle sale dal 22 Giugno, il nuovo film di Pierre Salvatori, dal titolo “Ti va di pagare?”. Il cast, capitanato da Audrey Tautou e Gad Elmaleh, vede anche interpreti Marie-Christine Adam, Vernon Dobtcheff, Jacques Spiesser, Annaliste Hesme.
Jean (Gad Elmaleh) è uno schivo e timido cameriere di un lussuoso albergo, Irène (Audrey Tautou) è una bellissima accompagnatrice per facoltosi uomini d’affari: quando i due si incontrano per Jean è amore a prima vista. Irène pensa però che sia un intraprendente milionario e quando scopre la sua vera identità fugge a gambe levate. Jean è disposto a fare qualsiasi cosa pur di conquistare la sua amata, la insegue e la ritrova sulla Costa Azzurra. Finito al verde, in un battibaleno, decide di adottare il suo stesso stile di vita, diventando un gigolò. La sua nuova professione lo riavvicina ad Irène che inizia addirittura a dargli dei piccoli consigli e senza rendersene conto si affeziona sempre di più a lui...
Altro appuntamento nelle sale con “Shan il cuore antico dei Popoli naturali”, con l'incoraggiamento delle Nazioni Unite e l’Alto Commissariato per i Diritti Umani, liberamente tratto dal libro "I Popoli naturali e l'Ecospiritualità"; un film di Stefano Milla, con Rosalba Nattero, Giancarlo Barbadoro, Luca Colarelli, Andrea Lesmo, Gianluca Roggero.
I musicisti del Laboratorio Musicale del Graal raccontati da Stefano Milla in un viaggio fantastico tra musica celtica e spiritualità alla ricerca delle tradizioni perdute. Un viaggio attraverso la musica, le lotte in difesa dei Popoli naturali, i Nativi del pianeta, e la scoperta delle antiche radici dell'Europa.
“Shan” nell'arcaica cultura dei Nativi Europei rappresenta l'immaterialità dell'esistenza, l'antico nome del Graal, il "Dreamtime" degli aborigeni australiani.
Shan è il riferimento del percorso dei cinque viandanti alla riscoperta delle antiche tradizioni invisibili. Il filo conduttore è la musica del LabGraal. Il percorso si snoda intorno alle lotte che il gruppo da sempre conduce per la difesa delle tradizioni e dei luoghi sacri dei Popoli naturali del pianeta. Ma c'è un altro percorso invisibile, che tuttavia fa da sfondo a tutto il film: un viaggio all'interno di un mito, guidati da un'antica leggenda. I cinque musicisti interpretano la leggenda celtica della città di Rama, in una trasposizione simbolica ispirata a eventi straordinari collocabili nel passato arcaico dell'umanità e ad esperienze mistiche ispirate al bagaglio di conoscenze dei Popoli autoctoni dell'Europa. Dal 15 giugno al Cinema Politecnico Fandango.
Pentiti e sicurezza: un problema di giustizia. Questa il tema del film, “L’uomo di vetro”. Il film uscirà sabato 16 giugno 2007 distribuito da 01 Distribution in contemporanea alla presentazione in concorso al Festival di Taormina.
"L'Uomo di vetro" è tratto dal libro omonimo di Salvatore Parlagreco (Ed.Bompiani) e si ispira alla storia di Leonardo Vitale, il primo pentito di mafia che decise di rompere il muro di omertà che impediva alla magistratura di penetrare il sistema mafioso. Vitale pagò questa scelta con il carcere,
il manicomio giudiziario e poi con la vita, dato che la mafia, una volta tornato in libertà non esitò ad assassinarlo.Ma questo, spiega il regista Stefano Incerti, è anche un film sulla libertà di coscienza, sulla forza diandare contro tutti per affermare la propria libertà anche contro le proprie radici e gli affetti: è la lotta di un non-eroe, in parte vittima e in parte colpevole. Isolato dagli amici, dopo dodici anni vissuti tra il carcere e il manicomio giudiziario, sottoposto a numerosi elettroshock per dimostrare la sua follia, Leonardo Vitale fu ucciso nel 1984 dopo pochi mesi dalla sua scarcerazione.
Maria Antonietta Amenduni
19 Maggio 2007
La Cittadella del corto: al via a Trevignano la tredicesima edizione del Festival internazionale del corto di fiction. Tanti i corti in gara: ecco il calendario!
Tornano i corti in riva al lago. E’ diventato ormai un piacevole appuntamento fisso: dal 30 maggio al 3 giugno 2007, Trevignano, località sulla riva del lago di Bracciano, ospiterà la 13a edizione del Festival Internazionale del Corto di Fiction.
Il festival prevede le tradizionali sezioni competitive, quella internazionale e quella riservata ai corti italiani prodotti dopo il primo gennaio 2006, selezionati fra le oltre 800 produzioni inviate.
La retrospettiva internazionale giunge dall'altra parte del pianeta e porta a Trevignano gli umori, la mentalità e la cultura di uno dei più importanti paesi dell'estremo oriente, Il Giappone. “L’Impero dei corti” proporrà infatti nove corti, selezionati tra i migliori della recente produzione, a farci conoscere ed apprezzare anche l'alta qualità del cinema breve giapponese finora conosciuto ed apprezzato in Occidente per la straordinaria bellezza dei suoi lungometraggi.
La retrospettiva italiana dedicata quest’anno al genere Noir , avrà dei curatori d’eccezione come i Manetti Bros.
Tra gli eventi previsti la proiezione di un eccezionale documentario sulla drammatica situazione delle donne in Afghanistan: Afghanistan mon amour - Le ragioni di una presenza, e un workshop tenuto da Francesca Solinas – ideatrice e organizzatrice del noto Premio Solinas per soggetti di lungometraggi – e dallo scrittore e sceneggiatore Paolo Di Reda sulla scrittura di cortometraggi di fiction propedeutica alla decima edizione del premio Cortolazio, il cui ammontare complessivo è stato elevato a 21.000 euro, offerti annualmente dall’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio al fine di valorizzare il territorio regionale.
Il 30 maggio saranno proiettati in anteprima i tre progetti vincitori della nona edizione del concorso: Mistero a Villa Aldobrandini di Alice Zampa, Fine Corsa di Alessandro Celli, La zuppa di pietra del Food Media Lab per la regia di Christian Carmosino.
La giuria internazionale sarà presieduta da Marina Spada, la giovane regista milanese, già autrice di cortometraggi, il cui secondo lungometraggio COME L'OMBRA, presentato con successo nella sezione delle Giornate degli Autori a Venezia 2006, e di prossima programmazione nelle sale. Con lei in giuria: La giornalista e critica cinematografica del Giornale RadioRai Baba Richelme , il Direttore del Festival dei 3 Continenti di Nantes Philippe Jalladeau, il produttore e regista tunisino Ibrahim Letaief e la direttrice del Gauguins International di Tokio Mitsue Educhi.
Oltre all’ambito Trofeo Tralci di Trevignano, riservato al miglior film del festival, un premio di 2.000 € andrà al miglior corto straniero, mentre il premio del pubblico dotato anch’esso di 2.000 € andrà al miglior corto italiano. Saranno inoltre riservati ai film italiani i premi per il miglior attore, miglior attrice, miglior regista, miglior soggetto, miglior fotografia e la migliore produzione.
Le proiezioni si protrarranno per cinque giorni in diversi spettacoli sugli schermi delle due sale del Cinema Palma a Trevignano, sul lago di Bracciano.
La lista dei film selezionati per la 13a edizione del La Cittadella del Corto:
Concorso Nazionale (in 35mm)
LA SIGARETTA Cristiano Celeste 15'
PURCHE' LO SENTA SEPOLTO Gianclaudio Cappai 18'
ARMANDO Massimiliano Camaiti 15'
MISTERO ALLA VILLA Camillo Befani 12'
FORME Stefano Viali 13'
L'INFERNO SONO GLI ALTRI Andrea De Sica 8'
LA ZUPPA DI PIETRA Christian Carmosino 13'
NOVEMBRE Roberto Scarpetti 14'
FINE CORSA Alessandro Celli 13'
UN FILO INTORNO AL MONDO Sophie Chiarello 15'
CARMILLA Fabio Mollo 18'
PUSH Loris Lai 16'
MERIDIONALI SENZA FILTRO Michele Bia 21'
Concorso Nazionale (in video)
POCO PIU' DI DUE PASSI Pino Di Persio 8'
MIRANDA'S JOURNEY Ch. Mcgilvray 13'
REFUGIUM PECCATORUM Stefano Alleva 13'
SENZA SOSTA Tommaso Agnese 11'
NO SMOKING COMPANY Edo Tagliavini 15'
L'ULTIMA SEDUTA Elisabetta Rocchetti 11'
PERDIZIONE Maurizio Mazzotta 13'
CHRISALIS D. Coluccini - M. Botrugno 12'
9 + 1 METODI PER AMMAZZARSI Antonello Piccotti 8'
IL VECCHIO E LA FONTANA Tony Palazzo 15'
ARCHITETTI DEL NULLA Paolo Sibilio 14'
PRU.RITO Luca Pivetti 7'
8 NOVEMBRE '43 Salvatore Allocca 15'
AD OCCHI CHIUSI T. Putzu - R.Ricci 15'
IL CALIFFO Caterina Dal Molin 8'
IL SUPPLENTE Andrea Jublin 13'
ALLE CORDE Mirko Bulfoni 16'
COME ON INSIDE Diego Marcon 12'
GUINEA PIG Antonello De Leo 17'
LA CITTADELLA DEL CORTO Via Garibaldi, 60 00069 - Trevignano Romano (Roma) Tel./Fax: +39 06 9999823 Web: www.cittadelladelcorto.it E-mail: info@cittadelladelcorto.it
Maria Antonietta Amenduni
14 Aprile 2007
Robert De Niro, per la seconda volta dietro la macchina da presa con “The Good Shepherd – L’ombra del potere”.
“Ho tentato di raccontare la Cia nel modo più realistico possibile”. Lo ha detto Robert De Niro presentando a Roma The Good Shepherd – L’ombra del potere. Il film racconta l’inedita storia della nascita della CIA, attraverso la vita di un uomo che credeva nell’america e che avrebbe sacrificato tutto quello che amava per proteggere il suo paese. ”La Cia come il mio Paese e' sempre nell'occhio del ciclone, ha aggiunto De Niro - Spesso si conoscono solo i suoi fallimenti ma e' sempre più difficile sapere quanto di buono ha fatto”. Ad affiancare il protagonista Matt Damon, troviamo Angelina Jolie, Alec Baldwin e John Turturro. Un cast fortemente voluto proprio da De Niro che per se ha riservato solo un cammeo. Il film in uscita in Italia il 20 di aprile, riporta dopo 14 anni, Robert De Niro, dietro la macchina da presa. L´interesse del cineasta americano nei confronti della politica internazionale e dell’intelligence non è stato mai tenuto segreto. L´intento del film è chiaro fin dalle prime scene. Cercare di allontanarsi, il più possibile, da una struttura narrativa spy-game fantasy al fine di illustrare come uomini apparentemente anonimi siano riusciti a controllare il mondo attraverso metodi estremamente razionali, mettendo in gioco aspetti umani e professionali.
La sceneggiatura di Eric Roth rispolvera l'acutezza politica e morale del lavoro precedente, Munich. Entrambe le pellicole hanno al centro un personaggio la cui missione sembra essere quella di condurci verso uno stato di "giustizia universale". Entrambi i protagonisti vivono un lento senso di erosione del proprio animo. Se Eric Bana si libera lentamente di un peso fatto di frustrazione e rabbia, Edward Wilson (Matt Damon) nel "Buon pastore" si rinchiude, attraverso un movimento a spirale, in uno spazio, solo in superficie, portatore di protezione. Nei fatti, diviene complice della sua stessa ambiguità. Matt Damon, con la sua faccia pulita, sembra essere sempre impassibile a tutto, ma bloccato nell'espressione rigida rende perfettamente il suo personaggio. A Roth e De Niro va riconosciuto il merito di non forzare emotivamente la sua figura. Musica, fotografia ed effetti sonori sono perfetti.
Stilisticamente in linea con i dettami del cinema classico, la pellicola costringe lo spettatore a prestare la massima attenzione ai dialoghi. Non solo. Implica un vero e proprio lavoro induttivo e interrogativo che presuppone l´esistenza di vuoti che il singolo deve, in qualche modo, riempire grazie alle personali conoscenze storiche e politiche. Attraversare cinematograficamente diverse decadi (venticinque anni di storia americana) nel giro di due ore e quaranta minuti di film, potrebbe rischiare di mettere lo spettatore in uno stato di sovraccarico mentale. Alla sua seconda prova di regia, De Niro convince solo a metà, ma sta già pensando al seguito. Gli Stati Uniti degli anni centrali del Ventesimo Secolo sono un serbatoio di intrighi e segreti inesauribile, difficili da rendere in 167 minuti. La sceneggiatura di Eric Roth mescola le carte, saltando continuamente indietro e avanti nel tempo, dal fallimento dello sbarco a Cuba nel 1961 giù fino alle origini dei servizi di intelligence statunitensi, durante la seconda guerra mondiale. Ma la materia è troppo vasta e gli episodi significativi talmente numerosi che alla fine tutto rischia un pò di confondersi.
Maria Antonietta Amenduni
Marzo 2007
Saturno
Contro
Un film di Ferzan Ozpetek. Con Stefano Accorsi, Margherita Buy, Pierfrancesco Favino, Luca Argentero, Ambra Angiolini, Serra Yilmaz, Ennio Fantastichini, Isabella Ferrari, Filippo Timi, Michelangelo Tommaso, Milena Vukotic, Luigi Diberti, Lunetta Savino. Genere Drammatico
Per chi ama le regie di Ferzan Ozpetek, “Saturno Contro” è un po’ una delusione. Da evidenziare solo le belle prove di attori, in testa su tutti la “rivelazione” Ambra Angiolini, che dai tempi in cui giocava a fare la cenerentola in un filmetto anonimo, è assolutamente irriconoscibile. Bella lo è sempre stata, talentuosa anche, ma brava attrice lo è diventata sicuramente con tanto lavoro. Bellissimo il suo balletto iniziale, ancheggiante, sulle note di una canzone di Gabriella Ferri. Pierfrancesco Favino ormai è una certezza insieme a Stefano Accorsi. Molto bella e sensuale la scena in cui quest’ultimo cammina a fianco di Isabella Ferrari prima di rifugiarsi nella “privacy” di un portone; la bellezza e la sensualità della Ferrari è invidiabile. Luca Argentero, migliora performance dopo performance. Tutto sommato, nonostante la storia racconti la vita di un gruppo di quarantenni, che affronta il tema della separazione e della difficoltà di accettarla, troppi temi delicati sembrano solo accennati e non approfonditi. E’ un film che mette insieme un po’ di “le fate ignoranti”, con qualche sprazzo di “Cuore sacro” e “la finestra di fronte”; insomma non c’è molta originalità. Tutto sommato Ozpetek riesce comunque ad emozionare.
La trama: Davide (Pierfrancesco Favino) scrive favole per ragazzi e vive con Lorenzo (Luca Argentero), un giovane pubblicitario che ama profondamente la vita e i suoi amici. Intorno alla loro tavola, sempre ricca e generosa, si concentrano gli affetti più cari: Angelica (Margherita Buy), psicologa avversaria del fumo e sostenitrice dell'amicizia; Antonio (Stefano Accorsi), marito di Angelica e bancario in bancarotta esistenziale, che si innamora di un’altra donna interpretata da Isabella Ferrari; Neval (Serra Yilmaz), traduttrice turca che "interpreta" gli umori dei compagni; Roberto, marito "sbirro" di Neval a cui tartaglia il suo amore; Sergio (Ennio Fantastichin), ex di Davide e nulla facente che vive di rendita; Roberta (Ambra Angiolini), drogata impenitente che lavora con Lorenzo e ha Saturno contro, e poi c’è Paolo (Filippo Timi), new entry bisessuale col laurea in medicina e il vizio della scrittura. Durante una delle tante affollatissime cene, Lorenzo cade in coma. Sulla panca dell'ospedale gli amici veglieranno il suo sonno, in attesa della ricongiunzione e della ricomposizione del loro mondo affettivo.
Ferzan Ozpetek torna a girare la storia di un gruppo di amici in un interno, evoluzione di quello gioioso delle Fate ignoranti. Dietro ai morbidi movimenti di macchina, dietro alla fotografia e alla musica empatica, la visione del mondo del regista rimane vanitosa e inalterata. Il suo è un collettivo osservato senza psicologismi, tutti naturalmente bravi, capaci e appartenenti all'unica classe per Ozpetek visibile e quindi pensabile: la borghesia. Il capro espiatorio melodrammatico è questa volta l'omosessuale, che per "redimersi" e per commuovere il pubblico deve necessariamente morire. Se la redenzione del povero in Cuore sacro passa attraverso la carità, qui è la morte a risolvere e a impietosire un padre che non "condivide" la natura del figlio.
L'ideologia borghese di Ozpetek vorrebbe dire qualcosa di importante senza farne mai una questione politica. il film è stato significatamene girato tra le pareti di casa Ozpetek.
Maria Antonietta Amenduni
10 Febbraio 2007
L’Ultimo
Re di Scozia
Oscar meritatissimo per il Protagonista de “L’Ultimo Re di Scozia”
Un medico scozzese, inviato in Uganda, si scontrerà presto con le regole dettate da una delle più feroci dittature del ventesimo secolo e con il suo artefice, Idi Amin Dada. Diventando il medico personale del dittatore, avrà modo di vedere da vicino la crudeltà ed i mezzi utilizzati per esercitarla da colui che, appena salito al potere, fu considerato l'uomo che avrebbe portato l'Uganda a diventare un paese moderno e libero e rivelatosi poi come uno dei più spietati dittatori conosciuti al mondo
Tratto dall’omonimo romanzo di Giles Foden, "L'ultimo re di Scozia" parte dal 1971, anno di ascesa al potere di Idi Amin, per raccontare la storia di un giovane medico scozzese, Nicholas Garrigan che partito inizialmente per l'Uganda con l'intento di aiutare la povera popolazione locale, si ritrova ad essere dottore e consigliere personale del terribile dittatore africano.
Nicholas e Amin. Due uomini attratti dal potere che ai nobili propositi non riescono, o non vogliono dare seguito. Il film si basa continuamente sul confronto tra questi due personaggi sia in quanto persone che come emblemi di ciò che rappresentano.
Nicholas, l'occidentale che si reca in Africa "perché vuole aiutare". La sua superficialità è smaccata, chiara fin dall'inizio e non ha la benché minima idea di quale sia la situazione del paese in cui si è recato, ma dall’esperienza uscirà profondamente cambiato. Risulta una persona ingenua, che non si muove con cattiveria, ma che sostanzialmente non vede i problemi che lo circondano finché non vi si trova coinvolto in prima persona, quando ad essere toccati saranno i suoi sentimenti. E' l'imperialismo coloniale occidentale: tanto cieco alle esigenze dei popoli africani finché possono dargli profitti, tanto contraddittorio e severo nel momento in cui si rende conto che il rapporto creatosi non va d'accordo con la propria, "famosa" vocazione liberale. Ci si sporca le mani di sangue, ma si fa finta di nulla finché conviene.
In Amin la contraddittorietà è più celata. E' un uomo carismatico, che affascina chiunque gli si trovi accanto. Amin è colore, è ballo, è festa, ma è anche quello che tiene i mitra vicino a sé mentre la gente ne acclama il nome. Amin è l'Africa, è la bellezza e al contempo la ferocia di una terra che non è la nostra. Misterioso, non si sa mai come possa reagire ad un qualsiasi evento. Un'ambiguità resa alla perfezione dall'interpretazione di un grandioso Forest Whitaker e alle scelte del regista Kevin McDonald, che nel descriverlo indugia molto sui primi piani, enfatizza sudore e tic nervosi, e quando sta in scenda da solo, a differenza di quanto accade per il medico scozzese, lo riprende camera a mano.
Finché Nicholas è vittima del suo appeal gli orrori non sono mai mostrati direttamente, ma solo evocati, così come la leggenda che lo vuol cannibale: in ben due occasioni gli si fa parlare di cibo, lasciando intuire che ci sia qualcosa da dire, ma senza approfondire.
Un lavoro che incede quindi per sottrazione, non dicendo mai ciò che uno spettatore con un minimo di memoria storica già dovrebbe sapere, ma mettendo in luce lo sfondo che permise ad un personaggio del genere di restare al governo fino al 1980.
Un film bello, scritto bene e ancor meglio girato da quel Kevin McDonald, già autore dello splendido "La morte sospesa". Esterni completamente girati in Scozia e Uganda (che danno anche circolarità al racconto: si inizia con un lago scozzese, si finisce con un'inquadratura analoga di un lago ugandese). E così dopo i recenti "Hotel Rwanda" e "Blood Diamond", Hollywood dimostra di essere sempre più interessata alla storia africana. Forest Whitaker, Gillian Anderson, sono assolutamente superbi.
Maria Antonietta Amenduni
10 Febbraio 2007
Arthur
e il Popolo dei Minimei.
Un bellissimo lavoro di Luc Besson, perfettamente pensato per i bambini
Finalmente un film per bambini, pensato veramente per i bambini!
Arthur, un bambino di dieci anni, come tutti i bambini é affascinato dalle storie che gli racconta la nonna e grazie alle quali, sogna mondi popolati da strane creature e folletti, descritti in un libro che apparteneva al nonno, scomparso qualche anno prima misteriosamente. Per gioco cerca di decifrare un enigma che si trova nel libro del nonno e che dovrebbe permettergli di trovare un tesoro, proprio nel giardino della casa dei nonni. La sorpresa e lo stupore sono grandi, quando riuscendoci, si trova in un mondo magico abitato dalla tribù dei Minimei, folletti africani alti non più di qualche millimetro...
Partendo da un'illustrazione del fotografo Patrice Garcia vista nel 1999, Luc Besson è diventato prima narratore (assieme a Céline Garcia), e poi regista di una trilogia di racconti sul mondo fantastico di un ragazzino di 10 anni chiamato Arthur. E' lui infatti l'autore di tutti e tre i libri dedicati a questo giovane del Connecticut degli anni '50 che scopre, nel giardino della fattoria dei nonni, il mondo di un popolo di esseri minuscoli nel quale si può entrare solo con un cannocchiale: i minimei.
Ecco quindi il primo capitolo il cui successo condizionerà la realizzazione degli altri due. Si tratta, infatti, di un investimento senza precedenti per un progetto europeo, 60 milioni di euro (la metà di Shrek, ma comunque tantissimo) per un film d'animazione che mescola animazione in 3D e live action e che ha richiesto la collaborazione dei migliori allievi delle scuole d'animazione europee. In Francia per il momento, ha sbancato...
Ne esce fuori un progetto esteticamente affascinante che fa di realtà e cartone animato un'unica entità, con ambienti (quelli minuscoli dei minimei) che sono all'occorrenza disegnati o ricostruiti dal vero. Un'attenzione per il particolare che rende e che premia il lavoro dei tecnici del vecchio continente. Un buon prodotto per giovanissimi, mai volgare e coerente dall'inizio alla fine nel suo spirito bambinesco.
Nella versione originale americana, il doppiaggio vanta le voci di Penny Balfour, David Bowie, Snoop Dogg, Mia Farrow, Freddie Highmore, Toinette Laquière, Madonna
Maria Antonietta Amenduni
10 Febbraio 2007
Notte
prima degli esami oggi
Fausto Brizzi supera nuovamente l’esame e regala un “newquel”, i cui Luca Molinari è nuovamente alle prese con l’esa di maturità e con un nuovo travolgente amore. Nei panni del padre di Luca, un irresistibile Giorgio Panariello
Non è un seguito bensì un newquel. E così che Fausto Brizzi ha definito il suo nuovo film, Notte prima degli esami Oggi. Il regista si è ispirato infatti alla formula adottata dai fumetti che fa rivivere in un'altra epoca gli stessi personaggi. La prima versione ambientata negli anni 80 è stata campione di incassi lo scorso anno e si è aggiudicato anche il David di Donatello per la miglior opera prima, come allora vede i ragazzi alle prese con la prova piu' temibile dell'adolescenza, l’esame di maturità ma questa volta nel 2006. Il cast capeggiato da Nicolas Vaporidis, è lo stesso ma con le sole uscite di Capotondi e Faletti, sostituiti da Carolina Crescentini, Serena Autieri e Giorgio Panariello nei panni del padre. Il cast storico rimane composto da Franco Interlenghi, Paola Onofri, Chiara Mastalli, Sarah Maestri. La trama è presto detta: Luca è alle prese con una nuova storia d'amore. Incontra infatti Azzurra (Carolina Crescentini) una biologa marina estroversa e poco più grande di lui che lo trascina in pazze avventure metropolitane. Un tira e molla romantico che lascia col fiato sospeso fino al finale. Ma anche a casa di Luca la situazione è complicata. Infatti suo padre Paolo (Giorgio Panariello) è un cialtrone matricolato, marito bugiardo e eternamente infantile. Suo figlio Luca dovrà tamponare i buffi guai che il genitore combina a ripetizione e fare "da padre a suo padre". A legare il tutto come sempre le avventure goliardiche e spensierate del gruppo di amici che stavolta si trova ad affrontare le prime complicate prove della vita.
E’ proprio il caso di dire che gli esami non finiscono mai o come dice durante il film, lo stesso Panariello, “Sbagliando si impara, anczi, no, sai che di dico, che non è vero niente, sbagliando non si impara un c….”
Luca Molinari, nuovamente interpretato da Nicolas Vaporidis, si trova ad affrontare gli esami di maturità in diverse epoche storiche, passando, tra l'altro, per gli Anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, con tanto di tempestivo cambio di look.
Giunti agli Anni Ottanta, ci ricolleghiamo per un breve momento proprio con il capostipite, ma la vicenda alla base di questo nuovo capitolo, inaspettatamente, non è la continuazione di ciò che abbiamo visto nel film precedente, bensì tutta un'altra storia che, riutilizzando gli stessi protagonisti, sostituisce il decennio in cui spopolarono i Duran Duran con l'estate del 2006, segnata dai Campionati Mondiali di Calcio.
Quindi, un altro periodo di preparazione agli esami di maturità nel corso di cui, però, anziché sentir parlare di yuppies ed audiocassette, abbiamo telefoni cellulari, blog e iPod, mentre, assenti Cristiana Capotondi e la "carogna" Giorgio Faletti, facciamo conoscenza prima con la professoressa Paliani, con le fattezze di Serena Autieri, poi con la bella Azzurra, con quelle della Carolina Crescentini di "H2Odio", scapestrata biologa marina che entrerà nel cuore di Luca.
Due new entry cui si affiancano i componenti della famiglia del protagonista, dal nonno Franco Interlenghi alla mamma Paola Onofri, per concludere con l'infantile e bugiardo papà Giorgio Panariello, impegnato a garantire buona parte della notevole dose di risate all'interno di un prodotto che, nonostante tutto, identifica ancora una volta nell'amore e nell'amicizia i suoi argomenti cardine.
E, se lo stile registico sembra aver subito un evidente processo di maturazione, forte anche di una nutrita colonna sonora (Queen e Pipettes, tra gli altri) che provvede a rendere più frizzanti determinate sequenze, lo script, ad opera dello stesso Brizzi affiancato dall'inseparabile Marco Martani e da Massimiliano Bruno, ricco come al solito di sorprese inaspettate e risvolti tutt'altro che prevedibili, sacrifica in parte l'argomento degli esami, privilegiando, invece, non poche situazioni alla "American pie", tra mare, scherzi, tradimenti, sesso in chat e nudità in abbondanza.
Situazioni, però, che non rappresentano altro che prove di vita da conseguire lontano dai banchi di scuola, mentre il taglio generale della riuscitissima operazione, che vede anche il breve ritorno di
Enzo Salvi e Mariano D'Angelo nelle vesti dei due esilaranti poliziotti e che si avvale di apparizioni di Roberto Ciufoli, il produttore Fulvio Lucisano ed il press-agent Enrico Lucherini, richiama in maniera evidente quello delle commedie internazionali.
Aspetto, quest'ultimo, da non trascurare nella maniera assoluta, tanto più che, se "Notte prima degli esami", a causa della sua ambientazione nel passato, poteva essere tranquillamente giudicato come il moderno "Sapore di mare", questo newquel - come è stato definito dall'autore - potrebbe assumere col tempo i connotati di un fondamentale documento di celluloide utile un giorno per ristudiare la generazione dei primi anni del nuovo millennio, bene o male nella stessa maniera in cui "Vacanze di Natale" lo è per riguardarsi quella degli Anni Ottanta.
Per Brizzi e per tutto il cast, l’esame e sicuramente stato superato; se il primo film aveva fatto sognare ed emozionare, ache questo riesce a replicare e regalare belle emozioni. Tante diversità, meno storie di ragazzi e un forte innesto degli adulti, meo momenti di studio, meno baci e molto più sesso. Tanto internet e tanto tanto calcio…l’emozioe del mondiale vinto, aiuta non poco! Dunque se il primo vi era piaciuto, non potete perdere il secondo.
Maria Antonietta Amenduni
12 Febbraio 2007
Step
è tornato, ora la scelta è dura…
"Ho voglia di te", al cinema. Nel cast, oltre ai "vecchi" personaggi, anche Laura Chiatti e Filippo Nigro
Un film di Luis Prieto. Con Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Katy Louise Saunders, Filippo Nigro, Susy Laude, Giulia Elettra Gorietti, Ivan Bacchi, Luigi Petrucci, Caterina Vertova, Claudio Bigagli, Galatea Ranzi. Tre metri sopra il cielo. È dove gli innamorati vivono le loro emozioni. È dove Step desidera essere ancora. Il tempo è trascorso, e due anni negli Stati Uniti, hanno allontanato i pensieri. Step è a Roma con la paura nascosta di ritrovare i vecchi fantasmi e con il desiderio di andare oltre. Di diventare adulto. Di vivere nuove emozioni, di incontrare nuovi amori.
Il successo del primo romanzo di Federico Moccia aveva creato il mito di questa storia adolescenziale, romana, illustrata nel film da Luca Lucini, che era riuscito nell'intento di raggiungere il pubblico più giovane, quello che il primo amore lo stava vivendo. Questo secondo lungometraggio, che ripercorre nuovamente le parole dell'autore del romanzo, co-autore della sceneggiatura, l'ha preso in mano l'iberico Luis Prieto, che è riuscito a dare un taglio ancora più diretto ai giovani, destinati a essere gli spettatori di riferimento.
Tutto è quindi più immediato, più televisivo, forse più acerbo del precedente e si comprende quanto sia il contenuto a comunicare più che la forma stessa. È Scamarcio il "physique du role" della situazione, e sono le sue gesta a parlare. La scena di sesso ardita con Laura Chiatti, le canzoni di Robbie Williams, le abitudini malsane dei giovani che si diluiscono nel tempo, gli incontri e i dialoghi leggeri, dipingono un quadro che è vicino a chi ha venti anni e non pensa che il tempo prima o poi passerà.
“Ho voglia di te” incontra ciò che siamo a quell'età, lo mette in luce con estrema semplicità e ingenuità, e lo colora come un bambino con i pennarelli farebbe su un quaderno. Perché quello è l'unico modo per esprimere le emozioni.
Dunque Step è tornato e nel film lo si capisce subito,all’apparire sullo schermo, di un paio di stivali su un tapis roulant dell'aeroporto di Fiumicino. Un sequel attesissimo e già cult dello stracult Tre metri sopra il cielo, grande successo nel 2004 e alcuni effetti collaterali duri a morire, tipo i lucchetti dell'amore sul lampione del Ponte Milvio…come dire che dopo le frasi d’amore sul ponte di Corso Francia, Federico Moccia, autore del libro, ha creato un nuovo mito: i lucchetti.
E il pubblico ci si ritrova, ritrova le storie, i personaggi, i simboli del film precedente. Step, tornato da New York dopo due anni e soprattutto dopo la fine della storia con Babi (Katy Saunders), recupera la moto in garage. Ma il tempo passa e le teste si mettono a posto. In parte però, perché una corsetta notturna, stile Gioventù bruciata de' noantri, non se la farà mancare.
Il sentimento la fa da padrone. Step inciampa in Gin, ossia Laura Chiatti. Che è un po' più come lui, impetuosa e un tantino "contro", mica come Babi, così perbene e "troppo antica", come le dice sua sorella (Giulia Elettra Gorietti), che però per fare la moderna resta incinta a 17 anni e non sa di chi, perché fa sesso nel bagno di una discoteca dopo essersi "calata" e del fortunato non ricorda nemmeno la faccia. Loro, no. Step e Gin sono amore puro. Si amano per la prima volta fra i ruderi di Roma. Poi pure a casa, una delle sequenze più attese, Scamarcio che fa sesso ormai è un must dopo Manuale d'amore 2.
L'ombra di Babi, però, incombe. Se Step riuscirà o no a dimenticarla... In mezzo, ci sono gli amici ritrovati, le feste nelle ville del generone romano, i conflitti con i genitori, la palestra, le rivalità di motocicletta e di cuore, i produttori televisivi sporcaccioni che allungano le mani sussurrando
Le citazioni si sperano. Un esempio? il fratello di Step che gli chiede "che cosa hai fatto in questi due anni" e lui risponde "sono andato al letto presto", Robert De Niro in C'era una volta in America, anno 1984.
Non certo un film trascendentale; nel complesso sia come interpretazione che come regia e fotografia, non è sicuramente un capolavoro; ma come negare al pubblico giovane l’emozione del ritorno del bel Riccardo Scamarcio!?
Maria Antonietta Amenduni